PROLOGO: Territorio delle Isole Hawaii, Oceano Pacifico

 

L’onda giunse implacabile, un muro d’acqua così alto che sembrava volere inondare il cielo, l’espressione di un dio irato.

Il ragazzo, abbigliato da una colorata uniforme imbottita, corse disperatamente verso una capanna. Era un giovane di appena diciassette anni, dai capelli neri, ed i tratti misti di un nippoamericano.

Se stava pensando alla propria salvezza, o a quella di qualcuno degli abitanti del piccolo edificio di fango e paglia, allora era destinato a rimanere deluso. Neppure un grattacielo avrebbe potuto resistere alla furia elementale di quell’onda…

 

E l’onda, finalmente, si abbatté sull’isolotto, cancellandone d'un colpo ogni forma di vita.

Poco dopo, una gigantesca figura metallica emerse dalle acque, per poi stagliarsi trionfante su quello scenario di liquida morte…

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 1 - Robert Takiguchi: Risorgi, Dio-Demone!

 

 

Era una serata perfetta: la temperatura era piacevole, l’oceano era un tiepido specchio appena increspato. Le stelle brillavano immote nel firmamento, una splendida spolverata di diamanti tagliata dalla lattea falce lunare. Il vento era una brezza appena sussurrata.

Una notte perfetta, per un turista.

Una notte come le altre, per questa ragazza seduta nella barca, intenta a pulire i pesci appena pescati.

Quando ebbe finito con l’ultima preda, la ragazza chiuse accuratamente il cesto che conteneva le viscere -l’ultima cosa che voleva era attirare l’indesiderata attenzione degli squali.

Come se quello fosse stato un segnale, subito dopo una figura esplose dall’acqua -non uno squalo, bensì un ragazzo, un giovane appena sbocciato nella maturità, dalla pelle bronzea come lo era quella di lei, ed i capelli neri.

Il ragazzo salì abilmente in barca. Si tolse dalla vita un sacchetto di pelle e lo mostrò orgoglioso a lei. “Ecco, Ayala. Non ne ho mai trovate tante in una volta sola.”

La ragazza lasciò che il suo amico le versasse una manciata di perle nel palmo della mano. Anche senza luna piena, sembravano brillare di luce propria.

Ayala ne prese una fra le dita; no, non era un’impressione, la perla brillava davvero. “Sono bellissime…non ne avevo mai viste così, prima…” E aveva ragione di stupirsi: suo padre era stato il migliore raccoglitore di perle delle isole, e non le aveva mai neppure menzionato perle luminescenti.

Ayala poteva distinguere una perla da una madreperla al solo tocco. Non aveva dubbi, quella che teneva fra le dita era una perla vera…ma si poteva vendere una simile stranezza?

Il ragazzo non sembrava avere dubbi. “Le daremo ai turisti. Faremo una fortuna, con queste! E solo io so dove trovarle.”

Ayala gli sorrise. Yano non solo era un ragazzo forte e determinato, ma aveva un istinto quasi magico per trovare ciò che agli altri sfuggiva.

Erano ottime qualità in un futuro marito…

Quelle liete riflessioni furono troncate da improvvisi colpi di tosse che squassarono il petto di Ayala! Le perle le caddero di mano, riversandosi sulla barca. Yano, però, non avrebbe potuto curarsene di meno: andò subito ad abbracciare la ragazza. La strinse a sé fino a quando la tosse non si fu calmata.

Ayala sopportò stoicamente, senza piangere -aveva passato troppo tempo a piangersi addosso, da quando era diventato chiaro che la malattia che l’affliggeva fin dalla nascita le avrebbe impedito una vita normale. Le bastava così poco per soffrire… Cosa mai troverai in una come me, Yano…

Qualcosa attirò la sua attenzione! Appena un movimento alla periferia della sua visione…

Sollevò la testa dalle spalle di Yano; e vide che anche lui stava guardando il cielo.

Verso un bagliore…no, più di uno. Era come se alcune stelle nel cielo, in prossimità dell’orizzonte, avessero deciso di iniziare una gara di luminosità.

“Yano…” mai come in questo momento, Ayala si sentì vulnerabile.

Lui tacque, il volto alterato da rabbia repressa. “Dobbiamo tornare sull’isola.”

