MARVELIT
PRESENT:
2099 Chronicles. #5
Avengers
2099#3
Story teller.
Di Yuri N. A. Lucia
AlbertoAbbot schivò con grande agilità e
notevole eleganza il pugno diretto al volto e replicò con un paio di rapidi
diretti all’occhio e alla naso dell’avversario che incespicò e cadde
all’indietro contro un tavolino di legno che si spaccò.
In terra si riversarono un paio di
porta foto, un antiquato telefono dei primi anni del secolo, una cartellina e diversa penne ottiche.
“Oh razzo… bi hai roddo il nazo…”
”Davvero? Mi dispiace molto.”
Disse Alberto a Jesus Medina che si stava rialzando e poi, senza preavviso
lo colpì con un montante al fianco facendogli sputare fuori un misto di saliva
e sangue, poi gli si mise di fianco e praticamente
spinse la sua testa contro il pugno che gli sferrò, spaccandogli lo zigomo.
Seguì una violenta ginocchiata al ventre al seguito della quale l’uomo si
accasciò vomitando.
L’investigatore gli dette il tempo
di riprendersi e questi gli disse:
“Razzo! Mi zono
arrezo… berché razzo bi hai gondinuado a bestare?”
“Berghé,” disse Alberto
facendogli il verso” io di abebo deddo brima
di lasgiar berdere ed imbege du, hai gergado di sbaggarmi la faggia gon lo shocka sdronzi. Gosì zono
siguro ghe du non farai lo sdronzo. Duddo ghiaro?”
Fernando cominciò a ridacchiare e
smise subito quando il fratello lo fulminò con un
occhiataccia. Fece un gesto di scusa e si dedicò all’attenta analisi di alcune serigrafie che facevano bella mostra di sé
rinchiuse in delle teche di vetro. Anche se non era un espero
gli piacevano sia il modernariato che l’antiquariato.
“Accidenti! Tardo ventesimo
secolo. Devono valere parecchio.”
Fece tra sé e sé.
Alberto gli lanciò un’altra
occhiata, stavolta di disapprovazione e poi tornò a dedicarsi a Medina.
“Allora, vieni
qui, accomodati e prendi un bel respiro,”
e così dicendo lo aiutò a rialzarsi e a sedersi su di una poltrona davanti alla
scrivania del suo ufficio” e
raccontami tutto su Martin Yong.”
“Ghi?”
Rispose l’altro quasi in tono di
sfida ma si pentì subito guardando negli occhi il detective. Si massaggiò
delicatamente il fianco e sentì le ferite sul volto bruciargli.
“Devo ricominciare?”
“No.”
“Allora raccontami di Martin Yong, il tuo socio in
affari.”
“Bardin
è sbarito.”
“Lo ammetto, è già un inizio, e
sicuramente andiamo meglio di prima ma non ti sembra ancora un po’ pochino? Andiamo Jesus, puoi fare di
meglio! E poi tu sei un cattolico. Lo sai che i
cattolici che mentono vanno all’inferno?”
“Affangulo!
Io zono un caddolico deoriforbista…”
“Sempre cattolico
sei e Martin non può essere sparito così, da un giorno all’altro.
Quand’è che lo hai perso di vista?”
“Un bese
fa.”
”Mi risulta non avesse né debiti, né nemici. Sembra
che tutti, dai Signori del Vizio ai Baroni dell’intrattenimento, lo rispettassero. Era uno dei migliori nel suo campo.”
“Zi. Non
zo goza gli
zia zuggesso… ora zono
della berda zenza di lui.”
“Perfetto. Sai perché dico così? Perché siamo in due a volerlo trovare e se ci riesco io,
potrei dire anche a te dove andare a cercarlo. Solo che ci sono delle cose che
non mi quadrano in questa storia.
Innanzi tutto perché hai dato in
escandescenza prima e come mai un contabile come te, tiene un disgregatore a
particelle nascosto nella scrivania.
È un arma
costosa, difficile da trovare. Perché hai tanta
paura di chi sta cercando Martin Yong se anche tu lo
vuoi trovare? Andiamo con ordine:
mi dici che un mese fa, il 12 Febbraio 2099, Martin Yong, sparisce. Quindi non si
presenta al lavoro, giusto?”
“Giusdo.”
Ammise se pur recalcitrante Jesus.
“Come è
accaduto? Quando ti sei accorto che era sparito?”
“Dobeba bresendarzi in uffigio, gome al solido ma non si è faddo bedere.”
“Non sarà mica stata la prima
volta che arrivava in ritardo.”
“Ed imbege zi, berghé
era un razzudo abbidudinario!
Un maniago della bundualidà!
Mi zono subido inzosbeddido. L’ho gergado zul zuo ‘gine.
Non bi ha risbosdo. Dobo neanghe un giorno mi digeva che
né l’indirizzo, né l’aggound, né il
zeriale ezizdebano.”
“Quand’è che lo hai visto l’ultima
volta?”
Il tono di Alberto
era calmo, colloquiale e persino amichevole.
“Venerdì, all’uldimo
durno qui in uffigio.”
“Poi c’è stato il week end, giusto? Quindi dalle 19
e 30 di Venerdì non lo hai più visto. Vi tenevate in contatto durante il
riposo?”
“No.”
“Neanche per uscire? Per andare a
prendere una birra? O andare a puttane? O che so io.”
“No.”
“Eravate buoni amici allora.”
“Era zolo
laboro.”
“Già. Quindi
dall’ultima volta che lo hai visto, Martin potrebbe essere scomparso in
qualsiasi momento, giusto?”
