N° 83
1.
Il
suo nome è Elizabeth Mary Mace, avvocato, Maggiore del Corpo dei Marines,
agente segreto ed altro ancora. Al momento è anche una “damigella in pericolo”:
un energumeno superumano l’ha appena presa in ostaggio in un tentativo di
evadere da un complesso detentivo dello S.H.I.E.L.D. nella Contea di Arlington
in Virginia.
Liz
Mace è molte cose, abbiamo detto, tra cui, segretamente, la supereroina
patriottica chiamata Capitan America. Con il suo addestramento potrebbe, forse,
riuscire a liberarsi dalla stretta dell’uomo di nome Neal Tapper anche senza
tradire la sua identità segreta ma preferisce non provarci ancora.
-Non puoi farcela, Tapper.- gli dice
-Arrenditi finché sei ancora in tempo.-
-Ti preoccupi per la mia incolumità,
Maggiore?- ribatte l’uomo noto anche come Superpatriota -Al posto tuo mi
preoccuperei per la tua: prima che mi uccidano, farei in tempo a spezzare il
tuo bel collo.-
-Non lo faresti mai, non sei un assassino.-
-Dici? Non conosci abbastanza Tapper e io sono
più spietato di lui.-
Ha
una crisi dissociativa dell’identità, è davvero pericoloso, pensa Liz, deve
assolutamente agire subito.
Sono
all’aperto ormai e gli agenti dello S.H.I.E.L.D. sono schierati a sbarrargli il
passo armati fino ai denti.
-Spostatevi o la uccido!- urla il fuggiasco.
Nessuno
parla, le dita degli agenti si stringono, nervose, sui grilletti delle loro
armi e quelle di Tapper sul collo di Liz che capisce di non poter più
aspettare, deve agire adesso.
Improvvisamente
uno scudo circolare fende l’aria.
Il
suo nome era John Walker, nato a Custer Grove, Georgia, era un ragazzo semplice
ed ingenuo che credeva nel suo Paese e voleva servirlo al meglio delle sue
possibilità. Per questo si sottopose ad un trattamento che lo rese superforte.
Voleva
solo fare la cosa giusta ma tutto andò storto. Gli è stata offerta una seconda
possibilità ma perché funzionasse John Walker doveva morire.
Oggi
ha una nuova identità, quella dell’agente del F.B.S.A. Jack Daniels, e una
nuova missione: servire la nazione in cui è nato anche nelle vesti del
supereroe in costume chiamato U.S.Agent. Negli ultimi tempi agisce a Los
Angeles ed è membro della filiale della Costa Ovest dei Vendicatori ma oggi si
trova nella Contea di Arlington per motivi personali. Ha appena sgominato una
piccola cellula terroristica[1]
e sta allontanandosi quando da una radio della Polizia sente qualcosa che
attira la sua attenzione:
<<… evasione in corso convergere sul
centro detentivo dello S.H.I.E.L.D. di Quantico. Attenzione: il soggetto ha con
sé un ostaggio ed è un superumano. Si fa chiamare Super Patriota.>>
Il
Super Patriota era il suo alias agli inizi della sua carriera ed ultimamente
era stato preso da un agente dello S.H.I.E.L.D. andato fuori di testa dopo
essersi sottoposto ad una variante del famigerato siero del supersoldato.
U.S.Agent
non sta a pensarci troppo: se c’è un ostaggio di mezzo, deve assolutamente
intervenire.
Il
suo nome completo è Paul Hadley Morgan ma nella zona della Città di New York
chiamata Harlem è noto semplicemente come Boss Morgan, il capo indiscusso della
criminalità locale… almeno sino ad ora. L’ex boss noto come Faccia di Pietra è
tornato in città e rivuole il suo posto, ma Morgan è ben deciso a non
cederglielo.
-Non intendo stare ad aspettare che Faccia di
Pietra mi colpisca per primo…- dice ai due uomini di colore bizzarramente
vestiti in piedi davanti alla sua scrivania nel suo ufficio privato -… vi
occuperete voi di lui.-
L’uomo
i cui capelli sono fermati da una bandana e porta a tracolla una faretra piena
di frecce sogghigna e replica:
-Tranquillo, boss, Comanche e Shades non ti
deluderanno.-
2.
