by MarvelIT staff[1]

 

#1 – La distinta concorrenza

 

 

New York City

Il sole è tramontato sulla città che non dorme mai, ormai illuminata da una splendida mezza luna.

Devil non può vederla, perché sotto la sua maschera si cela il cieco Matt Murdock. La sua è un oscurità perenne che però non gli impedisce di pattugliare le strade in cerca di crimini da sventare, e anche questa sera, come tante altre prima, la città gli offre l'occasione che cerca: i suoi super-sensi infatti captano l’urlo di una donna che grida terrorizzata.

Il cosiddetto “uomo senza paura” si precipita nel vicolo da cui proviene l’urlo, dove un uomo sta cercando di strapparle di mano la borsetta.

Devil scende a terra con un’acrobazia e si prepara a lanciare il proprio bastone contro il criminale, ma non ne ha il tempo: qualcosa sfreccia a poca distanza dalla sua testa e colpisce in fronte il rapinatore, mettendolo al tappeto in un attimo.

“Ma cosa...?” pensa Devil, avvertendo tramite il senso radar che qualcuno dietro di lui. Per un attimo crede che non sia qualcosa di umano, ma poi dal suono capisce che si tratta di un uomo che indossa un mantello.

Il suo primo istinto è estrarre il proprio bastone, ma aver estratto un’arma sembra non piacere molto all’uomo misterioso: un istante dopo, qualcosa viene scagliato verso l’eroe cieco.

Devil blocca l’oggetto con il suo bastone, ma solo per un soffio.

“Un lancio perfetto quasi quanto quelli di Bullseye” nota “ed altrettanto letale, se avesse mirato ad una parte vitale.”

Il suo avversario deve aver previsto la sua mossa, perché lo ha già raggiunto per cercare di colpirlo con un pugno. L’unico motivo per cui il colpo non va a segno è che, all’improvviso, l’uomo con il mantello svanisce completamente.

Nemmeno il senso radar avverte più niente. Nessun battito, nessun odore... niente, come se non fosse mai stato lì.

La donna ha già recuperato la propria borsetta per scappare via; il suo aggressore è a terra, privo di sensi. Nessun testimone di quanto è accaduto.

“Un tempo avrei pensato che mi avesse scambiato per un criminale... credevo che ormai a New York tutti gli eroi si conoscessero”, riflette.

Tutto ciò che resta a Devil è l’oggetto incastonato nel suo bastone. Lo estrae e fa scorrere le sue dita ipersensibili su di esso.

È uno shuriken dal design molto particolare.

Uno shuriken a forma di pipistrello.

 

In un altro quartiere di New York

Il palazzo è noto ai più per essere la sede degli uffici della Roxxon Energy Inc.

Sorge in una delle zone più esclusive della città, un gigante di acciaio e cemento che punta verso il cielo. Eppure tra il 23esimo e il 25esimo piano, pare di essere nel pieno della foresta amazzonica.

Piante con rami e radici enormi che fuoriescono dalle pareti a finestra.

Giunto sul posto a bordo del suo esclusivo elicottero, Moon Knight non riesce a credere ai suoi occhi.

“Mai visto nulla del genere...” pensa, mentre si lancia verso quella misteriosa boscaglia, planando con il suo mantello.

Si addentra camminando in equilibrio su un grosso tronco che sporge in diagonale.

Quello che era un esempio di capolavoro di architettura e ingegneria è divorato da una vegetazione impazzita che pare volersi riprendere i propri spazi.

Moon Knight avanza usando le sue mezzelune taglienti per farsi largo tra le liane, come farebbe addentrandosi in una giungla.

<Cosa può aver scatenato una cosa del genere?> si chiede, quando finalmente giunge davanti a quella che aveva tutta l'aria di avere le risposte che cerca: una bella donna dai capelli rossi, coperta solo da un curioso body verde composto da foglie.

La sua carnagione è bizzarra, pallida con dei riflessi verdognoli.

<Qualcosa mi dice che è stata lei ...> dice a se stesso, sarcastico.

La donna parla ai suoi prigionieri, alcuni uomini immobilizzati da piante rampicanti.

<Inquinamento. Disboscamenti. Coltivazioni intensive. State distruggendo madre terra esclusivamente per arricchirvi, per la vostra ambizioni di denaro e potere. Tutto questo da oggi terminerà!> esclama con sicurezza.

<Non so chi tu sia, ma è meglio che la smetta e che ti consegni. Non ho intenzioni di farti del male, ma...> Moon Knight non finisce il pensiero che, come cani idrofobi, due piante carnivore gli si lanciano contro.

Afferra il suo nunchaku da sotto il mantello e colpisce con forza e precisione, riuscendo ad abbatterle, poi si lancia verso la donna, ma prima che riesca ad avvicinarsi a lei, una radice gli afferra le caviglie, facendolo cadere.

Mentre cerca di liberarsi da quella stretta, dei rovi scendono dal soffitto e come tentacoli lo afferrano per le braccia, immobilizzandolo.

<Incredibile... assomigli così tanto a lui.> afferma la donna, avvicinandosi a lui <Solo, la scelta del bianco proprio non la capisco...>

Le piante impediscono a Moon Knight di difendersi.

La donna attraverso delle spore emana dei ferormoni che la rendono irresistibile.

Moon Knight a poco a poco perde lucidità, che viene offuscata dal desiderio.

Lei gli si avvicina, gli tira indietro il cappuccio e solleva la maschera fino a scoprirgli la bocca.

<Mi vuoi?> chiede.

<Sì...> risponde lui, in preda all'estasi.

Le labbra invitanti di lei si avvicinano alle sue quando, improvvisamente, scompare.

Sparisce nel nulla, come se non fosse mai esistita.

La presa delle piante s'allenta, con uno sforzo Moon Knight riesce a liberarsi.

Lentamente riprende il controllo di sé stesso. La sua mente ora è lucida, ma non riesce a comprendere quanto è appena avvenuto.

<Chi era? Da dove veniva? Ma soprattutto... cosa diavolo le è successo?>

Ma le piante non hanno risposte.

 

Seattle.

Secondo le sue fonti, in questo magazzino si traffica droga. È risalito fino a qui da New York, lasciandosi dietro una scia di sangue.

Perché lui è Frank Castle, il Punitore, e nessuno gli sfugge.

Questa sera era pronto a fare una carneficina come al suo solito, ma scopre con disappunto che qualcuno lo ha anticipato. Tutti i narcotrafficanti sono stesi a terra, inermi, privi di sensi.

“Sirene. Devo allontanarmi. Non sembrerebbe, ma questi bastardi sono le persone più fortunate della Terra. Stanno evitando quello che avevo in serbo per loro.” pensa.

Ma prima di lasciare quel luogo, analizza attentamente la scena.

Le pistole e gli uzi per terra hanno le canne otturate da delle frecce.

Delle frecce verdi.

Anche i criminali sono stati inchiodati alle pareti da frecce che hanno trafitto con accurata precisione i loro abiti.

<Conosco solo un uomo capace di tanto, ma opera a Coney Island. Inoltre, il suo colore è il viola... per quale motivo cambiare?>

 

Dall’altra parte del mondo

Wolverine ordina la quarta birra consecutiva, questa vola una Hatachino Nest Dai Dai, una bionda non impegnativa ma gustosa, che manda giù in un paio di sorsi assaporando il gusto di arancia che emerge tra le note di agrumi ben bilanciate, lasciandogli in bocca un persistente retrogusto di caramello e timo.

Poi richiama l'attenzione del cameriere alzando il moncherino, riflesso condizionato di una mano destra che gli è stata sorprendentemente tranciata via poco tempo fa[2] e che fatica a ricordare di non avere più attaccata al polso.