“E ghe
ne zò io.”
”Allora che cosa hai fatto per cercare di ritrovare il tuo socio, a parte
chiamarlo sul ‘gine.”
”Le zolide gose.”
“Quindi
tutto fuorché rivolgerti alla polizia.”
”Già.”
“E ti sei
rivolto ai Signori del Vizio?”
“Buòdarsi.”
“Può darsi. A
chi ti sei rivolto?”
“Hey! Biga zono
sgemo!”
“Ah, la buona vecchia storia
dell’omertà. Peccato che ormai questo concetto non abbia più valore.”
“Tranne
che ze barli. Di banno un buon becchio gabboddo di gemendo.”
“Il caro cappotto di cemento.
Accidenti, di lusso eh? Facciamo così, siccome credo nella democrazia, ti do la
possibilità di scegliere: o mi dici quello che voglio sapere, o ti riduco in
uno stato tale che il cappotto di cemento ti servirà per tenere insieme quello
che rimane di te.”
Jesus ringhiò un insulto alla sua direzione e quello, con un
sorriso gentile, replicò:
“Grazie. Ora dimmi a chi ti sei
rivolto.”
“Joshua Dimberlane.”
“Joshua Timberlane? Il figlioccio di Johan
Swarzenegger?”
“Si.”
“E lui
cosa ha fatto?”
“Questo non lo zo
brorio.”
“Stavolta ti credo.”
“Abbiamo finido?”
“No. Finiamo solo quando lo dico
io. A che cosa stava lavorando Martin prima di sparire.”
“Non lo zo.”
“Non sapevi a cosa lavorasse il tuo socio?”
“Io bi occubavo
zolo della gondabilità!”
“Allora fammi un bel resoconto di
quanto è stato pagato l’ultimo lavoro.”
Medina si bloccò un istante, come
se stesse cercando di riafferrare quel dato dalla sua memoria e rispose:
“50bila bega dollari.”
“Versati da chi?”
“Da… la Norberg
K. Ent.”
Disse.
“E che
tipo di società è?”
“No brofid…”
Jesus sembrava aver considerato per la prima volta quel
particolare e parve meravigliarsene.
“No profit,
eh? Dove hanno sede?”
“A Bala cidy… delle Bilibbine…”
“E prima
ancora? Chi è stato il committente prima di loro?”
“Sdudio
Hardman… ber 100.000 bega dollari…”
“Tu tieni tutta la contabilità su
cartaceo, vero?”
“La dengo
al ziguro dai biradi inforbadigi…”
“Voglio la contabilità inerente
all’ultimo mese di lavoro di Martin.”
Jesus non disse nulla. Si alzò e andò a rovistare in un archivio
polveroso, dove ben ordinati in tanti folder, stavano
fogli e registri. Gli porse una cartellina a cui, con molta calma, Alberto dette un occhiata mentre Fernando continuava ad osservare
l’arredamento del luogo ciondolando da una parte all’altra dell’ufficio.
“Ben venti società di cui non ho
mai sentito parlare che vi commissionano dei lavori, subito uno dietro l’altro.
Hai fatto fare controlli?”
“Bagavano
in gondandi…”
“Certamente. Non ne dubitavo e dimmi, questo non ti ha mai insospettito?”
“…do…”
“Chiaramente. Trattavate sempre
con un rappresentate di queste aziende?”
“Zi.”
“Sempre di persona e mai via
‘net?”
“Zembre
di berzona…”
“Un ultima cosa.
Prima di noi è venuto nessuno a farti domande su Martin?”
L’uomo rimase in silenzio.
“Ok, questo è più che sufficiente.
Ti auguro una buona giornata Jesus. Ah, vatti a far
vedere quei tagli. Fernando, se vuoi degnarti di tornare tra
di noi, io avrei finito.”
Quest ultimo fece un inchino a Jesus in segno di saluto e come replica riceve
le due dita alzate all’inglese.
“Allora, che ne pensi fratellone?”
Fece Fernando mentre la macchina si
spostava lentamente lungo le vie di Jagger city.
“Jesus
Medina ama i soldi, e se gliene dai in gran quantità, non si formalizza davanti
a nulla.
Non si pone domande sul perché
improvvisamente tanti committenti diversi, paghino in contanti e incontrino solo
di persona. Non si accorge che ordinano tutti i pezzi di un
Classe Colombo.”
“Non è rischioso incontrare di
persona?”
“Nel ventunesimo secolo?”
“Quasi ventiduesimo.”
Puntualizzò Fernando.
“Quasi ventiduesimo!” Disse Alberto per tagliare la testa al
toro e farlo contento” Oggi come oggi
se vuoi rintracciare qualcuno, ricorri al ‘net. Non
esiste pirata o informatico abbastanza bravo da cancellare completamente una
traccia perché prima o poi qualcuno altrettanto o più
bravo, arriverà per riscoprirle. Invece un incontro di persona lascia molte
meno tracce.”
“Vediamo se ho capito: tutti i
committenti, in realtà sono alias dello stesso cliente che sarebbe il
misterioso patrono degli Avengers; giusto?”
“Giusto.”
“Aspetta. Questo tipo paga solo in
contanti, nessuna operazione di trasferimento
bancario, per lo stesso motivo per cui organizza solo incontri di persona.”
“Non vuole che siano ricostruiti i
suoi movimenti.”
Conferma Alberto.
“Però i soldi da qualche parte deve averli presi. Qui c’è un totale di parecchi milioni di mega dollari.”
