N° 114
1.
Azania è un piccolo Stato della Regione dei Grandi Laghi nell’Africa
Orientale che è stato di recente invaso dalla vicina Federazione Panafricana
che ha intenzione di annetterlo, una situazione purtroppo non nuova in questo
tormentato continente dove guerre e conflitti etnici come pure calamità
naturali, malattie e povertà sono ormai abituali.
La
capitale di Azania è caduta e migliaia di profughi si stanno ammassando verso i
confini delle nazioni vicine. Una squadra di mercenari al soldo della potente
North Organization ne ha intercettato un gruppo con lo scopo di ucciderli tutti
e cancellare le prove dei crimini della North in quell’angolo di mondo.
Nonostante la resistenza
dei tre esperti miltari al comando del Colonnello Carolyn St. Lawrence,
avrebbero probabilmente raggiunto il loro scopo se non fossero improvvisamente
arrivati Capitan America ed il suo alleato noto come Comandante America ma c’è
chi ha intenzione di sbarazzarsi anche di loro.[1]
Il
nome della donna dai capelli scuri e riccioluti e la pelle olivastra è Tirife
Barzani. Un tempo era una delle famose amazzoni curde poi si è stancata di
combattere per la libertà del suo popolo ed ha accettato un ingaggio come
mercenaria per la North Organization. In questo momento sta inquadrando con il
mirino del suo fucile la grande stella bianca sulla schiena della donna che ha
assunto il nome e le responsabilità di Capitan America. Basterà un solo colpo
per porre fine alla sua vita.
Il
dito di Tirife si contrae sul grilletto. Il colpo parte.
Normalmente
il fotoreporter Frank Gianelli sarebbe tutt’altro che spaventato nel ritrovarsi
davanti una bellissima donna completamente nuda ma si dà il caso che la donna
in questione sia Karla Sofen, la supercriminale e talvolta supereroina nota
come Moonstone, che potrebbe incenerirlo con un gesto e che lui si sia fatto sorprendere
a frugare nel suo computer.
-Sono molto delusa di te, Frank.- dice lei
-Sei caduto nella mia trappola così facilmente. Speravo davvero di essermi
sbagliata su di te.-
-Io… -balbetta Frank.
-Non provare a mentirmi, sono capace di
riconoscere le menzogne, sai? Credevi davvero che non avessi messo in conto che
potessi avermi riconosciuta e che fossi venuto con me per poter scoprire se
fossi ancora coinvolta in qualcosa di illegale? Dovevo solo aspettare che
facessi una mossa sbagliata… e purtroppo per te, l’hai fatta.
-Cosa… cosa intendi farmi?-
-Bella domanda, Frank. Davvero una gran bella
domanda.-.
Il
tacco dello stivale della ragazza che si fa chiamare American Dream sta per
schiacciare la trachea del giovane che rivendica il nome di Capitan America ma
lui riesce ad afferrarle la caviglia ed a farla cadere poi si rialza di scatto.
-Mi dispiace, Dream.- le dice -Non sono pronto
per morire di nuovo.-
La
ragazza non parla e silenziosi restano anche i suoi tre compagni mentre si
muovono a semicerchio intorno a lui. MODOK li controlla mentalmente ed ha
istillato nelle loro menti un solo pensiero: ucciderlo. Come lui hanno avuto un
addestramento severissimo. Beh, forse non proprio come lui, il suo è stato
migliore.
Non
aspetta che siano loro a fare la prossima mossa e prende l’iniziativa. Spicca
un salto, vola sopra la ragazza afroamericana che si fa chiamare Union e mentre
atterra le sferra un calcio fra le reni. Quello di nome Minuteman si scaglia
verso di lui che però si getta di nuovo a terra, lo intercetta a piedi uniti ed
approfitta del suo slancio per scagliarlo contro una parete.
Si
rialza di nuovo e di nuovo ha di fronte American Dream. C’è molta ironia in
questo, pensa con un amaro sorriso sulle labbra.
2.
È
Cary St. Lawrence ad accorgersi per prima del pericolo e grida:
-Attenta!-.
Capitan
America si gira di scatto e contemporaneamente lascia andare il suo scudo con
un movimento fluido.
La
mano è più veloce dell’occhio ma può essere più veloce di un proiettile?
Apparentemente sì perché quello destinato alla schiena della Sentinella della
Libertà si infrange contro il suo scudo. Nello stesso tempo Liz Mace si è
gettata all’indietro roteando su se stessa.
