Quel che vi
serve sapere: il Wakanda è sotto attacco delle forze armate dell’Unione Panafricana e
parecchi membri del Clan della Pantera sono intrappolati nel Palazzo Reale
circondato da un impenetrabile campo di forza.
Nel frattempo a New York l’ex Dora Milaje di nome Okoye ha un altro
genere di guai.
Come? È lo stesso riassunto del numero scorso? Beh, le cose non sono
cambiate. -_^
Di Carlo
Monni
(con tanti
ringraziamenti a Carmelo Mobilia e Mickey)
Capitolo 20
Contrattacco
Palazzo
Reale del Wakanda.
Due donne si stavano confrontando. Un tempo
erano state compagne d’armi se non proprio amiche. Entrambe parte del corpo
d’èlite delle Dora Milaje, la guardia del corpo esclusivamente femminile del
sovrano del Wakanda.
Ora militavano su fronti opposti: nemiche
senza riserve.
<Avresti fatto meglio a scappare finché
eri in tempo, perché non avrò alcuna pietà per te, traditrice.> disse con
voce dura Ayo, attuale leader delle Dora Milaje.
<Non sono una che scappa, non più.>
replicò Nakia, conosciuta anche come Malizia.
Si fissarono ancora una volta senza parlare
poi Ayo scattò cercando di infilzare la sua nemica con la sua lancia ma Nakia
parò il colpo con la propria poi si mosse rapidamente come se stesse eseguendo
l’elaborata coreografia di una danza. Evitava o parava i colpi della sua
avversaria apparentemente senza troppa difficoltà. Infine, con un colpo da
maestro o semplicemente fortunato, riuscì a disarmare Ayo che si trovò spinta
contro una parete con la punta delal lancia di Nakia contro la sua gola.
<Che ne dici, Ayo? Devo ucciderti
adesso?> le chiese Nakia in tono derisorio.
Ayo si limitò a lanciarle uno sguardo carico
d’odio.
Un
piccolo aeroporto privato poco a nord di Harlem, Manhattan, New York City.
John James Toomey si voltò nella direzione da
cui era venuto lo sparo che aveva appena abbattuto la vigilante in costume di
nome Okoye e vide Ibrim Hapanmyas che impugnava a due mani una Glock 9mm ed
aveva la faccia stravolta.
-L’ho… l’ho uccisa!> esclamò.
<Per una volta nella vita hai fatto
qualcosa di giusto.> gli si rivolse sua madre Bridget.
Toomey scosse il capo. Avrebbe di gran lunga
preferito non essersi impicciato di quella faccenda ma i diamanti grezzi che
Bridget Hapanmyas gli aveva dato come compenso per farla fuggire dagli Stati
Uniti erano stati una tentazione irresistibile.
Si avvicinò alla ragazza a terra e la prima
cosa che gli saltò agli occhi fu la mancanza di sangue su di lei e tutto
intorno. Si inginocchiò e si chinò su di lei poggiandole una mano sulla
carotide poi disse:
<C’è battito e respira, non è morta>
<Cosa?> esclamò Ibrim <Non è
possibile! L’ho colpita in pieno, lo avete visto tutti!>
In quel momento Okoye scattò afferrando il
polso di Toomey e scaraventandolo a terra poi scattò in piedi.
<Non è possibile!> ripeté Ibrim
sconcertato.
Okoye non ritenette necessario spiegare che
le fibre di vibranio intessute nel suo costume avevano agito come un giubbotto
antiproiettile. Anche così, però, era stato come ricevere il calcio di un mulo
al petto. La giovane wakandana si sentiva mancare il fiato ed il petto le
doleva ma di certo non l’avrebbe mai ammesso con i suoi avversari.
Nonostante il dolore riuscì a vibrare un
calcio rotante al polso di Ibrim disarmandolo poi compì una giravolta estraendo
un altro dei suoi pugnali e puntandolo alla gola di Bridget Hapanmyas quindi si
rivolse al figlio:
<Se provi a recuperare la tua pistola sgozzo
tua madre come la grassa vacca che è. Dovresti aver capito che non sono il tipo
che bluffa, quindi stattene buono e fermo.>
<Marcirai all’Inferno, maledetta cagna
wakandana.> le replicò Bridget con rabbia.