“Ti ricordi il caso di JFK Riss?”
“Oddio! Quello che abbiamo
rifiutato perché ci ha ingaggiato prima Littman?
Pensi che ci sia una connessione?”
“Dovremo fare un po’ di indagini nell’ambito delle truffe ai casinò.”
“Ma Yong?”
“Yong
cosa?”
“Che fine
ha fatto? Vediamo se indovino ancora: è morto. Il nostro misterioso Mr. X lo ha
ucciso!”
“Sbagliato.”
“Ah si?”
“Con tutti i pezzi di un Classe Colombo cosa ci fai?”
“Un Classe
Colombo?”
“Si ma
solo se hai un ingegnere capace di riassemblarli,
altrimenti te li dai in faccia, uno dopo l’altro. E chi è uno dei più grandi
esperti, per non dire il più grande, dei nostri giorni sul
Classe Colombo?”
“Yong!”
“E se
avessi bisogno di manutenzione? A chi ti rivolgeresti?”
“Sempre Yong!
Quindi dici che Yong è stato
assunto da questo tipo?”
“Nessuno sparisce nel nulla. La
materia non si nullifica ma si trasforma.”
“Chiaro. Quindi una traccia,
quella delle truffe, l’abbiamo trovata!”
“E tu?”
“Ed io
cosa?”
“Non fare lo scemo Fernando.”
Il più giovane degli Abbot sorrise
malizioso e disse:
“Yong
era un ex protetto dell’Alchemax.”
“Questo lo sapevamo
già.”
“Ho visto una foto.”
“Hai visto una foto?”
“In cui stava con un certo Jordan Bone.”
“E
allora? Il tuo ‘gine ti ha detto qualcosa di importante?”
“No, me lo ha detto la foto. C’era
una dedica: al mio migliore amico, al mio fratello, firmato J.B.”
Stavolta fu Alberto a sorridere.
“Ottimo Fernando. Quando si tratta
di raccogliere informazioni senza dare nell’occhio non
sei niente male.”
“Ah! Finalmente un complimento!”
“Non farmene pentire!”
“Ok. Invece, per la nostra amica Prue Charlaton?
Hai scoperto qualcosa?”
“Guarda un po’.”
Disse Alberto mostrandogli il
proprio ‘gine che proiettò un piccolo ologramma.
Fernando mandò un fischio e
aggiunse:
“Ma dai!
Davvero?”
“Davvero.”
“E perché non ce
lo ha detto subito?”
“Vallo a capire.”
“Hey!”
“Dimmi.”
“Sulla storia di Yong c’è ancora qualcosa che non mi quadra.”
“Che
cosa?”
“Hai chiesto a quello sfigato di Medina se qualcuno era andato a parlarci prima di
noi.”
“Si.”
“E da quello che ho capito
qualcuno ci è andato effettivamente a parlare. Ma chi era?”
Alberto Abbot guardò solo per un
istante il fratello e poi, con tono serio e preoccupato:
“Qualcuno che fa molta paura.”
Willow
field, Reed Richards University – Wisconsin. Ore 7.00 a.m.
Il Decano Mildred T. Barsky Suplee
osservò con infinita pazienza le immagine che le
rimandava la nano sonda sullo schermo olografico
davanti a lei, prendendo nota sul suo ‘gine* di ogni
dato comparso ai margini dell’immagine.
Largo Max attese, senza dire
nulla, compostamente seduto sulla scomoda sedia in
plastica rigida dove era stato fatto accomodare quasi venti minuti prima.
“Giovanotto, le
confesso che provo molta simpatia per le persone educate come lei. Non
si è ancora lasciato scappare un lamento nonostante quel pezzo d’antiquariato
da medioevo.”
Esordì con un sorriso di sincero
divertimento l’anziana donna che si era finalmente voltata verso di lui.
“La pazienza è la virtù dei
forti.”
Replicò con calma e altrettanto
sorridente l’altro.
“Lei è un forte?”
“No. Però questo non mi impedisce di provare ad esserlo.”
Lei si lasciò scappare una
risatina e gli fece un gesto, invitandolo a seguirla nella stanza adiacente.
A differenza di quella dove era
entrato prima, questa era arredata in modo più accogliente e meno impersonale.
Ovunque vedeva
legno, mobili dal taglio volutamente retrò, quadretti e foto non digitali
appese al muro, libri di carta rilegati come una volta, e persino
l’illuminazione era costituita da lampadine elettriche.
Dalle due ampie finestre dietro le
spalle della donna, si intravedeva il cielo che si
stava arrossando in lontananza per i raggi solari.
“Allora, voleva delle risposte
sulle Other World, vero?”
“Si, signora.”
“Lei cosa ne sa di meccanica
quantistica?”
Largo Max si schiarì la voce e
disse, dopo essersi seduto su una comoda poltrona damascata:
“La meccanica quantistica è la
disciplina base che studia l’universo dell’infinitamente piccolo e quindi le
particelle atomiche e subatomiche: essa è una teoria casuale. Secondo questa
teoria, per esempio,
un elettrone percorre un numero infinito di traiettorie simultaneamente, cioè non è localizzato. La posizione dell’elettrone può
essere definita solo in termini di probabilità: si può soltanto affermare che
l’elettrone ha una certa probabilità di trovarsi in un certo punto in un dato
istante.”
La scienziata assente compiaciuta
e aggiunse:
“Facciamo un esempio. Servendosi
di uno strumento di una certa precisione determino la posizione di una
particella in un dato istante e quindi ho una certa misura. Se ipotizziamo di
tornare indietro per ripetere l’esperimento, esisterebbe la possibilità
limitata di trovare la particella in un altro luogo, forse molto lontano dal
primo.”