Tirife
Barzani preme di nuovo il grilletto ma ancora una volta manca il bersaglio.
Seleziona l’opzione raffica e si appresta a sparare ancora quando un altro
scudo saetta nell’aria e colpisce la sua arma facendogliela saltare di mano
mentre lo scudo torna nelle mani di chi l’ha lanciato: il Comandante America.
-Spiacente, Miss…- dice -… ma non mi piace che
si cerchi di uccidere le mie amiche.-
Tirife
non replica e mette mano alla sua pistola.
-Sei un tipo ostinato eh? Mi costringi ad
usare le maniere forti.-.
Con
un balzo il Comandante le è addosso ed entrambi rotolano nella sabbia.
Un
uomo ed una donna più o meno della stessa età si fronteggiano. Entrambi
indossano una variante del costume di Capitan America,
Bianco rosso e blu,
stelle e strisce, simboli di un patriottismo che alcuni considerano ormai fuori
moda. Dovrebbero essere dalla stessa parte ma non è così, non adesso.
-Non costringermi a farti del male, ti prego.-
dice il Capitano.
-Ti ucciderò.- ripete American Dream.
-Sembri davvero un disco rotto ormai.-
American
Dream lancia un grido e salta verso di lui sferrando un calcio rotante. Il
Capitano lascia cadere il suo scudo, si china e riesce ad intercettare lo
slancio della ragazza afferrandola per le caviglie e facendola roteare e
scagliandola lontano.
-L’ho visto fare a Devil in un vecchio filmato.-
dice ma American Dream non lo sta ascoltando.
Il
volo della ragazza finisce contro Union che si stava rialzando. Nello stesso
momento il Capitano colpisce di tacco il suo scudo che compie un arco finendo
per colpire l’addome di Minuteman.
-Tre a zero per me.- commenta il giovane.
Chris
Jacobs non riesce a credere a quello che sta succedendo. Si è portato dietro un
piccolo esercito composto da uomini e donne con un addestramento superbo eppure
sono bastati un uomo ed una donna per rovesciare le sorti di un’azione il cui esito
avrebbe dovuto essere scontato. Lui e la sua squadra possono ancora vincere,
però.
-Copertura aerea.- sussurra al suo laringofono
mentre allunga la mano per recuperare il suo fucile.
Il
tacco di uno stivale rosso si pianta sulla sua destra strappandogli un grido di
dolore.
-Niente armi.- gli si rivolge in tono duro
Capitan America poi lo afferra per il bavero tirandolo su con una forza che lui
non si aspettava da una donna.
-Tu sei il capo.- gli dice in tono duro.
-E con questo?- ribatte Jacobs.
-Ordina
a i tuoi di arrendersi o sarà peggio per te.-
-Non mi darebbero retta. I miei ufficiali
hanno l’ordine di non farlo in questo caso. Io sono sacrificabile per chi ci
paga, conta solo la missione. E comunque, non mi fai paura. Tutti sanno che
Capitan America non uccide.-
Liz
fa un sorriso cattivo mentre replica:
-L’originale, forse, ma io sono diversa e poi non
ho bisogno di ucciderti. Conosco modi di farti male che ti farebbero supplicare
di morire.-
Jacobs
la fissa negli occhi e capisce che sta dicendo sul serio ma anche lui non
mentiva: se lui desse davvero l’ordine di arrendersi, il suo secondo, il
Tenente Pak, prenderebbe il comando ed andrebbe comunque fino in fondo.
Mentre medita su cosa fare, Jacobs sente un
rumore provenire dall’alto: il rotore di un elicottero. Istintivamente sorride:
i rinforzi sono arrivati.
3.
Dall’elicottero appena arrivato partono raffiche di proiettili diretti
ai mezzi su cui si trovano i profughi falciandone alcuni.
-NO!- urla Capitan America e lasciando Jacobs
si mette a correre verso i SUV bersagliati dall’alto.
Jacobs la guarda correre.
Se avesse la sua pistola potrebbe… no, pensa, meglio non pensarci nemmeno e
mettersi al riparo prima che qualche proiettile vagante lo colpisca per
sbaglio.
Si rialza e corre in direzione
opposta, verso la sua squadra, solo per accorgersi che, a quanto pare, anche lì
non mancano i guai nella forma di un uomo che indossa un costume speculare a
quello di Capitan America.
Tanto peggio. Se avesse
voluto una vita tranquilla non si sarebbe arruolato nell’Esercito e nemmeno
sarebbe diventato un mercenario.
La mano destra non gli fa
più male e Jacobs la usa per estrarre la sua pistola.