<Può darsi, ma ci arriverò sicuramente
dopo di te, dovessi assicurarmene personalmente.> ribatté Okoye con un
sorriso maligno e spingendo leggermente la punta della sua lama nel collo
dell’altra facendone uscire un po’ di sangue.
Ibrim rimase per un attimo indeciso. Forse
l’idea di sbarazzarsi di una madre ingombrante ed oppressiva non gli dispiaceva
del tutto. Alla fine sospirò ed alzò le mani in segno di resa.
<Bravo bambino.> commentò Okoye.
In breve tempo applicò ai polsi di Bridget un
paio di manette che aveva portato con sé poi fece lo stesso con Ibrim che non
oppose resistenza quindi ammanettò anche l’ancora svenuto Jerik, la guardia del
corpo degli Hapanmyas.
A questo punto prese dalla cintura un
cellulare ultrapiatto con cui fece una breve chiamata in wakandano.
Nel frattempo, Toomey si era risvegliato e le
si avvicinò apparentemente senza intenzioni ostili.
<Che intendi fare di loro?> le chiese.
<Più o meno quello che avevi intenzione di
fare tu: portarli fuori dagli Stati Uniti.> rispose Okoye <Solo che la
loro destinazione finale sarà molto meno piacevole di quella che avevano
programmata.>
<Capisco, beh… non si può vincere
sempre.>
Poco dopo si udì un rumore sopra le loro
teste ed un elicottero scese sulla pista.
<Hanno fatto presto.> commentò Okoye.
Dall’elicottero scesero tre uomini che
indossavano le uniformi azzurre e bianche del servizio di protezione
diplomatica Wakandana. Presero in consegna i prigionieri e li caricarono
sull’elicottero. Bridget Hapanmyas sciorinò una serie di imprecazioni in
swahili ma loro la ignorarono.
Mentre anche Okoye stava per salire a bordo
Toomey le disse:
<Se avete intenzione di portarli in
Wakanda, non vi sarà facile. Ho sentito che c’è una guerra in corso laggiù.>
<Abbiamo già previsto tutto.> replicò
lei poi salì a bordo.
L’elicottero decollò. Toomey rimase ad
osservarlo finchè non scomparve verso sud poi ritornò alla sua limousine. Fissò
l’autista che giaceva cadavere accanto all’auto.
Peccato, pensò, era in gamba ma ha avuto
sfortuna. Avrebbe fatto pervenire un po’ di soldi alla famiglia. La gang di
Morgan non dimenticava chi era stato leale.
Adesso, però, doveva pensare a far sistemare
quel casino.
A conti fatti, non era troppo dispiaciuto di
come erano andate le cose: quella ragazza, Okoye gli era, tutto sommato,
simpatica. Era in gamba ed anche sexy, ma purtroppo giocavano su campi opposti.
Sarebbe stato un vero peccato se un giorno avesse dovuto ordinare di ucciderla.
Comunque non gli era andata male, pensò
Toomey estraendo un sacchetto dalla tasca destra della giacca. Gli erano
rimasti i diamanti grezzi che Bridget Hapanmyas gli aveva dato in anticipo. Già
così valevano una fortuna, una volta tagliati avrebbero decuplicato il loro
valore. Morgan ne sarebbe stato contento e, considerata la percentuale che gli
sarebbe toccata, anche lui.
John James Toomey sorrise e fece una
telefonata.
Palazzo
Reale del Wakanda.
Alla fine Ayo si decise a parlare:
<Uccidimi pure e facciamola finita ma
risparmia Aneka.>
Si riferiva alla sua compagna attualmente svenuta
sul pavimento. Sembrava fosse passata un’eternità e non poco più di un’ora da
quando entrambe avevano chiesto alla sovrana il permesso di sposarsi ed ora
sembrava che quel matrimonio non si sarebbe mai celebrato.