Con
un movimento impeccabile lo scudo passa sopra la testa di Liz Mace e colpisce
al volto Neal Tapper facendogli perdere la presa sull’ostaggio.
Liz
ne approfitta per gettarsi in avanti e un gruppetto di agenti dello S.H.I.E.L.D. si interpone tra lei e il
cosiddetto Super Patriota.
-Si metta al sicuro, Maggiore.- le dice il
capo squadra, un giovanotto dai capelli castani fermati da una bandana -Ora ci
pensiamo noi .-
Non
le resta molta scelta, pensa Liz, il suo costume e lo scudo sono rimasti
nell’edificio e lei non può tornare a riprenderli finché ha tutta questa gente
attorno. A proposito di scudi, chi ha
lanciato quello che l’ha
liberata?
Mentre
fa queste riflessioni, l’azione si sta già svolgendo alle sue spalle. Lei si
era appena tuffata in avanti che una figura in costume era piombata addosso a
Tapper rotolando a terra assieme a lui.
Liz
riconosce immediatamente il costume praticamente identico a quello di Capitan
America ma con il bianco e il blu invertiti e si chiede come diavolo faccia il
Comandante America a trovarsi sempre sulla sua strada.
L’uomo
in questione viene colpito da un pugno al mento e il suo avversario ne approfitta per rimettersi in piedi.
-E tu chi saresti: un Capitan America di
seconda classe?-
-Puoi chiamarmi Comandante America.- ribatte
l’altro -E sono quello che ti rimanderà in cella, Tapper.-
-Nei tuoi sogni, idiota.-
Tapper carica a testa bassa ma il Comandante
America lo evita abbastanza facilmente.
Ora
che i due sono separati, gli agenti dello S.H.I.E.L.D. si preparano a sparare
al fuggiasco, ma Liz interviene:
-No! Lo voglio vivo, ha ancora molte domande a
cui rispondere.-
-Il prigioniero è nostro e la responsabilità
di non farlo fuggire è mia…- replica l’ufficiale in comando -… ma anch’io
preferisco prenderlo vivo, quindi niente forza letale ragazzi.-
Intanto
Neal Tapper è riuscito a mettere a segno un colpo. Il Comandante America
barcolla ma non cade ma ecco accadere qualcosa di assolutamente inaspettato:un
altro scudo saetta nell’aria poi un’altra figura in costume balza in mezzo ai
due contendenti afferrando al volo il suo scudo: U.S.Agent.
Ci
mancava soltanto lui, pensa Liz scrollando la testa.
L’elicottero
atterra senza scossoni e ne scende per primo un uomo in abito scuro con la
tipica aria della guardia del corpo, compreso il rigonfiamento sotto la giacca
che indica la presenza di una pistola. Aiuta a scendere una donna molto anziana
che veste un’elegante abito verde e si sostiene con un bastone.
Ad
accoglierla due uomini che indossano l’uniforme dell’organizzazione
terroristica neonazista nota come Hydra.
-Benvenuta Baronessa.- la salutano -Il Supremo
Hydra la riceverà immediatamente, ci segua, prego.-
La
donna accetta di buon grado ed in pochi minuti è in un ampio salone dove trova
un uomo tra i quaranta e i cinquanta anni, calvo, un monocolo incastrato
nell’occhio destro e una cicatrice sulla guancia.
-Mia cara Elisbeth.- la saluta quest’ultimo
-Sono felice di rivederti.-
La
donna fa un sorriso scettico e si guarda intorno.
-L’isola di
Hydra. Credevo fosse affondata.-[2]
-L’ho fatta ricostruire migliore di prima,-
replica Wolfgang von Strucker -Ma ne parleremo dopo, ora lascia che ti presenti
i miei fedeli luogotenenti: l’Hydra Imperiale…-
Elisbeth
von Strucker scruta l’uomo davanti a lei che indossa la classica uniforme
dell’Hydra con un cappuccio che gli copre integralmente il volto ed una corta
mantellina drappeggiata sulle spalle.
