Marvelit present:
Uomo Ragno 2099#4 Prima Serie
Come un Nastro di
Moebius #4
Di Yuri N. A. Lucia.
Secondo la teoria della relatività ristretta di Einstein, ogni punto dell’universo poteva essere
individuato da tre numeri relativi alle tre dimensioni spaziali. Esisteva
inoltre una quarta dimensione, quella temporale e dunque un evento poteva
essere individuato con quattro dati che avrebbero detto dove, e quando esso
avveniva.
Il fisico Kaluza, agli inizi del ventesimo secolo introdusse
l’idea che potesse esistere una dimensione spaziale
extra oltre a quella dell’insieme spazio tempo, al fine di tentare di unificare
la forza del campo gravitazionale con quella del campo magnetico.
Nel corso degli anni nacquero numerose teorie che partivano
da un principio, ovvero che sostanzialmente le dimensioni potevano essere di
due tipi: grandi ed evidenti, quindi di tipo esteso, o piccole, arrotolate e
difficili da scorgere, quindi di tipo compattificato.
Secondo la teoria del Kaluza, il campo elettrico e quello
magnetico, erano componenti di quello gravitazionale
che puntavano lungo la quinta dimensione (di tipo spaziale) e la carica di una
particella altro non era che il moto di essa lungo la retta dimensionale che
dopo un percorso estremamente breve, della lunghezza di un Planck, si chiudeva
su sé stessa.
Il campo gravitazionale e quello magnetico avrebbero dunque
entrambi effetti sullo spazio, deformandolo, il primo in modo visibile il secondo agendo invece sull’aspetto nascosto
dello spazio stesso che nel suo insieme pentadimensionale assomigliava ad un
cilindro, in cui il circolo era la dimensione extra e l’altezza conteneva le
dimensioni ordinarie.
Questi pensieri erano l’ancora di salvezza che impedivano a
Miguel di impazzire completamente.
Non era un caso che stesse passando
proprio in rassegna quelli: il Neteverso si estendeva proprio lungo la base del
cilindro, su tutta la sua superficie; esso era il mondo della quinta
dimensione. Questo avevano inavvertitamente fatto gli
umani con il passare del tempo e l’avanzare della tecnologia bio-informatica.
Avevano creato un avamposto in una dimensione compattificata, costituita da
stringhe arrotolate, una dimensione in cui conviveva una dimensione temporale
extra, qualcosa di nuovo che veniva definito N-Tempo e
sembrava essere la versione compattificata del Tempo stesso.
Il campo elettromagnetico aveva in questa dimensione la
funzione che il campo gravitazionale aveva nell’Universo, determinando
l’estensione di N-Spazio ed N-Tempo così come la
gravità determinava l’estensione di U-Spazio ed U-Tempo.
Sostanzialmente gli esseri umani, o comunque
gli organici, erano nati per esistere nell’U-Spazio-Tempo
ed i loro cervelli, generando dei campi magnetici, partecipavano all’interrelazione
esistente tra tutti i campi magnetici dell’Universo. Secondo gli studi compiuti
nel ventesimo e nel ventunesimo secolo, i campi elettromagnetici del cervello
ricevevano in continuazione onde di energia così detta
pregiata, dalla radiazione di fondo dell’Universo, ovvero il residuo del big
bang originario ma questa radiazione non era isotropa, cioè non uguale ovunque
e nel N-verso essa era molto dissimile poiché la
dimensione compattificata del N-Spazio-Tempo doveva
essere molto simile a quella che era la situazione originaria del creato prima
del big bang.
Gli avatar non si limitavano a collegare le menti alla nuova
Realtà Virtuale trasmettendo dati come avveniva in passato ma portavano le
menti stesse, ovvero un estensione delle così dette
particelle Fi che secondo alcuni erano le componenti
dell’anima stessa, all’interno di un mondo in cui vigevano condizioni diverse
da quelle in cui normalmente esistevano.
I risultati potevano essere catastrofici se le permanenze
erano prolungate o prive delle dovute protezioni: la febbre di rete era una di
queste;
Roy Z rimase immobile, come chi trovandosi di fronte a certe
specie di serpenti, sa che l’unico modo di non essere
morsi è quello di non muoversi.