Il primo istinto di
Carolyn St. Lawrence è proteggere i civili che sono indifesi contro
l’elicottero nemico. Si lancia fuori dal suo riparo sparando ripetutamente verso
il velivolo sopra la sua testa ma senza successo. Con un balzo si tuffa sotto
il secondo veicolo dove trova alcuni profughi ed anche Anastasia Kasparova.
-Bisogna abbattere quel maledetto elicottero.-
le dice.
-Con tutto il rispetto, compagna, non sarà
molto facile.- ribatte l’altra.
-Ma dobbiamo trovare il modo o nessuno di noi
ne uscirà vivo.-
-Compagna, guardi!-
Cary
volge lo sguardo nella direzione indicatale da Anastasia e vede Capitan America
correre verso di loro per poi spiccare un salto ed arrivare sul tettuccio del
primo SUV. Dalla sua posizione riesce a vederle solo i piedi poi la vede
saltare e capisce cosa sta tentando di fare.
-O è pazza o è molto coraggiosa.- commenta
Anastasia quando anche lei comprende.
Forse
entrambe le cose, pensa Cary e formula una silenziosa preghiera per la donna di
cui è innamorata.
A
Washington D.C. Sam Wilson, Rappresentante al Congresso per il 13° Distretto
dello Stato di New York sta guidando lungo la grande arteria stradale che
collega la capitale federale degli Stati Uniti alla vicina Contea di Arlington
in Virginia in direzione di dell’Aeroporto Nazionale, Ronald Reagan.
Ogni
tanto getta un’occhiata allo specchietto retrovisore per accertarsi di non
essere seguito ma forse i suoi ricattatori non ne hanno bisogno, forse sono in
grado di monitorare i suoi movimenti in altro modo ed è per questo che gli
hanno imposto di usare l’auto. Beh, non sono i soli a saper usare qualche
trucchetto e potrebbe essere lui a sorprenderli a tempo debito.
L’aeroporto
è in vista. Presto saprà cosa lo aspetta.
4.
Quante
probabilità ha di riuscire? Capitan America non si sofferma a chiederselo,
semplicemente agisce. Un balzo, la sensazione di essere sospesa nel vuoto, le
dita che si protendono e riescono ad afferrare uno dei pattini dell’elicottero.
Ce l’ha fatta, pensa con soddisfazione.
Uno
dei cecchini si sporge da un portello e la prende di mira. Lei si dondola ed un
primo proiettile la sfiora. Non aspetta che ne spari un altro, si dondola
ancora di più e si proietta verso il cecchino colpendolo al mento con i piedi
uniti. L’uomo perde l’equilibrio e precipita dall’elicottero con un grido.
Non
è quello che Liz Mace avrebbe voluto ma non può permettersi di pensarci. Una
nuova oscillazione, un balzo acrobatico, le dita che si staccano dai pattini,
di nuovo la sensazione di essere sospesa nel vuoto mentre si rannicchia su se
stessa e finalmente piomba all’interno dell’elicottero.
Si
rimette in piedi. Davanti a lei almeno una dozzina di mercenari pesantemente
armati. Troppi avversari per una donna sola… a meno che quella donna non si
chiami Capitan America.
-Immagino che sia inutile chiedervi di gettare
le armi, vero?- chiede retoricamente.
La
sola risposta è il secco rumore di pistole e fucili che vengono armati. Cap
sospira e tenendo lo scudo davanti a sé si lancia in avanti.
Cary
St. Lawrence riflette. Spera che Liz possa riuscire nel suo intento ma il suo
compito è prepararsi al peggio. Per fortuna quasi nessuno è rimasto ferito
durante il primo attacco e solo un paio di profughi sono rimasti uccisi quando
è intervenuto il secondo elicottero.
Non
ci aveva fatto caso nella concitazione del momento ma riflettendoci adesso,
deve convenire che è strano. Un intero reparto di mercenari addestratissimi e
tutti sbagliano mira clamorosamente? Non è possibile.
Improvvisamente
si accorge che tre dei profughi, un vecchio vestito solo di una pelle di
animale, una ragazza ed un giovane dal fisico palestrato, hanno abbandonato i
ripari e stanno camminando verso le postazioni nemiche con la massima
tranquillità.
-Cosa fate? Siete impazziti?- urla Cary ma
loro non l’ascoltano.
Il
vecchio si gira brevemente verso di lei con un enigmatico sorriso in volto e
dice:
-È ora di finire.-
Alza
gli occhi al cielo ed un secondo dopo i motori dell’elicottero si fermano tutti
contemporaneamente.