Nakia sorrise e replicò:
<Ah, l’amore! So bene quali follie faccia
fare. Molto bene. Risparmierò la tua amata ma non te. Addio Ayo!>
<Ferma!>
La voce aveva un tono imperioso che costrinse
automaticamente Nakia a voltarsi nella sua direzione. Quello che vide fu la
Pantera Nera in carica, M’Koni, affiancata dal vecchio Zuri e da un’intera
squadra di Dora Milaje.
<Se uccidi Ayo morirai anche tu.> disse
ancora, con voce calma ma decisa, M’Koni.
<Sarei comunque giustiziata come
traditrice, quindi che differenza fa se muoio adesso?> replicò Nakia
stuzzicando il collo di Ayo con la punta della lancia.
<Nessuna condanna a morte. La tua vita
sarà risparmiata se ti arrendi. Hai la mia parola.>
<Posso fidarmi? Tu mi odi per aver sedotto
tuo marito ed averlo spinto a tradirti.>
Per un breve attimo sembrò ai presenti che
gli occhi di M’Koni dardeggiassero poi quel momento passò e M’Koni ribadì:
<Hai la mia parola, la parola della
Pantera Nera e deve bastarti.>
Con un gesto teatrale Nakia gettò la sua
lancia a terra e porse i polsi che furono incatenati rapidamente. Si voltò
verso Ayo e disse:
<Sei stata fortunata questa volta, la
prossima volta chissà?>
<Non ci sarà una prossima volta.>
replicò freddamente M’Koni <Una volta che avremo vinto questa guerra, il tuo
destino finale sarà marcire nella prigione speciale di Kiber Island per il
resto della tua vita.>
<Chissà?> ribatté Nakia abbozzando un
sorriso <Non esiste prigione da cui non si possa evadere prima o poi.>
Mentre un paio di Dora Milaje portava Nakia
nelle prigioni sotto il palazzo M’Koni si rivolse ad Ayo:
<Tutto a posto?>
Lei si toccò il collo e rispose:
<Sto bene ma ti ho deluso, mia sovrana.
Non merito il mio posto.>
<Sciocchezze. Nakia era la migliore delle
Dora Milaje al pari di Okoye, non c’è disonore nell’aver perso contro di lei. E
sono certa che avresti potuto ribaltare l’esito dello scontro se ne avessi
avuto l’occasione. Ora però ho bisogno di te e per sconfiggere Crocodile ed il
suo esercito… e dimenticavo: Tu e Aneka avete il
permesso di sposarvi.>
Quasi involontariamente Ayo si ritrovò a
sorridere
Birmin
Zana, capitale del Wakanda, non molto tempo fa.
Omoro guardava fuori dall’ampia finestra del
suo ufficio con aria pensierosa. Da quando era diventato capo dei servizi
segreti wakandani aveva dovuto confrontarsi con diverse crisi e già sentiva che
non erano finite.
Omoro era stato un guerriero, aveva perso un
occhio per la sua patria, e non aveva ancora smesso di combattere per essa solo
che lo faceva in modo diverso.
<Mi hai mandato a chiamare, Omoro?>
A parlare era stato un giovanotto che non dimostrava
nemmeno trent’anni.
Omoro si voltò verso di lui e rispose:
<Sì, Akili. Ho un compito da affidarti,
uno adatto alle tue capacità.>
<E ti fidi di me anche se sono stato un
Hatut Zeraze?>[1]
replicò Akili perplesso.
<So che sei leale al Wakanda e questo mi
basta. Il Wakanda è debole adesso. Se qualche nemico esterno volesse attaccarci
con qualche probabilità di vittoria lo farebbe adesso. Non deve trovarci
impreparati.>
<Hai già idea di chi potrebbe essere?>
<Forse ed è per questo che ho bisogno di
te. Ascolta attentamente.>
Birmin
Zana, capitale del Wakanda, oggi.
Omoro guardava fuori dalla finestra del suo
ufficio e sul suo viso si potevano distintamente cosa?
nuove rughe dovute alla preoccupazione. Il nemico non era ancora penetrato nel
cuore della capitale ma si poteva sentire l’eco di colpi d’arma da fuoco
arrivare dalla zona dell’aeroporto ed il Palazzo Reale era stato sicuramente
infiltrato da agenti nemici che lo avevano isolato grazie ad un impenetrabile
campo di forza.