Scandiva bene ogni parola, senza fretta, guardando negli occhi Largo Max che
ascoltava con interesse” Supponiamo adesso di avere una particella che può stare
soltanto in due luoghi: A o B, ed a ciascun luogo è associato un certo numero
di probabilità. Osserviamo con lo strumento di precisione e scopriamo che la
particella si trova nel punto A. Secondo un altro concetto della meccanica
quantistica che è quello della molteplicità dei mondi, o dei molti mondi,
l’Universo si divide in due allorché si compie un simile esperimento.
Nell’altro universo, esiste un altro osservatore che ha appena scoperto che la
particella si trova nel punto B anziché in A. Questo Universo
è altrettanto reale e coerente quanto il nostro: esiste quindi un altro
osservatore, anzi, un numero infinito di osservatori. Non è possibile accorgersi
d’essere scissi in questo modo, perché qualunque misurazione, nell’uno o
nell’altro universo, avviene dopo la scissione: è quindi impossibile misurare
le conseguenze della scissione medesima. Il concetto di molteplicità dei mondi
è il fondamento della spiegazione quantistica delle possibili ramificazioni della storia. In ogni momento, ad ogni evento, la storia si
biforca: ad ogni possibile conseguenza di ogni evento,
corrisponde una versione diversa della storia, e tutte queste storie, o
Universi, sono reali, sono adiacenti l’una all’altra nella quarta dimensione,
lo spazio-tempo, come le pagine di un libro.”
Si fermò, alzandosi diretta verso
un mobiletto che aprì. C’era un frigo bar dentro e chiese all’altro se avesse avuto voglia di qualcosa.
“Un succo di frutta, per
cortesia.”
“Lei non beve alcolici?”
“Mai in servizio.”
“Quando
smonta dal servizio?”
Largo sorrise e dette
un occhiata al suo orologio.
“Alla fine della nostra
conversazione le va bene?”
“Va benissimo.”
La donna bevve un martini dry e
Largo sorseggiò un succo alla fragola, tamarindo e sedano.
“Dove
eravamo rimasti? Ah, si, immaginiamo adesso me stessa in due storie adiacenti,
separate: queste due versioni di me stessa non possono comunicare tra loro,
seppure mi venisse fornito ogni possibile apparecchio
di comunicazione. Esisterebbero infatti, due copie di
ogni apparecchio, ciascuno non collegato al suo gemello. Tale posizione è
fondata sull’assunto implicito che le copie gemelle, dopo la biforcazione, non si influenzano a vicenda in alcun modo. Riassumendo quindi
abbiamo esposto due concetti in uso nella meccanica quantistica: 1) il
principio di indeterminazione di Heisenberg secondo il
quale non è possibile conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità
di una particella.”
“Tanto più precisamente conosciamo
l’una, tanto meno precisamente conosceremo l’altra.”
Disse Largo Max meditando su
quelle parole.
“Esatto. 2) La
teoria degli Universi paralleli avanzata per la prima volta nel 1957 da H.
Everett. Essa afferma che tutti i mondi quantici alternativi e possibili
sono reali e coesistono in parallelo l’uno con l’altro. Ogni volta che si
compie una misurazione per determinare, ad esempio, la posizione di una
particella, l’Universo si scinde in due Universi: in uno la particella è nel punto
A, nell’altro è nel punto B. Entrambi gli universi sono reali ed in entrambi vi
sono osservatori che percepiscono solo l’Universo in cui si trovano.”
“Però c’è un punto:” fece Largo con
un sorriso” l’età eroica e gli
Osservatori.”
“Molto bene. Sono compiaciuta, lei
doveva essere uno studente modello.”
“Pensi che invece non andavo gran ché bene.”
“Uno spirito osservatore,
raramente lo si capisce. Si, ci sono centinaia di
resoconti sui viaggi tra dimensioni parallele risalenti ad appena 60 anni fa,
ovvero la fine della così detta età eroica. C’è anche la questione della razza
aliena nota come Osservatori, sulla quale sappiamo solo fosse
in grado di osservare i diversi continuum spaziotemporali quantistici. Il
problema è che quasi tutte le tecnologie di quell’epoca sono andate perdute e
dell’Osservatore che stava sulla nostra Luna, non si è mai trovata traccia.”
“Però voi
avete continuato a porvi il problema: come potrebbero due universi paralleli
comunicare tra loro, o interegire?”
“Ci sono sostanzialmente due modi.
Uno, è solo una teoria connessa a quella delle stringhe, della super stringa e
delle D-brane.”
“L’altro invece è connesso alla
teoria di Wiliam James sull’Universo psichico.”
La Suplee
lo guardò ammirata e gli rispose:
“Egli postulò l’esistenza di un
continuum di coscienza cosmica che è un universo a
substrato sostanzialmente psichico. Sostanzialmente si potrebbe parlare di un
Universo delle Forze psichiche che esiste accanto al nostro. Le dimensioni,
sono il risultato della presenza delle forze. Ogni forza ha bisogno di spazio e
più forze implicano più spazio ed ecco perché le quattro dimensioni comunemente
note non sono sufficienti a contenerle tutte quante. Secondo una teoria, le
dimensioni dovrebbero essere almeno 46.”