Il
Comandante America sferra un pugno al mento di Tirife Barzani che sviene. Non
gli è piaciuto colpire così una donna, ma in queste circostanze le vecchie
regole di cavalleria non valgono più un accidente.
Sente
lo scatto degli otturatori di alcuni fucili. Per qualche istante si è
dimenticato di essere circondato da uomini armati.
-Non potremmo risolvere le cose senza
violenza, da persone civili, per una volta?- chiede in tono ironico.
Prima
che qualcuno possa dire un’altra parola o fare un qualunque gesto si odono
scariche di fucileria e grida.
Gli
occhi di tutti si volgono nella loro direzione e vedono qualcosa di
inaspettato: una ragazza africana dai lunghi capelli neri che indossa un abito tradizionale
dei popoli dell’Africa Orientale è ferma a pochi metri di distanza. Al suo
fianco c’è un giovanotto nero come l’ebano ed a petto nudo. Davanti a loro un i
miliziani si stanno sparando gli uni con gli altri
-Ma cosa sta succedendo?- si chiede ad alta
voce il Comandante America.
Quello
che accade subito dopo lo lascia ancora più sconcertato: il ragazzo a petto
nudo si è messo a correre e mentre si avvicina all’elicottero inizia a trasformarsi.
I suoi pochi abiti si lacerano mentre il suo corpo muta in quello di un
possente felino antropomorfo dal pelo nero che travolge i pochi miliziani
rimasti in piedi, li azzanna o li squarta con i suoi artigli affilati.
David
Pak gli spara ma non riesce a fermare la sua corsa poi il percussore del suo
fucile batte a vuoto. Ha finito le munizioni ed è troppo tardi ormai. Il
terrificante volto del suo nemico è l’ultima cosa che vede prima che le sue
zanne gli squarcino la gola.
Tutto è durato solo pochi
secondi ma agli occhi del Comandante America la scena è sembrata svolgersi al
rallentatore come in un film di Zack Snyder. Quando tutto è finito solo lui ed il
felino mannaro sono rimasti in piedi.
-Tu puoi andare.- dice quest’ultimo al
Comandante con una voce cavernosa che esce da una gola non del tutto adatta ai
suoni umani.
-Chi diavolo sei?- ribatte Franklin Mills
-Io sono lo spirito
di questa terra… il protettore della sua gente… io sono… la Pantera!-
-Suppongo che dovrei restare impressionato.
Dimmi, hai qualche collegamento con la Pantera Nera del Wakanda?-
-Il dio Pantera scelse
mio padre come campione del popolo di Azania contro i suoi oppressori ed in
questa forma ha combattuto il regime di apartheid dei colonizzatori bianchi. Fino
alla sua caduta.[2]
Usò metodi crudeli necessari in un tempo crudele. Non molto tempo dopo la sua
morte fui contattato da Joshua N’Dingi.-
-Il Dottor Crocodile.-
-Si, è così che lo
chiamano. Mi disse che poteva risvegliare in me lo spirito della Pantera se lo
avessi aiutato. Ho accettato.-
-Vedo bene come lo hai aiutato. Ma qualcosa
non mi torna. Pensavo che questi mercenari fossero al servizio di Crocodile.-
-Per eliminare il
Presidente Bomwana che si opponeva all’annessione di Azania alla Federazione
Panafricana, non per massacrare gli innocenti. Per fortuna io ed i miei amici
eravamo nella capitale e ci siamo uniti ai profughi.-
-Beh, direi che hai fatto bene il tuo sporco lavoro.
Hai compiuto un vero e proprio massacro. Credo che tu abbia ucciso tutti tranne
lei.-
Il
Comandante indica Tirife Barzani ancora svenuta.
-Dovrei ucciderla.
Lei non avrebbe esitato ad uccidere me e voleva uccidere te.-
-In questo dovrai combattermi, perché te lo
impedirò.-
-Perché? Lei ti
avrebbe ucciso senza rimorso ed ora vorresti proteggerla?-
-Diciamo che sono un inguaribile romantico.
Non sono il tipo che resta a guardare mentre uccidono una donna, specie se è
svenuta.-
Per
qualche istante l’uomo con lo scudo ed il felino umano restano a fissarsi senza
parlare con i muscoli tesi e pronti a scattare, poi la tensione è rotta dal
rumore di spari.
5.
Un
evento impossibile: i motori di un elicottero che si spengono contemporaneamente.
