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L’Uomo Ragno 2099#2 I°Serie

 

 

Capitolo 0.1.

 

 

Come un Nastro di Moebius#2

 

Di Yuri N. A. Lucia.

 

 

 

Downtown, New York City. – Ore 2.00 a.m.

 

 

Volteggiava imperterrito sopra la sua testa, come un messaggero alato della Morte, arrivato lì per ghermirlo, e proprio come la sua padrona era caparbio e deciso a tutto pur di portare a termine il suo compito.

Si massaggiò il braccio indolenzito per via della caduta nell’edificio, e sbirciò attraverso le assi di legno con cui avevano inchiodato la botola del tetto molti anni addietro e la sua vista accelerata-potenziata, scorse ogni particolare di quello sgradevole volte: il ghigno animalesco, gli occhi che scintillavano di luce, il lerciume incrostato sui baffi e agli angoli della bocca dai canini e incisivi aguzzi; lo maledì rabbiosamente, e si pentì di non avergli spezzato il collo quando ne aveva avuto l’occasione.

Riordinò i pensieri, autocostringendosi alla calma dopo aver preso un paio di respiri ed aver appoggiato la schiena al vecchio muro di mattoni sporco di polvere, grasso e fuliggine.

Quella luce negli occhi, non era naturale, probabilmente indossava lenti auto polarizzanti rivela-infrarossi, che gli permettevano di vedere al buio e proteggersi dagli improvvisi aumenti di luminosità. Anche se la pupilla non era visibile, aveva notato che li muoveva continuamente, con scatti improvvisi ed irregolari, quasi in preda ad un tic spastico: era uno dei sintomi di chi subiva un intervento di potenziamento dei centri sensori del cervello; il suo mantello a particelle repulsive aveva avuto sempre un sussulto, ogni qualvolta gli si avvicinato o posato sopra, conferma della presenza di un campo magnetico propulsivo, anche se di tipo sconosciuto. La fonte doveva essere quel paio d’ali che aveva impiantato sulla schiena, che gli servivano per sfruttare a suo favore le correnti d’aria e facilitarlo nelle manovre in volo.

Non ne sapeva molto, ma era abbastanza per ragionare su un modo di sfruttare a suo vantaggio eventuali punti deboli, e sotto la maschera se la rise trovandone uno.

 

Il Ragno ancora non voleva venire fuori, e la cosa lo stava cominciando a far spazientire, al punto che iniziò ad urlare oscenità e minacce al suo indirizzo, finché una voce strafottente interruppe il suo sbavante soliloquio:

“Ehi! Pezzo di merda! Gran figlio di vacca troia! Dov’è che guardi, cieco del cazzo! Sono qui! Vieni qui a baciarmi le chiappe!”

Il collo scattò, e strabuzzò gli occhi quasi in preda ad una sorte di vogliosa libidine nel desiderio di vendetta e sangue.

“Ragnooooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Arrivoooooooooooooooooooooooo!!!!!”

Virò bruscamente, e si gettò a capofitto come Miguel aveva previsto:

“Ottusa creatura”

Pensò sprezzante, e si lasciò cadere all’indietro, attraverso un tunnel di tubi di ferro che lo nascose di nuovo alla vista dell’avversario che urlò frustrato per non averne potuto assaggiare le carni, ma poi, quello sbucò di nuovo dal fondo e la caccia riprese.

Scalava i muri, gettandosi da uno all’altro, girando su sé stesso, movendosi in continuazione, curandosi di non rimanere troppo tempo in aria in modo da non divenire vulnerabile ai suoi attacchi, ma rimanendoci abbastanza da non fargli sospettare niente mettendolo in allarme.

Mentre lo faceva, si tirava dietro dei cavi di tela, facendo sì che fossero abbastanza grandi da essere notati, e costringendo l’Avvoltoio a numerose manovre eversive per evitarli.

“Vuoi prendermi nella tua merdosa ragnatela? Credi proprio che io sia un povero stronzo?!”

“Lo credeva anche quella gran pompinara di tua madre! E la mamma ha sempre ragione!”

Urlò, e un improvviso afflusso di sangue al cervello ottenebrò quel po’ di ragione che gli era rimasta. Stava esaurendo la riserva delle filatoie e ormai non gliene rimaneva più molta, e per ricaricarsi gli sarebbe servito un po’ di tempo, cosa che non aveva.

Staccò dei pezzi di muro, e glieli lanciava contro ogni volta che gli passava vicino, cercando ogni volta di colpirlo da un punto diverso.

Il volto dell’Avvoltoio era paonazzo, e oltre alla bava, lungo il mento ora colava anche sangue che fuoriusciva copioso dal naso, ma quello non se ne avvedeva poiché ormai completamente folle.

Ansimava e cercava di coordinare le parole per proferire altri insulti, ma ormai era divenuta una vera impresa, così come controllare i movimenti, proprio come L’uomo Ragno aveva previsto e, quando decise che il momento era venuto, sparì dalla sua visuale, solo per riapparirgli alle spalle.

“Cucù! Settete!”

