PROLOGO: La catena montuosa
si stendeva per cinquecento chilometri, un immane confine naturale a forma di
falce fra l’est e l’ovest dell’unico continente di Altro Regno.
Al centro della falce, si ergeva
una montagna, una fortezza nella fortezza: una piramide naturale dai fianchi
frastagliati, coperti di fitte foreste alla base, di ghiaccio eterno sulla
cima. Le nuvole la tagliavano in due, nascondendone la cima agli sguardi di
coloro costretti a muoversi sulla terra.
Ma per chi potesse
raggiungerla con la forza delle proprie ali,
la ricompensa era uno spettacolo ancora più mozzafiato del panorama.
Perché, protetti dallo
schermo delle nuvole, intorno alla montagna, volavano decine e decine di dragoni.
Giovani ed adulti, di varie razze e colori, che venissero dal mare
-protetti in iridescenti bolle d’acqua- o dalle foreste, o dalle paludi, o dai
cieli più remoti, erano un raduno di colori come molto raramente si vedeva, su
questo mondo.
E infatti, si trattava di un evento raro: il primo Grande Consiglio tenuto da secoli. Le
maestose creature, lunghe ognuna decine di metri, si prodigavano di non urtarsi
fra di loro, mentre i più esuberanti non facevano che provocare i genitori od
altri anziani con voli eclettici accompagnati da ruggiti di gioia.
Gioia. Un'altra sensazione
rara, nelle loro vite. Vivevano, amavano, si riproducevano e combattevano, ma
lo accettavano con serenità, quella era la loro vita.
Oggi erano felici. Per quanto
potessero essere disciplinati in volo, all’arrivo era quasi una lotta per
conquistare i posti nella grande arena, scavata nel cuore della montagna.
La struttura dell’arena era
un cono rovesciato, composto di una dozzina di cerchi terrazzati.
Informazioni e saluti furono
scambiati in decine di dialetti, ali vennero occasionalmente stiracchiate,
artigli affilati contro la roccia cristallina, lamentele di ogni genere per
piccole trivialità, rimproveri per ottenere disciplina… Nell’arena, il rumore,
per i canoni dei draghi, era l’equivalente di un brusio. Un essere umano
sarebbe diventato sordo in pochi minuti. Gli oltre cento corpi giganteschi
presenti riscaldavano efficacemente l’interno; l’odore di drago era intenso da stordire. La tensione si poteva
tagliare con il coltello.
Ad un certo punto, tutti, uno
dopo l’altro, tacquero. I musi si chiusero, i respiri si quietarono anche se
ancora i petti sembravano tuonare più che respirare. La tensione salì di un
altro punto. Cento ed oltre paia di occhi puntarono tutti verso l’unico ingresso
che dava sulle viscere della montagna.
Da quell’ingresso, giunsero i
pesanti, inconfondibili passi di un dragone. Dapprima giunsero come un’eco
remota, poi sempre più forti, ad un ritmo costante, sincronizzato con i cuori
dei presenti…
Alla fine, coloro che
aspettavano emerse. La ragione di quel raduno fu visibile agli occhi di tutti.
Emerse insieme al giovane
dragone azzurro, che aveva l’immenso onore di essere suo compagno di vita.
Era l’uomo-lupo dalla bianca
pelliccia, discendente diretto di Antesys, fiero nella sua armatura smeraldina
decorata di armi, portatore della pietra scarlatta che brillava sanguigna alla
sua gola.
Era Stargod, insieme a Max, ed ai cinque Cavalieri che combattevano con
lui per la protezione di Altro Regno.
MARVELIT presenta
KNIGHTS TEAM 7
Episodio 22 - Io scelgo questo mondo!
Il primo dragone, una femmina
delle paludi, nera e lucida, serpentina, esplose in un ruggito di benvenuto.
Uno dopo l’altro, tutti i
presenti si unirono in un saluto collettivo che scosse letteralmente le pareti
rocciose. La montagna stessa sembrò cantare.