Il moto attirava diversi tipi di predatori, molto spesso
anche i ragni.
L’analogia non era saltata fuori casualmente dalla mente di
costrutto di Roy ma dalla trasformazione che stava avvenendo nell’avatar di
Miguel.
Gli avatar erano suscettibili dello stato umorale di chi ne usufruiva e anche se avevano un programma di base che
ne fissava i principali parametri visivi, un’eccessiva sovralimentazione del
campo elettromagnetico poteva spingere ad una radicale riorganizzazione degli
elementi principali che l’avrebbe persino reso completamente diverso.
Gli occhi del costrutto, erano ricettori che raccoglievano
le sollecitazioni delle particelle così dette omicron, quello che nell’ N- Spazio era la versione dei fotoni dell’U-Spazio.
Il corpo virtuale di Miguel si era deformato, ingrandendosi
in modo spropositato, ed erano spuntati quattro arti
addizionali che si agitavano artigliando l’aria, mentre sulla fronte si erano
aperti diversi occhi.
Tutte rappresentazioni che dovevano essere
molto vicine alla realtà interiore che percepiva di sé stesso l’ammalato.
Tremò, perché pensava che la stessa cosa doveva essere capitata agli Scotitori un ventennio prima,
quando persero il senno alla presa di coscienza della loro dipartita dal mondo
d’origine.
Miguel si stava disperatamente trattenendo ma la coscienza veniva rapidamente risucchiata dal febbricitante delirio di
odio che montava furiosamente da dentro.
“Tu!!!” Tuonò la voce, un clangore di spade e scudi che cozzavano
selvaggiamente” Sei tu che hai fatto
del male a mio fratello, vero?”
Una parte di sé si rendeva perfettamente conto dell’assurdità
di quell’accusa ma era come trovarsi in un incubo dal quale non riusciva a
svegliarsi.
Roy Z, con molta lentezza, cominciò a parlare, mantenendo il
tono più calmo che riuscisse a simulare e che fosse
riuscito a trovare nella sua banca dati primaria:
“È vero, tra me e tuo fratello non corre buon sangue ma non
gli ho fatto nulla e se ci pensi un attimo ti renderai conto anche tu che è così.
Se avessi fatto qualcosa a lui, ti
avrei già eliminato e lo avrei fatto a 3WTombstone, senza correre rischi
inutili avvicinandomi a Domegan.
La Camarilla non tollera la presenza di simulanti
indipendenti nei propri territori e sé mi avessero
preso a meno di 10 unità Dirach dai loro confini mi
avrebbero fatto fare una brutta fine.”
“Sei tu che hai insinuato l’idea che sia stata questa
Camarilla a prendere mio fratello ma io non ti credo!!!
Non ti credo neanche per niente!!!! Dov’è?!”
Le cose si stavano mettendo male. Doveva ammettere che era sorpreso: un altro sarebbe già morto per un attacco del
genere ma lui resisteva e parecchio, segni che i suoi sospetti su di un
potenziamento neurale dovevano essere esatti. Tuttavia il collasso era
inevitabile, sovralimentazione neurale o meno.
Tra poco il suo cervello sarebbe andato in ebollizione e lui
sarebbe morto cosa che poteva anche andargli bene. Il problema era che
l’avrebbe fatto a pezzi prima di tirare le cuoia e da dove si trovava non
poteva trasferire i suoi file di sistema primari al
suo simulacro.
Aveva sempre odiato quel freddo guscio di titanio in cui,
immerso in una soluzione oleosa, galleggiava il cervello di iridio
e palladio che rappresentava la sua controparte al di fuori della V-Realtà.
Quando vi si rifugiava era come essere
intrappolati in uno sgabuzzino la cui porta veniva murata, al buio e separati
da tutti i rumori del mondo esterno. L’unico contatto con il resto
dell’esistenza era un piccolo forellino da cui si poteva sbirciare ogni tanto e
che nel simulacro era un ricettore ottico posto sopra di esso.
Poteva cambiare ricettore ottico e ne aveva anche di
audio ma poteva usarne solo un paio alla volta.