 

Lo spettacolo non era sfuggito ad un altro osservatore sveglio a quell’ora: un ragazzo di diciotto anni, dai corti capelli neri. Indossava una colorata tuta imbottita rossa e blu, con una sciarpa bianca al collo.

Il ragazzo abbassò il binocolo, rivelando completamente il volto dai tratti orientali, leggermente addolciti dalla metà americana ereditata dalla madre.

Il ragazzo tornò a scrutare l’orizzonte. Lo fece fino a quando non udì Yano chiamare il suo nome. “Robert!

Robert Takiguchi si voltò.

Yano lo fissava con aperta ostilità. Era chiaro che solo il doversi occupare di Ayala gli impediva di iniziare una rissa. “Avevi detto che non sapevano nulla di te.”

Robert si avvicinò alla coppia. “E non ne sanno nulla, infatti. Non so perché abbiano aumentato l’attività, ma non corriamo rischi fin quando resteranno dove sono...” guardò verso Ayala. Lei gli sorrise, ma ottenne solo di farsi stringere più forte dal ragazzo.

“Le hai dato i sedativi?” chiese Robert.

“Ayala può farne a meno delle tue medicine,” fu la secca risposta. La coppia si allontanò.

Robert sospirò e si mise seduto a terra, con la schiena contro una palma -una bella fortuna davvero, essere finito nei pressi di una supertorre petrolifera! Almeno, i dispositivi stealth di Mazinkaiser avevano funzionato alla perfezione, nascondendo il suo arrivo.

All’inizio, Robert era rimasto perplesso dalla grandezza di quella struttura, ma visto che non era successo praticamente niente di eclatante da quando era arrivato, aveva deciso di prendersela comoda.

Non si sentiva esattamente felice di avere praticamente disertato dai Campioni dello Zilnawa. Prima tentando il suicidio[i], poi restando qui, su un’isola collegata una volta al mese al gruppo principale.

Per quanto Robert si sentisse appagato dall’avventura in Altroregno[ii], alla fine non sentiva di avere fatto abbastanza per redimersi.

Aveva ceduto al suo lato oscuro. Un solo cedimento, ma era stato sufficiente a causare una strage in un ospedale per i profughi, in quello che restava di Phoenix[iii].

Non doveva succedere. Lui aveva una responsabilità enorme, pilotando un’arma non convenzionale come il suo super-robot. Perdere il controllo aveva causato esattamente quello che si temeva in fase di addestramento.

Non poteva tornare a combattere. Non fino a quando non sarebbe stato davvero sicuro di sé. Non fino a quando gli spiriti di coloro che aveva ucciso lo avrebbero tormentato.

E non intendeva permettere, nel frattempo, che qualcun altro pilotasse il suo robot: lui e Mazinkaiser erano una sola cosa. L’onore della macchina sarebbe stato riscattato insieme al suo…

Robert si accorse di avere fame solo quando il suo naso percepì l’odore di pesce grigliato. Poco dopo, alle sue spalle giunse un uomo -un anziano dai capelli ormai completamente ingrigiti ma ancora folti. Nonostante l’età, si muoveva ancora con scioltezza; reggeva nelle mani due lunghi spiedini su cui erano infilzati per il lungo grossi pesci.

“Così va già meglio, figliolo,” disse allegramente l’uomo. “Le prime volte che ti venivo alle spalle, quasi mi staccavi la testa.”

Robert accettò l’offerta di cibo con un breve inchino della suddetta. “I miei addestratori mi avrebbero messo di corvee per un mese alle latrine, per questo rilassamento.” Addentò uno spiedino. Mentre masticava, l’uomo disse, “Continui a pensare a loro. Quando tornerai al mondo a cui appartieni?”

“Appartengo anche a questo mondo, vecchio. I Campioni sono i difensori dello Zilnawa, ma anche…”

“Sai benissimo cosa intendo: sei giovane, il tuo fuoco brucia ancora forte. Hai un cuore guerriero, non potrai stare lontano per sempre dalla battaglia.”

Robert fissò l’oceano. “Per adesso, mi accontento di aiutarvi a tenere a bada gli squali e a pescare..”