Anche Max si unì al coro,
dandoci dentro a pieni polmoni, come a volere sovrastare tutti gli altri.
Stargod voltò la testa a
destra e a sinistra, osservando i dragoni, quasi sopraffatto dalla loro
presenza. La sua mente percepì ogni sfumatura della loro felicità. Avrebbe
voluto mettersi ad ululare, ma non era sicuro cosa prescrivesse in questi casi
l’etichetta di queste creature… Dio, neanche nei suoi sogni più sfrenati
avrebbe immaginato di trovarsi, un giorno, in questa situazione…
E, ancora una volta,
un’ondata di rimorso lo colpì quasi fisicamente: per ben due volte si era
lasciato indietro tutto questo, ancora prima di scoprirlo, per vivere la
limitata vita di John Jameson, astronauta fallito e frustrato figlio di un
tirannico editore.
Guardò Max, che ancora
cantava. Aveva dovuto proteggere sé stesso ed i suoi compagni di squadra con il
potere della Godstone, o i timpani sarebbero esplosi. Diede una rapida occhiata
ai Cavalieri:
Ø
Diablo,
l’alchimista, si rendeva sempre più conto di trovarsi in un territorio che non
avrebbe mancato di metterlo a dura prova. Anche se, a campagna finita, avrebbe
avuto la sua terra come promessogli[i], non
avrebbe mai potuto dare nulla per scontato, come sulla Terra.
Ø
Grigar,
l’ex-Balkatar del Popolo Felino, aveva scelto di lasciarsi la sua gente nei
meandri del Limbo, nella Terra Interna.
Cosa lo aspettava, rimanendo in questa dimensione, lontano da ogni cosa che
potesse chiamare ‘casa’, una volta finita la guerra?
Ø
Iron Monger,
nella sua armatura riparata grazie al potere della Godstone. Sotto il potente
guscio metallico c’era un uomo la cui dedizione alla causa di Stargod era in
realtà il prezzo da pagare per le cure del figlio autistico, rimasto sulla
Terra.
Ø
Avatar.
Corpo del sintezoide Empatoide della Zona Negativa, simbiotizzato con il corpo
di energia vivente di Agron, creatura
di un futuro lontano miliardi di anni, e con lo spirito di un nativo di Altro
Regno. Come quasi tutti gli esseri umani di quel mondo medioevale. Muran vedeva
i dragoni come creature distanti, da temere occasionalmente. C’era da dubitare
che in vita sua avesse mai visto un simile assembramento.
Ø
Il Seminatore di Morte, ovvero Mary Elizabeth Sterling, organizzatrice dei
Cavalieri ad insaputa di Stargod. Era l’unica a non mostrare il minimo segno di
tensione, anche grazie al fatto che il suo volto era nascosto da una perenne ombra
fra la tesa del cappellaccio e l’ampio collo del suo mantello. Lui nutriva
forti diffidenze verso le tattiche contorte di lei, mirate in un ambito che lui
non riusciva a delineare, come se la guerra in corso fosse solo un elaborato
tassello di un mosaico a più dimensioni. Lei gli aveva chiesto fiducia, e lui
aveva scelto di dargliene…per ora…
Il canto, finalmente, si
spense. Le teste dei dragoni si chinarono in segno di rispetto.
Un dragone in prima fila, un
‘cavalcavento’ di un blu così intenso da essere abbagliante, disse, “Noi ti
salutiamo, Stargod: abbiamo atteso il tuo ritorno con fede e pazienza.
“Abbiamo indetto questo
raduno per rinnovare il nostro giuramento a te, e per metterti in guardia
contro le vili menzogne di coloro che si professano i ‘veri eredi’ della
Godstone. Sappi, Salvatore e Protettore, che simili sciagurati non sono che
un’infima minoranza, una cerchia di folli che mai si è espansa oltre i suoi
confini.