“E noi,” intervenne Max inserendosi in una
pausa che la Suplee si era presa proprio per vedere
cosa avrebbe detto” oggi sappiamo che
effettivamente una quinta dimensione esiste. Quella in cui abbiamo
di fatto costruito l’N-Verso.”
“Questa quinta dimensione venne teorizzata già nei primi anni del ventesimo secolo dal
matematico T. Kaluza. Era il 1919. Sa qual è la
differenza tra la quinta dimensione e le quattro dimensioni in cui viviamo
noi?”
“Si. Le nostre dimensioni sono
così dette Estese, mentre quella della quinta dimensione è detta
Compattificata. Tra l’altro le dimensioni dell’N-Verso
sarebbero due: N-Spazio e N-Tempo.”
“Secondo la teoria che oggi
parrebbe provata di Kaluza-Klein, la quinta dimensione spaziale si richiude su
sé stessa dopo un percorso estremamente breve, ovvero 10^-33 c. Questa teoria è stata il fondamento per la
nascita della successiva teoria delle stringhe che sarebbero l’unità base di
tutto il creato. Corde unidimensionali della grandezza di un Planck. Il moto
vibratorio di queste stringhe, sarebbe l’origine delle masse e delle cariche
delle particelle elementari. Ora torniamo alla questione dell’Universo
Psichico. Questo Universo, dovrebbe avere una dimensione spazio-temporale,
frutto della forza psichica che punta su lungo il suo asse
così come le energie elettrica e magnetica fanno sull’asse della quinta
dimensione.
Sappiamo con certezza che quella
psichica è una forza regolata dalle stesse leggi della fisica universale e che
proprio come per quella gravitazionale, quelle magnetica ed elettrica sono sue componenti. Un tempo si tentava di unificare il campo
gravitazionale e quello magnetico e ci stiamo andando
vicino, oggi la sfida è unificare il campo psichico e quello magnetico.
Gli esperimenti svolti, indicano
che la mente effettivamente si può allungare anche in una dimensione extra
rispetto a quelle dello spazio-tempo ordinario, e quella dell’N-Verso.
Una dimensione di cui la stessa mente è l’origine. Qui
la questione si fa molto complicata ed entra in ballo la proprietà di interazione che esiste tra i campi magnetici. Mi limiterò
a dirle che secondo quanto abbiamo scoperto in trenta anni di lavori, è che
questa dimensione spirituale, è una sorta di raccordo che permea tutti gli
Universi Paralleli e che tramite essa…”
“Si può comunicare od
influenzare il proprio gemello quantico.”
Disse Largo.
“Si. Le macchine Other World si basano su questo assunto.
La persona che vi viene innestata, può vivere diverse
vite. Non semplici simulazioni ma derivazioni della realtà quantistica create dai sistemi della macchina stessa. Lei sa come si
gioca?”
“Il computer di tipo quantico
comincia a calcolare quale sarebbe stato il corso alternativo della vita del
giocatore più probabile. Lo stimolatore corticale, sovreccita la ghiandola
pineale e alcuni centri del cervello, permettendo la presa di consapevolezza di
questa realtà parallela e dando al giocatore la possibilità di influenzare le
azioni del suo doppio. Ogni mossa effettuata, apre un certo numero possibile di
biforcazioni, quella su cui proseguirà l’avventura è
scelta dal computer. L’abilità del giocatore sta nel far si
di avere il maggior numero di opzioni positive possibile. Si vive 24 ore una
vita completamente diversa e si deve cercare di farle prendere la direzione
migliore possibile, facendo fronte a tutte le difficoltà e gli imprevisti che
capiteranno durante il gioco. Vengono assegnati dei
punti, e chi supera con il massimo la prova, vince.
Non è una simulazione ma è realtà e sta qui la
differenza con ogni congegno ludico inventato prima d’ora. Ovviamente ci sono
delle notevoli controindicazioni. Lo stimolatore che metteste appunto nei
laboratori di questa Università e alla cui creazione
partecipò anche lei, è peggio di una sonda psichica e in parte funziona secondo
gli stessi principi. Chi si sottopone alla iper stimolazione, subisce dei micro traumi che ne possono
modificare in misura del tutto imprevedibile, personalità e capacità.”
“Chi vuole giocare, deve
presentare prima una regolare domanda alle autorità del casinò e poi sottoporsi
ad accurate visite mediche prima e dopo la sessione di gioco. Inoltre durante
tutta la durata della partita, le condizioni fisiche e mentali dell’avventore vengono monitorate da professionisti.”
“Già, ed ecco perché una partita
ad una macchina Other World costa una fortuna.”
”Eppure i giocatori non mancano.”
“La madre degli imbecilli è
sempre incinta. Le vincite sono faraoniche e pensano di barattare la propria
sanità mentale con i dollari. Il proverbio quindi è proprio vero.
Mi dica dottoressa, si può
imbrogliare la macchina?”
“No. Il computer quantico, a
differenza di altri tipi di computer, è a prova di
manomissione.”
“Si può in qualche modo
programmare l’oscillatore di realtà in modo da generare solo continuum
favorevoli al giocatore?”
“Lei ha mai sentito parlare di
Wanda Maximoff?”
“Scarlet Witch? Si. Era un
membro dei Vendicatori. Una mutante capace di alterare il campo probabilistico.
È considerata una dei mutanti più potenti mai comporsi sulla faccia della Terra
e tutt’ora
i suoi poteri non sono stati né pienamente capiti, né eguagliati.”
“So di ricerche condotte sul suo
materiale genetico ma non hanno portato a molto. La clonazione è difficile
quando di mezzo c’è un d.n.a. mutante.”