Ha intenzione di tracannare una quinta birra e magari una sesta per forzare il suo metabolismo mutante che filtra l'alcol rendendo un'impresa sentirsi un po' allegro bevendo. Gli piace passare qualche serata in questo bar di Kabukicho, il popolare quartiere dei divertimenti notturni di Tokyo, ricco di pub fumosi, risto-bar e di piccoli club aperti fino a tardi, prevalentemente a luci rosse e, si sussurra, gestiti in gran parte dalla Yakuza. Qui trova un gran numero di birre nazionali e non e il barman è uno che sa di cosa parla quando gli consiglia di assaggiare pregiati sake e ottimi shochu e non fa troppe domande. 
Sta pensando a cosa prendere quando i suoi sensi lo immobilizzano. Una scarica di adrenalina gli scuote i nervi come un fulmine rischiara la notte più buia: una minaccia è entrata dalla porta e ora si sta sedendo al banco a pochi metri dal suo tavolino.

L'uomo non sembra averlo notato, ma l'istinto del predatore che è in Wolverine non gli fa dubitare minimamente che percepisca la stessa cosa nei suoi confronti. Due lupi nello stesso territorio, non appartenenti allo stesso branco si riconoscono a vicenda ed entrano in competizione. 

Apparentemente calmo e allo stesso tempo vigile e in allerta per prevedere e reagire ad ogni possibile azione ostile, Logan osserva l'uomo, è alto, ben piazzato nei suoi vestiti casual stirati alla perfezione, dalla mascella tipicamente nordamericana coperta di barba e baffi bianchi ordinatamente corti e ben curati, così come i capelli brizzolati. Ha una benda nera sull'occhio destro. Il suo aspetto e modo di fare sono quelli di un militare o qualcuno con addestramento militare, ne è certo. Come è sicuro che porti con sé delle armi ben nascoste alla vista, ma non ai suoi sensi iperacuti: l'inconfondibile odore di olio, solventi e nessuna traccia di residui di carbonio gli rivelano la presenza di un'arma accuratamente pulita per essere al massimo dell'efficienza, tenuta in qualche fondina di vera pelle. La sua nazionalità viene confermata dall'accento quando chiede in giapponese del whisky al barman.

<Prende un'altra birra, Logan-san?>

Valutato dal suo istinto così innocuo da ignorarlo completamento, è il cameriere arrivato al suo tavolino a distrarre l'attenzione di Wolverine dall'americano.

<Dammi quello che prende lui.> gli risponde.

Il ragazzo annuisce e sparisce dal suo radar. Logan rivolge lo sguardo al tizio e ora vede che lo sta fissando... Sorgono da una consapevolezza preverbale, ricordi di addestramenti militari, di atrocità della guerra e di cambiamenti, esperimenti, torture, dolore...

Senza dire una parola, l'uomo alza il proprio bicchierino di whisky, mima un brindisi e lo beve tutto d'un fiato e da quel momento non incrocia più lo sguardo del mutante. Si alza, lentamente gli passa accanto e si reca alla toilette. La tensione nell'aria tra di loro è palpabile e sa di metallo sporco di sangue. Wolverine non lo perde mai di vista.

Gli prude il dorso delle mani, come se gli artigli volessero uscire fuori, anche quelli della mano che non ha più. Aspetta un secondo e quando percepisce non esserci nessun altro in bagno, è pronto alla lotta. Entra nella stanza e... non c'è più. Né lo vede né avverte la sua presenza. I sensi glielo confermano e l’animale che è in lui si placa, sollevato.

Quanto all'uomo misterioso, è sparito, così com'era apparso.

 

Il mattino seguente, in un appartamento di Harlem

Axel Asher si sveglia a mezzogiorno con il peggior mal di testa che si ricordi.

Gli ci vuole un po’ per ricordarsi in quale appartamento si sia svegliato: da quando la sua ragazza lo ha lasciato, non è più così facile ricordarsi in quale realtà si trovi.

Scende dal letto, cercando di non inciampare sull’ultima edizione del Daily Planet; dover schivare le bottiglie di birra e le scatole di pizza vuote rende la cosa una vera impresa.

Il suo cellulare Lexcorp è completamente scarico; evidentemente cercare di caricarlo tramite l’adattatore del suo vecchio Starkphone è stata una pessima idea.

Sul comodino sono ammassate diverse foto di Axel assieme ad una ragazza, una diversa per ogni foto: con Ming al Museo di Flash, con Ayanna a Wakanda, con Lucy a Metropolis... oltre ad una vera e propria collezione di sfratti, da Los Angeles a Star City per passare da Hell’s Kitchen a Gateway City.

Il prezzo da pagare per la sua doppia vita... Axel non può permettersi di restare in un posto troppo a lungo, non senza causare catastrofi. Una situazione tutt’altro che ideale sia per la sua vita sentimentale che per quella lavorativa.

Solo in mezzo a questa confusione riesce finalmente a recuperare il telecomando.

La prima cosa che appare in televisione è un servizio di Trish Tilby in diretta, che commenta uno scontro di fronte al Daily Bugle, dove l’Uomo Ragno sta affrontando un orripilante mostro viola.

<Qualcosa non quadra.> commenta Axel, cambiando canale: questa volta si imbatte in un servizio su Iron Man che combatte un cyborg con una brillante pietra verde nel petto.

<Cosa ci fanno qui il Parassita e Metallo? Non sono rimasto in questa realtà abbastanza a lungo da causare un altro crossover.> dice a se stesso.

Il suo corpo emana una fortissima luce, cambiando i suoi vestiti in un costume rosso e blu.

<Questo sembra un lavoro per Access.> aggiunge, preparandosi a teletrasportarsi sul luogo ed aiutare gli eroi a rimandare i criminali nel loro universo. Ma non succede nulla.

Tenta di spostarsi nell’altra realtà: per un istante gli sembra che stia funzionando, ma prima che possa esserne completamente certo avverte la sensazione di essere stato rispedito al punto di partenza. O quasi: si ritrova in mezzo alla strada, dove un tassista non perde un secondo prima di suonare insistentemente il clacson.

<Perfetto> commenta Access, non perdendo tempo a salire sul taxi. Il tassista lo guarda con perplessità, ma un cliente è pur sempre un cliente.

<Hai finito i soldi per il teletrasporto, immagino? Dove andiamo?>

<Siamo a New York, giusto? Ambasciata di Themyscira.>

<Ambasciata di che!?>

<Non ha funzionato, devo essere ancora dall’altra parte. Conosce qualcuno che può portarmi in un altro universo?>

<Ce li hai i soldi, in quel costume?> chiede il tassista. Access sospira e recupera un biglietto da venti dollari, e soltanto allora il tassista mette l’auto in moto.

<Okay. Andiamo al Four Freedoms Plaza allora.>

 

Xavier Institute, Salem Center, Contea di Westchester, Stato di New York.

È un giorno abbastanza normale in questa scuola del tutto speciale. Approfittando della temperatura mite, gli studenti finite le lezioni sono sciamati nell’ampio parco e si comportano come normali ragazzi della loro età. Anche se normali forse è un termine esagerato per ragazzi e ragazze che sono anche mutanti ciascuno con un proprio potere.

Parte degli insegnamenti impartiti da questo peculiare istituto scolastico sono volti ad insegnare loro come gestire quei poteri in maniera responsabile così da evitare che il resto del mondo lo odi e li tema.

Alcuni dei membri del corpo insegnante fanno parte di un gruppo di supereroi, la cosiddetta Squadra Oro degli X-Men ed in questo momento i suoi membri sono impegnati in una sessione di allenamenti nella loro Stanza del Pericolo sotto la ferrea supervisione del loro leader Scott Summers meglio noto come Ciclope.

Al suo fianco, eccezionalmente ed unica in abiti borghesi, la sua ex moglie Jean Grey, Direttrice Esecutiva della Fondazione Xavier che finanzia l’Istituto. Anche se sono rimasti in buoni rapporti dopo il divorzio, un po’ di tensione aleggia comunque nell’aria

Improvvisamente la routine dell’allenamento viene interrotta da qualcosa di inaspettato… il che, a ben pensarci, è tutt’altro che insolito per gli X-Men..

Un uomo in costume appare improvvisamente nella stanza.

<Dove sono?> esclama <Chi siete voi e perché mi avete portato qui?>

<Calma amico.> interviene Henry McCoy, alias la Bestia <Noi non abbiamo fatto niente e siamo sorpresi quanto te.>

<Mentite! Volete rubarmi il mio potere ma non ce la farete!>

Improvvisamente gli X-Men più vicini si trovano respinti indietro da una forza irresistibile ma non del tutto sconosciuta e schiacciati contro le pareti.