-Uhm… sì, vedo.- borbotta.
Strucker
passa a presentare l’altra persona
presente, una giovane donna dai capelli verdi che indossa una tua calzamaglia
dello stesso colore che le lascia scoperte spalle e braccia.
-Lei è Madame Hydra.-
Elisbeth
fissa la ragazza e scoppia a ridere
commentando:
-Madame Hydra, ma certo!-
La
risata diventa un acceso colpo di tosse. L’anziana donna maledice tra sé
la sua età ma allontana le mani di chi
prova ad aiutarla.
-Sto benissimo.- dice in tono brusco poi
indica Madame Hydra e chiede:
-Di chi è stata l’idea?-
-Mia.- risponde l’Hydra Imperiale.
-Dovevo aspettarmelo. Buon sangue non mente.
Bene, ora che abbiamo esaurito i convenevoli, passiamo a discutere del nostro
progetto.-
-Ne ho già messo in moto la prima fase.-
afferma Strucker.
-Intendi dire…?-
-L’eliminazione di Capitan America e dei suoi amici,
ovviamente.- risponde, sorridendo, il
Supremo Hydra.
Liz
Mace si sente decisamente frustrata. Deve fare da spettatrice allo show di quei
tre e può sentire il testosterone sin da dove si trova.
Preso
tra il Comandante America e U.S.Agent il Super Patriota non sembra avere
scampo, ma non è quello che sembra dal suo sorriso strafottente.
-Coraggio...- dice ai due guerrieri
patriottici -Chi di voi vuol essere il primo a ricevere una lezione?-
Molte
cose si possono dire di U.S.Agent tranne che sappia resistere alle
provocazioni. Si lancia sul suo avversario che evita il suo pugno e lo colpisce
a sua volta all’addome.
Un
altro uomo sarebbe al tappeto adesso ma John Walker è stato potenziato e quindi
rimane solo senza fiato per un po’, quanto basta, però perché Neal Tapper
riesca a sferrargli un diretto al mento.
Subito
dopo lo scudo del Comandante America colpisce Tapper alla schiena facendolo cadere.
-Potevo cavarmela da solo.- borbotta
U.S.Agent.
-Ma certo, perché ringraziarmi?- replica il
Comandante ironico.
Liz
guarda l’espressione sul volto di Tapper. Perché ha quell’espressione
soddisfatta? Eppure dovrebbe sapere che non ha speranze di scappare comunque
vada lo scontro. C’è decisamente qualcosa che non va.
La
sua attenzione è attratta da un rumore sopra la sua testa. Un elicottero sta
scendendo e non appartiene allo S.H.I.E.L.D. come ha fatto ad arrivare sin qui
indisturbato?
Si
rivolge all’agente in comando:
-Mi ascolti: c’è qualcosa che…-
Non
finisce la frase. Qualcosa parte dall’elicottero per poi esplodere al suolo.
3.
Una luce intensa e poi una nebbia verdastra. Liz capisce ancora prima
di cominciare ad annaspare che è un attacco col gas ma a questo punto può solo
gettarsi a terra tappandosi il naso.
Nella
nebbia riesce a vedere delle figure vestite di rosso e nero calarsi dall’alto.
-Fenris.- sussurra.
U.S.Agent,
grazie al suo fisico superumano, resiste meglio degli altri e vede le due figure, un uomo e una donna, entrambi
biondi, che indossano una tuta nera con giubbotto rosso, farsi avanti. Il gas
sembra non far loro niente, hanno evidentemente dei filtri nasali.
Li
riconosce anche lui: i Fenris, Andreas e Andrea Strucker, figli dell’infame
Barone e leader di una cellula terroristica autonoma ma affiliata all’Hydra.
Non gli ci vuole che un secondo per capire che il loro scopo è liberare il
Super Patriota.