“Fra loro, il solo che possa
vantare potere è il rinnegato Satranius.
Gli altri si nascondono nell’ombra delle loro piccole cospirazioni. Ti
chiediamo scusa se, a causa di un folle, tu hai ricevuto una falsa impressione
di noi.”
Stargod avanzò di un passo.
Ricambiò solennemente lo sguardo delle fiere; attraverso la Godstone, irradiò
mentalmente la sicurezza che mise nelle sue parole. “Sono onorato da questo
raduno, potenti dragoni. Credo alle vostre parole, e mai sonderò la vostra
mente per verificarne la veridicità…” pronunciò il nome reale di Max.
“Ma davvero si chiama così?” bisbigliò Iron Monger a nessuno
in particolare.
“…con il quale, per
intercessione di Antesys stesso, condivido il mio stesso essere, mi ha già
ampiamente rassicurato. Tu,” fissò il grande dragone blu, “sei suo padre?”
Assenso. “Così è, Salvatore e
Protettore. Sappi che la vostra unione è per tutti noi motivo di orgoglio senza
pari: attraverso la vostra felicità, noi stessi come specie siamo ora più
vicini ad Antesys. Io…” disse il suo nome, un guazzabuglio incomprensibile per
ogni lingua umana. Stargod decise che lo avrebbe ribattezzato ‘Sadu’ a
beneficio privato. “…offro se necessario la vita mia e della mia famiglia
perché nulla possa separarvi.”
John non ebbe bisogno di
leggergli la mente, per capire che faceva suo serio. Credeva che Max fosse un
devoto, quando si erano conosciuti, ma la facilità con cui Sadu aveva espresso
quelle parole lo fece rabbrividire. Sapeva di essere importante per molta
gente, degli uomini erano caduti in suo nome…ma fra di loro c’era chi dubitava.
Queste creature erano assolutamente, e senza dubbi*
“Allora preparati a sacrificarli, traditore della tua specie!”
La voce giunse come un tuono.
Le teste dei dragoni si voltarono in cerca di chi aveva osato lanciare quella
bestemmia, le loro voci si alternavano a sibili e brontolii. Stargod stesso
mosse le orecchie in tutte le direzioni e fiutò invano l’aria.
L’immagine astrale di un
familiare dragone verde delle foreste si materializzò fra la cerchia dei draghi
e Stargod.
“Veggany!” ringhiò Max. “Come osi portare qui la tua lurida presenza?!”
Ignorando volutamente i suoi
simili, Veggany disse direttamente al dio-lupo, “Sono qui per proporti una
scelta, blasfemo.”
“Siete in parecchi a definirmi
così,” ribatté Stargod, “cosa ti fa pensare che insulti e minacce ti possano
rendere degno della Godstone?”
Veggany rise. “’Minacce’,
dici? No, Stargod, io non minaccio: io prometto.
Prometto a te ed ai tuoi leccapiedi che se non mi cederai la Godstone, il tuo
mondo intero ne soffrirà le conseguenze. Osserva!” accanto alla sua immagine,
apparve quella di una città. Una struttura ricavata dalle pareti da un vulcano
estinto.
“Kalgarn,” mormorò Stargod.
La città che era stata il teatro della sua prima avventura contro i Tok dopo il
ritorno su Altro Regno[ii]. Prima
che il lupo potesse spiccicare altra parola, vide una serie di corpi rocciosi
precipitare su Kalgarn. Corpi rocciosi infuocati, che all’impatto esplosero
come bombe. Impotente, Stargod vide la città di Kalgarn morire sotto i suoi occhi, distrutta, consumata dal fuoco caduto
dal cielo. Vide gli uomini e le donne di Kalgarn fuggire invano, colti di
sorpresa, venire schiacciati dai loro simili in fuga cieca o dalle rocce o
carbonizzati dalle fiamme. Le immagini erano mute, ma parlavano da sole.