Tempesta si sente impotente. Potrebbe provare a fare qualcosa ma in un ambiente così ristretto teme di danneggiare anche i suoi compagni.

Ciclope riesce comunque ad aprire il suo visore e spara i suoi raggi otici contro il nuovo venuto ma questi alza una mano ed i raggi si infrangono contro una barriera invisibile.

<So riconoscere un campo di forza magnetico quando mi imbatto in uno > commenta la Bestia <Il nostro isterico visitatore controlla il magnetismo a quanto pare.>

<Non ditemi che Magneto ha un altro figlio o un fratello, per carità!> esclama Rogue.

Se fosse ancora al massimo del suo potere Jean potrebbe liberarsi facilmente ma adesso è impotente quasi quanto gli altri. Una cosa può ancora farla, però ed è sondare telepaticamente il suo avversario.

Quello che trova è un insieme di pensieri non sempre coerenti tra loro. L’uomo è un supercriminale, questo era già ovvio. Sonda i suoi ricordi e lo vede affrontare uomini e donne in costume che le sono sconosciuti ma in qualche modo oscuro anche familiari. Prova a sondare ancora più in profondità e trova qualcosa di profondamente diverso.

Non ha il tempo di rifletterci sopra perché l’intruso grida e lei si ritrova respinta dalla sua mente.

La reazione dell’intruso ha spezzato la sua concentrazione e gli X-Men si ritrovano liberi.

<Ora faremo i conti, Magneto di seconda categoria.> proclama Banshee. Mentre lui ed i suoi compagni circondano l’intruso

<Non so chi sia questo Magneto e non m’importa!> ribatte l’intruso <Io sono il Dottor Polaris e…>

Qualunque cosa volesse dire o fare, non ha il tempo di farlo perché semplicemente scompare liberando gli X-Men dalla loro scomoda posizione.

<Chi diavolo era quel tipo?> chiede Banshee.

<Vorrei tanto poter rispondere alla tua domanda, mio buon amico irlandese ma temo di non avere una risposta stavolta.> replica la Bestia.

<È un’anima tormentata.> interviene Jean <Un tempo era uno scienziato che voleva il bene dell’umanità ma quando ha acquisito i suoi poteri è emersa una seconda personalità crudele malvagia.>

<Lo hai appreso sondandolo telepaticamente?> le chiede Ciclope.

<Ovviamente, Scott e posso anche dirti che non appartiene al nostro mondo e che né la sua intrusione né la sua scomparsa sono state volontarie.>

<Mi chiedo allora chi o cosa le abbia causate.> commenta Scott <Forse c’è qualcuno che trama qualcosa contro di noi.>

<Tanto per cambiare.> interviene Kitty Pryde <Non credete che dovremmo informare Lorna[3] che uno sconosciuto si è appropriato del suo nome in codice?>

<Temo che questo sia il minore dei problemi.> commenta Henry McCoy <Ho la brutta sensazione che siamo solo all’inizio di qualcosa di molto serio.>

<Ho avvertito telepaticamente Warren[4] così che anche la Squadra Blu a New York sia preparata in caso succeda qualcosa del genere anche a loro.> dice Jean.

<Io manderò un avviso ai Vendicatori.> replica Ciclope <Temo che sia l’unica cosa che possiamo fare per adesso.>

<A parte aspettare.> aggiunge Tempesta.

 

Daily Bugle.

<Quindi mi stai dicendo che non ho avuto solo io tante segnalazioni?> domanda preoccupato Peter Parker al capannello di colleghi che si è riunito per caso in un angolo della redazione del tabloid più controverso della Grande Mela.

<Purtroppo no, ci sono tanti avvistamenti di metaumani sconosciuti, con una frequenza insolita persino per gli Stati Uniti e per New York.> gli conferma Ben Urich, veterano della cronaca di supereroi e supercriminali.

<JJJ è su tutte le furie, la prossima edizione rischia di essere monotematica e la cosa lo indispone non poco…> prevede Betty Brant, non a vuoto.

<Un altro?!!?> si sente sbraitare dall'ufficio di Jameson, pur a porte chiuse.

<Ecco.>
<Oh! A proposito di diavoli e corna che spuntano...> interviene Kat Farrell, finora distratta dal suo Starkphone <C'è un altro pazzoide non identificato che sta mettendo a ferro e a fuoco un parco!>
La giornalista mostra ai colleghi una storia di Instagram in cui si vede solo in lontananza un puntino viola, in uno scenario di devastazione commentato dalle urla dell'utente che ha ripreso la scena. È taggata anche la location: Forest Park.

<È dietro casa mia!> si rende conto Peter <Posso prendere io questa storia, Kat?>

<Non mi hai mai chiesto favori finora, Parker: il primo giro è offerto dalla casa.>

<Grazie, ti devo almeno un caffé. Corro!>


Forest Park

In questo parco tra Forest Hills e Kew Gardens, Peter Parker porta spesso sua figlia May per farla scorrazzare o ammorbarla con le sue conoscenze di tassonomia della fauna e della flora locale.
L'idea che un pazzo stia seminando il panico lì, alla presenza dialtri bambini, lo manda in bestia e non gli importa se i colleghi del Bugle avranno sospetti per la presenza del suo alter ego; non sarà certo la prima volta che si ritrova in una simile coincidenza.

In qualche modo è evidente il passaggio di qualcosa di metaumano ed è facile seguirne le tracce: c'è una scia di morte vera e propria, un tracciato di erba e alberi essiccati, scoiattoli e altri animali di
piccola taglia privi di vita. E poi basta andare in direzione contraria al flusso di gente che scappa via terrorizzata.

<Ecco perché scappano... con quel brutto colorito che ti ritrovi!> inizia a sdrammatizzare tra sé e sé l’Arrampicamuri quando entra nel suo campo visivo quello che all'apparenza sembra un mostro calvo dalla pelle viola. Ha persino il dubbio se sia alieno o terrestre.

Poco importa perché punta a coglierlo di sorpresa, alle spalle, e metterlo knock-out con un gancio mirato.

Quando il suo pugno destro sta per affondare sulla sua nuca, il Senso di Ragno scatta impazzito egli fa lanciare una ragnatela alle spalle del nemico per frenare l'impatto.

<Woh, qualcosa mi dice che non devo toccarti...>

<La vostra energia... ha un retrogusto nuovo e piacevole. La tua, poi... ha un odore irresistibile.> dice il suo avversario partendo all'attacco.

<Ok, ho fatto due più due, ti nutri di energia vitale. Non mi è nuovo il... pattern.>

Spiacevoli ricordi vissuti sulla propria pelle riaffiorano, mentre l'arrampicamuri non può fare altro che stare sulla difensiva, balzando qua e là per evitare che il nemico si avvicini. Non è una ritirata casuale, perché sta facendo in modo di attirarlo lontano dagli ultimi civili presenti, nel mentre il suo cervello macina una controffensiva.

Dall'accento del suo inglese, pare un terrestre autoctono.

O è un mutante o è un mutato, e questo istiga il suo spirito da crocerossina.

<Conosco molti scienziati di fama mondiale, possiamo cercare un cura o un'alternativa!>

<Non ho niente da cui voglio essere curato!>

<Magari qualcosa per quel bel caratterino che ti ritrovi?> risponde l’Uomo Ragno, come sempre usando l’umorismo come arma. Ma la tattica non sembra funzionare: a giudicare dallo sguardo e dalla voce dell’aggressore gli è chiaro che è rimasto ben poco di umano in quella creatura, se mai ce ne è stato.

L'occhio dell'arrampicamuri cade su un tronco rinsecchito. Lo riconosce anche in quello stato, dalla sua posizione.

<Tu...tu sei un criminale! Quella quercia aveva più di un secolo!>

<Era un po' stantia, in effetti.>

<Ok, ora basta! Forza, quercia, servi la tua vendetta!>

Capito di non poter toccare l'avversario, l'Uomo Ragno sventra dal suolo i resti dell'albero secolare e li usa come un bastone per travolgere l’essere che nel suo universo nativo è noto come Parassita. È sufficiente per stordirlo.