Senza
nemmeno starci a pensare, Agent corre verso di loro e i due si voltano verso di
lui. Si prendono per mano e gli puntano contro le mani libere. Una doppia
scarica di energia colpisce in pieno Agent che stramazza al suolo.
Quando
si riprende è ormai troppo tardi: i suoi avversari sono già scomparsi portando
con loro anche Neal Tapper.
-Maledizione!- esclama.
Harlem
è cambiata negli ultimi tempi. I crimini sono diminuiti e la qualità della vita
è migliorata ma molto resta ancora da fare. Il tasso di povertà e
disoccupazione è ancora uno dei più alti della Città di New York e che dire del
crimine, specie di quello organizzato? Se è vero che il numero di crimini
violenti è calato di oltre il 70%, ciò non vuol dire che siano scomparsi.
Oggi,
in un tardo pomeriggio d’inizio estate, le vite di tre uomini e due donne afroamericani si intrecceranno
drammaticamente coinvolgendoli in una breve ma intensa esplosione di violenza.
L’avvocato
Frank Raymond esce dall’Adam
Clayton Powell Jr. State Building dove è stato a perorare la causa di un centro per il
recupero dei tossicodipendenti che rischia la chiusura per mancanza di fondi. È
il suo lavoro da sempre. Sosta un attimo davanti all’ingresso cercando l’auto
guidata da suo fratello Ronald.
Anche
Benjamin “Big Ben” Donovan è un avvocato
ed ha un ufficio nel vicino palazzo che in zona è ancora noto col suo vecchio
nome: Hotel Theresa. A differenza di Frank Raymond, però, non lavora per il
bene dei poveri e degli emarginati. Il suo cliente più importante è
ufficialmente il proprietario di diversi esercizi commerciali tra cui un
ristorante dall’altra parte della strada, non ufficialmente è il Boss
indiscusso del crimine organizzato di Harlem. Big Ben non pensa a questo adesso
ma alla donna con cui ha appuntamento per cena e con cui pregusta un dopocena
piccante.
Claire Temple è un medico e sta tornando
a casa dopo una dura giornata di lavoro all’ambulatorio gratuito che gestisce
con il medico ebreo Noah Burstein. È stanca e non vede l’ora di farsi una
doccia rinfrescante e pensare a come
organizzare la serata. Il week-end è imminente e il suo uomo, Sam Wilson,
tornerà, libero dai suoi impegni alla
Camera dei Rappresentanti a
Washington. Hanno così poco tempo da passare insieme.
Nyla
Skin tiene per mano suo figlio Jack, cinque anni, ed attraversa la strada
guardandosi attorno. Non le sembra vero di avere finalmente una casa tutta per
lei, una vera casa in cui vivere con suo figlio, è lui il vero motivo per cui
ha deciso di abbandonare la sua vita vagabonda, merita solo il meglio e lei
vuol fare di tutto perché lo abbia.
Un’auto
nera percorre il viale intitolato al primo Rappresentante afroamericano di New
York. Si muove a velocità moderata poi i suoi finestrini si abbassano.
Liz
Mace è ancora frastornata e soprattutto le brucia l’aver dovuto seguire
l’azione da spettatrice. Avrebbe voluto scambiare qualche parola con U.S.Agent
ma non ne ha avuto l’opportunità, se n’è andato alla svelta e con una faccia
decisamente cupa, cosa niente affatto sorprendente. Anche il Comandante America
è sparito ancor prima che il gas si dissipasse. Quell’uomo è un vero enigma,
pensa Liz, ma riuscirà a risolverlo un giorno.
Rientra
nell’edificio dello S.H.I.E.L.D. per recuperare la sua roba ed appena arriva
nel corridoio della sala interrogatori dov’era poco prima con Neal Tapper vede
un uomo con la divisa da ufficiale di Marina chino in ginocchio su qualcuno
steso sul pavimento, qualcuno con la
divisa dell’Esercito.
Il
cuore le balza in gola mentre corre accanto ai due esclamando:
-Cary!-
Il
Tenente di Marina Franklin Roosevelt Mills si gira verso di lei.