Stargod si attaccò ad una
disperata speranza. “Veggany…se oserai fare una cosa simile per davvero…”
“Non è un bluff,” disse una
nuova voce. Questa volta, ai piedi di Veggany apparve un Tok! Esattamente come i
‘clerici’ incontrati a Kalgarn, costui indossava un’ampia tonaca sulla sua
forma. “Io sono il Grande Fratello
Superiore Jsejsek della Casta Sacerdotale, blasfemo. Quello che vedi sta
succedendo per davvero: abbiamo lanciato una frazione minima dell’instabile anello che circonda Altro Regno contro
quella città. Per quanto non auspichiamo lo spreco di cibo, sarà un sacrificio
utile se conseguiremo il nostro comune scopo, e cioè liberarci di te.”
Gli occhi del dio incarnato
iniziarono a brillare.
Jsejsek scosse la testa. “Io
non lo farei, blasfemo. In questo momento, il nostro Volter Cannon è puntato sul luogo dove ora vi trovate. Neanche tu puoi operare su più fronti allo
stesso tempo. Un colpo solo, e i tuoi eretici alleati saranno atomizzati. Sei
pronto a sacrificarli?”
Stargod non credeva alle sue
orecchie. “Vi professate ‘fratelli’ dei dragoni figli di Antesys, e ne
sacrifichereste a decine?”
Jsejsek sbuffò, irritato. “I
tuoi alleati sono traditori, rinnegano la santa parola di Antesys. Si sono
allontanati dalla Sua grazia da soli. La loro morte ci è irrilevante.”
Ascoltandolo, il Seminatore
di Morte capì che la cosa era più seria di quanto sospettasse: c’erano due fazioni, fra i Tok. Ssylak doveva
essere un ortodosso, se non aveva mai osato fare del male ai draghi. Avrebbe
ucciso Max, vero, ma solo perché lo credeva contaminato dai naniti che per un certo periodo avevano
dimorato nel sangue di Jameson..! Infatti, in precedenza, a Kalgarn, si erano
premuniti di catturare Max vivo e sano, per cercare di ‘illuminarlo’…
Jsejsek doveva essere
l’equivalente di un Protestante, pronto a rimodellare la religione su parametri
più personali.
Veggany riprese a parlare.
“Dammi la pietra, Stargod: restituisci il potere a chi lo merita.”
In risposta, Stargod snudò le
zanne. “I tuoi antenati si dimostrarono talmente indegni che Antesys stesso ve
la tolse, e lo sai! Cosa ti fa credere che se anche io cedessi…”
“Questa volta Antesys non ce
la toglierà. Questa volta, terremo il potere, ma solo per arrivare agli anelli
del potere ed espanderci verso le stelle! A quel punto, la Godstone non ci
servirà più!”
“Tu sei folle!” Questa volta
fu Sadu a parlare. “La pietra è un canalizzatore della volontà di Antesys, non
una fonte di potere! Egli ce la tolse per simboleggiare la nostra indegnità! Se
volesse, la sbriciolerebbe…”
“MENTI! la Pietra è una fonte
di potere, per questo Antesys ce la tolse! Ed anche se incontrassimo la Sua
disapprovazione, non m’importa: accetterò serenamente il Suo giudizio dopo la
mia morte. Ma voglio che le nostre uova raggiungano i mondi lontani promessi
dai nostri fratelli delle stelle![iii]”
Stargod decise di provare
un’altra strada. “Non so come tu abbia fatto a convincere i Tok ad accettare
questo folle piano, ma…”
“Non ho scelta,” lo
interruppe Veggany. “Attaccandoti, sono già andato incontro allo sfavore di
Antesys. Ho cercato di raggiungere gli anelli con il sotterfugio prima e con la
violenza aperta poi… I fratelli Tok sono la mia ultima speranza, solo loro
hanno i mezzi per costringerti a cedermi la pietra. Non sopravvivrei al
fallimento. E non fallirò.”