In quel momento desiderò con tutto sé stesso trovarsi in
quel vecchio, disgustoso, dannato e mai come allora, amato guscio.
Tempio della Guarigione di Neffethesk, Sub city, sotto New York City. –
Ore 9.00 a.m.
Asgeir si lasciò cadere sulla poltrona, stanco ed esaurito.
Ormai era a limite e non avrebbe più potuto operare un
solo paziente e di certo non per voglia ma per la loro stessa incolumità.
Grimm Eye fece il suo ingresso e il giovane lanciò al suo
indirizzo un occhiata di disapprovazione.
“Sei ancora irato con me?”
“Come potrei padre?”
“La mia progenie non è mai stata ammorbata dal molesto male
della mendacia e tu non fai eccezione: le tue bugie fanno schifo.”
Asgeir abbassò lo sguardo, vergognandosi per quel misero
tentativo di nascondere la verità ma ancora di più per il risentimento che
sentiva di covare dentro di sé nei confronti del
genitore.
“Padre! Sapevi che venivo da un estenuante turno. Avevo
avuto due casi urgenti e avrei dovuto riposarmi ma tu
hai insistito perché mettessi le mani su quel… Thor solo sa cosa! Accettai
soltanto per amor tuo e per null’altro perché quando m’avvidi di chi era l’uomo
la cui vita mi chiedesti di salvare sentii le budella torcermisi e lo stomaco desiderò venirsene fuori dalla
bocca! Ti dissi anche che sarebbe stato tutto inutile ma mi hai chiesto di
provare ugualmente ed ora si è verificato ciò che avevo previsto: sta morendo e
noi non possiamo farci nulla; avrei potuto risparmiare le mie forze per
dedicarmi a salvare qualcun altro.”
”Qualcun altro chi? Dimmi pure figlio mio adorato.”
“Qualcuno di più meritevole!”
Sbottò infuriato. Rimase in silenzio per alcuni istanti
quando realizzò di aver appena urlato in faccia a suo padre. Sin da piccolo
ricordava che suo padre non gli aveva mai messo un dito addosso e anche quando
era stato severo, non gli aveva mai urlato contro
ed ora lui gli aveva mancato di rispetto in quel modo e la cosa peggiore era lo
sguardo di lui: carico di dispiacere ma allo stesso tempo
di tenerezza, come di chi è pronto a dare il perdono.
“Padre mio amatissimo… perdonami…”
Mormorò rammaricato.
“Il mio perdono lo hai già perché non è stato mio figlio a
parlare ma la sua stanchezza e la frustrazione per questi giorni di confusione
e dolore che ci hanno portato via tanti cari e tanti amici.
Tuttavia ti domando una cosa: trovi giusto quello che hai
detto?
Non fraintendermi, perché non voglio difendere un mostro
antropofago che ha ucciso chissà quanti innocenti ma un uomo è venuto qui, chiedendomi di salvargli la vita, dicendomi che
quell’uomo è stato anche vittima oltre che carnefice e noi avevo un dovere per
questo. Dimmi, ed io ti crederò, hai
fatto tutto il possibile per salvarlo?”
“Come se fosse stato un innocente…”
Disse Asgeir fissandolo negli occhi.
“Molto bene. Che cosa ne pensi delle
connessioni neurali che hai asportato?”
Il suo quartogenito si passò la
mano dietro la nuca e dopo aver sospirato disse:
“Alta tecnologia, forse aziendale e forse, dico forse, credo
di aver già visto qualcosa del genere.”
“Si?”
“Ti ricordi quel pazzo? Il predicatore della Chiesa
dell’Oggetto Volante?”
“Quell’uomo orribile che aveva sempre intorno a sé un alone di
morte? Quello scomparso di recente?”
“Si. Aveva una guardia del corpo, un ex atleta che aveva
subito un innesto chirurgico. Una volta un mio amico mi fece vedere un vecchio
nodo neurale di interfaccia appartenutogli. Il mio
amico lavorava per una famosa clinica di su, la Saint
Michelle, dove si fanno ricoverare di solito quasi tutti i pezzi grossi
dell’Alchemax. Da contratto era tenuto a distruggere gli impianti vecchi ed
inservibili o coperti comunque da segreto aziendale.