A completare il tutto c’era anche il blocco
delle comunicazioni in tutto il paese che quel dannato del Dottor Crocodile era
riuscito ad attuare grazie alla sua tecnologia. L’averlo previsto non consolava
Omoro se il suo piano non avesse funzionato…
Improvvisamente il suo cellulare prese a
squillare e lui esclamò:
<Sì!>
Per la prima volta in quella giornata le sue
labbra si distesero in un sorriso.
Aeroporto
internazionale di Birmin Zana.
Shuri, la giovane ed impulsiva sorella minore
di T’Challa, si trovava alle prese con un bel dilemma. Era circondata dai
soldati dei reparti speciali dell’Esercito della Federazione Panafricana
guidate dal Generale Zoruun e doveva decidere in fretta cosa fare. Arrendersi
era fuori questione ma anche resistere alla cattura presentava i suoi rischi. I
soldati formavano un cerchio attorno a lei ed al suo minimo gesto ostile le avrebbero
sparato senza pietà. Il suo costume funzionava da giubbotto antiproiettile ma
solo fino ad un certo punto. Forse… solo forse… aveva una possibilità.
Scattò all’improvviso sferrando un calcio al
mento di Zoruun poi si lasciò cadere all’indietro travolgendo un paio di
soldati.
Come aveva sperato, un po’ per la sorpresa,
un po’ perché timorosi di colpire i loro stessi compagni, i soldati avevano esitato
a sparare. Shuri ne approfittò per stordire i due su cui si era gettata poi
scattò di nuovo in piedi e saltò sugli altri abbattendone un terzo.
Alle sue spalle un paio di soldati si
apprestavano a spararle quando, improvvisamente un cane, un pastore tedesco per
la precisione, balzò addosso ad uno di loro addentandogli il polso destro.
Contemporaneamente una donna bianca inguainata
in un costume violetto che le lasciava scoperto solo il volto ed i cui occhi
erano nascosti da una mascherina nera piombò addosso all’altro e gli sferrò un
pugno al mento. Un altro pugno e lo stese definitivamente lasciando sulla sua
guancia un marchio a forma di teschio. Senza perdere altro tempo si alzò di
scatto, estrasse dalle rispettive fondine alle cosce due pistole e sparò sugli
altri soldati.
Shuri non aveva perso tempo ed approfittando
della distrazione causata dall’arrivo della donna e del cane si era occupata dei
soldati più vicini. Un turbinio di calci e di colpi di arti marziali miste ed in
breve era tutto finito.
Shuri si volse verso la sua nuova alleata e
disse:
<Tu… tu sei…>
L’altra sorrise e replicò:
<Un Fantasma, un Ombra che Cammina.>
<Ho sentito parlare di te ma…>
<Fammi indovinare: credevi che fossi una
leggenda e che fossi un uomo. Non potrei dire lo stesso della Pantera Nera?>
<Hai ragione. Ti ringrazio di avermi
aiutato.>
<È il mio lavoro dopotutto.>
Apparentemente nessuna delle due donne si era
accorta che uno dei soldati era sveglio e le stava prendendo di mira con il suo
fucile.
Uno sparo echeggiò e le due donne in costume
si voltarono di scatto.
A sparare era stato un uomo bianco dai
capelli rossi di cui un ciuffo spuntava dall’ampio cappello e che indossava una
sahariana. Con la destra impugnava una pistola ancora fumante con cui aveva
appena colpito il soldato che stava per uccidere Shuri e la sua alleata.
<Pare che sia arrivato appena in tempo per
fare l’eroe.> disse.
<Mi stavo giusto chiedendo dove fossi
finito, McKenna!> esclamò la ragazza in tuta viola.
<Mi ero accorta di quel tipo. Lo avrei
disarmato in tempo.> disse Shuri.