"Vediamo se il suo potere ha effetti sulla mia ragnatela... è sintetica ma è basata su molecole organiche..."

Gli scarica addosso un'intera cartuccia di fluido.

La scommessa è vinta: quando l'avversario tenta di divincolarsi dalla coltre di tela che lo incolla al terreno, si ritrova invischiato e impotente.

<Maledetto!>
<E ora chiamiamo i Fantastici---cosa?!>

Peter vede la ragnatela afflosciarsi su se stessa. Non c’è più niente al di sotto di essa.

<È fuggito?!>

Il senso del pericolo non scatta, può avvicinarsi e tastare il lembo di terra. Non è stata smossa in alcun modo. Il Parassita si è semplicemente smaterializzato.

 

Nei cieli sopra Los Angeles.

Iron Man sfreccia a tutta velocità verso il suo luogo di lavoro: la divisione della Stark-Fujikawa nota informalmente come Stark West.

Improvvisamente la sua attenzione è attratta da un trambusto in una strada sottostante: un robot o un cyborg sta seminando il panico.

Sarà un cliché un po’ stantio, pensa l’uomo nell’armatura, ma questo sembra proprio un lavoro per Iron Man.

A tutta velocità si precipita in basso e rilascia una scarica di repulsori verso il cyborg che sta per colpire una coppia chiaramente pietrificata dalla paura.

Il Cyborg fa una rovinosa caduta all’indietro ma già comincia a rialzarsi mentre Iron Man atterra davanti a lui,

<<Da dove spunti, amico?>> gli chiede <<Non dirmi che sei anche tu uno di quei pazzoidi del Grande Gioco.>> [5]

<Non so di che parli, non so chi sei e nemmeno mi importa> fu la brusca risposta.

Un attimo dopo il cyborg si mosse con velocità insospettabile ed afferrò Iron Man alla gola.

<La sola cosa che mi interessa è andarmene da qui.> affermò.

Iron Man attiva il suo uniraggio pettorale. Il colpo spezza la presa del suo avversario mentre entrambi sono sbalzati in direzioni opposte.

Ancora una volta il cyborg si rialza apparentemente senza danni.

<Sorpreso? Ci vuole altro per abbattermi. Io sono Metallo, l’uomo dal cuore di Kryptonite ed ho sconfitto persino Superman.>

<<Superman? Ma che…?>>

Prima che il perplesso Iron Man possa dire o fare altro, dal petto del cyborg esce un raggio verde che lo colpisce in pieno proiettandolo contro la parete di un vicino edificio facendogliela sfondare.

Mentre piomba all’interno sente il suo avversario dire:

<Il tuo giochetto lo so fare anch’io e adesso…>

Silenzio improvviso seguito da esclamazioni di sorpresa. Iron Man emerge dallo squarcio nella parete e non vide più il tizio che aveva detto di chiamarsi Metallo.

<<Dove diavolo è finito?>> esclama.

<Il tipo metallico verde?> interviene uno dei presenti < È semplicemente sparito di colpo.>

E senza praticamente lasciare tracce energetiche che i sistemi della sua armatura potessero rilevare è costretto ad ammettere Iron Man.

 

Port Authority, New York

Steve Rogers osserva ancora una volta l’edificio davanti a lui. Apparentemente è solo un magazzino come tanti nella zona portuale della città, ma lui sa fin troppo bene che le cose non sempre sono quelle che sembrano. Il magazzino in questione appartiene ad una società che appartiene ad un’altra che a sua volta appartiene ad un’altra ancora e così via fino a rendere praticamente impossibile capire chi siano i veri proprietari. Tutto questo, però, importa poco a Steve al momento, la sola cosa importante, dalle informazioni che ha ricevuto era lì che avrebbe trovato rifugio Brock Jones alias Crossbones dopo la sua spettacolare evasione dal Carcere di supermassima sicurezza di Florence ADX in Colorado contemporanea a quella altrettanto spettacolare di  Gail Runciter e Bravo dalle apparentemente altrettanto sicura prigione dello S.H.I.E.L.D..[6] due eventi decisamente collegati.

Se Steve avrà fortuna, anche Gail sarà lì e magari anche l’uomo che ha orchestrato l’evasione: la sua metà oscura Mike Rogers. Sarebbe l’occasione per chiudere certi conti. Scaccia quel pensiero e parla nel suo microfono:

<Siete in posizione?>

<<Bersaglio inquadrato.>> risponde il Soldato d’Inverno <<Secondo il rilevatore termico all’interno ci sono sei persone. Ma è impossibile dire se tra loro ci sono anche i tre che stiamo cercando.>>

<Questo lo scopriremo presto.> replica Steve.

Aziona un congegno del suo costume che disabilita tutte le telecamere di sorveglianza della zona. Ha forse non più di due minuti prima che qualcuno si insospettisca e decida di andare a dare un’occhiata. Basteranno. Corre veloce verso il portone del magazzino e vi applica un altro congegno che ne sblocca la serratura, il resto la fece un calcio ben piazzato.

Steve si tuffa all’interno rotolando di lato per evitare eventuali proiettili.

Quasi nello stesso momento due finestre si infrangono e nel magazzino piombano anche Jack Flag e Yelena Belova, la Vedova Nera ufficiale dei servizi segreti russi.

Steve alza gli occhi e vede non troppo distante Richard Danforth, ossia Bravo, che gli punta contro la sua antiquata ma sicuramente ancora efficientissima Webley.

Non fa in tempo a sparare, però, perché improvvisamente proprio nel bel mezzo della stanza appaiono una dozzina di uomini armati ed una giovane donna.

Alleati dei fuggiaschi? Steve lo esclude quasi immediatamente: sembrano sorpresi di trovarsi lì quanto gli altri lo sono di vederli.

Quando si accorgono che ci sono degli uomini armati, alcuni dei nuovi arrivati si gettano su di loro gridando qualcosa in una lingua incomprensibile.

<Fermi!> grida la donna, ma non viene ascoltata.

In breve scoppia un furioso scontro in cui i misteriosi nuovi venuti non fanno distinzione tra gli alleati di Steve ed i loro avversari.

Sono in gamba, Steve non aveva difficoltà ad ammetterlo. Il loro stile è un misto di varie arti marziali orientali e unite a tecniche moderne. Stanno falciando gli avversari uno dopo l’altro e solo i membri della sua squadra stanno resistendo con successo.

Donna Maria Puentes, arrivata dall’entrata sul retro, evita di misura un fendente vibratole con un kriss malese e sferra al suo avversario una ginocchiata all’inguine, mossa forse non molto sportiva ma indubbiamente efficace.

Yelena Belova ne stende altri due coil suo Morso di Vedova. Jack Flag ne sta tenendo impegnati un paio. La sola che non sembra avere un atteggiamento aggressivo è la donna che si è limitata semplicemente a difendersi con successo da attacchi altrui.

Steve si sbarazza di un paio di avversari poi le balza agilmente davanti.

<Dobbiamo parlare.> le dice mostrando le mani in gesto distensivo.

<Indubbiamente.> replica lei con tranquillità. <Mi chiamo Talia. Non ho intenzioni ostili.>

<E allora ferma i tuoi uomini.>

<Non sono i miei uomini, obbediscono a mio padre e forse lui approverebbe questo insensato massacro.>

<Se è così, tuo padre è un pazzo.>

<Lo dice anche l’uomo che amo e che è anche il più grande avversario di mio padre. Tu me lo ricordi in parte.>

<Lo prenderò come un complimento. Ora dimmi perché siete venuti qui?>

<Non lo so. Improvvisamente ci siamo trovati qui, non so perché.>

La sua sorpresa è genuina, ne sa quanto lui su quello che stava accadendo. Steve vorrebbe farle altre domande ma all’improvviso la ragazza scompare e con lei anche i suoi uomini, quasi fossero stati dei fantasmi.

Steve usa uno scanner inventato da Amadeus Cho, ma non rileva energie anomale che facciano pensare ad una qualche forma di teletrasporto. Anzi non rileva nulla. Proprio come se gli intrusi non fossero nemmeno mai stati lì. Fantasmi appunto… oppure…

<Chi erano quei tizi, Steve? Da dove sono spuntati?> gli chiede Donna Maria.

