N° 19

 

INTERLUDIO

 

(OVVERO: LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA)

 

 

IL RIPOSO DEL GUERRIERO ED ALTRE STORIE

 

Di Carlo Monni

 

 

INTRODUZIONE

 

 

Per parafrasare Thomas Jefferson, a volte nel corso degli umani eventi, si rende necessaria una pausa, un momento per riguadagnare le forze e ritemprarsi il corpo e lo spirito in vista di nuove sfide. L’uomo di nome Jeff Mace ha avuto pochi momenti così da quando ha assunto su di se il manto e la responsabilità di Capitan America, il simbolo dei valori che stanno alla base della Dichiarazione d’Indipendenza e della Costituzione degli Stati Uniti d’America, ovvero, quello che è anche chiamato: il Sogno Americano. Per una volta, mettiamo in seconda fila il guardiano del Sogno e diamo uno sguardo alle vite di coloro che hanno a che fare col suo mondo e la sua vita: i suoi amici, i suoi familiari e (perché no?) i suoi nemici e se ci avanzerà tempo, parleremo anche di lui, come potrebbe essere altrimenti?

Ma ora silenzio, la rappresentazione sta per cominciare.

 

 

Elizabeth Mary Mace in:

ASSASSINIO A BORDO

 

 

Il Capitano dei Marines Elizabeth Mary Mace, trae un profondo sospiro, poi si rimette a guardare le foto allineate sulla piccola scrivania della cabina messale a disposizione dal Comandante della Portaerei U.S.S. Simon Savage dove si trova in missione assieme al Tenente di Marina Martin Luther King Mitchell, un giovane di colore dall’aria molto determinata, per sua fortuna.

-E così, pensi che si tratti di uno di loro.- chiede alla sua compagna.

.Non vedo alternativa.- risponde Lizzie –Se escludiamo l’ipotesi di un attentato, non resta che l’omicidio per motivi personali. Ora dobbiamo capire qual è il legame tra le quattro vittime e se c'è qualcun altro, qui a bordo, che lo condivide. Vediamo di riepilogare quanto sappiamo, ti va?-

-Non abbiamo fatto altro da quando questa storia è incominciata, ma se ti va, facciamolo.- risponde Martin –Il primo “incidente” è avvenuto ad un aviere, Richard Brooks, che stava riparando un aereo, è rimasto folgorato da un’improvvisa scarica elettrica; la seconda volta, è caduto un elicottero da trasporto e sono morti il Marinaio Jason McCoy ed il Sottufficiale di Seconda Classe Arthur Ransom; la terza volta è esploso il serbatoio di un caccia e c’è rimasto secco l’ufficiale pilota il Tenente James Haskell.-

-E sui collegamenti tra le vittime?- chiede Lizzie.

-Ho fatto un po’ di ricerche incrociando le banche dati ed ho scoperto un particolare interessante.-

-Non farti tirare fuori le parole di bocca, parla.-

-Tre di questi quattro, avevano fatto parte di un’unità speciale S.E.A.L. durante l’Operazione Tempesta nel Deserto”, praticamente tutti, tranne il Marinaio McCoy.-

-Il legame che cercavamo.-

-Lo credo anch’io. Ho fatto un’altra ricerca per scoprire chi altro di quel gruppo fosse imbarcato attualmente sulla Savage e quello che ho scoperto, è lì sul tavolo.

-I nostri “soliti sospetti”.- commenta Lizzie –Se solo ora, avessimo la risposta che ci serve da Washington….-

            Dal computer viene un familiare “ping” di avviso dell’arrivo di un’E-Mail e Mitchell si precipita a controllare.

-Tombola, è proprio quello che volevi sapere.-

            Lizzie legge ed un sorriso soddisfatto le si disegna in volto. Ora si tratta solo di trovare l’occasione di smascherare il colpevole.

