PROLOGO
Sede
della sezione americana dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C., oggi.
Ognuno
dei presenti in questa stanza ha una ricca storia personale: Capitan America è la
prima donna a ricoprire questo ruolo e non passa giorno che non senta sulle sue
spalle il peso di questa responsabilità.
Falcon si chiede spesso
che ne sarebbe stato della sua vita se non avesse incontrato Steve Rogers,
l’originale Capitan America.
Jonathan Juniper è solo
il clone dell’uomo di cui porta il nome, un soldato morto pochi mesi dopo
l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, un destino ingrato,
non c’è dubbio.
Laura Brown è la figlia dell’originale Hydra
Imperiale, è stata un’agente di alto rango dell’Hydra, poi si è ribellata al
padre ed ha aiutato Nick Fury a sconfiggerlo.[1]
Adesso è un’agente dello S.H.I.E.L.D. e sa bene che sono in molti a pensare che
deve tutto questo solo ai suoi rapporti personali con Fury e dietro le sue
spalle si chiedono se davvero ci si può fidare di lei.
Oggi un pezzo del suo
passato è saltato fuori e lei non ha altra scelta che affrontarlo.
-Cosa sai di Bravo?- le chiede Capitan America
Come mai lo conosci?-
-È una lunga storia.- risponde Laura
-Abbiamo tempo.- interviene Juniper
-Raccontacela.-
-Comincia tutto molti anni fa, prima che tutti
noi nascessimo…-
N° 95
1.
Kent, Inghilterra Regno Unito. Estate 1928
È una specie di tradizione per i
giovani dell’alta borghesia e della nobiltà britannica prendersi un anno
sabbatico prima di entrare all’università. Molti di loro ne approfittavano per
farsi un giro dell’Europa se non del mondo. Richard Danforth non faceva
eccezione. Aveva 19 anni, era alto,
biondo, attraente e pieno di voglia di divertirsi. Il futuro era qualcosa di lontano e molto vago.
Purtroppo per lui, il futuro tende ad arrivarti addosso quando meno te lo aspetti.
Suo padre era morto
all’improvviso e Richard era dovuto rientrare rapidamente in patria da Parigi
per il funerale a cui era seguita la lettura del testamento nello studio del
legale di famiglia.
Le disposizioni di suo padre
erano molto semplici: a parte alcuni lasciti alla servitù ed alcuni parenti,
Richard era l’erede di tutto il resto del patrimonio, una piccola fortuna di
cui, però, avrebbe potuto entrare in pieno possesso solo al compimento del
trentesimo anno di età, nel frattempo avrebbe dovuto accontentarsi, si fa per
dire, di una rendita di 5.000 sterline[2]
all’anno nonché dell’uso della tenuta di famiglia e di una casa a Londra.
Naturalmente, in quanto unico figlio maschio, aveva ereditato anche un titolo
di Baronetto che risaliva ai tempi dello sfortunato Re Carlo I,
Tra i presenti alla lettura del
testamento c’era un uomo alto e segaligno dai capelli biondi che alla fine si
alzò e si avvicinò a Richard.
-Mi chiamo Justin
Pierce ed ero un socio di suo padre.- si presentò.
-Pierce?- replicò
il ragazzo -Sì, devo aver già sentito questo nome.-
-Sono stato
incaricato di darle questa.-
Gli porse una busta che Richard
prese in mano con aria perplessa, la aprì ed all’interno trovò una tessera ed
un foglio ripiegato.
-La sua tessera
personale del Club Infernale. Ne ha sentito parlare, suppongo.- gli disse
Pierce.
-Certo, ma non
sapevo che mio padre ne fosse membro.-
-Non è una cosa che
alcuni di noi tendono a pubblicizzare. Il nostro non è un comune club per
gentiluomini. Tanto per cominciare è aperto anche alle donne ed immagino che
avrà sentito delle storie…-
-In effetti… sì.-
-Perché non viene a
scoprire personalmente se e quanto sono vere? Il prossimo sabato si terrà uno
dei nostri party speciali, lei sarà il benvenuto, sarà la sua iniziazione.-
Richard assentì vigorosamente.
La prospettiva lo intrigava parecchio. Non sarebbe mancato.
Washington
D.C., Stati Uniti. Oggi.
Il
nome dell’uomo è Henry Peter Gyrich ed è, per citare correttamente il suo
titolo, l’Assistente del Presidente degli Stati Uniti per gli Affari
Superumani, il che vuol dire che è uno dei maggiori responsabili della politica
nazionale nei confronti della sempre più crescente comunità superumana, un
argomento su cui ha decisamente le idee molto chiare.