“…”
“Esiti ancora, mammifero?”
fece Jsejsek. “È evidente che hai bisogno di essere ulteriormente…incoraggiato.
Osserva.”
Stargod vide una montagna
volante venire giù, verso una zona di verde. Riconobbe anche quella. Era lì che
lui aveva combattuto contro Azulbunxibar e la sua gente, era lì che aveva
vissuto qualche ora come un lupo vero e proprio. Era lì che, dopo, aveva
consumato la sua prima notte con Max[iv]. Un
posto speciale, una memoria speciale… “NO!” ruggì, e i suoi occhi brillarono.
La roccia non colpì, ma poco
prima dell’impatto si trasformò in un nuovo sole. Esplose, e si trasformò in un
fungo atomico! In un lampo, e negli istanti successivi, chilometri e chilometri
quadri furono vaporizzati, inceneriti…il lavoro di secoli della natura spazzato
via in un momento di olocausto nucleare. John avvertì come un colpo allo
stomaco, avvertì il dolore di Altro Regno. Non ebbe più dubbi che fosse vero!
“Abbiamo disseminato molte
rocce con bombe termonucleari, quale arma definitiva in caso di contaminazione
da naniti, blasfemo,” disse Jsejsek con una calma assurda. “Quante credi che ce
ne vorranno per convincerti?”
“Qui ci finiamo tutti fino ai
capelli,” disse Iron Monger al Seminatore. “Jameson è agli sgoccioli, la tua
brillante mente cosa suggerisce?”
Il Seminatore guardò verso la
volta. “Se solo sapessimo dove si
trova il loro quartier generale, potremmo teleportarci lì e risolvere la cosa:
sicuramente Ssylak è estraneo a questa follia. Devono averlo fatto prigioniero,
o comunque isolato, almeno spero. Comunque sia, dovremmo trovarci sul posto e
sconfessare Jsejsek e Veggany pubblicamente.”
Ancora una volta era
costretto a scegliere, ma non fra egoismo e dovere questa volta.
Doveva scegliere fra la vita
di chi gli era caro, quella di questi innocenti, ed il resto del mondo.
Poteva assorbire l’esplosione
del Volter Cannon, ma lo sforzo lo avrebbe seriamente stordito[v]. E se
avessero sparato di nuovo…
La mente di Mary E. Sterling
continuava a lavorare freneticamente.
I conti non tornavano.
In qualunque modo la
mettesse, nelle parole pronunciate poco prima c’era una falla mostruosa.
Ssylak.
La sua gente gli era fedele,
disposta al sacrificio ultimo per lui.
Era forse la fedeltà obbligatoria
per il dittatore? Lo avrebbero abbandonato appena il vento fosse cambiato?
Stargod iniziò a
concentrarsi. Se doveva imparare lì e subito a sfruttare il suo potere in modi
finora solo ipotizzati, e su una scala inimmaginata…
Il soldato Tok disposto a
lasciarsi immolare, a Kalgarn, perché i naniti venissero annientati,
risparmiando così Altro Regno.
Il loro mondo era stato
distrutto. Viaggio generazionale alla ricerca di una nuova patria. La base
ideale per forgiare un potere tirannico ed assoluto.
“Blasfemo, so cosa stai
pensando. E ti consiglio di non pensarci neppure, o l’intero anello verrà giù.”
Ssylak era sinceramente
preoccupato per l’integrità di Altro Regno, disposto a morire per la sua
salvezza. Principe o no, la sua influenza doveva andare molto oltre il semplice
potere politico. La sua gente aveva fiducia nella Casta Reale, era un fatto
genetico e non di semplice potere.
Gli occhi brillarono di
energia scarlatta, al punto da farli diventare pozze ribollenti. “Dovrebbe
importarmi, Tok? Mi hai appena mostrato che non ho molta scelta, in fondo. Se
degli innocenti debbono morire, per mano delle armi o della Godstone o degli
anelli, almeno avrò tentato. È il mio
mondo, vermi striscianti! Non lo abbandonerò, meno che mai per paura di combattere!”