“Potrebbe essersi trattato
quindi di un mutante, o un mutroide che ha sviluppato
quelle caratteristiche.”
”Si ma la macchina avrebbe dovuto mandare un segnale
d’allarme. L’oscillatore è molto sensibile e un alterazione
del suo campo probabilistico avrebbe prodotto delle ripercussioni registrabili
dai tecnici. Un simile baro avrebbe potuta farla
franca una volta al massimo ma poi…”
“Poi, no .
Ha detto che i computer quantistici non sono manomissibili.”
“No.”
“Allora siamo ad un punto morto. O meglio, ci sono io.”
Disse tristemente il detective. La
dottoressa lo guardò intenerita da quella sua espressione stanca e quasi
sconfitta e gli si fece d’appresso, carezzandogli il volto.
“C’è qualcosa che posso fare per
consolarla?”
“Ed io?
Come posso sdebitarmi per il tempo concessomi?”
I due si sorrisero a vicenda e lei
disse:
“Un idea
io ce l’avrei.”
Nonostante l’età, la dottoressa aveva ancora parecchie frecce al suo
arco e Largo giaceva sul letto sudato e sfinito. Lei gli posò la testa sul
petto e sentì il forte battito del cuore di lui. Un battito potente che andava calmandosi piano, piano.
Sentiva il torace alzarsi ed abbassarsi ritmicamente. Non era un Adone ma c’era
qualcosa di indefinibile, di coinvolgente in
quell’uomo dall’aria un po’ sperduta e solitaria.
“Mil.”
“Si, Largo?”
“Quanto?”
“Quanto cosa?”
Chiese un po’ confusa la donna.
“Un modo per imbrogliare un
computer quantico c’è. Costruirne uno sufficientemente
simile, un gemello, e usarlo per riconfigurarne i
percorsi probabilistici. Si potrebbe far lavorare i computer in coppia e
nessuno se ne accorgerebbe mai.
Tutti i computer delle Other World sono stati costruiti sotto la
tua supervisione e le matrici, secondo me, non sono state distrutte. Non
ho intenzione di dire nulla a JFK Jr. Se lo facessi ti
metterei in pericolo e non mi piace mettere in pericolo le donne con cui vado a
letto. Detto tra noi sei bravissima e sei una persona estremamente
affascinante. Mi piacerebbe portare avanti la conoscenza ma a questo punto
voglio la verità: quanto ti hanno pagata per farti
costruire un duplicato di tutti i computer delle Other
World?”
Lei non rispose. Mandò solo un
tremante gemito. Lui incalzò:
“Stai correndo un grosso rischio.
Se non avrò risultati in breve tempo potrebbero
togliermi l’incarico, e il prossimo investigatore che arriverà a te, potrebbe
non essere così ben disposto come lo sono io.”
“Quando
lo hai capito?”
“Lo sospettavo sin dall’inizio.
Era la spiegazione più plausibile. Quanto?”
“Il dieci per cento della truffa.
Più un milione di mega dollari in contanti, come
anticipo e rimborso spese.”
“Chi?”
“Non lo so. Non so niente di lui,
mai visto prima. Un tipo dall’aspetto piuttosto ordinario. Mi ha pagata e non ci siamo più incontrati.”
“Ti ha pagato in contanti?”
“Incredibile, vero?”
“Logico.”
“Cosa vuoi
dire?”
“Oggi come oggi è il sistema più
sicuro se vuoi pagare qualcuno, e non lasciare tracce.”
“Ora cosa farai?”
“Manterrò la mia parola. Ti
coprirò.”
“Ti piaccio davvero?”
Chiese lei fissandolo nella
penombra della stanza da letto in cui si erano ritirati.
“Si.”
“Sai molte cose sulla fisica e
sulla meccanica quantistica. Ne sai molte di più sulla psicologia da quanto vedo.”
“La mente è il mio forte.”
Non aggiunsero altro ma tornarono
a stringersi, intrecciandosi in un caldo e sensuale abbraccio mentre le loro
bocche si cercavano con foga.
Elvis “The
King” Hotel, Jagger City – Ore 9.00 p.m.
Prue prese
una galouise dal porta sigarette argentato, un
elegante oggetto finemente lavorato a mano, dove erano incise le sue iniziali: P.C.; se la portò alla bocca e accese con il laser del
cruscotto. Con la mano libera corse a premere le icone comparse sulla
superficie della plancia e le telecamere esterne zoommarono
sull’immagine, che si ingrandì sullo schermo
principale dell’auto. Le sagome di Alberto e Fernando
erano una davanti all’altra e il trasmettitore inviava al suo timpano le voci
intercettate. Parlavano della loro tabella di marcia e di cosa avrebbero
dovuto, o non dovuto fare in quei giorni.
Tirò una boccata e lasciò uscire
dalla boccuccia a forma di cuore diversi anelli di cui, per qualche istante,
seguì la breve traiettoria ascendente. Si chiese se fosse così anche la sua
vita: un anello di fumo che s’andava ad infrangere contro un ostacolo
insormontabile; sorrise a quel pensiero che di per sé era deprimente, così come
faceva ogni qual volta sentiva la tristezza rovesciarsi copiosa sul suo cuore.
L’interno della sua auto, una
CMC** del 2055, era rivestito di pelle e radica, dai colori molto caldi e
accogliente. Non aveva fatto fare interventi
all’estetica ma solo all’elettronica, sostituendo i vecchi vetri con schermi al
plasma M collegati a ‘cam esterne. Tirò un altro paio
di boccate e poi sentì il ‘gine
inviarle il segnale di chiamata. Si chiese come mai avesse scelto una suoneria
tanto fastidiosa e si ripromise di sostituirla con il lago dei cigni. Selezionò
la sola modalità audio e aprì il collegamento:
“Pronto?”