Fissa la seduta
giornalista davanti a lui nel suo ufficio nell’Ala Ovest della Casa Bianca, una
bella ragazza dai lunghi capelli biondi che indossa un abito blu senza maniche
e con una generosa scollatura poi dice con voce calma:
-Normalmente non concedo interviste, Miss
Armstrong, ma apprezzo il telegiornale per cui lavora.-
-Mi fa piacere, Mr. Gyrich.- replica Ursula
Armstrong con un evidente accento del Midwest accavallando le gambe -Il nostro
pubblico è molto interessato al suo punto di vista.-
-Ad una condizione, però: voglio vedere il
servizio prima che vada in onda. Devo essere sicuro che non ci siano, diciamo
così, contenuti inappropriati.-
-Questo è contrario alla politica del mio
network. La libertà di informazione…-
-Non è una condizione negoziabile. Se non le
sta bene, allora l’intervista finisce qui.-
La
ragazza sospira, poi si rivolge al cameraman:
-Comincia a riprendere, Harry..-
Gyrich
distende appena il labbro superiore, la cosa più vicina ad un sorriso che
chiunque gli abbia mai visto fare.
Londra, Inghilterra, Regno Unito. Estate 1928
Richard Danforth indossò l’abito
in stile tardo settecentesco che gli era stato recapitato alla sua casa di Londra
da un solerte fattorino, si annodò i capelli a formare un codino e finalmente
si contemplò allo specchio.
-Perfetto!-
esclamò.
Uscì di casa e senza badare alle
occhiate della gente raggiunse la sede del Club Infernale, un luogo di cui
aveva tanto sentito parlare ma non aveva mai visitato prima d’ora. All’interno
ebbe la prima sorpresa: tutti gli uomini vestivano come lui ma le donne
indossavano tutte soltanto una guepiere e calze a rete. Le cameriere, se
possibile, erano vestite ancora più succintamente. I colori del vestiario erano
quasi esclusivamente il rosso e il nero, i tipici colori degli scacchi nel
Regno Unito. Su alcuni divani diversi uomini e donne stavano, per così dire,
amoreggiando senza ritegno e senza curarsi di essere osservati.
-Ma questo è un
club o un bordello?- si chiese il ragazzo perplesso.
-Benvenuto tra
noi.- lo salutò Justin Pierce venendogli incontro.
Era vestito di rosso ed era
accompagnato da un uomo dai capelli castani vestito di nero e da due donne che
oltre alla guepiere portavano una mantellina, una bionda vestita di nero e una
bruna dai capelli corti, vestita di rosso.
-Sono lieto che sia
venuto e spero che gradirà la sua permanenza.-
Richard lo ascoltava a malapena,
aveva occhi ed attenzione solo per le due donne, entrambe di notevole bellezza
e dal portamento altero..
Pierce sogghignò divertito e
disse:
-Le presento il
nostro Re Nero John Jaspers, la Regina Nera Lady De Winter e la Regina Rossa
Alice Holmwood.-
-Il tuo Sir Richard
è timido, Justin.- disse la bionda con una risatina.
-Ha solo bisogno di
sciogliersi un po’. Vuoi occupartene tu?-
-Con molto
piacere.-
Prese Richard sottobraccio e lo
portò via seguita dall’altra donna.
Un uomo alto completamente calvo
si avvinò ai due e disse con evidente accento tedesco:
-E
così quello è il giovanotto di cui mi avete parlato, sembra promettente.-
-Credi davvero che
sia un buon acquisto per il Cerchio Interno?- chiese il Re Nero a Justin
Pierce.
-Fidati John… e
anche tu Wolfgang.- rispose il Re Rosso -Sono certo che il giovane Danforth non
ci deluderà.-
2.
Sede
della sezione americana dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C., oggi.
Capitan America interrompe il racconto e si rivolge a Laura
Brown:
-Aspetta un momento: Wolfgang come Wolfgang
von Strucker? Mi stai dicendo che il Barone Strucker era un membro del Club
Infernale?-
-No.- rispose Laura -Era solo un ospite di
Justin Pierce. Non dimenticate che prima della Prima Guerra Mondiale c’erano
rapporti molto stretti tra l’aristocrazia britannica e quella tedesca. Diversi
nobili o comunque membri delle classi sociali più elevate britanniche avevano
sposato ragazze provenienti da famiglie altolocate tedesche e viceversa. La
stessa Famiglia Reale…-
-Ok, abbiamo capito il punto.- la interrompe
Junior Juniper -In ogni caso, direi che è ovvio che la presenza di Strucker non
era una semplice coincidenza.-
-Se mi lasci proseguire nel racconto, lo
saprai.- ribatte Laura.
-Ok, prosegui pure.-
-Ammetto di essere curiosa.- disse Cap.
-Bene…- fece Laura -Dove eravamo rimasti?-
Londra,
Inghilterra, Regno Unito. Primavera 1929.
Richard Danforth si alzò dal letto
dove Rebecca De Winter stava ancora dormendo. La notte era ancora giovane e lui
non aveva sonno. Senza curarsi di vestirsi uscì silenziosamente dalla stanza e
si recò nel salotto dove si fermò davanti ad un’antica pendola. Premette un
pulsante nascosto e la pendola ruotò su se stessa rivelando un passaggio
segreto. Richard vi entrò e prese a scendere una breve scalinata mentre la
pendola alle sue spalle riprendeva la sua posizione.
