N° 116
1.
Il
Mausoleo di Lincoln a Washington DC è da sempre un luogo speciale per tutti
coloro che hanno vestito il variopinto costume di Capitan America ed hanno
accettato il pesante fardello di combattere per il Sogno Americano, un ideale
che sembra sempre più lontano dal realizzarsi e forse anche per questo più
degno di combattere per esso.
Elizabeth
Mary Mace è l’ultima della lista nonché la prima donna a ricoprire il ruolo di Sentinella
della Libertà e mentre se ne sta in piedi davanti alla statua di Lincoln
stringendo nella destra lo scudo bianco rosso e blu il suo pensiero va all’uomo
che ha chiesto d’incontrarla.
-Ciao Lizzie.-
La
voce maschile è arrivata improvvisa alle sue spalle e Liz si volta di scatto
per trovarsi di fronte un uomo che veste una diversa versione del costume della
Sentinella della Libertà. Il fisico, la sua postura, la voce e quel diminutivo
con cui l’ha chiamata, che lei ha sempre detestato e che lui usava proprio per
questo. È possibile che sia davvero lui? Spera che lo sia… oppure no?
La
voce le trema mentre replica:
-Jeff! Sei davvero tu?-
Il
posto è una villa in stile coloniale in quello che sembra un paesaggio
caraibico. La donna bionda che dimostra poco più di trent’anni ied è n piedi
sulla veranda sospira. Una gabbia per quanto grande e dorata sia resta sempre
una gabbia, pensa.
Una
cameriera dalla pelle ambrata che rivela chiare ascendenze indie e africane si
avvicina quasi senza far rumore e deposita un vassoio con due bicchieri su un
tavolino accanto al quale siede un uomo dai capelli e baffi bianchi dall’età indefinibile.
Indossa un elegante abito bianco che lo fa sembrare un ricco piantatore di
tempi ormai scomparsi. I suoi occhi di un freddo blu acciaio rivelano una
durezza maturata in anni di chissà quali avventure.
Fa
appena un cenno alla cameriera mentre afferra uno dei bicchieri.
-Prenda il suo, mia cara Alicia.- dice.
La
donna bionda abbozza un sorriso e si siede accanto al vecchio, sorseggia il suo
Cuba Libre[1]
poi ripone il bicchiere sul tavolo e dice:
-Stavo pensando a… quello che è successo a
Levine.-
-Era necessario.- replica il vecchio -Non
avrebbe avuto il fegato di resistere alle pressioni dell’inchiesta sulle
attività… non ortodosse… della North Organization. Sarebbe crollato
trascinandoci tutti nel fango con lui. Era un burocrate non un soldato.-
-Non come lei, Sir Ian.-
Se
c’è dell’ironia nella voce di Alicia Wallencott, Sir Ian McMasters non la
coglie o sceglie di ignorarla e replica:
-Io mi sono fatto le ossa nel SAS[2]
in zone molto calde ed in operazioni che ufficialmente non sono mai esistite. È
in una di esse che ho riportato la mia ferita alla gamba. Levine non sarebbe
sopravvissuto in quelle situazioni nemmeno per cinque minuti. In questo eravamo
decisamente diversi.-
-Eppure era il suo numero due.-
-Perché era un eccellente amministratore e mi
sollevava dal peso della parte noiosa del comando. Ora è un utile capro
espiatorio a cui attribuire tutte le colpe.-
-E lei pensa davvero che crederanno che aveva
organizzato tutto lui? Che lei fosse all’oscuro di tutto?-
-Naturalmente no ma non potranno provare nulla
e passata la tempesta potrò riorganizzare la North, magari con un nuovo nome.-
-Lei lo aveva previsto fin dall’inizio. Ha
fatto in modo che tutte le prove portassero a Levine ed ora che lui è morto non
potrà mai implicarla.-
-Un bravo comandante deve pensare anche a
possibili vie di fuga in caso di sconfitta. Levine mi sarà utile da morto come
lo è stato da vivo anche se in modo diverso facendomi da scudo dai guai
peggiori.-
E
la prossima volta potrebbe toccare a me, pensa Alicia Wallencott ma ovviamente
non lo dice.
Liz
Mace avanza verso l’uomo davanti a lei. Allunga la mano verso di lui poi si
ferma. Lui sorride e dice:
-Capisco la tua sfiducia Lizzie, ma sono
davvero io.-
Con
gesto rapido si abbassa la maschera rivelando il volto di un giovane di poco
più di vent’anni biondo e dai profondi occhi azzurri.
