N° 52
1.
Elizabeth Mary Mace apre gli occhi. L’ultima cosa che ricorda è un
forte dolore alla schiena. Qualcuno l’ha colpita alle spalle, ma chi e perché?
Cerca di mettere a fuoco non solo ciò che ha davanti, ma i suoi stessi ricordi.
Sono
passati solo pochi giorni da quando ha assunto il ruolo di Capitan America per
onorare la memora del fratello scomparso, non ha avuto nemmeno il tempo di
abituarsi all’idea che lo S.H.I.E.L.D. ha avuto la bella pensata di metterla a
capo di una squadra di agenti donne incaricate liberare la piccola nazione di
Costa Diablo invasa dalle forze di Superia.
Usare
solo agenti donne era stato reso necessario dal fatto che Superia aveva
affermato che l’isola, da lei ribattezzata Femizonia, era circondata da sistemi
di difesa che avrebbero immediatamente ucciso qualsiasi intruso di sesso
maschile. Poteva essere un bluff ma nessuno aveva voglia di vederlo. Così Liz,
alla guida di un commando di quelle che dovevano passare per ex agenti dello
S.H.I.E.L.D che avevano preso un’iniziativa personale, era sbarcata sull’isola,
ma le cose erano andate storte fin da subito: le stavano aspettando e qualcuno
l’aveva colpita alle spalle, qualcuno del suo stesso team.
Il
flusso di ricordi cessa e la vista di Liz Mace s schiarisce quanto basta per
vedere tre donne davanti a se: una è Superia, affiancata da una bionda dai
lunghi capelli inguainata in un’attillatissima tutina nera sormontata da una
giacchetta color oro. Sa chi è: Angela Golden, nota anche come Golddigger, la
seconda in comando di Superia. La terza donna ha i capelli biondo rossicci
tagliati corti. Se ne sta in disparte e con lo sguardo rivolto verso il basso.
È Jenna Carlisle, membro del suo team… traditrice.
-Capitan America…- la voce di Superia è
sferzante -… è un piacere avere avuto la tua visita. Sai… se non fossi venuta
tu qui sarei venuta io a cercarti.-
Liz
prova a muoversi solo per accorgersi di essere saldamente legata ad una sedia
con manette di metallo impossibili da spezzare. Un’altra cosa di cui si accorge
ora che è totalmente sveglia è che ha ancora la sua maschera addosso.
Sembrerebbe che non l’abbiano ancora smascherata. Si chiede perché. A questo
punto tanto vale cercare di far parlare Superia, non dovrebbe essere troppo
difficile, le megalomani come lei amano vantarsi dei loro piani.
-A cosa debbo tutto questo interesse per la
mia persona?-
Superia
sorride avvicinandosi a lei.
-Come avrei potuto non interessarmi ad un
simile esempio di perfezione fisica femminile?- risponde.
Alle sue spalle si ode un
rumore che assomiglia ad una via di mezzo tra una risata e un colpo di tosse. È
stata Golddigger a farlo.
-È un’avance, per caso?- replica Liz –Temo,
allora, di doverti informare che sono felicemente etero.-
-Stupida.- esclama Superia vibrandole un
manrovescio che le spinge la testa all’indietro –Il solo interesse che ho per
il tuo patetico corpo è la curiosità di sapere se la tua forma fisica è merito
di semplice allenamento o di un qualche potenziamento come quello che ho
praticato su Spirito Libero.-
-Ah sarebbe solo gelosia professionale la tua,
quindi?- ribatte Cap –E che intendi fare per scoprirlo? Ti accontenti di un
campione di sangue o preferisci vivisezionarmi?-
-Ah, questa sì che sarebbe una bella idea.-
commenta Golddigger.
-Basta così.- taglia corto Superia
–Golddigger, tu e Miss Carlisle andate, io vi raggiungerò presto.-
-Ma...- fa per obiettare Golddigger, ma
un’occhiata di Superia la dissuade dal continuare. Senza aggiungere altro esce
assieme all’altra donna.
-Tutte obbedienti come cagnoline le preferisci
le tue donne, vedo.- è il commento di Capitan America.
-Ti piace fare la spiritosa, a quanto pare.-
replica Superia –Bene, adoro le donne di temperamento, c’è più gusto a
spezzarle.-
-Non la smetti mai di parlare per frasi
fatte?-
Superia non ribatte, le
si avvicina e le afferra il cappuccio.