Il veicolo oscilla, sbanda e comincia a precipitare velocemente al suolo,
Capitan
America non perde tempo a farsi domande: salta oltre il portello, si rannicchia
su se stessa, con lo scudo davanti a sé ad assorbire la maggior parte
dell’impatto. Rotola sulla sabbia senza quasi farsi male mentre ode lo schianto
dell’elicottero poco lontano. È sopravvissuta ma dubita che gli occupanti
dell’elicottero siano stati altrettanto fortunati.
Il
rumore di spari giunge alle sue orecchie. Si rialza di scatto e quello che vede
la spinge a muoversi in fretta.
Chris
Jacobs non riesce a credere ai suoi occhi: i suoi uomini si sono sparati a
vicenda e quelli rimasti sono stati massacrati da quella specie di pantera
umanoide mentre l’elicottero dei cecchini è caduto senza motivo apparente.
In qualche modo deve
essere colpa di uno di quei tre, lo sente. È troppo tardi per salvare i suoi
uomini ma forse può almeno vendicarli.
Punta la pistola e spara
un colpo verso il più vecchio dei tre ma sorprendentemente sbaglia ed il
proiettile si perde nel nulla. Il vecchio si gira e lo guarda accennando un
sorriso.
L’Africa è la terra da
cui i suoi antenati furono strappati a forza secoli fa ma Chris Jacobs è un
americano fatto e finito che non crede a stupidaggini come la magia e gli
stregoni. eppure quando il vecchio con un occhio cieco lo fissa non riesce a
reprimere un brivido di atavico terrore. Mutanti, si dice. Devono essere
mutanti o comunque superumani. Non c’è nulla di soprannaturale in loro. Nulla,
ma una parte di lui, la più irrazionale non ci crede.
-Restate fermi dove siete o vi uccido tutti e
tre!-
Si
accorge di averlo gridato e che la mano gli trema. Vorrebbe sparare ma le dita
gli sembrano paralizzate.
-Tu non ucciderai nessuno, uomo.- gli dice il
vecchio -Volevi massacrarci tutti per ordine dei tuoi padroni bianchi ma sarà
il tuo sangue a tingere di rosso la sabbia.-
-Chi sei?-
-Il mio nome non ti direbbe niente ma sappi
che sono stato io a far sì che i proiettili dei tuoi uomini non uccidessero
quasi nessuno ed a far cadere il tuo elicottero. La giovane Zenzi ha confuso le
menti dei tuoi uomini che hanno scambiato i loro compagni per nemici da
uccidere e la Pantera… beh, hai visto cosa ha fatto.-.
Non
guardarlo negli occhi., pensa Jacobs. Non pensare a niente. Solo a sparare.
Uccidili entrambi, compresa la ragazza e poi pensa all’uomo pantera. La pistola
sembra pesargli una tonnellata mentre prova di nuovo a premere il grilletto.
Improvvisamente
si ode un terrificante ruggito e pochi attimi dopo la cosiddetta Pantera balza
addosso a Jacobs trascinandolo a terra. Lo sbranerebbe se all’improvviso qualcosa
non lo colpisse alla schiena: lo scudo di Capitan America.
-Spiacente ma lo voglio vivo.- dice quest’ultima.
-Siamo in due allora.- ribadisce il Comandante
America arrivando al suo fianco.
-Non ho niente
contro di voi, ma lui deve morire.- insiste la Pantera.
-Allora dovremo combattere, temo.-
-Non sarà necessario.-
Il
misterioso vecchio con una cicatrice che attraversa l’orbita dell’occhio
sinistro si avvicina alla Pantera e gli porge la mano aiutandolo ad alzarsi.
Mentre lo fa, la Pantera ritorna umano.
-Ce ne andiamo.- dice il vecchio -Non provate
a fermarci, sarebbe inutile.-
-Per andare dove?- chiede il Comandante -Il
confine con il Bangalla e il Wakanda è ancora lontano e dietro di voi c’è solo
il deserto.-
Il
vecchio non risponde e prende a camminare seguito dal giovane e poi dalla
ragazza che ha chiamato Zenzi. Fanno qualche passo e poi semplicemente scompaiono.
-Teletrasporto… o qualche altra diavoleria che
preferisco non sapere.- commenta il Comandante America.
In
quel momento ecco arrivare Cary St. Lawrence assieme a Liam Christian, Anastasia
Kasparova e Gunnar Lindstrom. Cary si rivolge a Capitan America cercando di mascherare
l’emozione.