A
Liz manca il respiro al vedere quel volto ma alla fine riesce a dire:
-Oh, Mio Dio!-
E
lacrime troppo a lungo represse cominciano a rigarle il viso.
2.
Chris
Jacobs è stato molte cose nella sua vita ma principalmente un mercenario, un
esperto della guerra in tutte le sue declinazioni. Quello che ha fatto e che ha
visto fare viene classificato normalmente nella categoria crimini di guerra e
contro l’umanità. Ora i suoi peccati sono venuti alla luce e lui ha dovuto
scegliere tra la lealtà ai suoi datori di lavoro e la sua libertà. Facile
capire cosa abbia scelto.
-E questo è tutto.- dice infine.
C’è
una pausa di silenzio prima che la giovane donna dai voluminosi capelli neri
che indossa l’uniforme dell’U.S. Air Force dica:
-Ne è proprio sicuro, capitano? Non c’è
qualcos’altro che vorrebbe aggiungere? Le ricordo che l’accordo che ha firmato
non avrà alcun valore se salterà fuori che ha nascosto qualcosa.-
-Ehi! credevo che lei fosse il mio difensore.-
-Proprio per questo voglio essere sicura che
le sue dichiarazioni reggano. Con i suoi precedenti la Corte Marziale sarebbe
molto più che severa se si scoprisse che ha mentito o taciuto qualcosa.-
-Ne sono assolutamente consapevole, Tenente
Perrywinkle, mi creda. A questo punto avrei tutto da perdere a mentire. Piuttosto,
mi auguro che siano state prese tutte le precauzioni per garantire la mia
incolumità prima del processo.-
-Domani sarà trasferito in un luogo segreto
dove resterà in custodia protettiva fino al giorno della sua deposizione. Lì sarà
al sicuro.-
-Vorrei esserne certo quanto lei ma so bene
quanto è preparata la North Organization. Ha occhi e orecchie dappertutto ed ha
a disposizione i migliori assassini.-
-E lei era uno di loro, giusto?-
Jacobs
non replica.
Liz
Mace non sa cosa dire. È davvero suo fratello quello davanti a lei? Non è un
sogno? Un’illusione o, peggio, un impostore?
-So cosa stai pensando Lizzie ma sono davvero
io.-
Lei
si avvicina e gli sfiora il volto con la mano. Lo fissa negli occhi e quel che
ci vede la convince del tutto. Quello è lo sguardo di suo fratello. Nessun
impostore potrebbe imitarlo così bene
-Oh, Mio Dio, Jeff...- mormora -Sei vivo. È
una notizia meravigliosa. Mamma e papà erano stati distrutti dall’annuncio
della tua morte.-
-Non dir loro niente e nemmeno a Bobbi. Non
per adesso almeno.-
Non potrei nemmeno se lo
volessi, pensa Liz. Non ho la più pallida idea di dove siano adesso. Ora, però una
domanda le sale alle labbra:
-Come hai fatto a salvarti?-
-Ad essere onesto… non lo so.- risponde lui -L’ultima
cosa che ricordo con chiarezza è che mi trovavo nella sede del F.B.S.A. senza
potermi muovere ed aspettando che U.S.Agent tornasse a prendermi dopo aver
portato in salvo Henry Peter Gyrich[3]
quando improvvisamente c’è stata una luce accecante. Il mio successivo ricordo
è di essermi svegliato su un lettino e davanti a me c’era il Dottor Quinn.-
-Quinn? Intendi il Dottor David James Quinn,
il consigliere scientifico del Presidente?-
-Proprio lui. Mi ha raccontato che ero stato
trovato in animazione sospesa in uno dei covi del Consorzio Ombra e che non
aveva idea di come ci fossi arrivato. Ipotizzava che avessero usato una qualche
forma di teletrasporto.-
-Ha senso, come ha senso che avessero in mente
di farti il lavaggio del cervello come avevano fatto con Spirito Libero e Jack
Flag. L’importante è che sei vivo. Ora che ci penso, adesso Quinn sa la tua
identità e visto che non è certo uno stupido avrà dedotto anche chi sono io e
lo saprà anche Gyrich.-
-Stai tranquilla. Gli ho detto che mi chiamo
Roscoe Simons. Certo, se si è preso la briga di confrontare il mio volto con le
foto dei database governativi o dei media può anche aver scoperto la verità ma
sono abbastanza sicuro che non l’ha detta a nessuno.-
-Effettivamente l’ultima volta che l’ho
incontrato Gyrich non sembrava che sapesse chi ero e credo che l’avrei capito
se non fosse stato così. Il che mi fa sentire più sollevata, lo ammetto.-
Un
attimo di silenzio poi Liz dice:
-Ok, Jeff. Se rivuoi lo scudo…-
Lui
scuote la testa e replica:
-No. Non sono più sicuro di meritarlo. Forse
avevi ragione, forse sei davvero migliore di me come Capitan America e se mai
dovessi fare qualcosa di sbagliato so che me lo impedirai.-
-Perché parli così? c’è qualcosa che non mi
hai detto?-
Lui
si rimette la maschera, poi risponde:
-Ti ho detto tutto quello che so. È quello che
non so che mi spaventa. Proverò a scoprirlo e se dovessi fallire toccherà a
te.-
Si
gira e se ne va. Liz apre la bocca per chiamarlo ma, non sa nemmeno lei perché,
rinuncia e rimane sola all’ombra della statua di Lincoln..