-Ora è il momento di vedere che faccia hai.-
dice mentre lo strappa via.
A Washington DC fa caldo.
Joy Mercado, reporter della rivista Now, si deterge il sudore dalla fronte
mentre osserva quel che rimane del palazzo del F.B.S.A. Molto poco a dire il
vero, l’intera struttura è collassata su se stessa e le esplosioni al suo
interno hanno praticamente distrutto tutti gli interni.
La zona è tutta
transennata e piantonata da poliziotti in divisa. Non c’è nulla di utile da
vedere a parte i lavori di sgombero delle macerie e di recupero degli eventuali
corpi. Se Jeff Mace era all’interno della struttura non potrebbe essere
sopravvissuto, ma a questo Joy non vuole pensare.
Inutile restare qui,
pensa, se vuole delle risposte deve cercarle altrove.
Lo Scienziato Supremo
dell’A.I.M.[1]
entra nell’ampia sala e si guarda intorno. Gli altri sono già arrivati ed hanno
preso posto al grande tavolo di quercia: il Seminatore d’Odio, a capotavola,
tamburella con impazienza, il Barone Strucker, seduto alla sua destra, aspira
il fumo da un lungo bocchino e si aggiusta il monocolo, al suo fianco il Numero
Uno dell’Impero Segreto sta a braccia conserte con le mani che scompaiono nelle
lunghe maniche della sua tunica. Dal lato opposto del tavolo solo due posti
vuoti: il primo, quello all’immediata sinistra del Seminatore d’Odio, è
riservato proprio allo Scienziato Supremo, l’altro spetterebbe al Barone Zemo
ma è vuoto dalla sua presunta morte.[2]
Ma non è del fato del Barone Zemo che lo Scienziato Supremo si preoccupa. No:
nessuno di loro lo preoccupa più dell’uomo che siede all’altro capo del tavolo,
proprio di fronte al Seminatore d’Odio e che ora gli rivolge un sogghigno
divertito da sotto la sua maschera rossa. Nessun uomo sano di mente non sarebbe
preoccupato essendo vicino al Teschio Rosso.
-Sei in ritardo.- si limita a dirgli il
Teschio.
-Ho… avuto da fare.- risponde, grato per una
volta che il suo “casco da apicultore” impedisca di vedere la sua espressione e
sperando che la sua voce suoni abbastanza ferma.
-Qualcosa che ha a che fare con i dissidenti
della tua organizzazione, forse?- Il Seminatore d’Odio ha parlato in Tedesco,
che è la lingua madre di quasi tutti i presenti. La sua voce riesce ad avere un
sottofondo minaccioso anche quando parla con tono pacato come adesso –Ho
sentito che hai perso un carico molto importante a causa di Iron Man.-[3]
-Nulla di veramente importante.- minimizza lo
Scienziato Supremo –Mi ha permesso di stanare un paio di talpe nella mia
organizzazione ed ora sono sulle tracce di MODOK.-
-Spero che tu non stia sottovalutando quella
donna… come si chiama: Rapacini?-
-Rappaccini.- precisa lo Scienziato Supremo facendo
lo spelling e calcando sulle doppie –Monica Rappaccini. È rimasta scottata
quando io sono diventato Scienziato Supremo: credeva di meritare il posto più
di me. Se n’è andata ed ha fondato l’A.I.D.[4]
Non la sottovaluto affatto. È in gamba davvero.-
-È Italiana, giusto? Gli Italiani mi hanno
portato sempre e solo guai.- commenta il Seminatore d’Odio.
-Ho sempre pensato che le donne fossero buone
per una cosa sola…- interviene con tono irridente il Barone Strucker -… ma
ammetto di averne addestrate io stesso un paio che sono veramente pericolose.
Quanto lo è questa Rappaccini?-
-Molto.- risponde lo Scienziato Supremo e
dentro di sé è grato della piega che ha preso la conversazione, così nessuno
penserà al vero perché del suo ritardo.
2.
Superia
strappa la maschera di Capitan America per trovarsi davanti il viso di una
giovane donna bionda dai lineamenti finemente cesellati e penetranti occhi
azzurri.
-Soddisfatta?- le si rivolge con tono
irridente Liz –Sono all’altezza dei tuoi standard?-
Superia
le vibra un altro schiaffo. Liz rovescia la testa all’indietro e quando la
rialza, un rivolo di sangue le scende dal labbro superiore.