Il giovane si fermò davanti ad una
teca dentro cui era appeso un costume rosso e nero che indossò rapidamente.
Alla maschera che gli copriva la metà superiore del volto erano fissati degli
occhiali da motociclista, alla cintura c’erano appese due fondine ciascuna
contenente una pistola Webley. Richard premette un altro pulsante che aprì una
porta segreta. balzò agilmente in groppa ad una moto e si precipitò fuori. Bravo era di nuovo in caccia.
Molte cose erano accadute negli otto
mesi che erano passati dalla sua prima visita al Club Infernale e la sua
relazione con l’infedele Lady De Winter, per tacere di altre signore e
signorine, era solo una di esse. Quella
che lo eccitava di più era la sua nuova attività notturna.
Chiacchierando
con i suoi nuovi amici aveva detto loro quanto ammirasse le imprese di Union
Jack.
-Peccato
che si sia ritirato.- aveva detto -Nessuno ne ha più sentito parlare dopo la
guerra… e nemmeno degli altri tizi mascherati con cui agiva spesso. Sembra
proprio che abbiano deciso che non ci fosse più bisogno di loro una volta
sconfitti i crucchi… chiedo scusa Barone, non intendevo offenderla.-
L’uomo di età indefinibile
completamente calvo aspirò una boccata di fumo dal suo lungo bocchino poi
replicò:
-Nessuna
offesa, Sir Richard, non si preoccupi. La guerra è finita da quasi dieci anni
ed io non porto rancore a voi Inglesi. Beh non è del tutto vero: ne ho verso il
vostro governo che ha umiliato la mia nazione che non è stata mai invasa.-
Ci fu un momento di silenzio poi
Justin Pierce disse:
-Se
Union Jack ha deciso di ritirarsi, qualcuno potrebbe prendere il suo posto…
qualcuno come te, Richard.-
-Io?-
esclamò il ragazzo.
-Certo.-
replicò l’altro -Sei giovane, forte e pieno di vita. Scommetto che l’idea di
fare semplicemente il signorotto di campagna non ti attira molto.-
-In
effetti è così, ma il vero Union Jack potrebbe non apprezzare un imitatore.-
-Non
ho mai detto che devi essere il nuovo Union Jack. Basta che ti crei un’identità tutta tua ed il
gioco è fatto.-
-Uhm,
perché no?- aveva ribattuto Richard -Mi avete fatto venire qualche idea.-
Così era nato Bravo, il terrore
dei bassifondi londinesi, la cui forma di giustizia era decisamente rapida ed
efficace. Richard doveva ammetterlo: si divertiva ad interpretarlo. A Scotland
Yard c’era chi non lo apprezzava ma anche chi lo vedeva di buon occhio, ma questo
era normale.
Guidò la moto fino a zone che in
genere i buoni londinesi evitavano dopo il tramonto a meno che non fossero in
cerca di emozioni forti. Parcheggiò il suo mezzo vicino ad un magazzino del
porto. Sembrava deserto ma lui sapeva che non era così.
Prese fiato poi sferrò un calcio
alla porta che cedette. Gli uomini all’interno lo videro, capirono perché era
lì e misero mano alle pistole. Non furono abbastanza svelti: lui si gettò a
terra sparando e ne prese in pieno due. Rotolò sul pavimento mentre i
proiettili fischiavano sopra la sua testa e sparò ancora colpendone altri due.
Un quinto uomo si dette alla fuga da una porta secondaria,
Bravo avrebbe potuto sparargli
facilmente ma scelse di non farlo. Corse dietro all’uomo e gli balzò addosso.
Il balzo portò entrambi a sfondare una finestra finendo all’esterno. L’uomo
estrasse un coltello e tentò di pugnalare Bravo all’addome ma lui gli bloccò il
polso e gli rifilò due pugni in rapida successione. L’uomo rimase inerte al
suolo. L’avventuriero mascherato fece un profondo respiro e disse:
-Ottimo
allenamento.-
Quando la Polizia, allertata da
una chiamata anonima, arrivò sul posto trovò tre malviventi morti, uno ferito
ed uno legato come un salame. Bravo era già sparito da tempo.
Londra, Inghilterra, Regno Unito. Estate 1940.
Era l’ora più nera per il Regno
Unito: la Francia aveva firmato l’armistizio con la Germania nazista ma il
nuovo Primo Ministro Winston Churchill aveva rifiutato di fare altrettanto e la
nazione era dalla sua parte. Bravo fece l’unica cosa che sentiva di dover fare:
offrì i suoi servigi al Governo.
Fu grazie ai buoni uffici di John
Jaspers che Bravo fu ricevuto dai vertici del MI6.