“Allora dovrai farlo tenendoti lontano da Ayala. Lo so che non vuoi metterti fra lei e Yano, ma quella povera ragazza è così curiosa ed affascinata. Non si è mai visto uno straniero con un mezzo come il tuo. Neanche tanto tempo fa, saresti stato scambiato per un messaggero degli Dei. Meno male che c’è la radio.” Il vecchio ridacchiò.

Robert mandò giù gli ultimi bocconi. Sbadigliò e piantò gli spiedini a terra. “Mi toccherà lavorare come un Ronin solo per ripagarti del cibo.” Si alzò in piedi e si stiracchiò. “Meglio che vada a dormire: domani c’è parecchio da fare.”

Il pilota si diresse verso la capanna.

Dopo essere entrato, per prima cosa ispezionò il telone disposto al centro della struttura. Sollevò un lembo, rivelando il lucido metallo scarlatto sottostante. Con occhio esperto, verificò che non fossero stati disposti ordigni sulla pancia o i fianchi del velivolo -una misura precauzionale dettata dal suo ferreo addestramento.

Alla fine dell’ispezione, lasciò ricadere il telone. Si diresse verso la sua branda.

Stava già per sdraiarsi, quando un’inconfondibile voce femminile lo fece voltare di scatto. “Non biasimare Yano. Vuole solo proteggermi.”

Robert fece spallucce. “E perché dovrei biasimarlo? Semmai lo invidio.”

Ayala arrossì.

“Mi basta vivere qui, per essere felice. Anzi…mi dispiace di stare causando tutti questi guai nella tua famiglia.”

Ayala si sedette accanto a lui. “Posso chiederti una cosa?”

“Certo.”

“Se…succedesse qualcosa, se ci fosse pericolo…ci proteggeresti con il tuo gigante?”

Robert non osò guardarla in faccia. “Non…non lo so. Non voglio causare altra distruzione, non dopo…” una mano gli si posò sulla spalla.

“Non volevo turbarti. Scusami.”

“Non hai detto niente di male. È che certe volte ne ho combinati di casini, anche quando ero bene intenzionato. Quando mio padre lavorava nella Squadra Godzilla, rubai la loro arma migliore, il Red Ronin. Anche quello era un super-robot, e riuscii a farlo danneggiare seriamente, nonostante volessi usarlo solo per aiutare Godzilla[iv]. E poi, con ‘Kaiser…”

Ayala si alzò. “Devo tornare a casa. Domani arriva il cargo mensile, bisognerà preparare le merci da scambiare. Yano ha trovato delle perle davvero straordinarie, ci farà guadagnare bene.”

Robert si sdraiò, le mani incrociate dietro la testa. “Buonanotte, allora.”

Inaspettatamente, la giovane hawaiana si chinò…e gli diede un bacio sulla fronte. “Grazie per le medicine. Mi sono state di grande aiuto,” disse velocemente, per poi allontanarsi.

Robert non fece neppure in tempo a dire ‘figurati’ -del resto, quelle erano solo un palliativo, un sedativo per la tosse. La malattia polmonare era degenerativa, e senza cure specializzate, nel migliore dei casi avrebbe indebolito Ayala fino a renderla troppo debole anche per stare in piedi…

 

Fuori dalla capanna, la figura di Yano, dal volto iracondo, si allontanò dalla finestra usata per spiare il ‘rivale’…

 

Il giorno dopo, l’intero piccolo villaggio era in fermento. Furono predisposte casse di pesce e cocco essiccati, di banane ed altri frutti acerbi. Completavano il tutto perle e prodotti finiti come collane e tessuti, questi ultimi ottenuti dal materiale grezzo ‘acquistato’ col carico precedente.

La gente caricava le casse sulle barche, preparandosi ad andare incontro ai loro benefattori.

“Non è un mercato della grande città, ma fa la sua bella figura, vero?” disse il padre di Ayala.

“Non hai bisogno di ripetermelo, vecchio. In città sarà più grande, ma è anche più…impersonale.” Guardò verso il mare, dove già si intravedeva la sagoma della nave. “Senti, non ti dispiace se resto da parte? Preferirei non farmi vedere.”

Il vecchio gli diede una pacca sulla schiena. “Figurati. Vai, vai.”

 

La nave si fermò a distanza di sicurezza dall’isola. Fu un grosso motoscafo a portare le merci verso l’isola.