Gli urlò nelle orecchie prima di assestargli un colpo di taglio sulla clavicola, dove non aveva smorzatori di inerzia, fracassandogliela completamente. Si levarono alti schizzi di sangue mentre le schegge d’osso trinciavano le carni e la pelle nella loro eruzione verso l’esterno.

S’avvitò diverse volte su sé stesso, imballandosi e finendo al suolo con uno schianto fragoroso che sollevò un enorme polverone.

Tossiva e tremava tutto, la testa in fiamme, come se un ferro l’arroventasse dall’interno, l’elmetto ormai inutilizzabile che si strappò via con l’unico braccio che riusciva a muovere, l’altro ormai insensibile ed inutilizzabile.

Cercò di alzarsi ma senza riuscirci, poi, si sentì sollevare di peso contro la sua volontà e allora lo vide.

“Ora non mi minacci più, fottuto assassino?”

“A…ammazzami…”

“Cosa?!”

“Amm…”

Vomitò sul braccio di Miguel che, per reazione lo lasciò cadere in terra, facendogli sbattere l’anca destra.

“Cosa?!?! Vuoi che ti ammazzi!!! Per Thor!!! Dopo quello che mi hai fatto al braccio sarei davvero propenso... ma non voglio… non voglio farlo! Non sono un assassino a sangue freddo come te! Dimmi chi sei e da dove vieni! Ascoltami! Forse… forse puoi essere aiutato… forse…”

“Ammaffami…” disse a bassissima voce, quasi sibilando, dopo aver sputato alcuni denti e facendo scrocchiare penosamente la mascella “fe non lo fai… finirò di nuovo lì… di nuovo… ed io… non voglio…”

“Lì? Ma dove lì? Da dove vieni? Chi sei? Rispondimi! E’ per il tuo bene!”

“Non lo fo… no ho mmmai… faputo chi foffi… fo quello che mi hanno fatto… Aaaa… A… Alchemax…”

Si alzò, fissando quel corpo martoriato e straziato, che continuava a perdere sangue.

“Quando ti hanno fatto? Che cosa ti hanno fatto?! Maledetti!!! Maledetti!!!!”

 

Non aveva idea di dove portarlo, perciò quando vide quel centro d’accoglienza per sbandati allestito da alcuni thoriani, vi si diresse senza pensarci troppo su.

 

Il guaritore del rifugio aveva avuto parecchio da fare da quando erano comparsi i falsi aesir: le bande dei thoriani integralisti e fanatici si erano scatenate contro i fenrir, attaccandoli senza sosta, finché non era saltata fuori tutta la verità; adesso erano i fenrir che si stavano dando da fare, in cerca di vendetta e rinfrancati dalla notizie che non c’era nessun vero Thor pronto a punirli per la loro blasfemia, e i thoriani estremisti, non potevano contare su nessuno a Downtown, ragniani o neocristiani che fossero, visto che si erano accaniti anche contro di loro nella furia redentrice che li aveva colpiti. Odiava dire che lui sapeva come sarebbe andata a finire, e del resto non era neanche il caso che lo facesse, ma sin dall’inizio aveva sospettato di quei sedicenti dei: Thor e i suoi fratelli immortali non sarebbero mai stati tanto arroganti, né Asgard avrebbe provocato tanta morte lungo il suo cammino, senza contare che non somigliava minimamente ai racconti sul regno eterno riportati dalle Cronache.

Stava bendando la testa di un povero disgraziato, che aveva avuto il torto di trovarsi nel mezzo di uno scontro tra bande, quando la porta si spalancò all’improvviso.

 

Erano rimasti tutti di stucco nell’osservare la scena, tanto gli assistenti quanto gli assistiti, e solo lui, il vecchio Grimm Eye sembrava impassibile a quella scena drammatica: un fedele ragnano in costume che portava tra le braccia un uomo ridotto in condizioni piuttosto gravi; il sangue gocciava sul pavimento e la tuta del portatore ne era in gran parte ricoperta.

“Vi prego! Mi serve urgentemente aiuto, o lui morirà.”

Grimm maledì la stupidità dei suoi aiutanti e dei suoi stessi figli, che invece di muoversi, rimanevano impalati sul posto con un espressione di scettica diffidenza dipinta sul volto.

“Papà! Che cosa fai?”

Lo richiamò Starkard, il suo secondogenito, mentre andava incontro ai nuovi arrivati.

“Mi sembra evidente! Ma forse sopravvaluto il tuo cervello! Sto andando a prestare soccorso al quel povero disgraziato.”

“Ma quello che lo sta portando è…”

“Non me ne importa un fico secco sé è un Ragnano, un Neo Cristiano o uno Scentista: neanche se me lo ordinasse il tonante in persona gli negherei il mio aiuto.”

I presenti si segnarono con il simbolo del sacro martello udendo quelle parole, e poi eseguirono l’antico gesto pagano per scacciare il male*.

“Blasfemia! E proprio da te padre mio, che sei lo stimato e capo di questa…”

“Ma falla finita! Mi vergogno ad essere la guida di siffatti egoisti e soprattutto di un ottuso vigliacco come te.”