-Vorrei
chiarire subito una cosa.- disse il funzionario che lo ricevette -Non mi piace
la gente che nasconde la propria faccia dietro una maschera.-
-Temo
che dovrà abituarsi, Signore.- ribatté il giovane -Ho sentito che nelle nostre
ex colonie americane stanno spuntando come funghi.-
-Non
sia impertinente, giovanotto.-
-Se
la cosa è un problema per lei Signore, è presto risolto:
Bravo si tolse la maschera e
disse:
-Sono
Sir Richard Danforth, quindicesimo Baronetto.-
-Uhm,
questo dovrebbe impressionarmi? Nobili o plebei, io mi aspetto che tutti
facciano il loro lavoro e adesso mi convinca che può essere davvero utile allo
sforzo bellico.-
-Posso
compiere azioni di commando, colpire il nemico nei territori occupati, sabotare
il suo apparato. Far loro temere il mio arrivo. Cosa ne dice?-
-Pensa
davvero di poterlo fare?-
-Mi
metta alla prova.-
Circa un’ora dopo Bravo entrava
senza farsi vedere nella sede del Club Infernale. Nella sala delle riunioni del
Cerchio Interno qualcuno lo stava aspettando:
-Allora,
com’è andata?- chiese Justin Pierce.
Bravo fece un sorrisetto
compiaciuto e rispose:
-Mi
hanno preso, ovviamente.
-Wunderbar!-
esclamò il Barone Strucker.
3.
Normandia, Francia, luglio 1944.
Bravo entrò nella sala dove erano
già presenti alcuni alti ufficiali americani e britannici e sorrise
istintivamente nel vedere che c’era anche una bella ragazza bionda vestita di
verde e con in testa un basco. Era un’agente americana dell’OSS[3]
che lavorava a stretto contatto con la Resistenza francese ed aveva organizzato
e partecipato personalmente a diverse azioni di sabotaggio contro l’esercito
tedesco prima e dopo il D-Day. A quanto ne sapeva Bravo, nessuno conosceva il
suo vero nome: i Francesi la chiamavano semplicemente Mademoiselle e nei
dispacci ufficiali era indicata solo come Agente 13. Si diceva che fosse nella
lista nera del Teschio Rosso che l’avrebbe voluta morta a qualunque costo.
Bravo trovava la cosa divertente: lui e la ragazza in questione avevano
compiuto diverse missioni insieme ed erano anche diventati intimi.
Le cose, però, erano cambiate con
la comparsa dell’altro uomo in costume presente nella stanza: l’eroe americano
chiamato Capitan America. Mademoiselle aveva letteralmente perso la testa per
lui e l’americano, a quanto sembrava, la ricambiava. Richard aveva dato mostra
di aver preso la cosa con sportività ma la verità era che era roso dalla
gelosia e sperava di saperlo nascondere bene
-Ben
arrivato, Bravo.- gli disse Capitan America -Ti stavamo giusto aspettando.-
-Scusate
il ritardo ma mi sono imbattuto in una pattuglia tedesca mentre venivo qui ed
ho perso tempo a sistemarla.- si giustificò lui
-Nessun
problema. Conosci l’Agente Fitzpatrick non è vero?-
Bravo annuì. William Fitzpatrick,
l’unico civile presente all’incontro oltre a Medemoiselle, era l’agente di
collegamento tra l’OSS e gli Invasori, il gruppo di eroi in costume di cui
Capitan America era il leader. Trent’anni circa, capelli castani, ben messo,
origini irlandesi, era un tipo da prendere con le molle.
Si rivolse ai presenti dicendo:
-Per
farla breve: abbiamo ricevuto informazioni attendibili secondo cui il Teschio
Rosso starebbe per inviare in questa zona una nuova superarma in grado di
rovesciare le sorti dell’invasione. Inutile dire che quest’arma, qualunque cosa
sia, va neutralizzata prima di venir usata sul campo.-
-Non
sappiamo di che si tratta?- chiese Bravo.
-Purtroppo
no.- rispose Fitzpatrick -Il nostro agente è stato individuato ed ucciso prima
di poterci dire di più.-
-Dovremo
cavarcela da soli.- intervenne Capitan America -Gli altri membri degli Invasori
sono tutti impegnati altrove.-
-Compreso
il ragazzino che ti porti sempre dietro?-
-Bucky
è con Toro e gli altri suoi amici, i Commandos Minorenni.-
Uhm,
credi davvero che sia stato saggio lasciarli agire da soli avranno anche dei
superpoteri, ma sono pur srmpre dei ragazzini -
Dall’espressione sul volto di Cap,
Bravo capì di aver colto nel segno. Ottimo.
-Sia
come sia …- aggiunse -… noi tre saremo più che sufficienti.-
Su questo non aveva dubbi.
Harlem, New York City. Oggi.
Una donna Bianca e biondissima non è più una cosa
eccezionale a Harlem ma ciò non vuol dire che quella che entra negli uffici
cittadini del Membro della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti Sam
Wilson vestita di un tailleur blu scuro, camicetta bianca e scarpe di marca non
attiri immediatamente l’attenzione.
-Posso esserle utile,
Miss?- le chiede una giovane afroamericana dai capelli corti..
-Immagino di sì.-
risponde la nuova venuta tendendole la mano -Sono Nicole Adams, il nuovo Capo
dello Staff del Congressista Wilson. Forse ha sentito parlare di me.-
-Beh, sapevo che Mr.