<Mah, sì, non ringraziatemi, in fondo sono
solo un avventuriero senza scrupoli.> ribatté Patrick McKenna <Scommetto
che la qui presente fantasmina pensava che fossi andato a rintanarmi dietro
qualche roccia.>
<Non ci sono rocce qua attorno.>
replicò l’altra con un sorriso.
<Il che spiega perché non mi sono
nascosto.>
Un gemito attirò la loro attenzione. Il
Generale Zoruun si stava risvegliando. Shuri fu lesta a sferrargli un calcio
alla mascella che lo fece svenire di nuovo.
<Uhm, mi ricordi di non farla mai arrabbiare,
Altezza.> le si rivolse McKenna.
<Lei chi è e cosa ci fa qui?> gli chiese
bruscamente Shuri.
McKenna le tese la mano con un sorriso
cordiale in volto e rispose:
<Mi chiamo Patrick McKenna e sono un…
imprenditore diciamo. Lei è la Principessa Shuri, giusto? Non sono mai stato
molto bravo a distinguere voi Pantere Nere. A parte certe… ehm… evidenti
differenze, ovviamente.>
<Alzi lo sguardo, Mr. McKenna, i miei
occhi sono più in alto ed anche quelli di Phantom.> ribatté Shuri.
McKenna rise e replicò:
<Me lo merito. Non è stato un
comportamento da gentiluomo, ma non ho mai preteso di esserlo.>
Si chinò a raccogliere uno dei fucili e lo esaminò
con aria professionale.
<Fucile d’assalto AK-19, prodotto dalla Kalashnikov
Concern per il mercato estero.> raccolse anche una mitraglietta <Uzi di
fabbricazione polacca su licenza israeliana.> ed infine prese una pistola
<Sig Sauer P226 per i reparti speciali. Sono davvero ben armati. Temo di
aver fatto io da tramite per la vendita di questa roba.>
<Pentito?> gli chiese Phantom.
<Beh, la mia commissione è stata generosa
ma ammetto che mi dispiace che ora queste armi siano usate contro di me ed i
miei amici.>
<Uno come lei ha degli amici, McKenna?>
gli chiese provocatoriamente Shuri,
<Sembra strano eh? Ci siamo persi di vista
e conoscendoli non sarei sorpreso di scoprire che invece di evitare i guai sono
andati a cercarli.>
Wakanda
Hilton, Birmin Zana, non molto prima.
Da quando il Wakanda si era aperto al resto
del mondo la sua capitale si era dotata rapidamente di tutti i comfort di cui
gli ospiti esteri avrebbero avuto bisogno e questo hotel appartenente ad una famosa
catena mondiale ne era un esempio.
Dall’ampio terrazzo di una delle sue suite un
giovane di circa vent’anni dai capelli scuri e gli occhi grigi ascoltava l’eco
degli spari con espressione preoccupata.
Una ragazza bionda che poteva avere poco più
di diciotto anni lo raggiunse.
<Sembra che si combatta alla periferia
della capitale.> disse <Non si riesce a capire di più. Le comunicazioni sono
interrotte. Qualcosa disturba i segnali.>
<Lo so.> replicò lui <Ho cercato di
mettermi in contatto con mio padre ma senza successo. La piantagione di
famiglia in Kenya è solo a pochi chilometri di distanza ma in questo momento è
come se fosse sulla luna.>
<Forse avremmo dovuto seguire il consiglio
di McKenna e lasciare il Wakanda finché eravamo in tempo.> intervenne una
bella ragazza dai lunghi capelli neri che poteva avere la stessa età
dell’altra.
<Ma non l’abbiamo fatto, Jann ed è inutile
recriminare adesso.> replicò il ragazzo. Piuttosto, io non intendo restare
qui a guardare in attesa che tutto finisca.>
Cominciò a spogliarsi gettando i suoi abiti
all’interno della suite.
<Ti pare il momento di pensare a certe
cose, Jack?> gli disse la bionda con risolino.
Lui si limitò a fare un sorrisetto.
In breve fu nudo a parte un perizoma che
apparentemente sembrava fatto di quella che sembrava la pelle di un leone. Si
assicurò alla vita un coltello poi si tuffò letteralmente dal terrazzo. Si
afferrò ad una delle aste di bandiera che sporgevano dalla facciata, si dondolò
e si lasciò andare ripetendo poi l’operazione più sotto.