Guidò il Ragno verso un letto che era stato prontamente liberato da un paziente ormai in grado si stare in piedi, e gli fece adagiare il compagno.

“Smidollato?”

“Zitto adesso! Allora, che cosa gli è capitato.”

“Io,.” Rispose l’uomo Ragno alla domanda del maturo uomo.

“Dannazione! Ti pare questo il momento di motti di spirito?”

“No, sono stato io a ridurlo così.”

“Come?”

“L’ho fatto precipitare…”

“Volava con questi affari sulla schiena? Sono un impianto bionico, vero? O semplice innesti removibili?”

“Ho la certezza che ci sia un complesso sistema di connessione sinaptica.”

“E’ un fenrir?”

“Come?”

“L’hai fatto cadere perché era un fenrir? Oh santi Balder e Volstagg, lasciamo perdere! Da che altezza è precipitato.”

“Ottanta metri, più o meno.”

“E’ una bella caduta! Cos’è che hai usato per raggiungerlo ed abbatterlo? Un aliante, una moto? No, lascia perdere anche questo. Suppongo avesse qualche sistema di protezione se si è salvato da quell’altezza: sei sicuro che non avesse niente di rotto quando lo hai spostato, intendo oltre a questo bracco che è ormai è andato.”

“Io… credo di no…”

“Credi? Vuol dire che non ti sai accorgere se qualcuno ha un osso rotto o spezzato! Benedetti occhi di Sif! Starkard! Per Hela vomitatrice di oscenità! Muovi quelle chiappe grasse che ti ritrovi e vieni a darmi una mano, altrimenti vengo io lì da te e di darò una lezione che Surtur al confronto ti sembrerà la tua vecchia bambinaia!”

Con riluttanza, e umiliato dalle parole dell’amato genitore, andò per aiutarlo e, dopo qualche istante di indecisione e dopo un rapido scambio di sguardi, lo imitarono alcuni infermieri.

“Molto bene: ora sì che ti riconosco figlio mio; tu, ragnano, vatti a mettere seduto, darò una controllata anche a te più tardi. Matty Rò! Porta dell’acqua da bere al ragazzo, e tu, Olaff, prendi le medicazioni e gli scanner, presto!”

L’uomo Ragno si sedette sul pavimento, a gambe incrociate, incapace di staccare gli occhi da quegli uomini che cominciarono ad armeggiare intorno al corpo del suo rivale, scambiandosi commenti poco incoraggianti e scuotendo continuamente il capo. La ragazzina, Matty Rò, gli portò una caraffa di plastica piena d’acqua, versandogliene un po’ in un bicchiere che, preso dalle sue mani, osservò per un po’, indeciso se accettarlo o meno.

“Guarda che è pulita! Abbiamo il miglior depuratore di tutta la Subcity,” fece visibilmente offesa lei, un metro e sessanta, dodici o tredici anni, capelli castano scuri tagliati corti, occhi verde chiaro, carnagione lattea, un visetto delizioso dall’espressione sveglia.

“Scusami, non volevo offenderti. E’ solo che sono un po’ preoccupato… beh, per lui.”

Disse in tono sommesso, indicando il tavolo dove oltre al guaritore e uso figlio erano assiepati cinque tra uomini e donne.

“Sei proprio strano!”

“Perché?”

“Prima pesti a sangue quel tipo, poi ti fai in quattro per portarlo qui e ti senti male per lui! Non mi piace, ha l’aria del brutto ceffo, e non so neanche se mi piaci tu, con quella maschera sul volto, anche se devo dire che il tuo costume è meglio di quelle porcherie sottocosto che vendono ai mercatini di Park Avenue. Sai, sembra vero tami, e non tessuto sintetico da due soldi, e anche il taglio e il disegno, sono fedeli all’originale.”

Miguel azzardò a chiederle:

“Dici quello dell’Uomo Ragno?”

“Dico quello.”

Confermò lei.

“Beh, ti ringrazio.”

“Tu di dove sei?”

“Intendi dove vivo?”

“Ti fai sempre spiegare tutto? Anche le cose più ovvie?”

“Non esistono cose veramente ovvie…”

“Eh?”

“Oh, scusami, solo una cosa che diceva una persona molto saggia molto tempo fa.”

“Se lo dici tu… comunque secondo me sei uno di quegli spostati ragnani che vivono a Central Park.”

“Come fai ad esserne sicura?”

“E dove altro potrebbero vivere quei matti?”

“Non ti sono molto simpatici.”

“Stanno diventando peggio dei fanatici che in nome di Thor si danno alla violenza e al saccheggio selvaggio.”

“Sei thoriana?”

“Cerco di essere una buona fedele del Vero Verbo.”

“Sei anche tu ostile all…Uomo Ragno?”

“No, a lui no.”

“E perché?”

“Perché è il suo Nunzio, il Nunzio di Thor.”
”Credevo che per voi fosse una blasfemia dire una cosa del genere.”