Solo a quel punto, le barche presero il mare.

Yano remava sulla sua. Non portava alcuna merce, se non il sacchetto di perle ‘speciali’.

 

Vista anche da uno specialista del settore, la ciclopica struttura assomigliava effettivamente ad una piattaforma petrolifera. Il logo della Carpenter Oil era, nel caso specifico, uno specchietto per le allodole, la patina di legittimità per i curiosi.

Quello che solo pochissimi conoscevano erano la natura della piattaforma e la sua missione…

 

“Perle luminescenti?” l’uomo fermò la sua masticazione per porre la domanda, per poi riprenderla durante la risposta.

Dallo schermo, il capitano della nave-cargo annuì. Aprì la mano chiusa a pugno, rivelando l’oggetto in questione. “Sembra che ci sia un intero banco di ostriche contaminate dal tipo di radiazione che stiamo cercando. È possibile che l’oggetto della nostra ricerca si trovi in un altro punto, signore. Non possiamo escludere che il guscio delle ostriche schermi le radiazioni nelle perle.”

Il Direttore della stazione afferrò distrattamente un altro salatino. Dannati testimoni oculari, sempre così inaffidabili! “Capisco. Pagate il ragazzo che ve le ha procurate la cifra che desidera…ma solo se vi mostrerà esattamente dove si trova il giacimento. Non possiamo perdere altro tempo a bighellonare qui.”

“Ricevuto.”Poi lo schermo si spense.

Il Direttore si fregò le mani mentalmente -non poteva andare meglio! Finalmente il loro obiettivo era a portata di mano: una volta recuperata la super-arma, anche il Dottor Demonicus avrebbe dovuto gettare la spugna di fronte alla supremazia dello Stato!

 

“No.” Yano squadrò diffidente il Capitano del cargo. “Se vorrete altre perle, dovrete pagarle.”

Il Capitano fece un passo in avanti. “Ragazzo, guadagnerai abbastanza da comprarti un giacimento tutto tuo. Vedi, quelle perle hanno un alto valore scientifico, ma non sono adatte per farci gioielli…”

“Non vi consegnerò il giacimento,” ribatté Yano, imperterrito. “Vi darò tutte le perle che volete, ma fin quando sono sotto il mare, sono mie!”

Il Capitano, senza battere ciglio, estrasse una pistola dalla fondina ascellare. “In questa cabina, non hai spazio per sfuggirmi, ragazzo. L’offerta è cambiata, ora: o mi dici dove si trova il giacimento, o ti uccido. Pensaci pure con calma.”

Yano impallidì alla vista dell’arma. Improvvisamente, si rese conto della sua precaria posizione.

“Allora?”

Yano valutò attentamente la ‘proposta’…poi, le sue labbra si incresparono in un sorriso astuto. “Se anche vi dicessi dove sono le perle, non le avreste comunque: c’è chi le difende.”

“Ci occuperemo di lui a suo tempo, moccioso: ora…”

“Non è un nemico da sottovalutare. È un robot, e vi dirò il suo nome solo se promettete di risparmiare Ayala.”

Il Capitano ci pensò brevemente su: il ragazzo non poteva certo essersi inventato quella parola. Per giunta, non era un Machiavelli, e promettergli qualunque cosa non sarebbe costato molto. L’uomo rinfoderò l’arma. “Mi hai convinto. Toglierò di mezzo questo ‘robot’, ma non toccherò la tua Ayala. E lascerò in pace le tue perle, se l’informazione è valida.”

Yano annuì. “Il suo nome è Mazinkaiser.”

 

“A quest’ora, dovrebbe essere già di ritorno.” Ayala osservava il motoscafo con apprensione. Fosse dipeso da lei, si sarebbe gettata a nuoto verso di essa.

Suo padre le accarezzò la testa. “Forse quel birbante sta solo tirando su con il prezzo. Lo sai com’è fatto.”

Il motoscafo, improvvisamente, accese i motori. Pochi istanti dopo, invertì la rotta e si diresse verso la nave.

“Se ne vanno? Perché Yano non è sceso?”

Il motoscafo non fece neppure finta di rallentare.

 

Robert prese il binocolo e guardò in direzione della nave -indubbiamente non si trattava di un vascello militare…a meno che le armi non fossero nascoste… Hm?