-Ci stai prendendo gusto eh? Non è che sei
anche un po’ sadomasochista? Dovrei chiederlo a una delle tue amichette quando
ne avrò l‘occasione.-
Sta
per partire un altro schiaffo, poi Superia si ferma.
-Non cadrò più nelle tue provocazioni.-
afferma, poi estrae dalla cintura un minuscolo aggeggio che passa davanti al
volto di Cap -Inserirò il tuo volto in un programma di riconoscimento
facciale.- dice –Se sei presente in qualche database presto saprò il tuo nome.-
Hai
solo l’imbarazzo della scelta, pensa Liz, la Motorizzazione di Boston, il
Dipartimento della Difesa, l’annuario del Liceo, sono in molti database.
-Perché non mi hai smascherata prima?- chiede.
-Perché un segreto ha valore solo quando lo
conoscono in pochi e sono convinta che il tuo sia un segreto di molto valore.-
replica Superia avvicinandosi ancora, stavolta con in mano un piccola siringa
con cui la punge sul collo aspirandole un po’ di sangue -La vivisezione non è
mai stata un’opzione, non sono così crudele. Al limite un’autopsia, ma questo è
un metodo più indolore ed altrettanto efficace.-
Sorridendo
Superia le volta le spalle e si dirige alla porta.
-Aspetta!- urla Cap -Che ne hai fatto delle
mie compagne? Sono ancora vive o…?-
Superia
non risponde ed esce. Non appena la porta si chiude alle sue spalle le manette
ai polsi di Capitan America si aprono. Liz si alza massaggiandosi prima i polsi
e poi le caviglie, libere anch’esse. Guarda la maschera a terra e la prende
rimettendosela.
Ci
deve essere un modo per fuggire da quella cella e lei lo troverà.
Laura
Brown guarda preoccupata fuori dall’oblò dell’Eliveicolo. Ha scommesso molto
sulla missione e se qualcosa dovesse andare storto la sua carriera sarebbe
finita. Già ora c’è chi non vede di buon occhio che tra gli agenti di alto
livello ci sia la figlia del defunto Hydra Imperiale, se adesso il suo piano
non funzionasse...
Alle
sue spalle entra un agente che la chiama:
-Ehm…. Signora… c’è qualcosa che dovrebbe
vedere: un nuovo comunicato di Superia.-
-Arrivo subito.-
Altre
cattive notizie oppure…
Jasper
Sitwell siede nel piccolo ufficio nella sede F.B.I. di Quantico in Virginia,
uno di quelli in cui è ospitato provvisoriamente il Quartier Generale del
F.B.S.A. dopo le esplosioni che ne hanno distrutto la sede. Sta riflettendo su
chissà cosa quando entra il suo vice Jack Norriss.
-Novità sull’attentato?- gli chiede.
Norriss
scuote la testa.
-Non molte, purtroppo.- risponde –I nostri
esperti pensano che le prime esplosioni si siano verificate nei livelli
sotterranei, probabilmente nella sala autopsie.
Ritengono probabile che le bombe siano state innestate nei cadaveri di
Jack Flag e Spirito Libero… ma ovviamente non c’è rimasto abbastanza da
convalidare quest’ipotesi: qualunque cosa si trovasse vicina all’epicentro
dell’esplosione è stato vaporizzata all’istante e quel poco che era rimasto non
ha retto alle successive esplosioni dovute alle fughe di gas.-
-Riteniamo… immaginiamo… pensiamo.- la voce di
Sitwell, di solito calma e misurata, mostra chiari segni di collera -La verità
è che non sappiamo ancora nulla su chi ha avuto il coraggio di venire a
bombardarci in casa nostra ed ha provocato la morte di tre supereroi.-
-Beh… non perché non ci stiamo provando.-
-Non è abbastanza. Li voglio, capito? Dal
primo all’ultimo quelli che hanno fatto questo devono finire nelle nostre mani.
Non riposerò finché non sarà avvenuto.-
E
non sarai il solo, pensa Norriss.
3.
Sul monitor il volto di Superia con un sorriso sprezzante,
<<Ieri notte la donna conosciuta come
Capitan America ha guidato un raid contro l’Isola di Femizonia. Lo scopo di
quest’azione era sicuramente catturarmi o uccidermi. Sono lieta di annunciare
che il raid è fallito e Capitan America e le donne del suo commando sono state
catturate ed ora sono ospiti delle prigioni adiacenti al palazzo presidenziale.