-È solo svenuta.- la rassicura.
In
effetti, il Colonnello Carolyn “Cary”
St. Lawrence emette un debole gemito.
-Che è successo?- chiede Liz.
-Vorrei davvero saperlo.- risponde, cupo,
Mills -L’ultima cosa che ricordo è un pizzicore alla base del collo poi mi sono svegliato accanto a lei. Se vuoi la mia
opinione, chi ci ha stesi è qualcuno con un ottimo addestramento, che sapeva
bene su quale punto del collo premere per stendere le sue vittime e come farlo
senza far loro del male: un’eccessiva pressione ci avrebbe paralizzati o
uccisi. Chiunque sia stato, è un vero professionista.-
-Ma chi e perché?-
-Non chiederlo a me: io sono solo un umile
Navy SEAL, sei tu la detective tra noi.-
Cary
St. Lawrence emette un altro gemito e
Liz si china su di lei.
-Cary , stai bene?- le chiede.
La
donna apre gli occhi e dopo un attimo di sconcerto sorride e replica:
-Beh, direi di sì adesso. per un attimo ho
pensato che tu fossi un angelo e non sono andata molto lontana dal vero.-
Liz
arrossisce e Mills replica ridacchiando:
-Non rubarmi le battute, Colonnello.-
Cary
si rimette in piedi e chiede.
-Qualcuno vorrebbe spiegarmi cosa cavolo è
successo?-
Liz
narra ad entrambi gli ultimi avvenimenti ed alla fine Franklin Mills dice:
-I Fenris non lavorano per l’Hydra? Ci sono loro dietro la creazione del
Super Patriota? Il Consorzio Ombra è solo un paravento per l’Hydra?-
-Ne
dubito.- replica Liz -Tuttavia… i
Fenris agiscono anche in proprio e non è escluso che il Consorzio li abbia semplicemente ingaggiati
per questo lavoro. Certo, l’ipotesi di una connessione tra il Consorzio e
l’Hydra è inquietante.-
-C’è un’altra cosa che mi inquieta.- aggiunge
Cary -Chi ha stordito me e Mills e perché? C’è una talpa in questo posto?-
Nessuno
sa cosa risponderle.
4.
La
donna che cammina lungo il corridoio dipinto in verde mela è molto bella e si
muove con la scioltezza e sicurezza di chi sa di esserlo, come testimonia la
disinvoltura con cui indossa un abito color pastello che le arriva poco sopra
il ginocchio con una moderata scollatura sul davanti ed una più ampia sulla
schiena su cui ricadono i lunghi capelli biondi. Gli occhi chiari sono duri e
freddi come il ghiaccio, le labbra hanno una piega lievemente crudele.
Quando
entra nell’ufficio fa un sorriso studiato mentre tende la mano all’uomo dai
capelli biondi vestito in un impeccabile
completo scuro.
-Voleva vedermi, Mr. Bixby?- chiede con
tono cortese.
L’uomo di nome Bixby ricambia la
stretta di mano e replica:
-Volevo essere
aggiornato sui suoi progressi, Dottoressa Sofen.-
-In altre parole,
vuol sapere se il ragazzo è pronto, diciamo così, per essere usato.-
-E lo è?-
Karla
Sofen fa un lieve sogghigno ed una lieve pausa prima di rispondere:
-È un soggetto molto giovane. Decisamente
influenzabile specie se a dedicargli attenzione è una bella donna e quella
donna è un’esperta di manipolazione psicologica. Forse la migliore in questo
campo, mettendo da parte la falsa modestia.-
-Il Dottor Faustus potrebbe non essere
d’accordo.-
-L’allieva è sempre destinata a superare il
maestro, non lo sa, Bixby? E per rispondere alla sua domanda, il mio parere
professionale è che il condizionamento mentale ha funzionato: il giovane Van
Patrick obbedirà ad ogni vostro ordine.-
L’espressione
di Bixby è decisamente eloquente: tutto sta andando come deve.