Lampi di luce all’orizzonte. Oggetti in rapido avvicinamento.

Aerei! E questi erano caccia, senza dubbio. Uno stormo di sei elementi, in formazione d’attacco.

Robert abbassò il binocolo. Ebbe il preciso presentimento che il mancato ritorno di Yano e questo inatteso sviluppo fossero collegati…

 

Gli aerei giunsero in prossimità dell’isola. La formazione si ruppe.

“Condor-1 a base: lancio sonde.” Il pilota premette un pulsante sul joystick.

Uno dopo l’altro, gli aerei sganciarono missili intorno al perimetro dell’isola. Passarono a volo radente sugli alberi, piegandoli e strappando foglie.

“Condor-2 a base. Le sonde sono operative. Nessuna traccia di Mazinkaiser…un momento: rileviamo una strana formazione rocciosa…”

 

Il Direttore della torre osservò soddisfatto l’immagine, una specie di piccolo altopiano dalle bizzarre forme regolari, come se la roccia fosse stata levigata come un guscio sopra qualcos’altro... “Meraviglioso…è proprio lui. Lo abbiamo trovato!

“Lanciate i droni-controllori: dobbiamo prenderne il controllo prima che il nemico si organizzi!”

 

Una nera bocca di cannone multipla emerse da una fiancata della torre. Un attimo dopo, in rapida sequenza, furono lanciati dei siluri diretti verso l’isola.

 

Robert digrignò i denti, osservando il motoscafo mentre entrava nella nave.

Poteva intervenire…ma cosa sarebbe successo, se si fosse trovato coinvolto negli affari di un’altra nazione? Lui era ancora un cittadino dello Zilnawa, e l’intervento di un’arma non convenzionale avrebbe potuto creare non pochi attriti internazionali…

Ayala, si voltò e lo guardò con occhi supplici. Non poteva udire la sua voce, ma le sue labbra poteva ancora leggerle: “Robert…per favore! Non puoi lasciare che Yano…”

 

Sullo schermo, i siluri a razzo raggiunsero il loro obiettivo. Un momento prima dell’impatto, le loro testate iniziarono a ruotare. Come altrettanti trapani, perforarono agevolmente il guscio roccioso. Si fermarono solo quando ebbero raggiunto un impenetrabile strato metallico color oro.

Il Direttore gongolava. “Fra poco, i naniti penetreranno la corazza a livello molecolare. Riprogrammare Megatron richiederà appena pochi minuti…” ridacchiò. “Gli originali Shogun Warriors furono davvero stupidi a lasciare nelle mani delle autorità metà della base-fortezza del Dottor Demonicus[v], di fatto lasciando un tesoro di informazioni tecnologiche allo Stato…”

 

Robert osservò Ayala, senza dire niente. Come poteva spiegarle che un suo intervento avrebbe potuto solo peggiorare le cose?

Chiamare le autorità? Avrebbe dovuto dare delle spiegazioni, e non voleva essere coinvolto…

Lei lo guardò ancora.

Ma lui non vedeva il tormento di Ayala: vedeva gli sguardi supplici di decine di profughi, prima che il piede del suo robot li schiacciasse come formiche. Vedeva una città ridotta a macerie, e immaginava come quella piccola isola avrebbe potuto venire ridotta dalla sua sconsideratezza…

 

“Ayala…” il padre di lei le posò una mano sulla spalla. “Se non può aiutarci, avrà le sue ragioni. Non…”

Ma lei era ormai lanciata. “Ha chiesto di potere abitare qui, di dividere la sua vita con la nostra! Non può ignorare una richiesta di aiuto per soddisfare le sue paure!” Se avesse voluto aggiungere qualcosa a quella tirata, dovette interrompersi per una serie di colpi di tosse tremendi.

E dopo, non solo da quelli!

L’intera superficie dell’isola si mise a tremare! L’acqua circostante ribollì, percorsa da una fitta serie di creste.

Poi, una porzione del mare si innalzò in un titanico muro.

Istintivamente, Robert calcolò quanti secondi rimanevano a tutti loro prima che il muro arrivasse. Cosa si diceva? Che quando vedi l’orizzonte, ti rimangono 40 secondi prima della fine…

 

Il Capitano osservò incredulo il mostro che si preparava ad inghiottirlo. Poco prima di morire, ebbe solo il tempo per un ultimo pensiero.