Wilson aveva assunto una bianca per rimpiazzare Leila Taylor… voglio dire …-
Nikki Adams ride poi replica:
-Non si preoccupi,
capisco che la cosa vi abbia sorpreso, Miss Conroy o preferisce che la chiami
Skin?-
-Lei sa chi sono?-
esclama, sorpresa, Nyla Skin.
-Fa parte dei miei doveri
essere informata su chi lavora per Sam Wilson, compresi i volontari del
comitato per la sua rielezione. Per questo sono venuta a New York: per fare
bene il mio lavoro devo conoscere il territorio e cosa si aspettano gli
elettori.-
-Gli elettori si
aspettano che Sam faccia bene il lavoro per cui l’hanno mandato a Washington.-
A parlare è stata una donna afroamericana che dimostra
circa quarant’anni.
-Sagge parole, Mrs.
Casper.- ribatte Nikki -Sono contenta di incontrare finalmente la sorella del
mio capo.-
-Anch’io mi sono
informata su di lei, Miss Adams.- afferma Sarah Wilson Casper -Lavorava al
Dipartimento di Stato.-
-Poi ho fatto un commento
che non è piaciuto all’attuale Presidente e mi ha mandato a spasso.-
-Da queste parti è un
titolo di merito. In ogni caso, mio fratello si fida di lei e mi basta.-
Nikki sorride soddisfatta.
Normandia, Francia, luglio 1944.
Da una postazione protetta Capitan
America, Bravo e l’Agente 13 stavano sorvegliando la spiaggia in attesa della
nave che avrebbe dovuto trasportare la misteriosa superarma.
-Siamo
sicuri che questa superarma esista davvero?-chiese il giovane Inglese -Forse è
solo propaganda. Come possono i crucchi possedere qualcosa di così potente da
cambiare addirittura le sorti della guerra?-
-Fidati.-
rispose Steve Rogers -Il Teschio Rosso ha accesso a tecnologie che noi neanche ci
sogniamo, roba avanti di decenni, se non addirittura di secoli, rispetto
all’attuale e scienziati capaci di usarla.-
-Ma
com’è possibile?-
-Mi
crederesti se ti dicessi che l’ha rubata agli alieni?-
-Alieni? Mi stai prendendo in giro?-
-Vorrei
che fosse così ma purtroppo parlo sul serio. In questi anni ho avuto a che fare
fin troppe volte con gli infernali marchingegni del Teschio e so quel che
dico.-
-Non
ne dubito ma …-
-Shhh!-
intimò improvvisamente l’Agente 13 -Stanno arrivando.-
La spiaggia si stava animando. Cap
si fece più attento. Un piccolo battello si stava avvicinando. L’arma doveva
essere lì.
-Dobbiamo
agire adesso.- disse.
-Temo
che sia fuori questione.- commentò Bravo.
-Cosa…?-
esclamò l’Agente 13.
Improvvisamente i tre si
rirovarono circondati da almeno una ventina di militari tedeschi guidati da un
ufficiale coi baffi che al posto del berretto d’ordinanza portava in testa un
chepì. Alla mano destra aveva un guanto di metallo.
-Perfetto.-
disse in tono soddisfatto -Finalmente l’odiato Capitan America e la sfuggente
Agente 13 sono nelle nostre mani.-
Cap mantenne una calma assoluta e
si rivolse a Bravo:
-E
così hai finalmente rivelato i tuoi veri colori.-
4.
Sede
della sezione americana dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C., oggi.
È
Junior Juniper a parlare:
-E così Capitan America sapeva che Bravo era
un traditore della sua patria al servizio dei Nazisti.-
-All’inizio non lo era.- spiega Laura Brown
-Si era fatto incantare dalle idee del fascismo britannico e pensava che fosse
nell’interesse del Regno Unito negoziare la pace con il Terzo Reich poi, un po’
alla volta, si era trovato sempre più invischiato fino a passare al tradimento
vero e proprio. Temo che a dargli il colpo finale sia stato il rendersi conto
che Peggy Carter si era innamorata di Capitan America. Fino ad allora l’aveva
sempre protetta.-
-E tu come fai a sapere queste cose?- le
chiede Elizabeth Mace.
-Me ne parlò lui stesso parecchi anni dopo ma
ora lasciatemi continuare.-
-Procedi pure.- interviene Falcon -Confesso di
essere curioso anch’io e le cose si fanno interessanti.-
Normandia, Francia, luglio 1944.
La donna conosciuta come
Mademoiselle e Agente 13 sbarrò gli occhi ed esclamò:
-Tu…
tu sei un traditore?-
Bravo scrollò le spalle e replicò:
-Quello
che per qualcuno è un traditore per altri è un patriota. Personalmente ho
sempre pensato che un accordo con la Germania sia la cosa migliore per il mio
paese.-
La ragazza gli vibrò un sonoro
ceffone dicendo:
-Bastardo!-
Bravo si massaggiò la guancia e
disse:
-Suppongo
di essermelo meritato, almeno dal tuo punto di vista. Molto bene, Colonnello
Hauptmann, sono tutti vostri.-
-Non
è ancora detto.- sussurrò Capitan America.