Quelli rientravano nella seconda categoria e ti dirò, la tecnologia che montava
quel tipo era la stessa, anche se più sofisticata.”
“Alchemax?”
“Alchemax.”
Grimm Eye fissò un immagine del
Sacro Mjolnir appesa al muro e si segnò rapidamente.
“Non ti avevo mai visto fare così.”
Commentò con un sorriso amaro il figlio.
“Così come?”
“Sei sempre stato un buon credente padre ma non ti sei mai
affidato a questo tipo di segni.”
”Di fronte al male è sempre bene invocare la protezione dei Superni. Fosse
anche con un gesto.”
“Credi che l’Alchemax sia il male?”
“E tu?”
“Il male assoluto.”
Disse senza esitazioni.
“È possibile parlargli?”
“Posso dare ordine che venga
svegliato. La morfina sederà un po’ il dolore ma sappi che se lo svegli morirà entro breve.”
“Se lo lasciamo addormentato?”
“Morirà entro un ora o due al massimo.”
“Allora sveglialo.”
Asgeir assentì.
I suoi occhi si aprirono lentamente e tutto intorno vedeva
una tempesta di colori apparentemente incomprensibili e senza soluzione di
continuità.
Rantolò penosamente mentre sentiva la voce sussurrargli
all’orecchio.
“Chi?”
“Alch…emaxx…”
Cercò di rispondere lui.
“Perché?”
”Programma… programma di ripopolamento zone suburbane… i necrobatteri…
non abbastanza efficienti… non sicuri…”
“Tu e quelli come te avreste dovuto
nutrirvi della popolazione del sottosuolo?”
“Dei… cadaveri… dopo lo sterminio…”
“Sei pentito di quello che hai
fatto? Del dolore inflitto? Delle vite spezzate?”
L’Avvoltoio ci pensò un attimo e poi, con un mezzo ghigno
sul volto:
“No…”
“Allora vai nell’Hell.”
Grimm fece un cenno in direzione del vetro al di là del quale c’era la consolle di controllo medico.
Asgeir sfiorò un contatto e quanto rimaneva dell’uomo sul
tavolino ebbe un sussulto.
“Ai… aiuto…”
Sussurrò in tono disperato.
“Troppo tardi. Nessuno può più aiutarti. Nessuno può più
salvarti: da molto tempo ormai.”
Quelle fredde parole furono le ultime che l’Avvoltoio udì.
Asgeir entrò nella sala operatoria e guardò perplesso il
padre che fissava il corpo mutilato sul tavolino.
“Allora padre? Hai avuto le risposte che cercavi?”
“Era uno spazzino.”
“Come?”
“Doveva ripulire quanto sarebbe rimasto dopo lo sterminio.”
“Quale sterminio?”
“Quello che potrebbe accadere da un giorno all’altro e
inoltre, non poteva bastare uno spazzino solo: devono essercene degli altri.”
“Altri come lui?”
“Altri che forse non si sono ribellati ai propri creatori.
Bestie fameliche che attendono di essere liberate per consumare i cadaveri che
quelli della Alchemax vogliono fare.”
“Ma perché?”
“Per preparare l’avvento del loro regno.”
Il figlio sentì un brivido nel pronunciare quelle parole.
“Cosa dobbiamo fare?”
“Manda un nunzio presso il Bario e digli di chiedere la
partecipazione dei loro capi ad un importante incontro qui, nel nostro Tempio.”
“Qui? Non pensi sia pericoloso?”
“Oramai, dopo quello che ho saputo,
dubito esista un posto ancora sicuro in tutta Sub city!”
Il vecchio Grimm Eye si allontanò senza aggiungere altro,
lasciando il ragazzo a contemplare il corpo di quello che forse un giorno
avrebbe potuto divorare il suo.
Matty Rò correva senza posa da un letto all’altro, portando
acqua, fasce, medicazioni e la dove serviva, parole gentili e rasserenanti.