Quella dei sacerdoti era una
casta, ma gli esecutori erano gli ‘operai’, i militari. Erano la stragrande
maggioranza e nati con la fedeltà alla casta reale.
Non c’erano disertori, fra loro!
Il Seminatore di Morte si
incamminò fino alle immagini astrali.
“Che cosa vuoi, piccolo
mammifero?” chiese Veggany. “Non osare intrometterti!”
In risposta, una mano
guantata di nero si sollevò fino a sfiorare le immagini di Veggany e Jsejsek.
“NO!”
I bioscrambler nei guanti si attivarono. La magia traeva fonte dalle
energie vitali, e i dispositivi del Seminatore mandava le bioenergie in
cortocircuito!
Le immagini svanirono.
“Stanno bluffando, Stargod: non hanno il controllo del loro satellite armato. È
impossibile.”
“Ti
prenderò in parola, Seminatore,” rispose il lupo. La sua volontà si stava
estendendo ai cieli di Altro Regno, raggiunse la zona dell’anello. Attinse al
potere della Godstone, così come fece quando dovette salvare il Microverso dal collasso gravitazionale. Questa
volta, però, avrebbe dovuto solo essere più…gentile.
E
si sarebbe assicurato che l’’arma finale’ dei Tok non avrebbe mai più potuto
essere utilizzata!
Città orbitale di S’shadz,
orbita di Altro Regno.
La sala tremò come sotto un
potente terremoto. Circuiti bruciarono mandando piogge di scintille. Strumenti
impazzirono nel tentare di mantenere, invano, la stabilità di S’shadz.
“Signore! L’anello!”
Il Principe Ssylak, in sala
comando, stava osservando. E per la prima volta da quando vide l’ombra di
Antesys benedire il blasfemo, ebbe paura del potere di un Dio. La sala si
riempì di sibili e schiocchi fra il sorpreso e l’impaurito, a riflettere il suo
stato d’animo.
Perché mai aveva assistito ad
una manifestazione su questa scala.
Una colossale spinta gravitazionale stava
letteralmente disfacendo l’anello, allontanandolo dalla bassa orbita! Mosse
verso un nuovo centro comune, le innumerevoli rocce, le ‘montagne volanti’ che
avevano decorato Altro Regno per millenni, andarono ad unirsi. E S’shadz con
esse!
Stargod si stava concentrando
su quello che credeva essere un satellite armato, ed aveva involontariamente
condannato S’shadz alla sua fine.
“Dobbiamo allontanarci e
subito!” ruggì Ssylak, aggrappandosi disperatamente ad una ringhiera. “Massima
spinta, o saremo stritolati!”
“Non possiamo, signore!” fu
la disperata risposta. “La trazione gravitazionale è più potente dei nostri
motori!”
Intorno a loro, le rocce si
accumulavano, aumentavano la pressione. E fra di esse c’erano quelle con le
bombe.
Stargod ha creduto che lo abbiamo
attaccato, pensò Ssylak. Sacro Antesys, sei dunque così adirato con
noi da permettere la fine di chi ti è devoto?
Poi,
le rocce iniziarono a colpire l’astronave.
L’anello era visibile fin da
terra. E faceva un certo effetto vederlo trasformarsi in un irregolare
planetoide…
Iron Monger osservò quello
spettacolo nei suoi dettagli, grazie agli scansori dell’armatura. “Dillo
ancora, Diablo, che pensi di fare il furbetto con il lupetto. Dillo, mioddio…”
Estaban Corazon del Diablo
aveva la bocca aperta per lo stupore.
Stargod scoprì che era meno
arduo di quanto avesse temuto. Il potere rispondeva docilmente alla sua
volontà, si comportava come creta da plasmare…
Finalmente, il lavoro fu
portato a termine. Ora, una nuova luna, rozza, frastagliata si stagliava nel
cielo diurno di Altro Regno. Restava solo una cosa da fare.