Quest’azione è stata preparata dallo S.H.I.E.L.D. per rovesciare il mio governo
e distruggere alla radice l’idea stessa di un’utopia femminista. I vertici
dello S.H.I.E.L.D. sono pronti a negare ogni responsabilità di quest’azione ed
a scaricarla sull’eroina in costume e le sue compagne, ma io ho le prove di
quanto affermo e sono pronta a mostrarle alla comunità internazionale.>>
Laura
Brown ascolta attentamente ed alla fine sul suo volto si disegna un sorriso.
In
una casa di Beacon Hill, Boston, Dorothy Mace esclama:
-La mia bambina è nelle mani di quella pazza.-
-Calmati, mamma.- le dice Roberta, la sua
figlia minore, abbracciandola –Liz è una ragazza in gamba, sono certo che se la
caverà.-
-Bobbie ha ragione.- interviene Will Mace
–Nostra figlia tornerà, vedrai.-.
Dorothy
si lascia condurre dal marito su un vicino divano e mentre le lacrime le rigano
le guance esclama ancora:
-Perché i miei figli devono essere tutti così
affascinati dal pericolo?-
Nessuno
sa cosa risponderle. Cosa potrebbero dirle in fondo? Che è un atteggiamento
normale per chi è discendente di un supereroe ed è cresciuto con la prospettiva
di diventarlo un giorno?
Martin
Luther King Mitchell sa bene cosa vuol dire: anche suo nonno David era un
supereroe nei lontani giorni della Seconda Guerra Mondiale e due suoi cugini ne
hanno ereditato i superpoteri. Anche per lui è stata un’eredità pesante.
Con la coda dell’occhio
vede Roberta Mace allontanarsi verso il seminterrato e d’impulso decide di
seguirla.
La
ragazza raggiunge la palestra e si dirige decisa verso una parete che si apre
davanti a lei rivelando una serie di costumi, quasi tutti varianti di quelli di
Capitan America, Bucky e il Patriota. L’ultimo, rosso e terminante con un corto
gonnellino, è quello usato per breve tempo dall’avventuriera degli anni 40 nota
come Miss Patriot.
-Cosa pensi di fare Bobbie?- la apostrofa
Marty –Metterti uno di quei costumi ed andare in soccorso di tua sorella?-
-E se anche fosse?- ribatte la ragazza –Mio
fratello e mia sorella possono fare gli eroi in costume ed io no? Perché’-
-Perché ti manca tutto il loro addestramento e
riusciresti solo a farti ammazzare, ecco perché. Lascia fare ai
professionisti.-
-E dove sarebbero ora questi professionisti?
Che aspettano ad intervenire?-
Bella
domanda, conviene a malincuore Marty, forse è il caso di sollecitare il loro
intervento.
Sam
Wilson dà un pugno sul tavolo in preda alla frustrazione. Avrebbe dovuto badare
alla ragazza, lo doveva a suo fratello, ma ha fallito. Eppure ci deve essere
qualcosa che può fare. Come Falcon è un Vendicatore e lo S.H.I.E.L.D. gli deve
dei favori, forse può raggiungere quell’isola nei Caraibi e poi si vedrà.
Si
mette il costume di Falcon e vola nella notte.
4.
Liz
Mace misura per l’ennesima volta la sua cella senza risultati apprezzabili: non
sembrano esserci vie di fuga. Il che, però, non significa che lei smetterà di
tentare. Arrendersi non è nel DNA di chi porta il nome di Capitan America,
pensa con un sorriso amaro.
Le
hanno tolto ogni cosa che potesse sembrare un’arma, compresa la cintura, ma non
hanno potuto toglierle lo spirito. Prima o poi qualcuno entrerà da quella porta
e lei si giocherà il tutto per tutto.
Nel
frattempo, però, c’è un pensiero che la tormenta: che fine hanno fatto le sue
compagne dopo che Jenna Carlisle le ha tradite? Superia non ha voluto dirglielo
e lei può solo sperare che non le abbia fatte uccidere,
improvvisamente
Cap si blocca: qualcuno sta aprendo la porta.