Un attimo dopo il suo scudo volava
in aria disarmando alcuni stupefatti soldati. Contemporaneamente lui si lanciò
contro di loro afferrando lo scudo a mezz’aria. In pochi attimi i militari
tedeschi si trovarono subissati di calci e pugni da parte di una furia
scatenata che non restava ferma abbastanza da consentire loro di colpirla con
le loro armi, ammesso che osassero sparargli mentre era in mezzo a loro.
Il Colonnello Hauptmann, detto
Mano di Ferro, uno dei luogotenenti del Teschio Rosso, osservava la scena
sbalordito.
-Non
è possibile!- esclamò -Un uomo solo non può fare tutto questo!-
Poco distante Richard Danforth,
alias Bravo, aveva deciso che il rischio di ammazzare qualche tedesco valeva la
candela e puntava la sua pistola verso la schiena di Cap.
L’Agente 13 gli afferrò il polso
deviando il colpo.
-Non
lo ucciderai, maledetto!- gridò.
-Spiacente,
mia cara.- replicò lui.
La gettò a terra e prese di nuovo
la mira. Era un tiro facile, non poteva sbagliare. Prima che potesse premere il
grilletto lo scudo di Cap lo prese in pieno volto.
Poco distante Hauptmann dava sfogo
alla sua furia
-Verdammt
schwein!- esclamò sparando al guerriero a stelle e strisce.
Cap evitò il colpo gettandosi a
terra e contemporaneamente sferrò un calcio al polso di Hauptmann disarmandolo.
Il tedesco gli si gettò contro tentando di colpirlo con la sua mano di ferro ma
inutilmente, il suo avversario era troppo agile e veloce per lui.
Improvvisamente lo scudo lo colpi
alla schiena facendolo cadere dritto contro il pugno di Capitan America e lo
scontro fu chiuso.
Cap si volse verso Bravo che si
stava rialzando e gli disse:
-Vuoi
ancora combattere?-
-Puoi
anche aver sconfitto Hauptmann ed i suoi uomini ma non riuscirai ad impedire la
consegna dell’arma se io ti trattengo abbastanza a lungo e so di potercela
fare.-
-Non
ne dubito.- replicò, tranquillo, Cap -Ma c’è una cosa che non sai: quando ho
detto che i miei compagni Invasori erano tutti impegnati altrove stavo
mentendo.-
Una scia luminosa attraversò il
cielo e lanciò qualcosa contro il battello in arrivo che si incendiò ed
esplose.
-La
Torcia Umana!- esclamò Bravo.
-E
non è sola.-
Da dietro una specie di duna uscì
Union Jack
-Ho
sentito dire che sei un mio ammiratore.- disse puntandogli contro la pistola
-Non so se sentirmi lusingato o disgustato.-
-Era
una trappola… per me.- comprese Bravo.
-Esatto.
- confermò Union Jack -Saremmo intervenuti anche prima ma Cap se la cavava così
bene…-
-Da
quanto sospettavate di me?-
-Da
un po’. C’erano alcuni particolari che non tornavano e l’Agente Fitzpatrick ha
fatto un po’ di ricerche scoprendo certe tue amicizie discutibili.- spiegò
Capitan America
-Capisco.
Bene. So qual è il destino di chi è giudicato colpevole di tradimento. Vi
risparmierò il fastidio del processo.-
Si puntò la pistola alla tempia ma
prima che potesse premere il grilletto uno sparo echeggiò improvvisamente e lui
cadde in avanti.
Alle sue spalle l’Agente 13
abbassò la pistola fumante e disse:
-Non
meritava una scappatoia simile.-
Capitan America la guardò con
disapprovazione ma non disse niente. Union Jack, invece, sussurrò:
-L’Inferno
non ha una furia paragonabile a quella di una donna tradita.-
Sotto la sua maschera sorrise.
Parigi, Francia, settembre 1944.
Capitan America sedeva in quello
che era stato l’ufficio del Comandante delle truppe d’occupazione tedesche e
rifletteva. Nonostante tutte le sue ricerche non era riuscito a scoprire cosa
ne fosse stato dell’Agente 13 o Mademoiselle, come preferiva chiamarla lui. Era
semplicemente scomparsa e data per morta[4]
ma lui non riusciva a capacitarsene. La sua giovane spalla, Bucky, avrebbe
voluto dire qualcosa per consolarlo ma non sapeva cosa.
L’improvviso arrivo dell’Agente
Fitzpatrick spezzò l’atmosfera cupa.
-Ci
sono notizie?- chiese Cap.
-Non
della tua amica.- rispose l’altro -In compenso ne ho ricevuta una
sconcertante.-
-E
sarebbe?- chiese Bucky.
-Ho
saputo che hanno sottratto il corpo di Bravo dalla camera mortuaria dove
l’avevamo lasciato.- rispose Fitzpatrick -È avvenuto il giorno dopo ma l’ho
saputo soltanto ora.-
-Opera
del Teschio Rosso, non c’è dubbio.- sentenziò Steve Rogers.