 

 

Sam Wilson, Falcon in:

OPPORTUNITÀ

 

 

            Falcon entra dalla finestra del suo appartamento di Harlem. È stata una giornata dura per l’eroe di Harlem, prima i suoi doveri come Assistente Sociale, poi un po’ di giri di ronda, tanto per ricordare a tutti che lui continua a vigilare ed a se stesso che i suoi doveri come Vendicatore attivo non lo distolgono dagli impegni verso chi confida, ma ora quel che gli serve è una buona doccia e poi potrà pensare a mangiare qualcosa. Ha appunto finito di fare la doccia, quando suona il campanello e lui si affetta ad indossare dei pantaloni brontolando, per poi aprire la porta. Davanti a lui ci sono tre uomini, tutti di colore Uno lo conosce molto bene: è il Reverendo Garcia, il Pastore della locale Chiesa Battista, l’uomo che ha preso il posto di suo padre nella cura delle anime del quartiere; gli altri due non li conosce, non di persona almeno.

-Ciao Sam…- dice il Reverendo –Questi due signori mi hanno chiesto di accompagnarli da te, dicono di avere delle cose molto importanti da dirti..-

            Sam stringe loro la mano e li fa accomodare, invitandoli a sedersi, mente si chiede cosa possano volere dal lui. Li conosce naturalmente, ma non si aspettava di trovarli a casa sua: il primo, un uomo robusto e sulla cinquantina, è il rappresentante di Central Harlem in Consiglio Comunale, l’altro è il Presidente del Consiglio di Comunità. Dopo essersi scambiati i convenevoli di rito, il Consigliere parla:

-Si chiederà perché siamo venuti, Wilson.-

-In effetti, è così.-

-Avrà di certo sentito del recente scandalo che ha coinvolto molti esponenti alla Legislatura di Stato…-

-L’affare Cyberoptics? Ho sentito la TV e ho letto il Bugle, come tutti.-[1] risponde Sam

            Il Presidente del Consiglio di quartiere interviene

-Il rappresentante di Harlem al Senato di Stato, George Jessup, era un galoppino del Vecchio Morgan che dopo la sua morte aveva stretto un patto con Kingpin.-

-Conoscevo quelle voci, ma continuo a non capire cosa c’entri con me.- replica Sam.

 -Jessup si è suicidato prima dell’arresto ed ora il suo seggio è vacante.- continua l’altro -Si terrà un’elezione speciale per il suo seggio e noi vogliamo un candidato che sia capace di ridare fiducia agli elettori, uno come lei.-

-IO?- esclama Sam –Ma…ma… sapete cosa state dicendo signori? Io… io ho avuto un passato turbolento, quando ero più giovane, in California ho commesso dei rati, sono stato arrestato e condannato[2] e poi… ho già provato a candidarmi alla Camera dei Rappresentanti ed ho perso.-[3] 

-Altre circostanze, altri tempi. Oggi la gente appoggerà un uomo onesto, capace di ammettere i propri errori e d affrontarli a testa alta, inoltre il suo essere il figlio del Reverendo Paul Wilson Sr., un uomo la cui memoria è ancora onorata nella Comunità è molto importante.-

            Sam si sente letteralmente senza parole…-

-Io… Io..- balbetta.

-Ci rifletta su e poi ci dia una risposta.- gli dice il Consigliere –Venga a trovarmi domani nel mio ufficio, ci dirà allora la sua decisione. Non si tiri indietro Sam, pensi alla gente, pensi a suo padre.

            I due uomini politici escono dall’appartamento, rimane solo il Reverendo Garcia che dice:

-Mi dispiace Sam, sapevo cosa volevano chiederti quando ho accettato di condurli qui, ma non avrei voluto metterti in imbarazzo.-

-Lei pensa che dovrei accettare padre?- gli chiede Sam.