Attinse ancora alla Godstone,
e impulsi di energia attraversarono il piccolo corpo celeste. Non importa
quanto bene schermate fossero le bombe, una dose simile di raggi gamma era più
che sufficiente a bruciarne i circuiti, trasformandole in costosa spazzatura!
La nuova luna era abbastanza lontana da non rappresentare un pericolo, ed il
satellite armato vi era stritolato nel centro. Quanto agli abitanti delle acque
e delle foreste e dei cieli della zona colpita dalla bomba, loro erano al
sicuro, teleportati via prima dell’esplosione.
Stargod cadde in ginocchio,
ansante, sfinito. Nell’arena piombò un silenzio quasi solido nella sua
intensità.
“Mi dispiace,” disse il dio,
alla fine.
“Dispiacerti? E di cosa?”
chiese Sadu, facendosi avanti. Si avvicinò al lupo, e lo prese delicatamente fra
le zampe. Reggendolo in un palmo, gli mormorò con voce tonante, “Hai salvato
innumerevoli vite. Hai dimostrato di essere degno del tuo potere…”
Stargod scosse la testa
mestamente. “Avrei dovuto usare per prima cosa la mia mente, accertarmi che
almeno la minaccia del satellite armato fosse un bluff. Mi sono fatto prendere
dal timore.”
Sadu sorrise. “Se dici ciò,
sei sulla buona strada per maturare. Il tuo potere è antico, ma tu sei
giovane.” Lo depose a terra. “C’è un Draco
Magister, il suo nome è Wasye. Vive nelle profondità dell’arcipelago di Mournhelm. Se pensi di avere bisogno di
imparare qualcosa sull’uso del potere, allora vai da lei. Sarà felice di
insegnarti.”
Stargod
annuì. Fece un inchino. “Accetto volentieri il vostro suggerimento. Grazie.”
Dal suo rifugio nella
foresta, Veggany osservava la scena. Avvertiva ancora un sordo dolore lungo il
corpo, dopo il contatto con quel maledetto Seminatore di Morte. Rivoli di
tossine fumavano dalle sue narici.
Aveva fallito. La sua ultima
possibilità, basata sulla rapidità e la paura, non solo non aveva ottenuto il
risultato desiderato, ma aveva dato a Stargod ancora più determinazione a
vivere il proprio ruolo! E per giunta, i suoi alleati Tok erano persi per
sempre..!
Improvvisamente, una fiamma
si accese a mezz’aria, davanti al suo muso, nel mezzo della tana fatta di
radici. La sorpresa di Veggany durò il tempo di osservare la fiamma crescere e
cambiare forma, assumendo finalmente quella di un muso familiare… “Satranius!” Veggany indietreggiò di un
passo.
L’effige fiammeggiante
emanava un calore così potente da fare fumare le spesse radici sature di
umidità. L’aria dentro la tana tremolava. “Speravi in una punizione di Stargod,
o forse di Antesys stesso, patetico perdente?” ringhiò Satranius.
Veggany arretrò ancora. “Io…”
“Tu e le tue misere ambizioni
di colonizzazione! Ora Stargod è ancora più pericoloso di prima per la causa
della nostra razza, e il Grande Consiglio stesso ne esce più rafforzato che
mai, a sostenerlo. Il tuo fallimento è tre volte grave. La tua punizione sarà
proporzionata!”
Veggany finì addosso alla
parete. Quasi si mise a strisciare su di essa, gli occhi pieni di folle
terrore. “No, no… Per favore, noo…” quell’ultima parola si trasformò in un
lungo, lunghissimo ruggito incoerente di dolore. Le sue carni bollirono,
lentamente. I suoi occhi furono fusi un po’ alla volta.
Ci sarebbero volute dieci ore
prima che il dragone verde prendesse fuoco.