A
Washington D.C. appostato in un punto sicuro qualcuno ha un fucile puntato
verso una delle finestre di un appartamento del complesso Watergate.
Il cecchino inquadra la
figura di Sam Wilson nel suo mirino telescopico ad alta definizione. In realtà
quella che vede è solo una specie di silhouette dietro le veneziane abbassate
ma Wilson vive da solo e non ci possono essere dubbi su chi sia l’uomo nella
stanza. A fugare i pochi rimasti ecco che il suo telefono squilla in perfetto
orario e lui risponde.
Il
cecchino aggiusta la mira in funzione del vento, prende un profondo respiro e
poi spara.
3.
San
Carlos, sede della Nazione Apache omonima nel cuore dell’Arizona, è decisamente
diversa da come Roberta Mace la immaginava. Mentre il SUV dove si trova si
arresta davanti ad una palazzina in muratura chiede al guidatore:
-E questa è...?-
-La sede della Polizia
Tribale della Nazione Apache Chiricahua di San Carlos.- le risponde il
Detective Sam Silvercloud -Non dirmi che ti aspettavi che vivessimo ancora
negli hogan[4],
ne sarei deluso. Mi sembri una ragazza intelligente.-
-Grazie del complimento. Adesso che facciamo?-
-Seguimi e lo vedrai.-
Silvercloud
guida Bobbi all’interno di una sala agenti non dissimile da quella di una qualunque
stazione di polizia di qualsiasi altro posto negli Stati Uniti. Il Detective
Apache si ferma davanti alla scrivania di un suo collega e gli chiede:
-Allora, Ken… mi hai trovato quei numeri di
telefono che ti ho chiesto mentre accompagnavo qui questa gentile signorina che
purtroppo non riesce a ricordare nemmeno uno dei numeri dei suoi familiari?-
-Erano nella memoria del mio cellulare e non
ce l’ho più.- replica Bobbi -Non avevo bisogno di memorizzarli… credevo.-
-Beh, quel che è fatto è fatto. Dunque Ken?-
-Non è stato facile, Sam.- risponde l’altro
-Uno è registrato a nome di una specie di diplomatico e ho dovuto sudare per
ottenerlo ed un altro appartiene ad un ufficiale dei Marines ed è riservato. Non
c’è stato verso di averlo e potrei aver attirato l’attenzione dei federali.-
-Ci mancherebbe solo quello. Dovremo chiamarli
alla fine visto che dovremo denunciare un rapimento interstatale ma questo non
vuol dire che mi piaccia averli tra i piedi.-
-Se ne sta già occupando l’F.B.I. infatti e
pure l’F.B.S.A. pare.-
-L’F.B.S.A,?- esclama Silvercloud voltandosi
verso Bobbi Mace -Sicura di avermi detto tutto, ragazzina?-
-Tutto quello che so.- replica Bobbi -Ora
posso avere quei numeri ed un telefono per favore?-
Silvercloud
l’accompagna alla sua scrivania e le porge un telefono dicendo:
-Serviti pure.-
Bobbi compone i numeri
uno dopo l’altro più volte ma il risultato è sempre lo stesso:
-A casa non risponde nessuno ed i numeri dei
miei genitori non risultano più attivi. Non capisco.-
-A quanto pare, il tuo rapimento non è il solo
mistero.- commenta Sam -Ti confesso che mi sta incuriosendo.-
Ed
a me preoccupa, pensa Bobbi. Se solo potessi raggiungere Liz.