“P. sono io, Simon.”
“Ciao. Hai qualcosa di importante da dirmi? Sai, al momento sono un po’
impegnata. Mi trovo sul posto di lavoro.”
Disse senza nascondere
il fatto che fosse seccata da quella chiamata improvvisa:
“Mi dispiace averti interrotto ma
sono preoccupato. Stai prendendo le tue dosi di T.R.morph?”
Chiese l’altro che invece non
nascose né la propria agitazione, né la propria preoccupazione.
“Jah Herr Doctor! Continuo la mia
terapia.”
“È importante che tu lo faccia.
Senti, so che devo sembrarti assillante ma sono preoccupato. Non condividevo la
tua decisione di ricorrere a questo tipo di intervento
e tu non ti sei ancora stabilizzata. Accettare un incarico nelle tue condizioni
è stato un azzardo.”
“Ti ricordo che l’operazione e la
terapia hanno dei costi che attualmente sto
sostenendo. Mi pagano molto bene, meglio di quanto sperassi
e non posso far a meno dei soldi.”
“Capisco… è
solo che …”
“Si, ho capito. Senti Simon, ora
facciamo così, torno a concentrarmi esclusivamente sul mio lavoro e poi ne
riparliamo. Mi hai fatto quel controllo che ti ho chiesto?”
“Si, se vuoi ti invio
ora i dati.”
“Grazie, sei un vero tesoro.”
Disse Prue in tono rabbonito.
I due si salutarono, chiudendo la comunicazione,
e dopo pochi secondi, sul ‘gine
di Prue cominciò a riversarsi una gran quantità di dati. Si disse li avrebbe analizzati più tardi perché in quel momento non
voleva staccare gli occhi sui fratelli Abbot.
Fernando sembrava aver creduto
alla sua commedia ma Alberto no. Nel bar aveva assunto
un atteggiamento apertamente ostile e le aveva fatto
capire chiaramente che non credeva alla sua storia.
Era un tipo molto prudente e
sospettoso. Non sarebbe stato facile portare avanti il suo piano.
Alberto regolò con due piccoli pulsantini lo zoom del suo binocolo mentre Fernando beveva
un sorso di Bourbon appoggiato ad un larice.
“Stiamo pagando 20 dollari l’ora
in quell’albergo per farci dormire un paio di simulanti.”
Disse mandando giù un sorso di
bevanda.
“Se hai freddo,” fece Alberto intento ad osservare
l’auto della ragazza con la modalità calore”
potevi vestirti più pesante, invece di uscire fuori con quella camicetta e
basta.”
“Accidenti! Non ti si può dire
niente fratellone.”
“Non mentre lavoro.”
“Ci sta spiando? O meglio, sta spiando i nostri due duplicati?”
“Va detta una cosa a suo merito: è
di una tenacia e costanza impressionanti.”
“Secondo te
capirà che sono copie?”
“Alla lunga si.
Però non li può osservare bene e quindi abbiamo un buon margine di vantaggio.”
Disse mentre continuava a tenere
sotto controllo il bersaglio.
Base degli Avengers,
New London, Stati Uniti Orientali – Ore 5.00 a.m.
Arthur premette un contatto alla base della statuetta in
alabastro bianco rappresentante la Nike trionfante,
che aveva sulla grande scrivania dal pianale di marmo italiano. Una sezione
della grande libreria si scostò, rivelando un
ascensore sul quale montò. Prese la chiave che portava sempre nel taschino e la
passò nel lettore. La cabina, realizzata in una speciale lega ai polimeri di
titanio, si mosse, portando il misterioso uomo ad alcune decine di metri sotto
la vecchia magione. Si incamminò lungo il corridoio
dalle parenti di cemento armato, fino ad una svolta del corridoio solo che,
anziché girare, rimase alcuni istanti davanti al muro. Si aprì un varco e
proseguì dritto per una ventina di metri sino a giungere all’ingresso della grande camera chiamata La
Culla.
La grande
lastra opaca tremò leggermente, divenendo in pochi istanti trasparente e rivelò
ai suoi occhi uno spettacolo che aveva qualcosa di onirico: un mondo dai colori
tremuli, illuminato da una morbida luce che pareva piovigginare sulle forme al
suo interno, un po’ come i quadri metadescrizionisti
tanto amati dal suo occupante.
Aprì gli occhi, destandosi dallo
stato di sonno leggero in cui solitamente si lasciava sprofondare, e si mosse,
nuotando verso la parete. Aprì il palmo della mano poggiandola sopra e gli sorrise.
“Salve, Arthur.”
La voce non arrivava direttamente dalla sua bocca. Un raggio captava la
vibrazione delle sue corde vocali e uno, la portava
direttamente all’orecchio del destinatario.
“Salve a te, amico mio.”
“Le cose non vanno esattamente
come ci saremmo aspettati.”
“Sapevamo che avrebbero fatto
resistenza.”
“Ed è per
questo che li abbiamo messi di fronte al fatto compiuto. Tuttavia
mi chiedo se sia stato davvero giusto. È stata davvero la migliore delle
opzioni possibili? Sai anche tu che il discorso di Hulk è giusto: gli Avengers non
nacquero dall’inganno ma dal desiderio di poter moltiplicare la portata del
bene che ogni singolo eroe che ne faceva parte era in grado di fare; questi
invece sono nati nella menzogna.”