<Non ne sono sicuro anche se ho qualche sospetto.> risponde lui.

<Intanto la confusione causata da quei tizi ha permesso alle nostre prede di eclissarsi.> commenta Yelena <Dovremo ricominciare la caccia daccapo.>

<Li ritroveremo prima o poi.> replica Steve.

In quel momento tutti sentono attraverso le loro communicard la voce di Amadeus Cho. Il giovane genio coreano sembrava davvero preoccupato.

<<Stanno succedendo un bel po’ di cose davvero molto strane.>>

Ascoltando i resoconti di Amadeus Steve non nasconde la sua preoccupazione. Tutta quella serie di incidenti rafforzano i suoi sospetti.  Se quella Talia veniva davvero da una specie di mondo parallelo e non era stata la sola, allora presto lui e gli altri avrebbero dovuto affrontare qualcosa di molto più serio della caccia a degli evasi per quanto pericolosi fossero.

 

Londra, Inghilterra.

Puzza d’umani, ancor sulla fredda Terra

capir dovrei, perché nell’infernal guerra,

trovarmi, devo, in questa Britannia aliena.

Se il fato ostil, oppure un nemico mi mena.

 

Eppur non giunto fui, che con gran lena,

mentre la mia rabbia, per tanto feral destino,

urlavo alla luna, assiem a scorno e gran pena

 

che porto in cor e al mondo, chiamatemi bambino,

un bruto, orribil alto e biondo, volando mi colpì

scagliandomi contro un muro. Puzzava di Merlino.

 

Non del mio, però, l’odore di ogni dì

era lo stesso, eppur diverso. Di fiamme il fiato

gli feci assaggiare, ma dei suoi peccati non urlò, vagì.

 

Il pugno lo colpì seppur innocente, irato

ero abbastanza da non trattenermi. Son, in fondo,

demone, infido, rimatore, terribile e irato.

 

Ma piccola vittoria fu, che in men d’un tondo

d’orologio una creatura angelica, bionda gigantessa

in principio, umana ma non fino in fondo,

creatura magica, né fata, né troll, né demonessa

né angelo, né altro nel mio mondo, attenti,

mentre a ogni colpo più simil a me, ma più spessa

di materia terrena, diventava, di pugni potenti

e veloci mi colpiva. Mentre cercavo di concentrare

il potere per una scarica, il destino frustrò i miei intenti
poiché svanii da quel mondo e la storia son qui a raccontare

 

Sala del Trono di Atlantide

Namor contempla il trono che un tempo era suo ed ora appartiene a sua cugina Namora.

Essere il sovrano di Atlantide è un privilegio, un destino e una conquista. Governare un regno più vasto di qualsiasi nazione della Terra è anche un compito arduo che fa dormire poco, ma per chi come lui ha un temperamento fumantino quei rari momenti in cui avere una pausa e riposarsi non appaiono come un’oasi nel deserto, bensì come momenti di noia insopportabile.

All’improvviso il fato pare venirgli incontro stimolando i suoi sensi.

Come uno squalo che sente l’odore del sangue o le cariche elettrostatiche di un corpo in movimento in lontananza, Namor percepisce qualcosa di diverso. Intuisce un cambiamento nelle acque intorno a lui, anche se apparentemente non sembra cambiato nulla.

Si precipita verso la fonte di questo segnale bioelettrico fuori delle guglie di Atlantide. Più si avvicina all’origine e più questo è forte. Giunge in un luogo familiare, ma tutti i suoi sensi gli dicono che l’acqua in cui nuota è come se non fosse l’acqua che conosce.

Poi, nota un suono, come un lamento e tra il fondale sconnesso vede giacere una donna dai folti capelli colore del corallo che fluttuano delicati, una tiara d’oro che risalta il viso pallido e bellissimo, così come il suo corpo, asciutto e sinuoso, avvolto in una tuta marina verde smeraldo al pari dei suoi occhi che sta aprendo lentamente, come se facesse una grande fatica, quasi volesse richiamare la sua attenzione, perché è troppo doloroso parlare.

Namor si accorge che la donna ha una profonda ferita alla coscia e con tutta l’onorevole gentilezza che la sua nobiltà d’animo può dare ad una donzelle in pericolo, le si avvicina preoccupato per soccorrerla.

Rapito dalla grazia dei suoi lineamenti anche in un momento di dolorosa vulnerabilità, Namor è sicuro che sia atlantidea e aristocratica, senza spiegarsi come sia possibile.

In quell’istante la ragazza sbarra gli occhi comunicandogli tutto il suo orrore per il pericolo che incombe su di loro. Allertato, Namor ha il tempo di percepire una figura che dall’oscurità degli abissi si scaglia su di lui e lo travolge.

I suoi riflessi gli permettono di bloccare le fauci di un essere marino umanoide a pochi centimetri dalla sua gola. L’essere gli ricorda una creatura degli abissi,[7] ma il suo campo bioelettrico è simile a quello della ragazza: sono abitanti degli stessi mari, appartenenti ad un altro mondo, ora lo comprende.

Passano pochi secondi di stallo e altri mostri simili al primo arrivano dal buio delle profondità dell’oceano e lo attaccano simultaneamente.

Namor è il signore dei sette mari, ma forse neanche lui può resistere all’aggressione di alcune decine di quegli esseri che lo graffiano e lo azzannano selvaggiamente. Solo grazie alla sua forza sovrumana e alla sua furia senza limiti non soccombe subito.

Le creature sorprese dalla sua resistenza allentano l’aggressione per osservare meglio quell’uomo che non sembra avere paura di loro e il cui sangue sta colorando di rosso le acque scure insieme a quello di molti della loro specie che sono caduti sotto i suoi colpi mortali.

Namor coglie l’attimo per prendere fiato; sente la stanchezza, l’eccitazione della lotta e la fierezza di difendere con tutto se stesso quella donna che non conosce ma di cui si è innamorato a prima vista.

<Imperius Rex!> Urla contro quei mostri, sfogando tutto il suo coraggio.

Le creature sibilando gli si lanciano addosso per sferrare l’ultimo attacco e lui non indietreggia, impavido balza loro incontro.

Ma non avviene nessun impatto. La potente spinta dei suoi muscoli lo fa finire diversi metri dal punto della lotta. Sorpreso, Namor si volta indietro.

Non c’è più nessuno. Né i mostri né la donna. Il suo corpo martoriato guarirà.

Con rammarico, non pensa potrà accadere lo stesso al suo cuore spezzato.

 

Lykopolis, Egitto

In greco, Città dei Lupi.

Mai definizione avrebbe potuto rendere più onore al primo ed unico insediamento metropolitano la cui popolazione è quasi interamente costituita di licantropi – di fatto, l’intera popolazione mondiale, fatte salve poche eccezioni. Quanto manca per raggiungere un vero “interamente” è costituito dai teriomorfi che hanno deciso di lasciare Wundagore…e dagli “ospiti”: gli umani, i profughi che avevano implorato rifugio nel loro esodo da guerre e miseria. Di spazio ce n’è abbastanza anche per loro, grazie a quelle stesse tecnologie che hanno trasformato parte del Sahara in una valle viva e rigogliosa.

Tecnologie sviluppate dalla mente di uno dei primi Wundagoriani. Ironicamente, una creatura che per anni si era votata allo sterminio del genere umano ed alla tecnologia della distruzione.

Una creatura che aveva fatto breccia nel cuore di chi era stato creato per distruggerlo. L’alpha del Power Pack, il Wundagoriano noto come “Sir Wulf!”

Un po’ la invidia, mentre la guarda correre verso di lui quasi sbracciandosi, un’anima ancora innocente nonostante sia stata fatta Dea dal terribile Fenris in persona. Una ragazza con tante responsabilità verso la sua gente, ma che ancora non è consumata dal proprio ruolo. Sir Wulf spera che ciò non le succederà mai.

Le sorride, un’espressione rara a vedersi. “Ashti. Come posso aiutarti?”

La teenager gli si affianca mentre camminano per il viale. La città ancora sembra semideserta, non c’era certo folla intorno a loro…ma Lykopolis è stata concepita per le future generazioni, non per essere riempita subito. Ashti ridacchia.