-Ma
che se ne farebbe quel nazista di un cadavere?-
-Non
ha idea dell’inventiva e della malvagità di quell’uomo.- ribatté Cap -Temo che
prima o poi risentiremo parlare di Bravo.-
5.
Un luogo segreto, circa vent’anni fa
L’uomo dai capelli biondi aprì gli
occhi e si guardò intorno con aria spaesata.
-Dove
sono?- chiese.
-Tra
amici.- gli rispose un uomo alto e calvo vestito di verde.
-Barone
Strucker!- esclamò il giovane -Ma cosa…-
-Qual
è l’ultima cosa che ricordi, Richard?- gli chiese ancora Strucker.
-Che
stavo per spararmi.- rispose l’uomo che si faceva chiamare Bravo -Ma ovviamente
non devo averlo fatto o non sarei qui, giusto?-
Un silenzio forse imbarazzato fu
la sola risposta alle sue parole, poi Strucker disse:
-Non
ti sei sparato perché prima che potessi farlo è stata l’Agente 13 a spararti
nella schiena, un colpo fatale.-
-Sta
dicendo che mi ha ucciso? Che sono morto? Non è possibile, io sono qui, sono
vivo! Nessuno può tornare dalla morte!-
-In
realtà la rigenerazione cellulare è possibile.- ribatté una voce con un pesante
accento della Svizzera Tedesca -Purché, ovviamente si intervenga
tempestivamente.-
Solo allora Bravo si accorse di
due cose: la prima era di essere completamente nudo ma non se ne preoccupò
troppo; la seconda era che lui e Strucker non erano soli. Nella stanza c’era
anche un uomo dai capelli e baffi castani e gli occhiali che aveva un’aria
insignificante almeno finché non si incrociava il suo sguardo e si leggeva nei
suoi occhi di ghiaccio una spietata determinazione.
Quello che però attirò davvero la
sua attenzione fu quello che aveva parlato. Un essere strano, una sorta di
robot umanoide privo della testa e con una faccia che occupava una sorta di
schermo grande quanto quasi tutto il suo addome.
Strucker scoppiò in una sonora
risata e disse:
-Il
Dottor Arnim Zola è un valente scienziato ma è anche un po’ eccentrico: ha
trasferito la sua coscienza in un corpo artificiale libero dagli affanni della
vecchiaia. Altri di noi hanno preferito metodi meno… drastici.-
-Il
processo di rigenerazione non è opera mia.- ammise Zola -È stato sviluppato dal
Dottor Zemo. Io l’ho supervisionato negli ultimi tempi, dopo il suo recupero.-
-Recupero?-
fece Bravo che nel frattempo si era alzato dal lettino dove si trovava e si era
avvicinato ad una sedia dov'era posato il suo costume.
-Eri
stato portato in un laboratorio nella Sassonia orientale ed è stato impossibile
accedervi prima della caduta del Muro.- spiegò il Barone.
-Muro?
Quale muro?- chiese, sempre più perplesso, Bravo finendo di vestirsi.
Strucker sospirò. C’erano molte
cose che doveva spiegare a Richard Danforth e poteva solo sperare che la sua
mente reggesse allo shock delle rivelazioni che avrebbe dovuto fargli.
-Quasi
sessant’anni? Ho dormito per quasi sessant’anni? Incredibile!- esclamò Bravo
quando Strucker ebbe finito di ragguagliarlo su tutto quel che era successo
negli ultimi decenni.
-Guarda
il lato positivo.- ribatté Strucker -Non sei invecchiato di un giorno dal
1944.-
-Ma
nemmeno lei, Barone, com’è possibile?-
-Questo,
amico mio, è un mio piccolo segreto, ma non parliamo di questo adesso, parliamo
del futuro... del radioso futuro che ci aspetta tutti.-
-Non
voglio contraddirti, Wolfgang…- intervenne l’uomo coi baffi -… ma sei sicuro…?-
-Possiamo
fidarci di Bravo, Arnold. È uno di noi.- si rivolse a Bravo -Arnold Brown è il
mio secondo in comando.-
-Ha
costituito un esercito segreto?-
-Qualcosa
di molto meglio: un’organizzazione con molte ramificazioni, molte teste, molte
braccia, impossibile da sconfiggere. Benvenuto nell’Hydra.-
Un luogo segreto, circa dodici anni fa.
Non c’erano molte donne nell’Hydra
all’epoca. Una di loro era una bella ragazza bionda dai vivaci occhi azzurri di
circa una ventina d’anni. La chiamavano Agente H ed era tra i pochi membri
dell’Hydra a girare a volto scoperto. Pochissimi conoscevano il suo nome ma
tutti sapevano che era la figlia dell’Hydra Imperiale e che non era saggio
immischiarsi con lei non se non si voleva rischiare di finire in pasto alle
pantere di suo padre.