-Penso che devi prendere una decisione e che saprai prendere quella giusta Sam qualunque essa sia.-

-Lei crede? Chissà se è vero? Chissà…-

 

            Più tardi, Sam è casa di sua sorella Sarah Wilson Casper, a cena, e parla con lei e col nipote Jody di quanto è avvenuto

-Vogliono che io mi candidi per il Senato di Stato ed io non so davvero cosa fare.- dice –Non so se sono davvero adatto. Ci ho già provato una volta, ma, forse, la politica non fa per me.-

-Io credo che tu sia adattissimo zio Sam gli faresti vedere a quei tipi di Albany di che pasta siamo fatti.- interviene Jody Casper.

-Vorrei che fosse così facile Jody.- replica Sam –Ma davvero posso fare la differenza? O, piuttosto, non mi farò invischiare nelle secche della politica?-

-Sam…- interviene Sarah -… vuoi forse dirmi che hai paura?-

            Sam si alza e guarda fuori dalla finestra:

-Paura?- replica –Forse. Vedi Sarah, è successo qualcosa di strano quando sono tornato da quell’esperienza in quel mondo parallelo creato da Franklin Richards. Improvvisamente, tutti, a parte coloro che mi erano più vicini, sembravano aver scordato che Sam Wilson è Falcon. Come se qualcuno avesse percepito il mio desiderio di riavere una vita che fosse solo mia ed avesse cancellato l’informazione dalle menti di chiunque e da qualunque documento a parte per coloro che io approvavo che sapessero. Non so come e perché è accaduto,[4] ma l’ho accettato. Ho ripreso il mio vecchio lavoro e credo di averlo fatto bene, ma ora, se accetto, riporterò la mia vita sotto i riflettori, sarò bersagliato dai media, tireranno ancora fuori quella storia dei mie trascorsi come “Snap”. Ne vale davvero la pena?-

            Sarah tira un lungo sospiro, prima di rispondere:

-Io credo, Sam, che il problema sia: tu cosa credi? Che tu fossi nei panni di Falcon o nel tuo ruolo di Assistente Sociale, hai sempre fatto del tuo meglio. Ricordi cosa diceva il Reverendo King?[5] “Io ho un sogno”, era lo stesso sogno di nostro padre. Ci sono molti modi per combattere per quel sogno, ma nostro padre diceva che il solo modo per far sì che si avveri è non smettere di lottare. Se credi di poter dare il tuo contributo per cambiare le cose, è tuo dovere farlo, in qualunque modo tu creda utile.-

            Sam abbozza un sorriso,

-Sei sempre stata la più saggia della famiglia Sarah, penserò a ciò che hai detto.

           

            È mattino presto quando Sam Wilson entra nell’ufficio del Presidente del Consiglio di Comunità di Harlem.

-Ho pensato alla vostra offerta signori.- esordisce.

-E cosa ha deciso?- chiede l’uomo politico.

            Sam tira un attimo il fiato e poi, risponde:

-Accetto la vostra offerta.-

            Una nuova sfida è cominciata.

 

 

Steve Rogers in:

IN MEMORIAM

 

 

            Arlington Virginia, non molto lontano da Washington D.C. Questo posto è chiamato il Cimitero degli eroi. Il monumento raffigura Capitan America in una posa plastica ed ai piedi della lapide ci sono sempre fiori freschi, come quelli che l’uomo biondo ha appena finito di deporre.

-Uno strano omaggio, fatto da te Professor Rogers.- dice, improvvisa la voce alle su spalle. Steven Rogers si volta di scatto, i suoi riflessi addestrati reagiscono automaticamente, ma ancora prima di completare la mossa, sa chi è stato a parlare.

-Salve Nick, qual buon vento ti porta da queste parti?- chiede all’uomo con la benda sull’occhio destro dinanzi a lui.