“Non ho bisogno di aiuto, Gurê Noble. Volevo solo stare con te. Continui a fare il lupo solitario?”

Sir Wulf fa spallucce, continuando a muoversi con la sua marziale rigidità.

“Non sono un solitario, ma a volte preferisco rimanere solo coi miei pensieri. Ma non vuol dire che—” E lì si ammutolisce. Immobile.

<Gurê Noble..?> Ashti gli scuote il braccio, ma il lupo non si muove. Lei segue il suo sguardo, ma non vede altro che il grande spazio aperto della piazza.

Il ringhio di lui la coglie di sorpresa! Un verso terribile, e lei quasi fa un salto indietro.

Lui non se ne accorge. Non si accorge di nulla fuorché di quello che vede. Una parte di lui sa che è una proiezione mentale, percepisce fin troppo bene l’intrusione.

Un intrusione che gli mostra un’altra città. Architetture sofisticate, razionalizzazione avanzata degli spazi…e una vasta popolazione di gorilla. Come Lykopolis è la città dei lupi, questa è...

<Ti piace quello che vedi, cane?>

La voce, nella sua mente! Ma non era tanto l’insulto, ad averlo fatto ringhiare, ma chi lo aveva pronunciato: un gorilla più grande degli altri, dal manto nero-carbone –e tutto, dalla sua voce alla sua postura, grida ‘nemico’!

La spada esce fluidamente dalla fodera, postura di combattimento. <Lascia stare, scimmia: la mia mente è inattaccabile. Identificati.>

<Vedo che in questo siamo alla pari, cane. Quindi puoi chiamarmi Grodd. Gorilla Grodd. E questa che vedi è Gorilla City, il mio dominio. E presto anche la tua città sarà mia: ho giusto bisogno di qualche cucciolo da guardia mentre sistemo i miei affari…> conclude con un ghigno divertito.

Sir Wulf lancia un ruggito quasi leonino. <MAI!> e già scatta in avanti per fare scempio di questo avversario che osa invadere la sua patria…

<NO!> la voce di Ashti e la sua salda presa, una presa sul polso che solo una divinità poteva esercitare in quel momento prevengono il disastro, e soprattutto lo scuotono da quella condizione. Sir Wulf scuote la testa, cercando di schiarirsi le idee.

Non c’è nessuna Gorilla City. Nessun Gorilla Grodd. Anche gli odori sono scomparsi.

Ma non era stata un’allucinazione. Bisogna allertare la popolazione, ora!

 

Four Freedoms Plaza, New York

La città ha la fama di non lasciarsi mai prendere di sorpresa da nulla, ma quando una stella marina così gigantesca da oscurare il Sole fa la sua comparsa persino i newyorkesi vanno nel panico.

Con il traffico bloccato, Access lancia una manciata di banconote e di spiccioli al tassista: il palazzo dei Fantastici Quattro è a meno di un isolato di distanza, e l’eroe si mette a correre tra le macchine per poterlo raggiungere.

“Se c’è qualcuno che può avere un’idea di cosa sta succedendo è Reed Richards” pensa.

Lui di certo non ha alcun indizio: di solito questo genere di crisi avviene quando non si sposta abbastanza frequentemente da una realtà all’altra, ma ormai sono passati anni dall’ultima volta in cui ha provocato un crossover.

Forse è stata la necessità di dover tornare sempre a New York, dato che in questa realtà sembra che tutte le crisi partano sempre dalla stessa città? O forse nell’altra realtà c’è stata di nuovo una completa ristrutturazione della linea temporale? È successo almeno tre volte da quando è diventato Access, senza mai causare nulla di simile.

Quando finalmente raggiunge il palazzo, l’edificio non è più sovrastato da un’enorme 4 ma da una ben più vistosa L.

<Cosa diavolo... mi sono spostato di nuovo?> si chiede Access, prima di essere colpito alla base del collo da una donna in occhiali da sole vestita da chauffeur con minigonna vertiginosa.

<Qui Mercy. Dite al signor Luthor che ho catturato il bersaglio.>

 

Paludi della Florida. Notte

La transizione è indolore, l’arrivo no. Il "verde" è tutto sbagliato. Non era così sbagliato neppure quando è dovuto fuggire via dalla Terra.

In un primo tempo il dolore è insopportabile, poi passa all’improvviso.

Il "verde" è sempre il "verde" e lui è il "verde".

Non ha tempo per riflettere più di tanto, dal folto della foresta esce un colosso di terra e piante, vagamente antropomorfo che lo fissa con grandi occhi rossi e acquosi. Vuoti.

*Sono io, potremmo esser nati la stessa notte.* Pensa, ma non ha il suo stesso rapporto col verde, non c’è una mente in quel corpo, non una mente come noi la concepiamo, perlomeno. Eppure sente la connessione con energie ben più essenziali, come quella che lo ha portato in questo luogo straniero.

<Puoi riportarmi indietro?> La sua voce sorprende anche se stesso. C’è una nota di urgenza e di paura che non sentiva da tempo. L’altro non dà segno di averla sentita.

Ma non fa in tempo a ripetere la domanda perché improvvisamente tutti i suoni della palude svaniscono, ognuno dei milioni di animali che cantavano, ruggivano e qualunque altro rumore animale vi viene in mente, ammutolisce e un istante dopo, con un potente boato, appare una sorta di tunnel luminoso da cui comincia a sciamare un piccolo gruppo di grandi e tozzi soldati in divisa verde brillante e oro.

Sciamano volando, con piccoli zaini dorati, con piccoli spoiler che simulano delle ali.

*Parademoni. Cosa fanno qui?*

Ma gli intrusi sono chiaramente ancora più confusi di lui.

Ma sono parademoni. Hanno solo due istinti, sono stati torturati e piegati a questo scopo.

Reagiscono ad entrambi ed attaccano tutto ciò che vedono.

Attaccano due mucchi di fango e muschio vagamente antropomorfi.

I loro colpi bruciano parti enormi dei corpi che ricrescono con velocità raddoppiata.

Una ferocia disperata eppure inarrestabile. La morte, per loro, sarebbe un sollievo.

Volano attorno alle due creature e sparano. Volano attorno alle due creature e le colpiscono con mazze e pugni.

Due soli istinti. La rabbia domina i parademoni, ma essa è solo il più debole dei due.

La loro rabbia è generata dalla paura.

E chi ha paura brucia, al tocco dell’Uomo Cosa.

Due cadono in fiamme e muoiono fra atroci dolori.

La cosa delle palude osserva questa scena e reagisce in fretta. Per quanto possa essere pietoso, un’invasione di parademoni è pericolosa e va arrestata quanto prima.

È pietoso ma già una volta ha già sterminato un’intera città di vampiri.

Allunga la sua presa sul verde alla sostanza del suo doppio e lo fa esplodere in ogni direzione, colpendo tutti i parademoni.

Tutti avvampano al suo tocco.

Quando l’Uomo Cosa si riforma, dalla sostanza della palude, appena pochi istanti dopo, nulla e nessuno è più attorno a lui.

Nessuno, come se mai fosse stato li.

 

New York

“Buongiorno, New York! Sono le 06 precise e vi parla il vostro fedele ed immortale DJ Lunatik! Il cielo oggi si prevede sereno, temperature in lieve rialzo ma non certo al livello-Inferno! Nessun avvistamento di supereroi, tranne che per l’Uomo-Ragno in direzione Central Park. Se siete fortunati, gli strappate un selfie o una bella inquadratura di quelle chiappette favolose!”

(risate registrate)

“Secondo le mie fonti imprescindibili, nessun supercriminale si è ancora dato da fare: mi dispiace, cari avvoltoi delle assicurazioni, ma per oggi sembra che non farete salire i premi. La Grande Mela, lo sappiamo tutti, è un posto eccitante dal sorriso smagliante! Chi ha bisogno del resto del noiosissimo mondo, eh? Perciò non perdiamo tempo dietro alle notizie di regime ed occupiamoci di voi, amatissimi ascoltatori! Chiamate l’1-888-CALL-ME, che voglio sentirvi tosti e pronti a battervi con il mondo! Ahh, ed ecco la nostra prima voce, la nostra mascotte addirittura! (squillo di trombe) Buongiorno, Sig.ra Cavendish, a che dobbiamo l’onore?”