Laura
Brown sta riflettendo su quante cose possono andare storte nell’audace piano
che ha concepito quando un agente la riscuote dai suoi sogni:
-Comandante, c’è un aereo non identificato in
rotta verso Costa Diablo… o Femizonia se preferisce.-
-Cosa? Ma chi…?-
-Non lo sappiamo: è apparso sui radar per poco
più di un secondo e poi è di nuovo scomparso. –
-Uno stealth.-
-C’è di più: la firma energetica che siamo
riusciti a cogliere sembra la nostra, come se fosse uno dei nostri.
-Impossibile.- sbotta Laura –Riesce a mettermi
in contatto con loro?-
-Se usano le frequenze conosciute
sicuramente.-
-Aereo non identificato, mi sentite? Qui è il
Comandante Laura Brown dello S.H.I.E.L.D. State interferendo in una missione approvata
dall’ONU. Tornate immediatamente indietro, avete capito?-
Nessuna
risposta.
-Signora…- interviene un tecnico –Dall’isola
li hanno scoperti e li stanno bombardando.-
Magnifico,
pensa Laura, cos’altro può andare storto adesso?
A
bordo dell’aereo misterioso ci sono due donne, entrambe bionde con gli occhi
azzurri ma le somiglianze finiscono qui. Ai comandi sta quella più anziana, ma
la differenza d’età sembra poca cosa a vederle, i capelli raccolti a coda di
cavallo, negli occhi di ghiaccio un’ombra di tristezza, indossa una tuta nello
stile di quelle dello S.H.I.E.L.D. ma bianca. La ragazza al suo fianco porta i
capelli sciolti, le labbra rosse atteggiate ad una sorta di broncio. Indossa
sulle forme procaci una tuta nera aderentissima che lascia poco spazio
all’immaginazione e che le lascia scoperto l’ombelico.
-Sono sorpresa che il Comandante Rogers ti
abbia chiesto di partecipare a questa missione dopo quello che è successo tra
voi l’altro giorno.-[5]
dice la ragazza in nero.
-Non aveva scelta.- risponde la ragazza in
bianco -Sapeva che solo delle donne potevano penetrare nell’isola di Superia e
noi due siamo le sole su cui può contare. Non gli è piaciuto farlo, però.-
-Se può servire a qualcosa, Sharon…- continua
Yelena Belova, la seconda Vedova Nera -… io credo che tu abbia fatto l’unica
cosa che poteva essere fatta.-
-Rogers non la pensa così, però.- taglia corto
Sharon Carter e si guarda bene dall’aggiungere ad alta voce: “E forse ha
ragione”.,
Una
voce che arriva dalla radio la distrae da quei pensieri:
<< Aereo non identificato, mi sentite?
Qui è il Comandante Laura Brown dello S.H.I.E.L.D. State interferendo in una
missione approvata dall’ONU. Tornate immediatamente indietro, avete
capito?>>
-Che facciamo?- chiede Yelena.
-Assolutamente nulla.- replica Sharon con
durezza –Laura Brown non ha alcuna autorità su di noi, non è nemmeno
autorizzata a conoscere la nostra esistenza. Proseguiamo.-
Improvvisamente
il cielo è squarciato da una luce accecante proveniente dall’isola ed il rombo
di un’esplosione scuote l’aereo.-
-Ci hanno individuate.- esclama Yelena.
-Non è possibile.- replica Sharon perplessa
-La schermatura di quest’apparecchio è totale. Solo gli strumenti dello
S.H.I.E.L.D. dovrebbero essere in grado di superarla.-
-Beh… credo che anche quelli di Superia ne
siano capaci.-
-Provo una manovra evasiva.-
In
quel momento un altro raggio emana dal suolo ed avvolge l’aereo che ondeggia e
poi scompare.
5.
La
porta della cella si apre ed entra Golddigger con una pistola in pugno ed
affiancata da due donne in uniforme che tengono in mano mitragliette puntate su
di lei.
-Superia vuole vederti.- dice.
-E se io non volessi vedere lei?- ribatte Liz.
-In questo caso dovremmo usare le cattive per convincerti…
e la cosa mi farebbe molto piacere.-
-E allora perché deluderti?-
Con
uno scatto Liz sferra un calcio al polso di Golddigger facendole saltare di
mano la pistola, poi salta addosso alla guardia armata alla sua sinistra. Le
due donne rotolano sul pavimento mentre la seconda guardia esita a sparare per
paura di colpire la compagna. Cap, riesce a stordire la sua avversaria poi
approfitta dell’indecisione dell’altra per scagliarle il mitra della prima
colpendola alla fronte.