“Non siamo tutti uguali, e poi, la riprova è stato quanto accaduto ultimamente: lui si è apertamente schierato contro il falso Dio del Tuono; questo perché lui lo saprebbe riconoscere subito.”

“Tu ne sei assolutamente sicura?”

“Ehi! Ora sono io che ti chiedo se questo non sarebbe blasfemo per un ragnano.”

“Probabile… come sta andando?”

Matty si voltò per dare un occhiata: l’aria intorno al lettino scintillava leggermente per via di un leggero campo di forza elastico il cui scopo era quello di impedire ai microrganismi di penetrare nell’aria sterilizzata al suo interno; quando posò di nuovo lo sguardo sul ragno aveva un aria che non preludeva a nulla di buono.

“Mi sembrano molto preoccupati, e il tuo amico era conciato da schifo: fidati, ho una certa esperienza; vivendo in un Tempio della Guarigione ho imparato un mucchio di cose utili sulla medicina. Di solito quelli che hanno impianti bionici come quelli, sono ulteriormente svantaggiati, sai, lo stress fisico di supportarli, eventuali corto che possono procurare un rigetto improvviso.”

“Certo, capisco perfettamente,” disse avvilito, e si alzò la maschera fin sopra il labbro, pieno di tagli e bevve un sorso d’acqua. Matty Rò, avendo visto le ferite, allungò le mani per sfiorarle, e Miguel tirò istintivamente indietro la testa.

“Scusa, non volevo spaventarti.”

“No, scusa tu: sono un po’ su di giri.”

“Ok, nessun problema. Ora lasciami dare un occhiata ai tagli e… perché non tiri su tutta la maschera così posso guardare meglio. Sei gonfio lì, segno che c’è un brutto livido.”

“Ti ringrazio, ma preferirei di no…”

“E perché? Ti vergogni della tua faccia?”

“Ehm… diciamo che non mi faccio mai vedere al primo appuntamento, sai, tanto per mantenere un po’ di mistero.”

La ragazza portò le mani ai fianchi e, prima quasi controvoglia, poi senza potersi frenare, cominciò a sorridergli.

“Io penso che non abbiamo nessun appuntamento, che sei un po’ matto, ma che sei simpatico.”

Le labbra si incurvarono all’insù, nonostante si sentisse ancora uno schifo per quello che aveva fatto. Tornò a guardare davanti a sé, e si disse che non avrebbe mai dovuto arrivare a quello.

 

Grimm Eye si versò uno scotch nel calice e ne bevve un sorso abbondante, passandosi dopo una mano sulla bocca per togliere via alcune goccioline rimaste sulla barba. Suo figlio Starkaard stava pazientemente in attesa alle sue spalle, le mani dietro la schiena.

“Figliolo, sai perché prima sono stato così duro?”

“Perché non ero d’accordo con la vostra idea di curare quel fenrir?”

“Posto che non sappiamo se sia o meno un fenrir, ero arrabbiato perché stavi dimenticando tutto quello in cui crediamo e a cui ti ho educato sin da piccolo: sii determinato e rapido nel combattere il male, o il tuo nemico…”

“… ma si altrettanto rapido nel perdonare chi si pente, nell’essere indulgente con chi arrende e attento a non scivolare tu stesso nel male inaridendo il cuore e l’animo.”

Grimm si avvicinò al figlio, scrutandolo con l’unico occhio rimastogli dall’alto in basso, e poi, con espressione orgogliosa e posandogli teneramente le mani sulle braccia:

“Sei sempre stato un bravo figlio, e sono sempre stato fiero di te. Capisco che quanto successo ultimamente, è stato duro per tutti. I falsi dei hanno minato la fede di molti, specie di chi in un primo tempo li aveva accolti con gioia e trepidazione. I disordini, le sommosse, le vendette, i rancori, e tutti i feriti e i morti giunti qui per colpa di questi e della finta Asgard ci hanno esasperato. Ma ti prego, figlio mio amato, non cedere alla disperazione chiudendoti nella tua diffidenza.”

“Ho capito padre mio: non sbaglierò più; comunque il ferito è grave, e non è bastato amputare il braccio e rimuovere quei grumi di sangue nel cervello per risolvere il problema. Il corpo era già al limite prima che subisse quella caduta, anzi, direi che è stata solo l’ultima spinta verso la fine. So perché prima hai detto che non credevi fossi un fenrir: quegli impianti bionici sono estremamente complessi, anche se non me ne intendo, sembra alta tecnologia aziendale.”

“Pensi ad un loro agente?”

“Penso che l’hanno martoriato per bene a furia di interventi di rafforzamento, e chi l’ha operato è un vero pazzo irresponsabile. Dobbiamo assolutamente chiamare Asgeir, lui si intende di nodi sinaptici e innesti sincronici: è imperativo rimuovere quelle ali e dobbiamo sottoporlo subito ad un’altra trasfusione di sangue.”

“Abbiamo ancora del sangue sintetico?”

“Non molto, ma vista l’urgenza del caso… comunque radunerò altri donatori volontari, anche se a questo punto tutti penseranno che più che un guerriero di Thor io sia Dracula.”