<Tipico esibizionismo maschile.>
commentò la bionda con una smorfia.
<Che facciamo, Lorna?> le chiese
l’altra?>
<Gli andiamo dietro, ovvio, ma prima ci
prepariamo per bene, non vorrai fare brutta figura con gli invasori, vero?>
Parlando raggiunse un armadio da cui estrasse
una valigia. La mise sul letto, la aprì e ne tirò fuori un costumino attillato.
La sua amica fece lo stesso.
Harlem,
New York.
Non appena l’elicottero fu sopra un certo
edificio, Okoye balzò fuori e con un agile balzo atterrò sul tetto. Da lì
raggiunse facilmente una certa finestra e scivolò all’interno di un
appartamento.
Non fu sorpresa di sentire la voce dell’uomo
che l’attendeva all’interno.
<Visto che sei qui, immagino che tutto sia
andato bene.>
Il Leopardo Nero, alias l’assistente sociale
Thomas Chalmers, alias T’Challa ex sovrano di Wakanda, era in piedi davanti a
lei. Indossava il costume ma non la maschera. Aveva parlato in wakandano e lei
rispose nella stessa lingua:
<Qualche imprevisto ma alla fine Bridget Hapanmyas
e suo figlio sono finiti in nostre mani ed ora sono in viaggio per la prigione
di Kiber Island.>
<Ben fatto. Non mi sarebbe dispiaciuto essere
lì a darti una mano.>
<Era la mia missione, non la tua. A te
com’è andata?>
<Direi bene ma ne sarò sicuro solo tra
qualche giorno.>
<Le cose in Wakanda si stanno facendo
serie. Vorrei poter essere lì.>
<Ti capisco ma i nostri amici se la
caveranno anche senza di noi. Ho fiducia nelle loro capacità.>
<Non ti sei pentito di aver lasciato il
trono per venire qui e ricominciare dal nulla?>
<E tu? Ti dispiace che Omoro ti abbia
costretta a seguirmi?>
<Non potrei mai essere dispiaciuta di
essere qui con te.> rispose lei facendosi più vicina a lui.
Gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Lui
esitò solo qualche istante poi pose le mani sui suoi fianchi e rispose al bacio.
Birmin
Zana, all’esterno del Palazzo Reale, poco prima.
Taku si chiese ancora una volta se fosse
stata una buona idea accettare l’incarico di Primo Ministro per trovarsi poi a
gestire una crisi delle proporzioni di quella che stavano affrontando proprio
quando la nazione si stava riprendendo da quella causata dal Leone Nero.
Sembrava proprio che non ci fosse pace per il suo povero paese.
W’Kabi, il Ministro della Difesa nonché suo
vecchio amico nonostante avessero spesso divergenze anche profonde, gli si
avvicinò e gli disse:
<È tutto pronto.>
Taku sospirò e disse:
<Procedete, allora!>
<Sei certo che funzionerà?>
<Deve, visto che è l’unica opzione che
abbiamo.>
W’Kabi parlò nel suo laringofono e disse:
<Ora!>
Spazio,
ultima frontiera.[2]
Lo shuttle si avvicinò sempre più al piccolo
satellite. Il lancio era riuscito perfettamente e la navicella con i colori
wakandani si stava avvicinando sempre di più al bersaglio.
Il pilota era assolutamente conscio che il
compito che lo attendeva era difficile ma non si sarebbe sottratto al suo
dovere.
Lentamente allineò la sua navicella al
bersaglio e lo inquadrò. Era indubbiamente una meraviglia tecnologica, frutto
della mente di un genio per quanto deviato, ed era quasi un peccato
distruggerlo. Un peccato inevitabile se si voleva salvare il Wakanda.
Akili prese la mira e due raggi gemelli
furono sparati verso il satellite, lo colpirono… e rimbalzarono verso la
navicella.
Akili si lasciò sfuggire un’imprecazione e
fece una rapida virata evitando i raggi.