La
donna è appena caduta sul pavimento che Golddigger sferra un calcio contro Liz,
che riesce a spostarsi quanto basta per evitarlo e contemporaneamente le
afferra la caviglia sbilanciandola e facendola cadere a terra.
Angela
Golden prova a rialzarsi, ma Capitan America è più veloce di lei e le sferra un
forte calcio al mento facendola svenire.
-La prossima volta ricordati che i tacchi a
spillo non sono adatti al combattimento., bella.- commenta Liz.
Dopo
aver sfilato le chiavi ad una delle guardie, la Sentinella della Libertà
rinchiude le tre donne nella cella e si avvia nel corridoio. È un po’ perplessa
che non sia ancora arrivata nessun’altra guardia, eppure avrebbe scommesso che
la cella fosse videosorvegliata. Che ci sia dietro qualche trucco di Superia? È
un rischio che non può fare a meno di correre.
L’aereo
con a bordo Sharon Carter e Yelena Belova si materializza in un hangar ed è
subito circondato da donne pesantemente armate.
-Voi all’interno dell’aereo, arrendetevi senza
opporre resistenza.- urla una voce da fuori.
-Che facciamo?- chiede Yelena –Temo che non
fosse questo che voleva il Comandante Rogers mandandoci qui.-
-Lo temo anch’io.- replica Sharon –Il nostro
brillante piano di infiltrarci in segreto è fallito. Dovremo improvvisare. Sei
pronta?-
-Come dite voi Americani, sono nata pronta.-
Sharon
si lascia scappare un sorriso: le piace la sbruffoneria della giovane russa
dopotutto. Ora devono solo sperare che quando usciranno quelle fanatiche non
decidano semplicemente di ammazzarle lì dove si trovano. Una volta non le
sarebbe importato più di tanto, ma ha una figlia a cui pensare adesso ed è una
buona ragione per non farsi ammazzare in un’isola tropicale. Beh… troppo tardi
per pentirsi delle scelte fatte,
Il
portello dell’aereo si apre lentamente.
New
York. Il ragazzo di nome Patriot entra a passo spedito nel Palazzo dei
Vendicatori. Nonostante la sua espressione sia celata dalla maschera, è ovvio
che sia alterato.
Nella
sala monitor ci sono Occhio di Falco e Iron Man ed è a loro che il giovane si
rivolge:
-Che intenzioni avete con Capitan America? Non
vorrete lasciarla nelle mani di quella pazza, vero?-
<<Ci stiamo
lavorando, ragazzo.>> risponde Iron Man. La voce filtrata elettronicamente non mostra alcuna
particolare emozione.
-Che vuol dire: ci stiamo lavorando? Avete intenzione di starvene senza far nulla
mentre la uccidono?-
-Sta calmo Patriot.- interviene Occhio di
Falco –Io mordo il freno quanto te ma gettarsi a testa bassa non servirebbe a
niente. Se non l’hai sentito, Superia ha detto che ha un dispositivo che
ucciderà istantaneamente qualunque maschio che dovesse mettere piede nella sua
isola. Maschi come te e me, devo sottolineare.-
-E voi le credete?- ribatte Patriot.
<<Io
sì.>> replica Iron Man <<La cosa è
fattibile e Superia ha il genio ed i mezzi per realizzarla. Può darsi che la
mia armatura mi permetterebbe di resistere a qualunque cosa Superia stia
usando, ma anche se fosse così, sarei sempre da solo e nonostante mi chiamino
“Invincibile”, sono tutt’altro che ansioso di misurarmi con centinaia di
soldatesse e supercriminali.>>
-E allora non farete niente?-
<<Al
contrario: stiamo studiando un po’ di contromisure… e radunando un po’ di
Vendicatrici nel caso che un assalto sia la nostra sola risorsa.>>
-Non piace nemmeno a me, ragazzo.- interviene
ancora Clint Barton, ma pare non ci sia scelta.-
Patriot
scuote la testa. Restare senza far niente non gli va assolutamente giù, ma che
può fare?
6.
Superia sta guardando il monitor del computer sul suo tavolo. Il
programma di riconoscimento del viso di Capitan America non ha ancora dato
risultati, ma è solo questione di tempo. Deve essere in qualche database e
presto lei saprà come si chiama e dove vive.
Improvvisamente
il computer si spegne.