Perché?

 

Poi, la nave, lanciando un ultimo gemito dalla sirena, scomparve.

 

Robert avrebbe voluto correre, correre da lei quanto più veloce possibile, prenderla fra le braccia e portarla al sicuro.

Non poteva. Rimanevano 30 secondi all’impatto dello tsunami.

Robert si trovava a poca distanza dalla sua capanna. Esitò per altri cinque, preziosissimi secondi.

Poi corse.

 

E l’onda, finalmente, si abbatté sull’isolotto, cancellandone d’un colpo ogni forma di vita.

Poco dopo, una gigantesca figura metallica emerse dalle acque, per poi stagliarsi trionfante su quello scenario di liquida morte…

Quella figura era un robot, un colosso alto cinquanta metri, con la testa a cupola, attraversata da un unico occhio a fessura, il torace ed il bacino due cubi blindati carichi di armi, dalle braccia e le gambe snodate.

Era Megatron.

 

“Eccezionale,” disse il Direttore. “La perdita della nave è ampiamente compensata dal ritrovamento di Megatron! Adesso, ordinategli di trovare e distruggere Mazinkaiser...” il suo entusiasmo scemò di colpo. “Cosa..?”

Sullo schermo, qualcosa schizzò fuori dall’acqua!

 

La freccia rossa emerse a tutta velocità.

Cannoncini emersero dal corpo di Megatron. Simultaneamente, una dozzina di raffiche lacerò l’aria…ma era come cercare di prendere un moscerino con un martello. Il Kaiser Pilder era troppo piccolo, troppo veloce, e pilotato da un individuo forgiato per esso.

 

Robert osservò la desolazione sotto di lui. Le acque stavano iniziando a ritirarsi, rivelando niente altro che un deserto. Pochi alberi erano rimasti in piedi. Le capanne erano praticamente scomparse. Non si vedeva neppure un corpo…

Robert guardò, fissando a fuoco nella sua mente ogni particolare dell’orrore.

Ancora una volta, aveva sbagliato. Ancora una volta, la responsabilità ricadeva su di lui.

Questa volta, per non avere agito in tempo. Per avere creduto che il mondo si sarebbe piegato ai suoi capricci.

E il prezzo del suo peccato era stato di nuovo pagato da qualcun altro.

Così in fretta, così improvvisamente da non lasciare neppure il tempo di dire che gli dispiaceva.

L’unica cosa che la sua mente ripeteva all’infinito era quel momento in cui Ayala, con la voce di sapeva che il Sole sorgeva ogni giorno, gli chiedeva se lui li avrebbe protetti se ce ne fosse stato bisogno.

La risposta che lui diede, solo ora, troppo tardi per loro, ma in tempo per coloro per i quali d’ora in poi avrebbe combattuto, fu una sola, urlata a pieni polmoni.

“MAZIIINNGOO!”

Pochi secondi dopo, una nuova colonna si levò dall’acqua: questa volta, era la familiare figura nera e bianca di Mazinkaiser!

 

Megatron fu rapido a rispondere. Mentre la macchina nemica si levava in volo, spinta dai propulsori nei piedi, il titano unì le mani. Gli indici si fusero in un solo cannone.

 

“PILDER ON!” A quel comando, il muso del velivolo si aprì per il lungo. Le due sezioni rientrarono, e due getti di retrorazzo si attivarono. Il Pilder si incastrò perfettamente nel cranio di Mazinkaiser…e allo stesso tempo, il robot fu colpito da una potente raffica alla schiena!

E poi da un’altra, ed un’altra ancora! Il robot fu sottoposto a un fuoco continuo, inarrestabile. Robert urlò di dolore, mentre la forza dei colpi si trasmetteva al suo collegamento neurale.

Mentre Mazinkaiser veniva gettato in mare come un pupazzo. Affondò nell’acqua, ma Megatron non mollò la presa. Sparò e sparò, generando una enorme colonna di vapore. E ancora colpì. I suoi padroni non lo avrebbero fatto smettere fino a quando non ci fosse stata certezza…

…della fine! E così fu: una nuova, tremenda esplosione lacerò l’acqua. Fumo nero e fiamme eruttarono insieme alla colonna liquida.