-Nulla di particolare.- risponde Nick Fury, Direttore dello S.H.I.E.L.D. -Ho tanti amici sepolti qui. Quando ho tempo, vengo a far loro una visita, dopotutto sono un sopravvissuto, forse lo siamo entrambi, Rogers.-

-Quando mi chiami Rogers, Nick, di solito stai per dirmi qualcosa di sgradevole..-

-Non stavolta, ho solo un attacco di malinconia. Ho fatto qualcosa come quattro guerre. Sai quanti ragazzi ho visto morire? Ogni volta mi chiedevo: “Perché non io? Tornavo dalla missione e m’imbottivo di Whisky in qualche bettola, Londra, Caen, Saigon. Dopo un po’ sembrano tutte uguali ed anche i volti, dopo un po’ sembrano sempre lo stesso e ti chiedi, ti chiedi…- Nick fa un gesto con la mano, come se volesse scacciare qualcosa d’invisibile -… ah lascia perdere, non sono fatto per le introspezioni. Parliamo di te, piuttosto.. e di lui…- indica la tomba con su scritto Capitan America.

-C’è poco da dire.- ribatte Steve –Lui è Capitan America e si è guadagnato il diritto al riposo ed al ricordo della gente. Alle cose che gli sono state negate quando era vivo. L’unica cosa che voleva era essere come il suo eroe, fare del bene. Ora e per sempre è l’eroe che voleva essere.-

-E tu?- chiede Nick –Sicuro della tua scelta? Come fai senza il brivido del costume, dell’azione?-

            Steve sorride.

-Oh non è facile, lo ammetto, ma ci sto riuscendo abbastanza bene e poi… prima o poi la torcia doveva passare ad una nuova generazione. Noi vecchi dovevamo farci da parte prima o poi Nick e questo, forse era il momento migliore.-

-Dici? Chissà. Comunque, il ragazzo è in gamba, forse un po’ troppo ansioso di far bene, qualche volta, ma in gamba.-

-Conosce il valore della tradizione che porta avanti. È un peso a volte troppo forte per le spalle di un uomo, spero che non ne rimanga schiacciato.-

-Per questo hai deciso di mollare? Ti sentivi schiacciato?-

            Steve riflette un attimo.

-Forse o forse avevo solo voglia di ritrovare l’uomo sotto la maschera di dare una chance a Steve Rogers prima che fosse troppo tardi o forse, non riuscivo più a sentirmi a posto con me stesso dopo l’affare Guerra dei Mondi ed era l’ora di un Capitan America più… puro, incontaminato, diciamo così.-

-Quello che non capisco è perché un insegnante in quella scuola del Connecticut? Perché lo era lui? Un altro modo di far pace con la tua coscienza?

-Oh la scuola l’ho scelta perché è la sua e perché…. Beh… fare l’insegnante è stato sempre uno di miei sogni e ti confesso che, se le cose fossero andate diversamente, alla fine della guerra mi sarebbe piaciuto insegnare in una scuola come quella, mi è sembrata una buona idea dopotutto.-

-Mah, sarà… Io ho sempre pensato che l’unico, vero Capitan America fossi solo tu.-

-Capitan America non sono io…- Steve indica la statua -… è lui. Finché ci sarà un solo uomo che crederà nel sogno e sarà disposto a lottare perché si realizzi, ci sarà sempre un Capitan America. Gli uomini muoiono, Nick, un giorno capiterà anche a me, i sogni… quelli rimangono sempre.-

-Sei un maledetto romantico Rogers, lo sai?-

-Anche tu Nick, ma ti faresti uccidere prima di ammetterlo.-

            I due uomini ridono. Alle loro spalle, la statua osserva, immobile ed eterna.