La mano si stringe convulsamente intorno al bicchiere di carta, sparpagliandone sul banco e fuori dal banco il contenuto, come fosse esplosa una granata al cappuccino.

“Maestro!” il ragazzo seduto accanto ad un uomo di mezza età in preda a quello che sembra un attacco epilettico si precipita a soccorrerlo sotto gli sguardi incuriositi di qualche avventore e decisamente allarmati dei due giovani addetti al banco.

<Ehi, avrà mica quella schifezza cinese?> chiede uno di loro, pensando più al proprio posto di lavoro che alla salute del cliente.

<N…nessuna malattia…> riesce a dire l’uomo a denti stretti. Avverte gli effetti della Remedii Infusionem portati dal tocco del suo allievo ed amico, che sta pronunciando le parole della magia così piano da non farsi udire.

<Sto…meglio…> ed è così. Buona vecchia panacea.

<Ah non stento a crederlo, ma adesso andatevi a cercare una stanza> sbotta uno degli avventori, maleducatamente equivocando il quadro che offre un ragazzone di trent’anni con le braccia intorno alle spalle dell’azzimato signore coi baffetti con cui era entrato poco fa.

L’uomo prende dei tovaglioli e si asciuga le mani che non sembrano essere minimamente state scottate dal caffè bollente appena ordinato.

<Credo che sia il miglior suggerimento che poteva darmi, signore. Buona giornata a lei, se ne sorgeranno ancora.> Si tocca la punta del cappello e va alla porta insieme al suo accompagnatore.

<Maestro, perché non usa la magia per portarci al Sancta Sanctorum?>

<Perché potremmo non arrivare a casa, mio caro Rintrah. Ho avvertito in un attimo multiple sovrapposizioni planari, di breve durata, ma spontanee ed improvvise…e peggio ancora, senza una magia a guidarle. Temo di sapere cosa, o meglio chi ne sia la causa, ma non è solo quello il problema.> Gli occhi di Stephen Strange sono luminosi di arcane energie, mentre osserva il cielo con espressione grave.

<Ti basta usare una semplice magia di scrutamento, osserva.>

Anche gli occhi del giovane si accendono…e gli si spalanca la bocca. Certo, come il suo maestro, l’alieno Rintrah ne ha visti e combattuti di orrori oltre il velo di questo mondo…ma l’immensa mostruosità dalla nuda pelle fiammeggiante, dotata di un imponente palco di corna ramificate e quattro occhi maligni, non è ancora parte del suo catalogo di esperienze…finora.

<Un potere così oscuro e grande, così grande…> Strange rabbrividisce, mentre la cosa all’improvviso sembra accorgersi dei suoi osservatori, voltando la testa verso di loro, quegli occhi infuocati che ora sembrano esprimere curiosità…prima di svanire come era apparsa. <Amico mio, non so se questo evento stia coinvolgendo gli altri metaumani, o chi altro, ma ora più che mai dobbiamo prepararci. Dobbiamo capirne di più, subito, e soprattutto cercare alleati. Se quell’essere varcasse la soglia tra i mondi, ci schiaccerebbe come insetti.>

 

Lexcorp Tower, Metropolis

Access si risveglia all’interno di uno strano macchinario, rinchiuso all’interno di una bolla protettiva e con le braccia bloccate da manette così grosse da coprire l’intero avambraccio.

Il suo primo istinto è cercare di teleportarsi all’esterno, ma la cosa si dimostra controproducente: le manette rilasciano una scarica elettrica estremamente dolorosa.

<Lex. Si è svegliato.> avverte Mercy, l’unica persona presente a non indossare un camice da laboratorio.

Anche l’uomo calvo si toglie il camice bianco, rivelando al di sotto un impeccabile completo nero; sul petto porta una spilla che rappresenta la bandiera americana.

<Lex Luthor.> lo riconosce Access, che in tutta risposta riceve un’altra dolorosa scarica.

<“Signor Presidente” per lei, mister Asher, se questo è il suo vero nome. Ho chiesto all’FBI di indagare sul suo conto, ed ho trovato qualcosa di molto interessante: lei non esiste. E a giudicare da quell’odioso costume, immagino che preferisca essere chiamato in un altro modo?>

<Sono Access. E tu non sei il mio presidente, Luthor... non provengo dalla tua realtà.>

<Considerando le tue energie vibrazionali, non provieni da nessuna realtà: ho già studiato viaggiatori da altre dimensioni, e tu sei un caso unico. Una sorta di portale multidimensionale vivente, suppongo? Davvero interessante.>

<Che cosa vuoi da me, Luthor? Non provare a farmi credere che è solo curiosità scientifica!>

<Più che altro un’opportunità politica. Il Ventiduesimo Emendamento mi impedisce di candidarmi ad un terzo mandato alla presidenza degli Stati Uniti, e la Justice League ha sventato il mio piano di controllare mentalmente il Congresso per annullarlo. Ho iniziato a cercare una realtà parallela dove potessi ricandidarmi... ma le mie macchine sono entrate in risonanza con energie non meglio identificate. Le tue energie, Access.>

<Luthor, non puoi fare una cosa del genere. Non hai idea del disastro che potresti scatenare se il mio potere andasse fuori controllo! Cose e persone hanno già iniziato a spostarsi a caso da una realtà all’altra, e se questo continuasse...>

<Potrebbero non tornare mai più, vero? C’è qualcosa di molto diverso nella realtà a cui puoi accedere, rispetto a tutte le altre realtà parallele che conosco... la barriera che le separa è infinitamente più resistente.>

<Esatto! Per chiunque altro è un viaggio di sola andata!>

<Ma davvero. Un viaggio da cui nemmeno Superman potrebbe tornare, suppongo?> chiede Lex Luthor, attivando la macchina. Access urla di dolore, mentre le energie che si nascono tra i suoi atomi vengono completamente stravolte.

<Suona interessante.> commenta Luthor con un mezzo sorriso, ignorando le urla di Access.

 

Doomstadt, Latveria

Quando la macchina si spegne, Access si sforza il più possibile a restare cosciente: è prigioniero di un’altra macchina, incredibilmente simile a quella di Luthor, ma invece dei Servizi Segreti a tenerlo sotto controllo c’è un piccolo esercito di robot.

<Lord Destino. Il soggetto è cosciente.> dice uno di loro.

<Lasciateci soli.> ordina un uomo in armatura, la cui maschera di ferro è nascosta dall’ombra di un cappuccio verde.

<Il Dottor Destino? Sono tornato nell’altra realtà?> si domanda Access, il cui corpo sta ancora brillando di energia.

<Benvenuto a Latveria, Access. Ti assicuro che sarai trattato con tutti gli onori.> lo rassicura il tiranno in armatura, prima di tirare una leva sul pannello di controllo: l’energia viene strappata dal corpo di Access ed assorbito dalla macchina, di nuovo causandogli atroci dolori.

<Cercherò di lasciarti in vita abbastanza a lungo perché tu possa essere proclamato eroe nazionale per aver fornito a Destino l’opportunità di liberarsi per sempre dei Fantastici Quattro e reclamare il posto che gli spetta come sovrano assoluto del pianeta.>

<Non puoi... farlo...> replica Access a denti stretti, agonizzante.

<Al contrario. Chi altri, se non Destino, avrebbe potuto rilevare la fonte di energia che causava interferenze alle sue sonde inter-dimensionali? Chi altri, se non Destino, sarebbe stato in grado di individuare l’esatta frequenza vibrazionale necessaria per infrangere la più solida barriera tra universi che si sia mai vista? Chi se non...>

<Mi dispiace interrompere, ma stai rovinando il mio esperimento.> interviene una voce.

<CHI OSA interrompere il Dottor Destino!?>

Un ologramma appare in fronte alla macchina che intrappola Access, ancora in agonia.