Megatron si voltò. La missione era compiuta. L’acqua ribollì intorno alle gambe del colosso, che un attimo dopo si involò in direzione della torre petrolifera.

 

“Mi dispiace davvero per il povero Conte Von Staar,” gongolò il Direttore. “Ci teneva tanto a quel rottame del Mazinkaiser…dovrà accontentarsi delle briciole.” Rise, poi, di nuovo serio, “Guidate Megatron nel suo alloggio, poi preparate il trasporto adatto.”

Sullo schermo, la macchina aliena si avvicinò ancora di più alla torre…poi, due punti di luce brillarono sotto la superficie dell’acqua!

“KOSHIRYOK BEEAM!” una coppia di laser eruttò dal mare! Erano raggi così potenti da ignorare perfino l’effetto di rifrazione.

Le gambe di Megatron furono pressoché tranciate all’altezza delle ginocchia. La grande macchina proseguì il suo volo incontrollato, per pura inerzia. Atterrò si sulla piattaforma, ma allo stesso tempo ne demolì una consistente parte!

Mazinkaiser emerse dall’acqua, spinto questa volta dal suo jetpack!

“Per vostra informazione,” disse un furioso Robert Takiguchi, “Mazinkaiser può sopportare attacchi ben più potenti di questo! E ora è tempo di andare all’inferno! FIRE BLASTER!”

Il super-robot fletté le braccia, mentre le ‘ali’ scarlatte sul petto si accendevano. Un momento dopo, vomitarono un torrente di fuoco contro la torre. La struttura andò in surriscaldamento in pochi istanti, e pezzi di metallo fuso colarono un po’ da ovunque.

Megatron, che pure era stato colpito in pieno, resistette. Puntò la sua mano verso Mazinkaiser, in un disperato tentativo di difesa. Dalle dita partirono raffiche di energia.

‘Kaiser dovette solo incrociare le braccia per intercettare quei colpi.

“Non lo capisci, vero? Questa è la vostra fine, assassini! SCRANDER BOOMERANG!”

L’intero jetpack si staccò dalla schiena di Mazinkaiser. Il robot afferrò un’estremità dell’ala, mentre entrambe le ali frastagliate si stendevano fino alla massima ampiezza.

Poi, mentre cadeva, Mazinkaiser lanciò le sue ali! “PRENDI!”

 

Il Direttore, dentro una sala di controllo fumante, con metà dei tecnici già morti negli incendi, e lui stesso coperto di ustioni, vide arrivare la sua fine sullo schermo danneggiato.

Poi lo schermo andò a pezzi, e con esso tutta la parete. La gigantesca lama attraversò il metallo come carta.

Il Direttore smise di urlare solo quando fu tranciato in due.

 

Il boomerang tagliò l’intera struttura, compreso Megatron, con facilità, prima di tornare verso il suo proprietario.

Mazinkaiser saltò fuori dall’acqua, e afferrò l’arma, per poi agganciarsela alla schiena.

La supertorre petrolifera collassò su sé stessa. In mezzo a quel disastro, il corpo di Megatron si accese.

Ed esplose, coinvolgendo quello che restava della torre nella deflagrazione.

 

La gente muore. A volte quella morte è inutile e subitanea. Altre volte, essa ha un suo tragico senso.

E il solo modo per darle un valore è non dimenticare chi si è lasciati dietro, nel bene e nel male.

Robert Takiguchi, mentre osservava lo scemare della deflagrazione, non poteva che pensare sulla fine di gente che aveva appena imparato a conoscere. Gente che d’ora innanzi avrebbe tenuto a modello, ogni volta che si fosse sentito scorato, ogni volta che il dubbio lo avesse toccato.

Ayala vuol dire ‘dono’. E Robert aveva da lei ricevuto il dono di trovare la forza di continuare a combattere per ciò che era giusto.

Con il cuore ancora pesante, ma con la determinazione rinnovata nello spirito, il pilota guidò il robot verso casa.

Dai Campioni.



[i] CAMPIONI #16

[ii] KNIGHTS TEAM 7 #18

[iii] CAMPIONI #13-14

[iv] GODZILLA MUSA #19-20

[v] SHOGUN WARRIORS MUSA #14