 

 

J. William Mace in:

RAPPORTO CONFIDENZIALE

 

 

Da Jeffrey William Mace II al Segretario di Stato degli Stati Uniti On. Colin Powell

Rapporto preliminare sulla missione Murtakesh/Halwan

 

            Da quando sono arrivato in zona, ho potuto costatare che questo è davvero proprio un altro bel pasticcio in cuoi ci siamo cacciati. Le prospettive di far terminare per via diplomatica la guerra tra Murtakesh e Halwan sono praticamente pari a zero. Le armate del Murtakesh sono arrivate, ormai, quasi alle porte della capitale di Halwan e la sola cosa che può fermarli è l’uso della forza, ma la forza di chi? Non so se l’attuale situazione geopolitica, con quanto sta accadendo anche nel vicino Rhapastan,[6] per non parlare dell’Iraq,[7] ci consenta un intervento a difesa del nostro alleato Halwan, ma l’alternativa è accettare il fatto compiuto, a meno che, le Nazioni Unite non riescano a raggiungere un accordo e mandino lo S.H.I.E.L.D. o qualcuno di quei gruppi speciali…stile WorldWatch[8] Per fortuna, oserei dire, qualche forza sconosciuta ha fatto saltare alcuni depositi di armi destinate al Murtakesh.[9] Ufficialmente è un'azione che non possiamo approvare troppo forte, ma di certo ci ha fatto molto comodo.

 

            Will Mace solleva gli occhi dal dispaccio che sta scrivendo. Non gli piace dover fare una confessione d’impotenza, ma che altro gli resta? Per tutta la sua vita è stato allevato nella convinzione che gli uomini giusti debbono agire per rimediare ai mali del mondo. Suo padre scelse di farlo come giornalista e come supereroe, nei panni del Patriota, prima e del terzo Capitan America, poi; lui è finito, non riesce neanche a ricordare perché, nella carriera diplomatica, lui che si considerava un uomo d’azione Chissà se Jeff ha mai capito quanto l’invidia perché lui è quello che lui non ha mai potuto essere? Capitan America, l’incarnazione del sogno americano, una tradizione familiare a cui lui ha dovuto abdicare quando…. Lascia correre questa linea di pensiero e pensa alle sue figlie: a nessuna di loro ha dedicato il tempo e l’energia che ha dedicato a Jeff, specie a Roberta e non è giusto che lo capisca ora che lei è scomparsa. Non ha avito il cuore di parlarne a sua moglie Dorothy, ancora in terapia dopo quella sfortunata esperienza infernale,[10] ma è chiaro che qualcosa è successo, ma cosa? Non può darsi pace finché non l’avrà saputo, forse è il momento di rispolverare alcuni vecchi contatti. Si concentra ancora sullo schermo dinanzi a lui e le sue dita riprendono a battere sui tasti…

 

            In definitiva, ritengo fallita l’opzione diplomatica e temo che l’ultima parola spetti alle armi, ma con le forze in gioco, nessuno può immaginare cosa succederà se il conflitto si allargherà. Che quest’angolo di mondo sia una polveriera è notorio, ma che faremo quando esploderà?

 

J. William Mace

Inviato Speciale.

 

 

Sharon Carter in:

DONNA PERICOLOSA

 

 

            Sharon sa che i suoi uomini non dicono cose molto lusinghiere su di lei quando non li sente, ma se ne infischia: deve dirigerlo quest’ufficio, non farsi amare. Nick Fury ha avuto la brillante idea di spedirla a dirigere la sede di Richmond quando lei è decisamente più qualificata per le azioni sul cambio e non per le scartoffie. Le fa tornare in mente quando accettò di passare ai lavori d’ufficio solo per compiacere Capitan America, che non sopportava vederle rischiare la vita.[11] All’epoca non aveva ancora capito come vanno le cose, era un’ingenua, disposta a far calpestare la sua vita e la sua dignità da un uomo per un malinteso senso di quello che dev’essere amare un’altra persona. Se pensa a quella ragazza con la coda di cavallo, le sembra che non possa essere lei, una donna che ha lasciato che ogni sentimento, ogni debolezza fosse sepolta sotto una spessa corazza. Ha funzionato, almeno finché non si è trovata da sola in balia di quei demoni. L’hanno violata in modi molto più umilianti della semplice violenza fisica e lei… semplicemente non ne parla. Quell’episodio semplicemente non esiste, anche se deve ammettere con se stessa che anche il semplice tocco da parte di un’altra persona le suscita sensazioni di… non sa nemmeno lei come definirle. Una parte di lei si rende conto di aver bisogno di aiuto, ma un’altra, beh è semplicemente determinata a non averlo. Il giorno in cui è partita ha trovato un messaggio di Steve Rogers nella segreteria telefonica, non l’ha nemmeno ascoltato. Il bastardo non si merita niente, non si è nemmeno degnato di avvisarla che era sopravvissuto all’esplosione dell’eliveicolo,[12] ha lasciato che lei lo credesse morto come tutti. Beh che marcisca all’inferno adesso.