Grimm Eye rise, e dette una pacca sulla spalla del figlio.

 

“E’ meglio che tu vada.”

“Come?” Chiese confuso l’uomo Ragno rivolgendosi a Grimm Eye.

“Hai capito bene quello che ti ho detto, ora è bene che tu ti allontani da questo luogo.”

“Ma lui…”

“Anche se rimani, non cambierà le sue possibilità di sopravvivenza.”

“Ma io…”

“Per gli altri sei un ragnano, e anche se per il momento mi danno retta, continuano a non essere felice di vederne uno girare per il Tempio.”

“Non voglio fare nulla di…”

“E non voglio che si accorgano che tu sia il vero Uomo Ragno.”

Miguel lo guardò senza dire nulla, e Grimm Eye, che continuava a fissare la sala d’aspetto sottostante il suo ufficio dalla finestra continuò: “C’erano dei segni sul suo corpo, e anche se gli altri hanno pensato a ferite d’arma da taglio, io ho capito subito di cosa si trattava: artigli; sono stato spesso sui luoghi dell’apparizione del cosiddetto Nunzio, forse per una sorta di segreta speranza, o forse solo per morbosa curiosità, e ho imparato a memoria il tipo di segni che lascia l’uomo Ragno, un segno inconfondibile per via della forma, dello spessore, e del posizionamento dei suoi artigli e poi indossi un costume in vero t.a.m.i. e un mantello a particelle repulsive. Mi è rimasto un occhio solo,” commentò amaramente indicando la benda sul lato sinistro “ma funziona molto bene e distinguo subito il sintetico dal vero t.a.m.i.

“Io, non ho mai capito come dovevo considerare la tua venuta, perché se per parecchi era un segno del prossimo ritorno del possessore di Mjolnir, io nutrivo qualche dubbio. Eppure, oggi mi hai dato una prova molto importante, e anche se  non so se dietro ci sia la volontà dei devi celesti, so che dietro quella maschera c’è un uomo che può sbagliare come tutti noi, ma dotato di un cuore che sa distinguere tra il male e il bene.

“Ho sentito parlare, tempo fa, di un essere che si aggirava a Manhattan, un uomo alato che capeggiava una banda di selvaggi e che mangiava le carni di quelli che gli capitavano sotto tiro, e qualche settimana fa si era scontrato con l’uomo Ragno. E’ stata dura con lui?”

Miguel sollevò il capo, socchiudendo gli occhi e, come se si stesse togliendo un grosso peso dallo stomaco, sussurrò: “Ho temuto di morire.”

“Ma non sei morto.”

“Forse lo farà lui.”

“Non sei stato tu a ridurlo così.”

“Ah no?”

“No: ha percorso lui la via del male, e tu ti sei solo limitato a proteggere la tua stessa vita, come è diritto naturale di ognuno di noi; non sentirti in colpa, e, se questo può aiutarti, faremo del nostro meglio per salvarlo, anche se non posso assicurarti che ne uscirà e soprattutto, se dovesse accadere, non so proprio che cosa faremo con lui.”

“Ti ringrazio, Grimm Eye. L’unica cosa su cui non sono d’accordo, e sul fatto che abbia scelto lui la strada del male… non dopo aver saputo il nome di quelli che lo hanno trasformato… in quella cosa.”

Miguel gli porse il braccio per salutarlo con il saluto thoriano, in segno di rispetto, ed esso lo contraccambiò.

“Spero che tu capisca: sono tutti molto confusi, e se ora sapessero chi sei veramente, la loro confusione aumenterebbe; torna quando le acque si saranno calmate, sarai accolto in modo più appropriato.”

“Mi basta sapere che ritroverò la stessa amicizia che mi stai mostrando ora. Ti chiedo solo un favore: salutami la piccola Matty Rò, è una tipa in gamba.”

 

Matty Rò entrò nell’ufficio di Grimm Eye, e, come sempre, non riuscì a non guardare ammirata il vecchio Blashir che se ne stava pacioso sul suo trespolo.

“Allora, giovane Matty Rò, sono qui, dimmi pure tutto.”

“Mi scusi se l’ho disturbata, venerabile Guaritore, ma… non riesco… non riusciamo più a trovare il ragnano che ha portato quel poveretto.”

“Se ne è andato.”

“Come? E’ perché non me… non ce lo ha detto!”

“Non era ferito in modo grave, non aveva reali motivi per rimanere con noi. Come mai tu sembri esserne molto turbata.”

“No! Esclamò in preda all’imbarazzo, mentre il suo viso adolescenziale s’arrossava E’ solo… che io gli avevo offerto un po’ della nostra preziosa acqua e… andarsene via così senza neanche dire grazie… ma come mai non lo abbiamo visto uscire?”

“Misteri di Thor.”

“Come?”

“Stavo solo scherzando. Comunque, sappi che gli ho parlato è mi ha chiesto di riferirti che sei una ragazza in gamba.”

“Ha detto ragazza?”

“Non proprio… ma confermo l’in gamba.”

Guardò benevolo la ragazzina, che, dopo essere arrossita ancora di più, salutò chinando il capo e uscendo dall’ufficio.