“Il discorso di Hulk è giusto, non lo nego e sai che anche a me pesa
avergli mentito. Tuttavia ricorda una cosa: il desiderio di giustizia è stato
il motivo per cui gli Avengers
sono rimasti insieme e non quello per cui sono nati; fu la necessità a
spingerli a collaborare. Anche noi abbiamo una
necessità impellente a cui far fronte. Le mega
corporazioni sono andate oltre ogni limite. Sappiamo entrambi che non è la voglia di profitto che le spinge ad andare avanti
perché nessuno, per quanto avido, metterebbe in pericolo la fonte dei propri
guadagni: in questo caso la Terra; no, c’è qualcosa di più grande sotto e c’è
una regia occulta che guida le azioni di costoro. Dobbiamo assolutamente
sciogliere i misteri inerenti ad Avatar e alla Chiesa
dell’Oggetto Volante.”
“Hai ragione, l’urgenza di questa
missione è tale da giustificare i nostri mezzi, anche se continuo a sentirmi in
colpa.”
“Sei sempre stato un idealista. Ti
ho ammirato anche per questo e sono felice della nostra alleanza, credimi. Sono
arrivati?”
“Si, sono appostati come da
programma.”
“Hazzard?”
“Non ricorda nulla ma temo che Kid Kurrent non l’abbia presa bene.”
“Che vuoi
dire?”
“Comincia a temere che possiamo
aver fatto la stessa cosa a lui.”
“Dovrò parlargli.”
“Devi. Inoltre c’è la questione
del nostro amico…”
“Il risorto?”
“Ci ha trovati
troppo presto. La nostra rete di sicurezza è meno efficiente di quanto amiamo
pensare. Ci siamo lasciati più tracce del previsto ed ora ci sono anche degli
investigatori al lavoro sul nostro caso.”
“Ce lo
aspettavamo. Non ti preoccupare, riusciremo a gestire la situazione, vedrai.”
Arthur sorrise, fece un gesto di saluto e si allontanò lasciando
l’altro alla sua missione.
Antiochia,
New Jersey – Ore 5.10 a.m.
Se c’era qualcosa che nel 2099
rendeva bene alla criminalità organizzata, era il trapianto di
organi. Gli organi clonati non erano sempre affidabili, perché molto più
spesso di quanto non lo si ammettesse, tendevano a
sviluppare delle fastidiose mutazioni che provocavano nel paziente dei
dolorosi, e quasi sempre letali, rigetti. Le borse
frigorifero veniva posate ordinatamente a ridosso del muro di cemento,
divise in gruppi a secondo del tipo di organo che contenevano. Il mercato
migliore era quello Russo, dove i nuovi Zar della
città, erano disposti a pagare cifre esorbitanti per assicurarsi una vita lunga
e in salute. Fegato e reni erano gli organi più richiesti e subito dopo c’erano
i cuori. Ovviamente non mancavano domande per cornee, timpani, mani e piedi
nuovi. Le terapie staminali avevano reso i trapianti molto più sicuri.
Jeffrey Goul si era arricchito
organizzando questo tipo di traffico ed era considerato uno dei più potenti e
ricchi venditori di organi in circolazione. Voleva sempre essere sicuro, per questo aveva ingaggiato le
migliori guardie private in circolazione.
Gli Eagles
erano tutti ex berretti neri, o I.S.L.O.***, o ex
agenti speciali dell’occhio. Equipaggiati con le armi più sofisticate
sul mercato e dotati di un addestramento superiore, lavoravano per il miglior
committente senza farsi troppi problemi di morale.
Erano uomini avvezzi a tutto, come
il loro cliente ma quando le doppie porte blindate saltarono, rimasero a bocca
aperta.
Le cinque figure si stagliavano
contro l’erebo che ancora avvolgeva il mondo e parevano uscite fuori da un racconto di fate e folletti.
Quello che pareva un antico
cavaliere risorto dalla tomba, forse richiamato dal grido di dolore di chi
aveva subito troppo a lungo, puntò contro Goul il
dito e disse:
“Jeffrey
Goul. Siamo giunti sin qui per porre fine al tuo
illecito ed orripilante commercio.
Oggi conoscerai la giusta punizione, per
mano degli Avengers!”
Fine episodio
*‘gine, abbreviazione di engine. L’engine è un apparecchio
che dal 2045 sostituisce cellulare, palmare e molto spesso anche orologio
(divenuto un oggetto puramente ornamentale). Ne esistono
di vari modelli con diverse funzioni, prodotti da diverse marche. Le funzioni
base sono quelle di chiamata, di tipo audio e video, il collegamento alla rete
Internet S., la possibilità di fungere da carta prepagata.
** C.M.C. sta per China Motor Company
*** I.S.L.O. sta per
Incursori Specializzati Livello Omega.
Appunti:
il tema del commercio illegale d’organi fu affrontato già sul Punitore 2099 n
1.
Grazie a tutti quanti
quelli che leggono i miei racconti, dando un senso al
mio lavoro.
Grazie a tutti quanti
quelli che collaborano alla loro creazione, rendendoli possibili.
Un grazie al mio super visore, un grazie all’editor di Marvelit e un grazie speciale a Michele Nardelli,
per l’ottima ed indispensabile consulenza e per l’amicizia
dimostratami.
Un grazie all’amore della
mia vita che è la fonte di ispirazione per ogni mio
lavoro.
Un saluto a tutti quanti.