Ovviamente Bravo se ne infischiava
ed aveva iniziato a corteggiare Laura Brown e poiché lui era l’unico a non
essere fanaticamente devoto alla causa dell’Hydra o comunque mosso da sete di
potere o guadagno, oltre ad essere decisamente affascinante, lei gli aveva dato
corda. Il fatto che lui non piacesse a suo padre, era un fattore in più.
Laura giudicava Richard Danforth
un uomo complicato. Forse nemmeno lui sapeva bene cosa lo spingesse, amore per
il pericolo o cos’altro? L’avrebbe mai scoperto?
Erano insieme nell’alloggio di lui
quando arrivò la convocazione immediata da parte dell’Hydra Imperiale. Si
rivestirono rapidamente e corsero nel grande salone dove l’Hydra Imperiale
stava arringando i suoi uomini. Se era indispettito nel vedere sua figlia
insieme a Bravo non lo dette a vedere.
-Il
Direttore dello S.H.I.E.L.D. Rick Stoner è morto.- annunciò -Uno dei maggiori
ostacoli ai nostri piani è stato eliminato.-
-Sarà
nominato un nuovo Direttore.- intervenne Bravo -Si sa già chi sarà?-
-Stando
alle nostre fonti interne allo S.H.I.E.L.D. pare che il candidato più
accreditato sia Nick Fury.-
-Brutto
affare. Ho conosciuto Fury durante la guerra, quando ancora era sergente e
comandava gli Howling Commandos. In confronto a lui Stoner era una mammoletta.
Se assume l’incarico ci procurerà un sacco di guai.-
-Per
questo ho dato ordine di ucciderlo e tu guiderai una delle squadre incaricate
di eseguire l’ordine. La cosa ti crea problemi?-
-Assolutamente
no, dovrebbe?-
L’Hydra Imperiale non lo degnò di
una risposta. Laura, da parte sua, lo prese da parte e gli sussurrò:
-Vuoi
davvero farlo? Uccidere a sangue freddo un uomo che non ti ha fatto niente?-
Lui sogghignò e replicò:
-Non
sarebbe la prima volta. So che la cosa non ti piace ma è la mia vita e lo sai.-
Laura non disse nulla.
Sede
della sezione americana dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C., oggi.
Laura
Brown interrompe il suo racconto, tace qualche istante poi dice:
-Quella fu l’ultima volta che ho visto Bravo
prima di oggi. Venni a sapere che pensava di aver individuato Nick Fury ma
saltò fuori che il suo bersaglio era in realtà uno dei tanti LMD che lo
S.H.I.E.L.D. aveva usato per depistare i sicari dell’Hydra. La sua moto fu
colpita da un razzo e piombò in fiamme nell’Hudson. Pensai che fosse morto.
Poco tempo dopo defezionai dall’Hydra ed aiutai Nick a sconfiggerla. Il resto
lo sapete. Non ho più pensato a Richard fino a stamani.-
-Beh, come disse il mio predecessore, temo che
risentiremo parlare ancora di lui e non dopo sessant’anni stavolta.- commenta
Capitan America.
Tutti sono d’accordo con lei.
EPILOGO
Fuori
dalla Sede della sezione americana dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C., oggi.
La
giovane donna dai capelli color rame che indossa un’attillata tuta bianca con
il disegno di un ragno nero sopra il seno sinistro fissa attraverso la lente
del suo mirino a puntamento ottico il volto di Jonathan “Junior” Juniper,
Non
ho nulla contro di te, pensa, è solo lavoro. Nulla di più. Stringe il dito sul
grilletto e spara.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Poche cose da dire:
1)
Episodio anomalo ambientato quasi interamente nel passato e dove il
personaggio titolare della testata fa poco o nulla anche se c’è almeno un
Capitan America in azione. -_^
2)
I dettagli della biografia di Bravo come pure il suo cognome sono opera
mia. Biasimate me per tutto, quindi.
3)
Arnold Brown, l’Hydra Imperiale, è un personaggio creato da Stan Lee
& Jack Kirby su Strange Tales #135 datato agosto 1945.
4)
Chi è Ursula Armstrong? Lo saprete nel prossimo episodio
5)
Il Re Nero ed il Re Rosso sono evidentemente antenati rispettivamente
di James Jaspers e Donald Pierce.
6)
Rebecca Lady De Winter è una citazione/omaggio all’omonimo personaggio
creato da Daphne Du Maurier nel romanzo “Rebecca” del 1938.
Nel prossimo episodio, si
torna alla normalità con incredibili, almeno speriamo, sviluppi.
Carlo
[1] Quasi un’eternità fa su Strange Tales #139/140 (In Italia su Devil, Corno, #40/43).
[2] Circa 300.000 sterline di
oggi ovvero 336.862,27 Euro.
[3] Office of Strategic Services, organismo di coordinamento dell’intelligence per scopi militari creato su iniziativa del Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt nel 1942 e sciolto nel 1945, è considerato il precursore della CIA.
[4] Come narrato tanto tempo fa su Tales of Suspense #77 (Prima edizione italiana Capitan America, Corno, #6)