Grimm Eye sorrise divertito, e sollevò lo sguardo verso il lucernaio, mormorando:

“A presto, mio nuovo amico.”

 

 

 

High Voltage Club – Ore 7.42 a.m.

 

 

Nonostante l’ora il locale era ancora pieno : il fumo era così denso che quasi non si vedeva nulla, i muri erano pieni di graffiti e scritte oscene, e si camminava a fatica per via di tutti gli avventori che dormivano su materassi luridi e maleodoranti, i più in preda all’effetto di droghe psichedeliche, in attesa che si liberasse un accesso alle porte virtuali in modo da poter iniziare un altro tipo di viaggio. Alcuni tremavano in preda alle convulsioni, altri si vomitavano o si defecavano addosso, altri piangevano invocando il nome di qualcuno, altri ridevano istericamente, altri ululavano come bestie, cera anche chi lo faceva senza nessun senso del pudore.

Gabri gli aveva spiegato, che c’erano diverse persone convinte consumatrici di antiquati prodotti a base di LSD, nella convinzione di poter migliorare il proprio stato di connessione durante l’immersione nella realtà virtuale: secondo Gabri c’era un fondo di verità, ma l’incremento delle prestazioni on line non era tale da giustificare l’utilizzo di qualcosa che fotteva in breve tempo il cervello. Ovviamente parlava per esperienza diretta.

Miguel si era cambiato sul tetto: aveva comprato i vestiti da uno sballato che indossava un completo di Show Business; non si sarebbe aspettato di vedere uno vestito così in un posto del genere, ma del resto il luogo comune non moriva mai.

Nessuno aveva fatto caso a quel tipo che scendeva le scale e si guardava intorno con l’aria del cacciatore di taglie.

Miguel si avvicinò al bancone, dove un grasso barista calvo stava pulendo un bicchiere così sporco da far apparire impossibile l’impresa.

“’sera.”

“Cosa ci fai qui?”

Chiese in malomodo l’uomo.

“Sono venuto a cercare una persona.”

“Qui non si viene a cercare le persone: si viene a cercare il brivido di una connessione profonda; tu non hai l’aria di un netnauta.”

“Che aria ho?”

“L’aria dello stronzo, e spero che tu non stia cercando guai.”

“Ascolta, c’è un tuo avventore, Firelight.”

“Firelight non è un mio avventore, e se avessi una simile celebrità qui nel locale lo saprei. Chi cerca Firelight?”

“Suo fratello.”

“Firelight ha un fratello? Accidenti, chi l’avrebbe mai detto: è poi uno stronzo del genere, ihihihihi,” disse ridacchiando.

“Molto gentile. E chi potrebbe sapere dove si trova mio fratello?”

“Prova di la, alla Darkroom.”

“Alla Darkroom?”

“E lì che va a rilassarsi Pitrider.”
”Chi sarebbe?”

“Lo scoprirai da solo.”

“Grazie, mr. Simpatia.”

“Prego, mr. Stronzo.”

Seguì il ragazzo con lo sguardo, sorridendo sardonico mentre i quattro che avevano sentito la loro conversazione si stavano muovendo per seguirlo.

“Mi sa che da Pitrider ci arrivi a fette, stronzetto.”

Sollevò il boccale, cercando di scrutare attraverso il vetro opaco, e poi, stanco dell’inutile lavoro, ci sputò dentro rimettendolo a posto.

 

C’era poco spazio per muoversi, la gente in prossimità della Darkroom era una specie di selva vivente di corpi sudati che si agitavano al ritmo di una musica che lui non poteva sentire perché non aveva preso il ricevitore di laser all’ingresso. Per sua fortuna c’era un’enorme specchio sulla parete, e questo gli permise di vedere con la sua vista accelerata, il particolare della sagoma che spintonava le persone che parevano indifferenti a quell’aggressione, e gli si avventava contro con in mano quello che sembrava un coltello dalla lunga lama seghettata. Non aveva scelta, e balzò all’indietro, evitando l’affondo per un attimo. Lo afferrò alle spalle, scrollandolo attento a non fargli troppo male.

Un'altra immagine sulla parete gli mostrò uno dei compari dell’aggressore che cercava di portare a termine il lavoro intrapreso: si limitò semplicemente ad alzare di scatto il gomito e quello ci finì addosso con il naso, spaccandoselo con una grande fuoriuscita di sangue; cadde all’indietro, sbattendo le spalle sul pavimento.

Si abbassò, evitando un diretto, e quando si sollevò afferrò il braccio, lo torse leggermente facendolo scricchiolare rumorosamente, e provocandogli delle grottesche smorfie di dolore. Usò il pugno dell’altro per atterrare l’ultimo.

“Allora! Si può sapere chi sei?”

“Oddio!!! Che dolore!”

“Ehi! Mi vuoi rispondere?”

“Oddio mio!!!”

Miguel sbuffò, e gli tolse il dischetto ricevitore posto dietro l’orecchio destro.

“Adesso mi puoi sentire, perciò dimmi subito chi sei o ti spezzo il braccio.”