            Sharon termina la sua sessione di allenamenti, si fa una rapida doccia e risale dalla palestra verso gli uffici. Fury avrà anche pensato fosse una grande idea farla ritornare a casa, ma sbagliava. Da quando è arrivata a Richmond non ha nemmeno messo piede nella vecchia tenuta di famiglia, in qualche modo sa che si sentirebbe un’intrusa adesso. Tom Wolfe ha scritto: “Non puoi più tornare a casa”, aveva ragione

            Rientra nel suo ufficio ed accende il computer, controllando la sua posta elettronica. C’è un’E mail senza mittente, come ha fatto a superare i filtri di sicurezza? Chi la manda? La apre, la legge…

            Spegne il computer ed esce in tutta fretta.

 

 

La Redazione di Now in:

UN GIORNO DI DURO LAVORO

 

            Buongiorno a tutti, fa piacere avere un pubblico così numeroso. Il mio nome è Charlie Snow ed il mio titolo è scritto sulla porta del cubicolo che, pomposamente, chiamo ufficio: “Managing Editor” che significa che dirigo io la baracca anche se il grande capo J.Jonah Jameson mantiene il titolo onorifico di “Editor in Chief” anche se non si vede mai. Siamo una rivista molto famosa, abbiamo pubblicato la prima fotografia dell’Avvoltoio, tanto per farvelo sapere. Vivendo in questa città non si può fare a meno di occuparsi di quelli che qualcuno chiama supereroi, altri meraviglie, altri ancora clowns, ma non sono solo loro il nostro interesse, ci occupiamo di politica, cultura, finanza, costume, facciamo del nostro meglio per tenere alta la bandiera del Primo Emendamento e, qualche volta ci riusciamo bene. Come? Perché tengo una bottiglia di Whisky piena e sigillata sulla scrivania? Beh, parliamoci chiaro, io sono un ex alcolizzato e tengo quella bottiglia in bella vista per ricordarmi che la vita va avanti un giorno alla volta ed ogni giorno riesco a non stapparla. Padronissimi di pensare che sia una stupidaggine, da parte mia è così che la penso io.

            Ma ora facciamo un tour in redazione. Non siamo mai in molti, a dire il vero, il vero giornalista non aspetta che le notizie lo cerchino, ma le va a trovare.  Quella bella figliola bionda si chiama Joy Mercado, una delle nostre migliori firme. Ha un fiuto notevole, per gli scoop, ma sa essere molto avventata. Il suo ultimo articolo ha sollevato molto scalpore e si dice che Jameson stia trattenendo dal suo stipendio i danni che è stato costretto a pagare a Matt Murdock ed al suo studio Legale per evitare una causa per diffamazione, ma non sono in grado di confermarlo. Il tipo con la barbetta, che giocherella con la pipa si chiama Gordon Clay. Ha un brutto carattere, ma è in gamba, lavora spesso in coppia con la brunetta laggiù, Isobel Aguirre, la loro specialità? Cacciarsi nei guai, naturalmente Manca uno dei nostri più recenti acquisti, il giovane Jeff Mace, ma, a pensarci bene, se ancora non lo conoscete, credo che farete presto la sua conoscenza e spero che lo troverete simpatico.