-Ma cosa?- esclama Superia
Grazie
alle batterie d’emergenza il computer si riaccende quasi immediatamente, ma
Superia fa un’amara scoperta: tutti i dati sono stati cancellati, compresa la
foto di Capitan America senza maschera, scomparsa anche dalla microcamera usata
per fotografarla.
Un
sabotaggio, ma come e da parte di chi?
Pentagono.
Sede della sezione della D.I.A.[6]
che si occupa delle minacce superumane alla sicurezza militare. Il
Contrammiraglio Henry H. Nelson picchia il pugno sul tavolo di quercia.
-Avremmo dovuto sapere di questa minaccia.-
sbraita –Come mai non eravamo preparati? Me lo dica Colonnello Rossi.-
Michael
Rossi, coordinatore dell’Unità Minacce Speciali rimane imperturbabile.
-Con tutto il rispetto, signore…- spiega -…non
si avevano notizie di Superia da un po’ e non era considerata più una minaccia
molto grave. I nostri analisti sbagliavano, naturalmente. Comunque Superia non
è mai stata considerata un problema di natura militare, non era di nostra
competenza.-
-Ma lo diventerà.- ribatte Nelson –Da un
momento all’altro potremmo ricevere l’ordine di attaccare Costa Diablo e non
sappiamo di che armamenti dispone quella supercriminale e se è in grado di
mettere in atto le sue minacce. È troppo tardi ormai per infiltrare una nostra
agente e comunque non ne abbiamo molte a disposizione ora che il Maggiore Mace
è in licenza.-
-Ne aveva bisogno dopo la tragica scomparsa
del fratello.- replica, pacato, Rossi –Non potevamo chiederle di più. Sono sicuro
che se potesse, si sarebbe già interessata all’Affare Superia… sì. Ne sono
sicuro.-
In
un’altra cella Lynn Mchaels non si è persa d’animo. L’hanno strapazzata un po’
ma lei è stata picchiata e torturata da esperti e per quanto si atteggino a
dure, le mercenarie di Superia in questo non sono all’altezza dei gangster che
ha affrontato quando ha collaborato col Punitore. Se non altro in un’isola di
sole donne non ha corso il rischio di essere stuprata… non con mezzi
tradizionali almeno.
Continua
a misurare la stanza. Castle avrebbe trovato almeno tre modi per uscirne a
quest’ora e lei non vuole essere da meno. Questa missione è la sua chance di
essere reintegrata nello S.H.I.E.L.D. dopo esserne stata buttata fuori per
violenza eccessiva… come se la feccia contro cui la mandavano meritasse i
guanti di velluto.
La
porta della cella si apre ed una figura si staglia sulla soglia:
-Tu!- esclama Lynn –Che cosa vuoi?-
-Sono quei per liberarti.- risponde la nuova
venuta.
FINE SECONDA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
.
Non
c’è molto da dire su quest’episodio, se non poche note di continuity:
1)
Subito dopo la sequenza d’apertura dello scorso episodio, la nostra neo
Capitan America si trova coinvolta con Occhio di Falco e Patriot su Occhio di
Falco #15 e quindi appare su Vendicatori 85. Si ricongiunge con Marty Mitchell
e partono per Boston. Il resto dovreste saperlo;
2)
Sharon Carter e Yelena Belova appaiono qui nell’intervallo tra
Vendicatori Segreti #12 e 13.
3)
Credito a chi se lo merita: il Colonnello Michael Rossi USAF[7]
è stato creato da Chris Claremont & Dave Cockrum su Uncanny X-Men #98, il
Contrammiraglio Henry H Nelson USN[8]
è stato creato da Fabio Volino su Difensori MIT #46.
Nel
prossimo episodio: Superia, l’Hydra, Modok, il Teschio Rosso, i Vendicatori. Se
ci mettessimo anche Wolverine, l’Uomo Ragno è il Punitore ci sarebbero tutti.
Dite che abbiamo esagerato? Ok: Wolverine non ci sarà… forse. -_^
Carlo
[1] Avanzate Idee Meccaniche per voi ignoranti -_^
[2] In Vendicatori #76.
[3] Su Iron Man #50.
[4] Avanzate Idee di Distruzione.
[5] Di cosa parla? Vi conviene leggere Vendicatori Segreti MIT #12 per saperlo.
[6] Defense Intelligence Agency, l’agenzia di spionaggio e controspionaggio militare.
[7] United States Air Force
[8] U.S. Navy,