Per fortuna Taku aveva previsto
un’eventualità simile. Il computer di bordo aveva raccolto tutti i dati della
schermatura del satellite e ricalibrò l’intensità del colpo.
Il satellite esplose nel silenzio del vuoto
spaziale.
Akili lanciò un grido di gioia.
In quel preciso momento in Wakanda quasi
tutti i cellulari presero a squillare e le TV, radio e computer rimasti inerti
fino ad allora ripresero vita.
Birmin
Zana.
Ci fu una specie di tremolio nell’aria
seguito da un odore che qualcuno identificò come quello dell’ozono a segnalare
la caduta del campo di forza attorno al Palazzo Reale.
<Dentro!> ordinò seccamente W’Kabi.
Lui ed una squadra di soldati erano appena
entrati nel giardino che si videro venire incontro il Principe Khanata, con
indosso il suo costume da Pantera Nera Sostituta, e la Dora Milaje Folami che
spingevano dei prigionieri: soldati delle truppe speciali della Federazione
Panafricana ed una donna in costume. Alle loro spalle la Regina Vedova Ramonda
ed il Principe S’Yan.
<Felice di rivederti, W’Kabi.> disse
Khanata <Come vedi abbiamo avuto un po’ da fare. > indicò la ragazza in
costume azzurro <Si chiama Ohyaku ed una
dei commandos superumani di Raoul Bushman. Nella spa ne troverete un altro ben
legato.>
<Due
addirttura? I miei complimenti Khanata.> disse con sincera ammirazione
W’Kabi.
<Spero
di non doverlo rifare mai più. Dov’è M’Koni?>
<Sono
qui e sono lieta di vedere che state tutti bene.> disse la nuova Pantera
Nera uscendo dal grande portone del palazzo.
Ci
fu un breve scambio di saluti e poi M’Koni chiese:
<Come
sta andando?>
<L’interruzione
delle comunicazioni ci ha rallentato ma per fortuna l’avevamo previsto ed ogni
reparto ha agito secondo i piani predisposti in precedenza. Devo dare atto a
Taku di essere stato preveggente. Purtroppo l’attacco a sorpresa ha permesso
all’aviazione panafricana di distruggere molti dei nostri aerei ancora a terra ma
quelli che sono riusciti a decollare hanno fatto il loro lavoro infliggendo
all’aviazione nemica pesanti perdite.>
<Pearl
Harbor e la Battaglia d’Inghilterra nello stesso giorno. Non male.> commentò M’Koni.
W’Kabi
continuò:
<C’è
stato un tentativo degli invasori di prendere possesso dell’aeroporto ma…>
<Ma
è stato sventato grazie anche all’aiuto di qualche amico.>
A
parlare era stata ovviamente Shuri accompagnata da Phantom con il suo cane
Diavolo e Patrick McKenna.
M’Koni
li fissò e si rivolse alla donna in costume violetto:
<E
così tu saresti…>
<Il
ventiquattresimo Phantom, esatto.> rispose lei.
<Cosa fai qui?>
<Il
Presidente del Bangalla mi ha chiesto di intervenire per bloccare i piani di
espansione del Dottor Crocodile prima che decidesse di invadere anche la sua
nazione. Lo avrei fatto comunque e così eccomi qui. Sarà un piacere lavorare
con te. Tanto tempo fa, durante la Prima Guerra Mondiale, i nostri trisnonni
hanno collaborato contro i tedeschi assieme ad un altro che il resto del Mondo
considera un personaggio inventato.>
<Il
cosiddetto Signore della jungla, certo, ma non è questo il momento di
parlarne.>
In
quel momento arrivò trafelato un ufficiale che dopo essersi presentato disse:
<Con
il ripristino delle comunicazioni abbiamo ricevuto un video che dovete
assolutamente vedere.>
Porse
a M’Koni un palmare mentre il video veniva scaricato nei cellulari di tutti.
Il
video cominciava con l’inquadratura di un uomo che vestiva l’armatura da
battaglia delle Forze Speciali Aeree del Wakanda. M’Koni capì subito chi era.