 

 

Il Serpente Supremo in:

PENSIERI DI UNA MENTE PERICOLOSA

 

 

            L’Uomo che i suoi seguaci conoscono solo col nome di Serpente Supremo percorre il corridoio che porta alle sue stanze nel Quartier Generale dell’organizzazione razzista nota come I Figli del Serpente. Preme un minuscolo telecomando nascosto nel suo guanto ed una parete si scosta per farlo entrare in una specie di spogliatoio, dove si toglie i suoi abiti ed indossa una tuta verde con disegni a scaglie.  Contempla la Maschera del Serpente supremo, un’altra maschera, pensa il suo vero volto è destinato a restare per sempre celato. La indossa, infine, e poi, preme un altro pulsante per entrare in una sala, dove si trova una specie di piccolo trono sormontato da una testa di serpente, un seggio su cui sta già seduta una figura

-Willkommen Herr Überlegen Schlange.- dice una voce con tono chiaramente irridente.

            È proprio lui, pensa il Serpente Supremo, col suo assurdo bocchino da cui assapora il fumo della sua sigaretta ed a cui, all’occorrenza può far uscire ben altri, più micidiali fumi. Il Teschio Rosso è un nome che incute paura da quasi 70 anni.

-Cosa fai qui?- esclama il Serpente Supremo –Qualcuno ti ha….-

-Tranquillo.- replica il Teschio alzandosi in piedi –Nessuno sa che sono qui, so bene che il nostro legame deve restare segreto come la tua vera identità. Complimenti per la scenografia, i tuoi seguaci devono esserne impressionati.-

            Sotto la maschera il Serpente Supremo sorride.

-Si.- risponde. –Non è stato affatto difficile convincerli a seguirmi. Le masse sono pecore che aspettano solo qualcuno che le guidi.-

-E noi siamo quel qualcuno.- aggiunge il Teschio –Attento, però, non lasciare che i tuoi odi personali offuschino il tuo giudizio.-

-Parli di Capitan America? Tu più d’ogni altro dovresti capirmi.-

-Il tempo delle puerili vendette è passato. Abbiamo uno scopo più alto adesso, uno scopo che, per la prima volta è a portata di mano e nessuno potrà fermarci.-

-Eppure i Vendicatori hanno inferto duri colpi all’Hydra e …-

-Sciocchezze. Hanno colpito dei bersagli facili, ma, presi come sono dai bersagli appariscenti, ignorano quelli che agiscono nell’ombra e quando avremo finito, loro saranno nostri e non lo sapranno nemmeno.-

            Il Serpente Supremo tace, il Teschio è un megalomane, ma non ha sbagliato sinora, ma l’idea di far rivivere i Figli del Serpente è stata sua, meriterebbe un po’ più di considerazione, per questo. Si volge verso il suo interlocutore, ma il Teschio Rosso è scomparso. Ama fin troppo le uscite teatrali. Beh non è il caso di pensarci troppo, meglio prepararsi per l’imminente meeting. Deve indicare nuovi bersagli per l’odio dei suoi seguaci e, qualunque cosa ne pensi il Teschio, penserà anche al maledetto Capitan America. Non importa se dietro la maschera non c’è più l’uomo che è stato causa delle sue rovine passate, morirà ugualmente, prima o poi, lo giura,

 

Jeff Mace Capitan America in:

IL RIPOSO DEL GUERRIERO

 

 

            Jeff Mace entra nel “Caffè a go go” con aria apparentemente sicura. Ha scoperto questo locale qualche tempo fa, ma non ha avuto molte occasioni per tornarci da allora. Un po’ si sente fuori posto, nonostante la giovane età. Il locale è frequentato da ragazzi e ragazze perlopiù in età universitaria o ancora più giovane e lui a volte si sente immensamente vecchio. Non è minimamente consapevole delle occhiate che gli vengono rivolte, la sua mente è altrove

-Cosa prendi bello?-

            A parlare è stata una ragazza dai capelli castani e la coda di cavallo, non molto più vecchia di lui, sembra.