-Lieta di rivederla anche in queste
circostanze, Capitano.-
-Lo stesso vale per me.- replica Liz Mace con
un sorriso.
Cary
si rivolge ai suoi sottoposti:
-Legate Jacobs ed andate a prendere la Barzani
se è ancora viva.-
-Lo era fino ad un paio di minuti fa.-
interviene il Comandante America.
-Molto bene, sareste così gentili da aiutarmi
a vedere se ci sono feriti tra i profughi e che danni hanno subito i nostri
mezzi? Christian, venga anche lei.-
-Molto volentieri.- risponde Cap.
-Non avete il diritto di trattenermi.-
protesta Jacobs -Non avete autorità qui in Azania.-
-Forse ha ragione, Mr, Jacobs.- replica Cap
-Quando saremo negli Stati Uniti potrà protestare con la Corte Federale che la,
giudicherà per il tentato omicidio di due cittadini americani su suolo
straniero… per tacere di una cittadina russa e dei profughi che avreste
massacrato lei e la sua squadra.-
-Beh, in fondo ha ragione: tecnicamente questo
è un rapimento giusto?- interviene il Comandante -Forse dovremmo davvero lasciarlo libero.
Sono sicuro che quella specie di pantera umana si farebbe viva molto presto
risolvendo il problema per noi.-
Jacobs
tace.
In
un’isola dei Caraibi il giovane che reclama nome e ruolo di Capitan America si
ritrova di nuovo contro MODOK.
-A quanto pare, Capitano… - dice quest’ultimo
-… dobbiamo batterci.-
Mentre
parla, dalla sua poltrona speciale parte una scarica di proiettili che il
Capitano para con il suo scudo. Una sequenza di raggi laser cerca di colpirlo
ma lui li evita con grande agilità o di nuovo li para con lo scudo.
MODOK
gli volteggia intorno grazie alla sedia volante.
-Sei in gamba, Capitano, lo riconosco, ma non
potrai sfuggirmi per sempre.- gli dice.
-Non devo farlo.- replica il Capitano.
Lancia
il suo scudo mirando ad un punto preciso della sedia. Lo scudo colpisce il
bersaglio con precisione millimetrica, la poltrona ondeggia poi cade e MODOK è
sbalzato fuori.
-Come hai fatto?-esclama incapace di potersi
alzare senza aiuto mentre il Capitano gli si avvicina-Come sapevi esattamente
dove colpire? Te lo ha detto lui non è vero?-
Il
Capitano non risponde invece estrae dalla fondina una pistola dalla foggia
strana e la punta alla gigantesca fronte di MODOK.
-Che vorresti fare con quella?- chiede
quest’ultimo -Non mi spaventi. Capitan America non uccide gli avversari
inermi.-
Con
voce dura il Capitano risponde:
-Gli altri Capitan America forse, ma io… io
non sono loro.-
E
preme il grilletto.
EPILOGO
Un quinjet dello S.H.I.E.L.D. del tipo soprannominato Bus in missione
umanitaria raccoglie i profughi azaniani, i due supereroi patriottici, la
squadra di Cary St. Lawrence ed i loro prigionieri per poi dirigersi nel vicino
Stato del Bangalla.
I
profughi vengono sbarcati e presi in carico dalle autorità locali. Mentre li
vede andar via Capitan America non può non chiedersi che ne sarà di loro.
Saranno davvero al sicuro? Quando la guerra sarà finita, qualunque sia il suo
esito, potranno tornare a casa e riprendere le loro vite di sempre?-
-Non puoi sempre salvare tutti.- le sussurra
venendole vicino Cary St. Lawrence.
-Lo so.- risponde Liz Mace -Ma non smetterò
mai di provarci.
Le
due donne si sfiorano le mani, l’unico gesto di intimità che possono
permettersi in questo momento ma ci saranno altri momenti tutti per loro.
Il
viaggio verso casa è cominciato.
FINE?
NOTE DELL’AUTORE
Poche cose da dire stavolta.
1)
La Pantera è un personaggio creato da Peter B. Gillis & Denys Cowan
su Black Panther Vol. 2° # 1 datato luglio 1988.
2)
Zenzi è stata creata da Ta-Nehisi Coates & Brian Steelfreeze su
Black Panther Vol. 6° #1 datato giugno 2016.
3)
Lo stregone potrebbe essere quello creato da Fabio Chiocchia su Pantera
Nera MIT #1 o magari no, chissà? -_^
Nel prossimo episodio:
conseguenze, reazioni e molto di più. Non mancate.
Carlo