Fermo
davanti al Mausoleo di Lincoln U.S.Agent non ha dovuto attendere molto prima
che l’agile e snella figura di Capitan
America si facesse viva.
-Sapevo che saresti venuta prima o poi, era
solo questione di tempo.- le dice semplicemente.
-Questo posto è speciale per chiunque abbia
vestito i panni di Capitan America.- replica Liz Mace -Quasi sacro.-
-Avrei voluto esserci quando avete sconfitto il
Teschio Rosso proprio qui.[3] Mi
hanno detto che ti sei comportata bene in quell’occasione… American Dream.-
-Sono
Capitan America adesso.- ribatte con durezza Liz.
-Il ragazzo era Capitan America.- replica Agent
-Se lo era meritato sul campo. Il mio più grande rammarico è di non essere
stato capace di salvarlo.[4]
Quanto a te, sei ancora sotto esame per quel che mi riguarda.-
-Perché sono una donna, giusto?-
-Questo… questo non c’entra. Non è per parlare
di questo che sono qui ma di quel Comandante America: chi è e che cosa vuole?-
-Vorrei saperlo anch’io.- ammette a malincuore
Liz -Mi pare abbastanza ovvio che voglia proporsi come una specie di
alternativa a Capitan America… a me. Su chi sia veramente, non ne ho la più
pallida idea.-
-Marina.- dice improvvisamente Agent .
-Cosa ?-
-Il suo costume, certe cose che ha detto, lo
stesso nome che ha scelto. Vuole proporsi come l’alternativa della Marina a
Capitan America: il supermarinaio contro il supersoldato. Non dirmi che non ci
avevi pensato.-
Ci
aveva pensato eccome, riflette Liz. Tutti i suoi principali sospetti erano…
sono appartenenti alla Marina ma gli ultimi avvenimenti le avevano impedito di
approfondire la cosa.
-Nessuna idea di come trovarlo, quindi.-
conclude U.S.Agent -E quel Tapper? Chiunque usi il nome di Super Patriota mi
interessa. Voglio ritrovarlo a tutti i costi.-
L’uomo
di cui Agent sta parlando è in questo momento in un rifugio segreto e contempla
un costume rosso e blu.
-Perfetto!- esclama soddisfatto.
Senza
perdere tempo si infila il costume da Super Patriota e si reca immediatamente
nella stanza vicina, dove lo attendono altre tre persone in costume: un uomo
che veste un costume nero che lo copre completamente, un altro uomo in tuta
verde con un cappuccio che copre la parte superiore del volto ed occhiali a
specchio ed infine una ragazza con una tuta identica e capelli biondi che
escono dal cappuccio.
Davanti
a loro l’uomo di nome Simon Bixby li squadra ed infine dice :
-Il vostro momento è venuto. Ecco i vostri
ordini.-
5.
Un
finestrino oscurato si abbassa, la canna di un’arma spunta e un inferno di
fuoco comincia.
Big
Ben Donovan è il primo a rendersi conto che qualcosa non va. Quell’auto procede
troppo lenta, pensa. Non gli ci vuole molto a capire.
Anche
Nyla Skin capisce. Anni di vita per le strade hanno acuito in lei quello
speciale sesto senso che ti fa intuire la presenza di un pericolo imminente.
Stringe più forte la mano del piccolo Jack ed accelera il passo ma forse è già
troppo tardi.
Frank
Raymond ode un improvviso grido:
-Attenti!-
Non
capisce da chi e da dove arrivi l’avvertimento, ma si getta istintivamente a
terra e questo gli salva la vita mentre una raffica di proiettili passa sopra
la sua testa.
Big
Ben Donovan non saprà mai dire perché agisce come agisce adesso, ma sta di
fatto che balza verso la donna ed il bambino e li spinge lontano dalla
traiettoria dell’auto un attimo prima di sentire un dolore acuto alla schiena.
In
seguito nessuno saprà dire quanto è durata. Forse cinque, forse dieci o
addirittura trenta secondi. L’auto nera si allontana rapidamente e sulla strada
rimangono i segni dei proiettili sui muri e tre persone a terra.