“Ti prego! Lasciami, mi stai uccidendo.”

“Ti lascio, si, ma mi prendo il tuo braccio se non mi dici chi sei e perché tu e i tuoi amici avete cercato di farmi questo.”

“E’ stato Backdoor…”

“Chi?”

“Quello che hai steso per primo! Ha sentito che parlavi di Firelight e che millantavi di essere suo fratello! Backdoor, parecchi anni prima, le prese da lui, e fu sputtanato dopo una gara di corsa selvaggia attraverso la realtà virtuale. Voleva vendicarsi affettandoti…”

“Dov’è mio fratello?”

“E io che cazzo ne… auchhh!”

“Ok, raccatta i tuoi amici, e vattene via da qui… subito!”

Il ragazzo non ci pensò su due volte, e quando quello lo liberò dalla terribile morsa, andò a recuperare i compagni malconci e se ne andarono via.

 

La Dark room era un esperienza sconvolgente anche per uno aperto di vedute come Miguel O’Hara, e non assomigliava a nessuna delle Dark room che aveva visto in quei Sex and Bar visitati per curiosità quando aveva compiuto diciassette anni. Gli occupanti sembravano in preda ad un febbricitante delirio sessuale, intenti ad unirsi in amplessi che non tenevano conto dell’età o del sesso del partner. Molti dei presenti erano collegati a cavi, di cui un estremità era inserita in una porta neurale sulla nuca e l’altra ad un ingresso sul soffitto. I suoi occhi erano diversi da quelli dei normali esseri umani, e pur non potendo vedere in assenza totale di luce, riusciva ad avere una buona visuale grazie a quel poco di illuminazione che filtrava dall’esterno, cosi che i particolari di quell’orgia gli erano sufficientemente chiari. Si scansò per evitare il culmine del godimento di uno dei partecipanti che andò a insozzare il bel sedere di una ragazza intenta a subire un cunilingus da un amica.

“Thor! Gabri frequenta questo tipo di posti?” Si chiese disgustato mentre avanzando verso il centro della sala lo spettacolo diveniva sempre più osceno e concitato, quasi stesse inoltrandosi attraverso dei gironi danteschi, finché la vide e si bloccò, come folgorato da una rivelazione.

Intorno a lei c’era uno spazio vuoto, quasi una barriera che la proteggeva dal sudiciume e dal vizio, vestita completamente di bianco, un abito lungo, ricamato, lunghi guanti sino al gomito, capelli corvini lunghi, acconciati in modo molto retrò , labbra piene e rosse, occhi neri, ciglia lunghe e sopracciglia sottili , pelle candida, lineamenti delicati, come accennati dal pennello di un maestro fiammingo, vita sottile e un seno pieno e sodo, le mani incrociate deliziosamente poggiate sul grembo, lo sguardo basso, quasi in pudico e virginale gesto, l’espressione serena: un vero controsenso in quel luogo di dannazione e peccato.

Deglutì a fatica, e, dopo qualche istante che si era fermato, si accorse che diverse mani lo stavano carezzando in modo lascivo, e colto da un moto di rabbia e disgusto se li scrollò di dosso in malo modo.

Penetrò in quella bolla di quiete, in cui i gemiti e le urla non riuscivano a penetrare.

“Campo ad assorbimento acustico,” pensò Miguel, senza però riuscire a distogliere lo sguardo da lei.

“Benvenuto nella mia dimora, visitatore.”

Rimase sorpreso, e non riuscì a rispondere subito. Si sentiva stupido ad essere imbarazzato come un liceale al primo appuntamento, e ricordò a sé stesso che invece era uno stimato e talentuoso scienziato, un…”

“Un pezzo grosso dell’Alchemax.”

Miguel era ancora più confuso di prima, e lei accortasene, sorrise in modo adorabile, mentre il suo bel volto sembrava illuminarsi ancora di più.

“Non devi spaventarti: controllo l’identità di tutti gli ospiti dell’High Voltage, specie di quelli che non vengono qui per provare il brivido di un immersione profonda nel net.”

“Hai lanciato una ricerca e hai trovato la mia foto e i miei dati nella rete, vero? Non vedo cavi: hai un collegamento all’infrarosso con il modem?”

“Sistema sub eterico di undicesima generazione.”

“Hai impianti cibernetici allora.”

“Nanotecnologia.”

Miguel le sorrise, in un certo qual modo rassicurato dai suoi modi gentili e tranquilli e chiese:

“Sai perché sono qui?”

“Ho sentito tutta la conversazione al bancone, e ti chiedo perdono per i modi arroganti di Douglas.”

“Collegata al servizio di sorveglianza interna del locale, e quindi probabilmente sai anche cosa è successo prima di entrare qui dentro,” continuò, ormai di nuovo padrone della propria sicurezza.

“Anche per questo devo scusarmi: quegli individui non entreranno mai più qui dentro, sapevano che ogni forma di violenza è bandita; ho visto che comunque te la sei cavata piuttosto bene.”

“Si fa quel che si può.”