Tutti conoscevano ed amavano la piccola Matty Rò, l’orfanella che il burbero
Grimm Eye aveva adattato. Secondo alcuni la madre di Matty Rò era una dei figli
bastardi di Eye ma certo era che l’unica ad essere
trattata in mondo gentile da quell’uomo dai modi spesso bruschi era proprio
lei, a parte i bambini molto piccoli ovviamente.
Matty voleva davvero bene al Sacerdote Anziano del Tempio
della Guarigione sia perché le aveva
dato una nuova casa e una nuova famiglia, sia perché da lui riceveva affetto e insegnamenti nuovi ogni giorno.
Sapeva che dietro la scorza dura c’era un cuore buono e
generoso e che l’autoritarietà con cui si comportava era un mezzo
indispensabile per far fronte alle continue emergenze con cui il Tempio aveva a
che fare e che negli ultimi tempi si erano moltiplicate in maniera
esponenziale.
Non riusciva a smettere di pensare al ragnano
e al suo comportamento: in un mondo tanto cinico era difficile trovare qualcuno
disposto a rischiare la propria vita per un altro essere umano e soprattutto
per qualcuno che forse era stato un suo nemico.
Era sciocco da parte sua: non aveva neanche visto il suo
volto; solo la sua bocca dalle labbra carnose e rosse e dal sorriso caldo e
rassicurante.
Scosse la testa ricacciando quel pensiero e dandosi della sciocca. Vide Grimm Eye attraversare di fretta il corridoio e provò a salutarlo ma quello non se ne avvide, immerso com’era nei propri pensieri. Si chiese quale affanno adombrasse il suo cuore perché il suo volto gli pareva fosco come poche volte l’aveva visto.
Palazzo delle Lacrime, Sala della Stella,
Netverso - Ore 24.72, tempo metrico della rete.
I sette appartenenti alla Camarilla stavano osservando i
grafici che fluttuavano al di sopra del tavolo
intagliato nell’ossidiana, o almeno quello che ne era la fedele
rappresentazione.
“Come vi avevo detto!”
Sentenziò gongolante una delle figure avvolte nei neri mantelli, il volto
coperto da una maschera bianca su cui era modellato un sorrisetto di
superiorità” I nostri movimenti stanno destabilizzando gli equilibri tra i domini e tutto
grazie alla lungimiranza della mia politica! Anni di lavoro inteso a minare la
già traballante fiducia tra i padroni della rete porteranno all’inevitabile
violazione degli Accordi del Polo Sud e stavolta non dovremmo
neanche muovere noi per primi!”
“Awnn… meno male… sai che non mi
piace dovermi dare da fare.”
Fece un altro sulla cui maschera
era incisa un bocca atteggiata a sbadiglio.
“Comunque io avrei potuto fare la
stessa cosa e anche meglio, se me ne aveste dato l’opportunità.”
Intervenne uno che invece aveva inciso una bocca con gli
angoli rivolti all’ingiù.
“Basta!” Tuonò uno
dei membri del consiglio che esibiva una bocca che digrignava i denti” Queste idiozie non mi
interessano! Volevamo forzare la mano agli altri domini e ci stiamo riuscendo. L’importante è che presto si inizi a combattere, così
noi potremo colpire tutti di sorpresa e avere la meglio.”
“E potremo prenderci @leXandria e
il suo Faroweb e tutti i suoi tesori, e tutti quelli
che ci indicherà, ovviamente senza contare quelli che
strapperemo dai cadaveri dei nostri nemici!”
Disse quello con un sorrisetto ghignante.
“E di tutti quegli schiavi che faremo? Uomini e donne per
noi, per i nostri bisogni…”
Parlò la donna del gruppo, la cui maschera era
caratterizzata da una lingua che passava sulle morbide e carnose labbra, mentre
si teneva una mano sul più che abbondante seno fasciato dallo scuro abito e una
sul pube.
“Signora, signori…”
La sua voce fece girare tutti e tutti fece
sprofondare in un adorante silenzio. Egli entrò dalla porta principale, avvolto
da una manto rosso scuro, la maschera nera priva di
qualsiasi espressione, liscia, gli occhi che dardeggiavano dietro di essa.
“Suvvia, non litigate tra di voi.