La
donna che si fa chiamare Capitan America aspetta qualche istante poi da dietro
la statua di Lincoln estrae una valigetta. Ne trae un impermeabile che indossa
subito dopo essersi tolta cappuccio e guanti. Sistema lo scudo nella valigetta
e quindi lascia il Mausoleo di Lincoln.
In
pochi minuti raggiunge un’auto parcheggiata poco lontano e vi sale.
-Com’è andata?- le chiede la sua compagna
Carolyn “Cary” St. Lawrence.
-Non lo so, davvero.- risponde Liz Mace.
-Che vuol dire? È lui oppure no?-
-È lui. Ne sono convinta ma c’è qualcosa che
non va ne sono altrettanto certa. Ne è consapevole anche lui e questo mi
preoccupa.-
-Non avresti dovuto lasciarlo andare allora.-
-Dovevo farlo. E comunque presto ci
ritroveremo. È inevitabile.-
-Anche la morte e le tasse lo sono ma questo
non vuol dire che mi piacciano.-
Liz
non può fare a meno di ridere e replica;
-Ed a quale dei due mali stai paragonando mio
fratello?-
-Devo ancora deciderlo ma che sia portatore di
guai è fuori di dubbio.-
Di questo anche Liz era convinta ma ora che sapeva che suo fratello era vivo avrebbe fatto tutto quello che poteva per aiutarlo. Non lo avrebbe perso una seconda volta.
L’uomo
con l’uniforme della Marina e la donna bionda in tailleur scuro percorrono il
lungo corridoio che dall’ingresso dell’edificio carcerario dello S.H.I.E.L.D,
fino ad una stanza dove li attende una giovane donna dalla pelle brunita e
lunghi capelli neri con indosso la tenuta arancione dei prigionieri..
Mills
la fissa per qualche istante in silenzio poi dice:
-Buonasera, Miss Barzani. Noi non ci conosciamo.
Io sono i Il Tenente di Marina Franklin Mills e la signora con me è Amara Kelly
dell’Ufficio del Direttore Dell’Intelligence Nazionale immagino che lei sappia
perché siamo qui.-
-Sì, posso immaginarlo.- risponde, in un
Inglese con un chiaro accento del Kurdistan iracheno, Tirife Barzani, ex
amazzone dell’esercito di liberazione curdo.
I
suoi occhi si puntano su Mills che ne sostiene lo sguardo e le chiede:
-Dunque?-
-Cosa posso aspettarmi se collaboro?-
-Alcuni anni in una prigione militare americana
invece dell’ergastolo che avrebbe sicuramente anche da una corte internazionale
per aver fatto parte di una squadra di mercenari al soldo di una compagnia
militare privata con l’incarico di eliminare un gruppo di profughi della
nazione africana di Azania. Crimine di guerra o contro l’umanità, non sono
sicuro della qualificazione esatta ma comunque, non è uno scherzetto, non le
pare? In più, al termine della pena non sarà rimandata nel suo paese dove, mi
dicono, la sua defezione non è stata presa molto bene.
-E se mi rifiuto?-
-Al Governo stanno valutando l’ipotesi di non
sollevare accuse contro di le ma di estradarla semplicemente nel suo paese.
Tirife
Barzani tace. Sa benissimo che una volta rientrata nel suo paese la aspetta in
un modo o nell’altro la morte. Deve decidere in fretta.
4.
In
un complesso segreto sotto la Capitale degli Stati Uniti un giovane in costume
rientra nel suo alloggio e si sfila il cappuccio per poi sedersi sul letto.
Ha
fatto la cosa giusta, lo sa ma non è soddisfatto. Non ha detto tutta la verità
a Liz e del resto come avrebbe potuto? Nemmeno lui la conosce davvero ed è
quello che lo spaventa.
Gyrich
ed anche Quinn lo hanno scelto: vogliono che sia lui Capitan America e non sua
sorella. Le loro intenzioni sono le migliori o almeno è quello che sembra ma
anche se non sa bene cosa, lui sa che qualcosa non quadra, qualcosa che i suoi
sogni tormentati cercano di rivelargli, qualcosa che lo spaventa.
Da
un’altra parte una donna che indossa un attillato costume rosso amaranto entra
in una stanza arredata in modo spartano.