“E così, tu saresti il fratello di Firelight.”

“E tu Pitrider: sei la proprietaria del locale?”

“Il locale non ha proprietari, io sono solo una custode.”

“Difficile crederlo… comunque sono il fratello di Firelight, e lo sto cercando. Sono preoccupato, e ti chiedo di darmi sue notizie, se ne hai.”

“Avvicinati.”

Disse lei, con un improvvisa nota di preoccupazione nella voce. Lui, senza esitazioni, le si fece d’appresso, e lei, posò la sua mano sulla guancia gonfia e tumefatta, carezzandola con grande delicatezza.

“Backdoor e i suoi accoliti non sono le uniche difficoltà che hai incontrato venendo qui a Subcity, vero? Sei molto coraggioso, uomo di superficie, davvero. Dovresti medicare le tue ferite: desideri un po’ di narcogomma per lenire il dolore.”

Miguel le prese la mano, carezzandola a sua volta senza capirne pienamente il perché, e le rispose:

“Sei molto gentile, ma io e narcotici non andiamo molto d’accordo, e questo è solo un… livido che mi sono fatto cadendo.”

“Come quei tagli sulle labbra e sul sopraciglio? Sei un pessimo bugiardo, Miguel O’Hara, ma le risposte che vai cercando te le sei sicuramente guadagnate: Firelight è tornato.”

Gemette nell’udire quell’affermazione, e tutte le speranza che aveva segretamente nutrito durante quel viaggio erano andate in frantumi. Suo fratello era tornato a cavalcare il flusso nei panni dell’avventuriero virtuale di nome Firelight, e questo non era un bene per via della sua passata dipendenza da connessione.

“Il tuo volto esprime molto bene il dolore che ti ho procurato, e di questo me ne dispiaccio.”

“Non è colpa tua se le risposte che ho avuto non erano quelle in cui speravo. Sai dove lo posso trovare?”

“Se parli della sua controparte fisica, non posso aiutarti. Se è il suo avatar che cerchi, probabilmente lo troverai a 3W Tombstone, una virtua city nel Net. Non avendo la necessaria modifica al cervello, non posso scaricarti li direttamente l’indirizzo, ma se passi al banco, Doug ti lascerà un disco e stavolta sarà più gentile con te. Spero solo di esserti stata d’aiuto, signor Miguel O’Hara.”

“Ti ringrazio infinitamente, lo sei sicuramente stata. Senti… io, non ti vorrei sembrare maleducato… ma… una ragazza come  te… perché…”

“Vive in un posto simile? Guardati intorno… sei in grado di vedere anche con bassissimi livelli di luce, vero? Me ne sono accorta da come avanzavi sicuro prima, probabilmente porti lenti all’infrarosso sotto quegli occhiali.”

Miguel le ubbidì, girando lo sguardo tutto attorno.

“Non sembra di vivere all’interno di un quadro metadescrizionista di Simon Shiller?”

 Chiese con improvvisa lussuria che scintillava negli occhi la bellissima Pitrider.

Miguel, ancora disgustato ma ora anche stranamente affascinato da quella prospettiva, assentì e chiese ancora:

“Tu e mio fratello, come vi conoscete?”

Lei rise coprendosi la bella bocca con una mano guantata:

“E’ una lunga storia: diciamo solo che per un certo periodo siamo stati amici molto speciali, anche se da adesso non c’è più un gran rapporto tra noi due. Probabilmente si arrabbierà molto quando scoprirà che sono io ad averti dato notizie su di lui.”

“Ti prometto che non gli dirò niente.”

Si scambiarono un sorriso complice.

 

Pitrider aveva detto il vero: Douglas si era comportato con grande deferenza nei suoi confronti quando era andato a prendere il disco; ora rimaneva il problema di cosa fare.

Se Gabri, come ormai sembrava certo era tornato ad essere Firelight, sarebbe dovuto necessariamente andare a 3W Tombstone per trovarlo, e lui non era un navigatore provetto, il che significava affittare una guida, e questo preludeva ad una ricerca di qualcuno di esperto e fidato… sull’esperto non aveva preoccupato, ma sul fidato.

Non voleva connettersi all’interno del locale, anche se si fidava di Pitrider, e non sapeva perché,  lei non poteva di certo controllare ogni cosa, proprio come per Backdoor, e quindi sarebbe tornato all’appartamento di Gabri, dove c’era l’attrezzatura giusta. Al più il fratello l’avrebbe cazziato per averlo fatto, e del resto quante volte si era introdotto lui nella sua abitazione per usufruire del suo idromassaggio.

“Coraggio, Miguel! Si disse Preparati a metterti in altri guai.”

Si diresse verso il passaggio tra le piastre corazzate, mentre diversi metri più giù, alcune persone che l’avevano visto passare, si gettarono in ginocchio per l’improvvisa visione del divino nunzio.

 

 

 

Fine dell’episodio.

 

 

*L’antico gesto pagano per scacciare il male, altro non era che il nostro fare le corna.

 

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Un grazie a tutti voi, miei lettori, ai miei supervisori e a chi mi vuol bene…