Avrete tutti quello che volete perché io sarò ben lieto di accontentarvi. Siete
stati bravi, tutti quanti allo stesso modo, ed ognuno di voi è riuscito ad
avvicinarci a quello scopo finale che ci siamo prefissati da quando abbiamo
preso possesso di Domegan: la totale conquista di
questa realtà.
Purtroppo non avevamo la forza sufficiente per prenderlo
subito e abbiamo dovuto giocare d’astuzia e a mio avviso abbiamo ben giocato.
Le Nazioni di questo grande e sconfinato reame si stanno
mobilitando ma anziché unirsi contro la nostra minaccia, si mettono l’una
contro l’altra, perché ne abbiamo alimentato con
grande abilità i dissapori e gli asti. Sono tutti così accecati dai rancori e
dal sospetto che non si rendono neanche conto che
ormai non puntano più le proprie armi su di noi ma tra di loro.
Apriranno il fuoco e si uccideranno, l’una con l’altra.
Quello che dobbiamo fare è spingerle a tirare il grilletto e
per farlo dobbiamo fare un ultimo sforzo, dare un’ultima spallata al viandante
che tenta disperatamente di tenersi in equilibrio sul ciglio della strada.
Siamo facilitati dal fatto che il nostro, o meglio, i nostri viandanti sono
tutti ciechi.
Mio signore della Guerra, dove sono i
nostri ospiti?”
L’uomo dalla maschera ringhiante rispose senza nascondere il
suo scorno:
“La puttana se li è presi! Ha detto
che ci avrebbe pensato lei! Ma io so perché lo ha
fatto! Il suo cervello lo tiene tra le gambe, ecco perché!”
”Oh! Mia meravigliosa meretrice, regina del mio cuore, e del mio fallo! Il
nostro amico sembra piuttosto arrabbiato per il tuo gire ma io so che non solo
per soddisfare il pozzo insaziabile delle tue voglie li hai presi.”
“Si mio Signore. Non nascondo che
ne sto traendo grandi piaceri ma i miei metodi, anche se diversi da quelli del
tuo guerriero più forte, sono assai più efficaci per far parlare i prigionieri.”
Esclamò gioiosa la donna mentre sotto l’abito si strizzò con
forza un capezzolo.
“Molto bene. Hai dunque scoperto i codici d’accesso al
sistema primario della Città del Faroweb?”
“Quattro dei cinque ed il quinto è prossimo a venire… in
tutti i sensi!”
Disse senza riuscire a trattenere una risatina compiaciuta.
“Molto bene! Molto bene! Ancora poco amici, ancora un poco
di pazienza e ognuno sarà soddisfatto, avete la mia
parola!”
Disse allegramente il misterioso figuro.
Free net, nei pressi di 3WTombstone – Ore
4.30, tempo metrico della rete.
Roy Z aveva potenziato da tempo il
suo avatar, dotandolo di speciale software che gli
permettevano di attingere con più rapidità forza dal campo
elettromagnetico che costituiva la struttura della rete e metabolizzarlo
rapidamente in bio-elettricità.
Grazie ad altri programmi di elaborazione
potenziata, riusciva a rispondere con notevole velocità alle minacce ma contro
Miguel O’Hara sapeva che questo non sarebbe bastato.
Era lesto nei movimenti, più di quanto un corpo tanto grande lasciasse
supporre e ormai evadere i suoi martellanti attacchi era divenuto impossibile.
Si portò una mano alla spalla che era stata ferita da uno degli artigli del
mostro che il suo ex committente era ormai divenuto.
Quello sbavò e ululò la propria rabbia e l’ansia di
divorarlo, un pezzo dopo l’altro, prospettiva che alla guida non piaceva
assolutamente.
Non poteva aspettare semplicemente che morisse perché a quel
punto era chiaro che sarebbe passato lui a miglior vita per primo e cerco di
pensare ad un modo per risolvere la cosa. Gli venne in mente solo una
soluzione, anche se era piuttosto improbabile.