Si
chiama Lemar Hoskins, ma per la maggior parte della gente il suo nome ed il suo
volto sono di un anonimo giovanotto afroamericano a cui si rivolge a malapena
un’occhiata distratta camminando per la strada o, peggio ancora, ci si affretta
a cambiare marciapiede chiedendosi se quel nero massiccio e tutto muscoli non
nasconda un’arma nelle capienti tasche del suo giubbotto.
Pregiudizi a parte, fino a non molto
tempo fa Lemar era davvero un cattivo soggetto e da quando fu sottoposto al
procedimento di “miglioramento fisico” del Power Broker che gli ha dato in
pochi attimi il suo fisico attuale e la forza conseguente, non ha usato le sue
facoltà in modi che sua madre o la Legge avrebbero approvato, ma alla fine una
serie di fortunate circostanze gli permisero di cambiare vita e da allora ha sempre
rigato diritto e può dire con orgoglio di avere da allora sempre combattuto la
Buona Battaglia
Oggi
Lemar Hoskins è un avventuriero in costume, uno di quelli che talvolta vengono
chiamati supereroi, dal nome altisonante di Battlestar. Fino a non molto tempo
fa Battlestar faceva parte del Branco Selvaggio di Silver Sable, paga buona e
lavoro interessante, poi lo Zio Sam gli ha fatto un’offerta che non è stato
capace di rifiutare e per un po’ ha militato nel F.B.S.A. a Los Angeles poi la
sua coscienza lo ha posto davanti ad una scelta difficile e le conseguenze lo
hanno portato,qui in un bar di Mexicali, capitale dello Stato messicano di Baja
California ad annegare la sua malinconia con della pessima tequila mentre
davanti a lui può vedere il confine con la città gemella di Calexico in
California, così vicina eppure così lontana [5]
Un’ombra
gli si para davanti e lui alza gli occhi per trovarsi davanti una donna bionda
dall’aria vagamente familiare.
-Lemar Hoskins.- dice
Non è una domanda ma un’affermazione.
-Lei sa chi sono io,
ma lei chi è?- ribatte Lemar.
-Un’amica.- risponde
la donna sedendosi davanti a lui -Un‘amica che vuol farle un’offerta che, ne
sono certa, le piacerà.-
Lemar si stringe nelle spalle e
replica:
-Cos’ho da perdere ad
ascoltarla?-
Capitan America sospira.
-Anch’io voglio ritrovare Tapper e voglio
sapere chi lo ha liberato.- dice -Vogliamo farlo insieme?-
-Non devi nemmeno chiederlo.- ribatte U.S.Agent
-Siamo Vendicatori ed anche simboli di qualcosa che ha molta importanza per me…
qualcosa che uno come, il Super Patriota sta pervertendo. Voglio fermarlo a
tutti i costi.-
-Ma che bel discorsetto.- dice una voce
sarcastica alle loro spalle -Vuoi metterlo in pratica?-
Sulla
soglia del mausoleo c’è proprio il Super Patriota con un sorriso di scherno
sulle labbra.
-Coraggio!- li incalza -Non deludetemi.-
U.S.Agent
non esita e gli scaglia contro lo scudo. Il Super Patriota lo evita e lo
afferra rispedendoglielo contro.
Liz
non è rimasta a guardare. Balza sul Super Patriota ed entrambi rotolano per lo
scalone di marmo.
L’abilità
atletica acquisita in anni di duro allenamento le consente di ricadere senza
danni. Si rimette in piedi e fronteggia il suo avversario.
È
troppo concentrata sull’uomo davanti a lei e percepisce un movimento alle sue
spalle solo quando è troppo tardi: qualcosa la colpisce alla schiena e lei
urla.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Sinceramente poco o nulla
da dire su quest’episodio, passiamo, quindi, a parlare del prossimo: a
Washington aspiranti ed effettivi simboli patriottici si confrontano e lo
scontro potrebbe avere esiti imprevedibili. A New York impazza una guerra tra
criminali. Due eventi non correlati oppure…?
Carlo