<Lex Luthor osa. Con chi ho il piacere di parlare?>

<Victor Von Doom, Sovrano di Latveria. Stai generando un’interferenza secondaria per generare una proiezione visiva? Un trucco semplice ma efficace; non molti sarebbero capaci di farlo.>

<Anche destabilizzare la ridondanza interfasica per teletrasportare Access nella tua realtà è stata una buona idea. Non mi capita spesso di avere a che fare con un altro uomo di stato che si intende di scienza.>

<La tua tecnologia deve essere quasi all’altezza di quella di Destino se hai potuto attingere al potere di Access. Hai il rispetto di Destino, Luthor, una mercanzia assai rara in qualsiasi universo; ti concedo l’onore di spegnere le tue macchine senza pagare con la morte l’offesa di aver cercato di rubare a Destino ciò che gli spetta di diritto: il potere assoluto.>

<Neanche per sogno. Con tutto ciò che potrei fare con il potere di Access, non lo lascerò ad una brutta copia di Acciaio che non indossa nemmeno un mantello del colore giusto.>

<Pomposo insolente!> protesta Destino, aumentando al massimo la potenza della sua macchina.

Nell’altro universo, Luthor fa esattamente la stessa cosa.

<Fermatevi! Non sapete quello che state facendo!> grida Access, che ora si sente lacerato tra le due realtà: il suo corpo sembra spostarsi migliaia di volte al secondo tra un universo e l’altro.

<Le vostre realtà sono troppo diverse tra loro! Se le mettete troppo in collegamento...> cerca di spiegare loro Access, senza poter terminare la frase per colpa dell’esplosione.

 

Quanto il denso fumo nero si è diradato, Lex Luthor si avvicina ai resti della bolla trasparente che imprigionava Access, ora in frantumi. Dell’eroe non c’è più traccia, ma Luthor si china per recuperare tra i rottami una piccola scatola metallica che brilla di energia.

<Tutto a posto, Lex?> chiede Mercy Graves, la sua fidata assistente, avvicinandosi con cautela.

<Quell’idiota in costume mi è costato due miliardi di dollari di danni in apparecchiature insostituibili, ma ne è valsa la pena. Ho raccolto abbastanza energia inter-dimensionale da poter esiliare ogni cosiddetto super-eroe in una realtà da cui non potrà far ritorno!>

<Vuoi dire...> interviene una voce distorta elettronicamente: una mano metallica afferra Mercy per la gola e la solleva da terra, quando una figura incappucciata emerge dal fumo dell’esplosione.

<...abbiamo raccolto.> conclude Destino.

Nell’altra mano tiene una sfera che brilla con la stessa energia della scatola di Lex.

<Il Dottor Destino, presumo.>

<Luthor. Abbiamo molto di cui discutere.> risponde l’uomo in armatura, lasciando cadere a terra una Mercy Graves ormai priva di sensi, per poi tendere la mano al Presidente degli Stati Uniti.

<Sarà un piacere fare affari con lei.> risponde Lex Luthor, stringendo la mano al Dottor Destino.

 

Sul lato oscuro della Luna

La quasi totalità della popolazione terrestre non lo sa, ma in questo momento c’è qualcuno che osserva il loro mondo. Per la verità lo sta osservando da molto prima che i primi batteri si evolvessero su questo pianeta, ma in questo momento li osserva con particolare attenzione

Uatu l’Osservatore sta maneggiando alcuni complessi macchinari, incomprensibili anche a molte civiltà interstellari, che stanno mostrando una tutto ciò che sta avvenendo sul pianeta.

<Devo vederlo con i miei occhi> commenta Uatu l’Osservatore.

Cammina dritto verso la parete, passandoci attraverso come se nulla fosse, e mettendo piede sulla superficie lunare. Quando alza lo sguardo, di fronte a lui ora ci sono due Terre che occupano lo stesso spazio.

<Affascinante. Non ho mai assistito ad un fenomeno simile.>

<Io sì.>

È estremamente difficile, se non impossibile, sorprendere un Osservatore. Eppure Uatu non si è accorto dell’uomo che ora si trova di fianco a lui fino a quando non ha parlato.

Ad una più attenta analisi, gli è chiaro che è molto più di un uomo. L’essere seduto su una sedia fluttuante la cui tecnologia rivaleggia con quella di Uatu è più simile a un dio, anche se potrebbe essere persino qualcosa di più.

<Ho già osservato molte realtà parallele, ma c’è qualcosa di assai diverso dall’universo da cui provieni. Dici che un fenomeno simile è già accaduto in passato?>

<Molte volte. Infinite, per essere precisi, su infinite terre e con infinite varianti. Ma c’è sempre un fattore inevitabile.> risponde Metron dei Nuovi Dei.

<I mondi muoiono.> comprende immediatamente l’Osservatore.

<I mondi muoiono.> gli fa eco il dio.

 

New York City

Access non ha la minima idea di dove si trovi, ma di una cosa è sicuro: sta morendo.

Può sentire i suoi atomi che si ribellano contro quello che gli è stato fatto, e l’esplosione non lo ha lasciato per nulla illeso: ha diverse parti di metallo e vetro conficcate in corpo.

Considerando che non è circondato da robot o dai Servizi Segreti è certo di non essere più prigioniero né di Destino né di Luthor, ma questo è quanto.

Si trascina con fatica verso il primo telefono pubblico che vede, pregando di non aver dato al tassista tutti gli spiccioli che aveva, componendo uno dei numeri che ha memorizzato: il numero di emergenza dei Vendicatori.

<Tutte le linee sono momentaneamente occupate. Vi preghiamo di rimanere in attesa, grazie.> risponde una voce pre-registrata.

<Vi prego... è importante... devo parlare con un eroe...> dice Access, sul punto di perdere i sensi.

<Tutte le linee sono momentaneamente occupate. Vi preghiamo di rimanere in attesa, grazie.>

<Sono l’unica persona... che può salvare... due universi...>

<Ma davvero?> chiede qualcuno dietro di lui, attirando la sua attenzione picchiettando la sua spalla con un dito.

Access si volta, trovandosi di fronte un uomo dalla faccia bianca come la morte e con un ampio, innaturale e sadico sorriso.

<Allora sarebbe davvero divertente se ti succedesse qualcosa!> dice il clown, premendo il fiore finto che porta all’occhiello. Access prova ad allontanarsi dalla piccola nuvola di gas rilasciata, ma è troppo tardi. L’eroe scoppia a ridere.

Il suo volto si contorce in un doloroso ghigno, il suo volto diventa sempre più pallido, e continua a ridere in modo incontrollato fino a quando non esala l’ultimo respiro.

<Visto? Te l’avevo detto che sarebbe stato divertente! Divertente da morire! HAHAHAH!!!> scoppia a ridere il Joker.

 

 

CONTINUA

 

Note

Nel Dicembre del 2000, Marvel IT debutta con  Vendicatori, Difensori, Fantastici Quattro, X-Men e Worldwatch. Per celebrare i 20 anni di storie era inevitabile cercare di organizzare un crossover. Ma di quale tipo? Dopo 20 anni non è stato facile trovare qualcosa all'altezza dell'occasione. La soluzione? Un crossover con i personaggi della DC Comics!

Per la prima volta, infatti, i personaggi di MarvelIT (inclusi rappresentanti delle primissime testate) incontrano gli eroi della Distinta Concorrenza.

Dato che la DC Comics ha un sistema di continuity a dir poco diverso da quello Marvel, tra infiniti reboot e revisioni, quella che appare tra queste pagine non è una "versione definitiva", ma più che altro una versione di rappresentanza della DC Comics: così come Marvel IT si distacca dalla continuity USA nel 2000, così abbiamo considerato di trattare una DC Comics che abbia ricevuto un trattamento equivalente.

 

 



[1] In ordine di scena: Fabio Furlanetto, Igor Della Libera , Carmelo Mobilia, Mr.T, Carlo Monni, Mickey, rossointoccabile, Valerio Pastore

[2] Su Wolverine Marvel #12

[3] Lorna Dane, ovvero Polaris, membro dei Vendicatori

[4] Warren Worthington, Alias Arcangelo.

[5] Vedi Iron Man Marvel IT #100 e successivi.

[6]Come narrato su Vendicatori Segreti MIT #51

[7] Vedi la miniserie MIT di Namor.