-Una coca andrà bene.- risponde Jeff

            Mentre sorseggia la bibita, si guarda, finalmente, intorno, con la tipica attitudine di chi è abituato a prendere nota di tutto senza darlo a vedere, cosa fondamentale in entrambi i suoi lavori. Questo è solo un momento di pausa prima che il flusso della sua vita riprenda a scorrere. Ad un tavolo, un gruppo eterogeneo di ragazzi: un nero molto massiccio, un ispanico, un ragazzo biondo, un ispanico, chiacchiera con una cameriera dai capelli viola e consuma bibite e gelati, se non ricorda male, li ha già visti qui; ma quella che lo colpisce è la ragazza bionda, fisico da modella, occhi azzurri, gambe lunghe, anche lei l’ha già vista una volta, ha un’aria molto familiare. La ragazza solleva lo guardo, come se si fosse accorta del suo e, dopo una breve esitazione, gli sorride. Jeff è imbarazzato, ora cosa dovrebbe fare? Alzarsi ed andare da lei? Fuori questione. Non ci penserebbe due volte a tirare un pugno sul naso al Serpente Supremo, ma con le donne è un vero imbranato. Per sua fortuna (o forse no) ecco arrivare un’interruzione incarnata nei panni, alquanto aderenti di Joy Mercado.

-Sapevo che eri qui, Muovi le chiappe Mace.

            Di ben in meglio, pensa Jeff, l’ultima volta che ah avuto modo di fare un discorso serio con Joy, lei gli aveva fatto delle avances piuttosto esplicite.[13] Erano tutti un po’ matti, allora, chissà se lei se ne ricorda?

-Non hai capito?- ripete Joy –Muoviti, c’è un lavoro da fare.-

-Ah Joy… questo è il mio giorno libero.- replica Jeff.

-Non ci sono giorni liberi che tenga, bello, hanno arrestato i presunti autori dell’attentato al Radio City Music Hall e Snow vuole un intero special nella prossima edizione, le scadenze incombono. Vieni.-

            Impossibile discutere Jeff paga e segue la sua collega. Uscendo si volge a guardare la bionda e coglie le risatine dei suoi compagni, lei ha abbassato gli occhi, difficile dire se delusa o arrabbiata con loro. Magari un altro giorno, c’è sempre un altro giorno, anche per quelli come lui.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Ebbene, ve l’avevo promesso, un episodio animalo di Capitan America, senza capitan America, ma con tanti, brevi racconti, dedicati ai membri del cast dei comprimari. (Beh, a dire il vero Cap compare, ma nella sua identità civile) Dal prossimo episodio si ritorna all’azione tradizionale con il ritorno dei Figli del Serpente e dei Cani da Guardia; uno sguardo a Brooklyn Heights, la soluzione di un paio di misteri, l’inizio di nuovi ed un paio di inaspettati e forse imbarazzanti guest stars e molto ancora. Siateci

 

 

Carlo



[1] Voi, invece, dovreste aver letto Devil #30 per saperne di più.

[2] Come dettagliato in Captain America & Falcon, Vol 1°, #191 (Capitan America, Corno, #103)

[3] In Captain America  Vol 1°#276/278 (Capitan America & I Vendicatori #19/21)

[4] Noi sospettiamo l’intervento, magari inconscio, di Franklin Richards, ma chi può dirlo con certezza? -_^

[5] Martin Luther King, ovviamente.

[6] Come dettagliato negli ultimi Marvel Knights

[7] Questa la sapete tutti,

[8] Attualmente disciolto ed in attesa di un rilancio in grande stile.

[9] Sconosciuta per lui, ma non per i lettori di Vendicatori #26

[10] Dorothy Mace ha avuto un crollo nervoso ed ha cercato di uccidere il marito durante Inferno² ed ora è in terapia psichiatrica.

[11] Accadde tanto tempo fa, quando Sharon andava in giro con una tutina verde. -_^

[12] In Capitan America & U.S.Agent #2002

[13] Nell’episodio #11