Senza
perdere tempo si avvicina ad una parete ed in un apposito scomparto sistema le
sue armi, poi, con poche e rapide mosse, si sfila il costume e la parrucca
bionda, quindi si mette davanti ad uno specchio e si sfila le lenti a contatto
azzurre per poi riporle con cura.
A
questo punto si riveste indossando con un tailleur gessato azzurro con
minigonna e tacco dodici. Per buona misura si infila anche un paio di occhiali.
Quella
che poco più tardi esce in strada e chiama un taxi è una donna del tutto
diversa in cui nessuno potrebbe riconoscere la spietata assassina chiamata
Madame Synn.
Nel
suo laboratorio il Dottor David James Quinn riflette sugli ultimi avvenimenti e
deve ammettere di essere compiaciuto di se stesso. Tutto sta andando come
previsto e quando Henry Peter Gyrich e tutti gli altri si renderanno conto di
non essere altro che pedine in un gioco organizzato da lui sarà troppo tardi.
Ancora
poco e riuscirà dove il Teschio Rosso, Strucker e Zemo hanno fallito e questo
perché, a differenza di loro, lui sa aspettare, non è impaziente. L’impazienza
fa commettere inevitabilmente errori
Gli
rimangono solo un paio di ostacoli da superare ma, ed è questa l’ironia
suprema, ci penserà il suo Capitan America a sistemarli per lui.
David
James Quinn resiste all’impulso di ridere come il cattivo di un vecchio film.
5.
Se
qualcuno potesse vederlo adesso, non potrebbe fare a meno di notare lo sguardo
corrucciato dell’uomo che siede in una comoda poltrona di pelle dietro ad una
scrivania su cui è posata la foto di una giovane donna dai capelli neri e
corti,
Dagli Stati Uniti stanno arrivando solo
cattive notizie. I suoi piani contro la Roxxon e per controllare certe cariche
politiche stanno fallendo uno dopo l’altro.
Forse
ha sbagliato ad affidarsi alla North Organization o forse ha semplicemente
sottostimato i suoi avversari. In ogni
caso, lui è sempre stato uno che impara dai suoi errori
La prossima volta non ci
saranno fallimenti.
In un appartamento di Washington D.C. un afroamericano risponde al
telefono.
<<E così, Congressista Wilson, ha deciso
di tradirci.>> dice una voce alterata da qualche meccanismo elettronico.
impossibile perfino a capire se a parlare è un uomo od una donna.
-E così avete scoperto che vi ho fornito
materiale di nessun valore.-
<<Credeva davvero che non lo avremmo
scoperto? La credevo più furbo, Wilson. Ora pagherà il prezzo del suo
tradimento.>>
-Non parlerei di tradimento se fossi in voi.
Il vostro tentativo di corrompermi ed ottenere materiale top secret potrebbe
essere chiamato proprio così. Da quanto ho saputo, il vostro bel castello di
carte sta crollando. I suoi capi sono morti o fuggiti. È davvero sicuro di
voler andare avanti?-
<<Quello di cui sono sicuro, Wilson, è
che tra un secondo lei sarà morto.>>
In
quell’esatto momento la finestra della stanza è infranta da un proiettile.
Dalla
sua posizione il cecchino vede cadere l’uomo dietro le veneziane e sorride. One
shot one kill[5] era il motto della sua
unità e lui vi ha tenuto fede ancora una volta.
Sam
Wilson non è più un problema.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Quasi
nulla da dire in realtà. Tutto quello che c’era di rilevante da sapere è stato
detto nella storia. Posso solo aggiungere che:
1)
Sam Wilson è veramente morto così? è questa l’ingloriosa fine del primo
supereroe afroamericano? Sono stato veramente capace di tanto? Ne avrete la
certezza solo nel prossimo episodio, -_^
2)
Per chi non lo ricordasse, Roscoe Simons era il nome di un ragazzo che
tentò di sostituire Capitan America nel periodo in cui Steve Rogers aveva preso
l’identità di Nomad. Fu ucciso dal Teschio Rosso originale in Captain America
Vol 1° #183 datato marzo 1975.
3)
Chi è il vero mandante della North Organization? Un indizio: è un
vecchio personaggio Marvel di cui nessuno si ricorda e che nessun supereroe ha
mai incontrato di persona ma che ha provocato loro più di un fastidio.
Nel prossimo episodio:
tutta l’azione che è mancata negli ultimi due e qualche risposta.
Carlo