<<Ciao,
M’Koni. Quando vedrai questo video probabilmente sarò morto. Ho riflettuto su
ciò che mi hai detto ed hai ragione. Ho sbagliato tutto con te e con Billy ma
dopo oggi potrai dire a nostro figlio che suo padre ha rimediato ai suoi
errori.>>
Il
resto del filmato mostrava il punto di vista delle telecamere dell’armatura.
Gli spettatori poterono vedere George Wheeler, perché di lui si trattava,
abbattere un aereo nemico dietro l’altro. In un paio di occasioni il video
ondeggiò e loro capirono che l’armatura era stata colpita ma apparentemente
aveva resistito. Improvvisamente fu inquadrato quello che sembrava un grosso
dirigibile.
<<Il
centro di comando mobile dell’Invasione.>> disse Wheeler <<Se lo
distruggo l’invasione sarà rallentata se non fermata. Ho un’unica
occasione.>>
Videro
l’armatura sparare contro la grande astronave ma i colpi ottennero poco
effetto.
L’inquadratura
si fece sempre più stretta la telecamera era sempre più vicina e gli spettatori
capirono cosa intendesse fare Wheeler.
<George.>
sussurrò M’Koni.
Un
attimo dopo un’enorme fiammata occupò lo schermo ed il video terminò.
<È
avvenuto circa mezz’ora fa.> disse l’ufficiale che aveva portato il video
<Ci chiedevamo cosa fosse quella grande esplosione in cielo che avevamo
osservato ad occhio nudo ed ora lo sappiamo.>
M’Koni
rimase silenziosa per qualche istante a testa bassa, poi la rialzò e disse con
voce ferma:
<Siamo
stati in difesa troppo a lungo. È ora di contrattaccare. W’Kabi ordina la
mobilitazione generale. Voglio tutte le nostre truppe pronte all’azione.
Porteremo la guerra in casa del nemico e lo schiacceremo.>
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Un po’ di cose da dire, quindi
facciamo in fretta:
1) Se non sapete chi è Phantom, noto in
Italia anche come l’Uomo Mascherato, dovete essere vissuti su Marte negli
ultimi ottant’anni. Creato da Lee Falk nel febbraio 1936 come striscia
quotiodiana per il King Features
Syndacate, Phantom è sostanzialmente un personaggio di transizione tra i
classici eroi avventurosi dei pulp ed i moderni supereroi con cui ha molti
punti in comune a cominciare dalla calzamaglia da circo che indossa e la
mascherina senza pupille.
2) Secondo la storia interna alla serie,
Phantom comincia le sue avventure nel 1536 quando il naufrago Christopher “Kit”
Wakler giura di dedicare la sua vita e quella dei suoi discendenti a combattere
i pirati ed i malfattori in genere. Da allora e fino al 1936 si sono succeduti
21 Phantom creando la leggenda dell’eroe che non può morire.
3) Phantom è stato adattato in vari
media compresi i comic book in varti paesi ciascuno con una propria continuity.
Nel mio adattamento il Phantom classico è stato reamente ooperativo nel 1936 e
fino almeno a dopo la Seconda Guerra Mondiale ed è il bisnonno dell’attuale
Phantom che è una donna. Cosa che nei vari adattamenti ha almeno due
precedenti.
4) La base di operazioni di Phantom è il
fittizio stato africano del Bangalla ma il suo teatro di azione arriva a tutto
l’Oceano Indiano. Il suo quartier generale è la Caverna del Teschio nel territorio dei Pigmei Bandar, tribù ovviamente fittizia.,
5) Su chi sia il misterioso Signore
della Jungla che ha collaborato con il ventesimo Phantom e la Pantera Nera
dell’epoca torneremo in seguito ma ovviamente avete tutti capito a chi
alludevo.
6) Akili è stato creato da Ta-Nihisi
Coates & Brian Steelfreze su Black Panther Vol. 6° #2 datato maggio 2016.
Nel prossimo
episodio: il tanto atteso confronto finale tra la Pantera Nera e il Dottor
Crocodile ed in più nuovi problemi per il Leopardo Nero e qualche altra sorpresa…
forse.
Carlo