Aveva bisogno di prendere tempo e così corse verso il suo
destriero che attendeva in stand by nei pressi di una
collinetta sabbiosa. Il bello di quella funzione era che la mente dell’animale
virtuale non poteva recepire la paura perché di fatto
scollegato momentaneamente dai propri organi percettori, salvo ritornare in
funzione ad uno speciale richiamo del suo padrone e dunque non poteva fuggire
in caso di pericolo. Quando gli fu sufficientemente vicino, fischiò, un fischio
lungo e modulato in una certa maniera che attivò il sottoprogramma che a sua
volta riattivò la bestia e questa, trovandosi di fronte quel mostro ad otto
arti si impennò incapace di controllare il flusso
delle proprie simulazioni neurali. Il movimento attirava tutti i predatori,
come ben sapeva Roy che si gettò in terra rimanendo completamente fermo e
Miguel nel frattempo, attirato dal cavallo, lo prese tra gli arti deformati
cominciando a maciullare senza pietà l’ex cavalcatura.
“Scusami amigo ma o tu, od io: non
mi hanno programmato per l’altruismo.”
Estrasse la pistola che portava al cinturone e prese un
proiettile dalla sua cartucciera che inserì nel tamburo.
Aveva programmato il proiettile con movimenti precisi delle
dita, toccando i punti giusti e, presa la mira, sparò
il colpo al ventre della creatura che lasciò cadere i miseri resti dell’animale
morto.
Urlò con potenza devastante, tanto che i ricettori audio di
Roy quasi andarono in pezzi.
Ondeggiò come una torre scossa dalle fondamenta, segno che
l’impulso i.m. aveva ottenuto il suo effetto ed ora
il costrutto doveva sperare che anche la seconda parte del piano andasse bene:
“Miguel! Ascoltami bene: sei preda della febbre di rete; i
tuoi sistemi di sicurezza non era configurati in modo
adeguato, non per gli standard di questa parte del Netverso dove i filtri ed i
simulatori ambientali sono quasi del tutto assenti. La medicina che ti ho dato,
può ricalibrare le tue difese ma solo se le dai modo
di agire. Coraggio ragazzo, so che dentro quel colosso multi braccia ci sei tu.
Ancorati alla tua razionalità, ai tuoi bei ricordi, a quel cavolo che vuoi ma
combatti l’impulso omicida che ti sta ammazzando.”
Fu il volto di Angela che si
materializzò nella mente dello scienziato dell’Alchemax. Il suo ex mentore gli
disse:
“Solo quando raggiungerai il vuoto interiore, sarai come un
ruscello di montagna e solo quando avrai quella calma, avrai la pace a cui
aneli.”
Le tecniche meditative che gli erano state insegnate e che
raramente aveva applicato, gli vennero in aiuto e sentì il suo avatar che si
contraeva, restringendosi sotto la pressione della volontà che riaffiorava
dalla follia, sino a riassumere, anche se lentamente e faticosamente, le
sembianze primarie.
Roy Z scoccò alcune occhiate preoccupate all’uomo che se ne
stava con la schiena a ridosso di un albero rinsecchito.
“Ti ho detto che sto bene ora!”
“Vallo a dire al mio cavallo.”
Fece indicando con la testa la
carcassa. Miguel si portò la mano al volto, incapace di credere a quanto era
accaduto. Era stato stupido ed avventato: ricorrere a quel trucco per
fronteggiare gli Hell’s @ngels
era stato sciocco: non aveva tenuto conto delle conseguenze sui suoi sistemi di integrità strutturale.
Il campo che lo proteggeva dalle nefaste conseguenze del contatto diretto con la N-Dimensione era crollato e se non
fosse stato per l’estrema velocità di elaborazione del suo sistema nervoso
sarebbe morto in pochi istanti. Invece Roy Z l’aveva salvato, anche se di certo
non spinto da un moto di generosità.
“Sono disposto a raddoppiare il compenso.”
“Per far cosa? Devo correre il rischio di essere trasformato
in uno snack virtuale da te? No, grazie. Senti, capisco che puoi tenerci a tuo
fratello, anche se solo il cielo sa quanto mi stia sul razzo quello
sacco di escrementi e se vuoi rischiare la tua vita per lui, tanto di capello.
Io però non sono tenuto a giocarmi il resto dei giorni che mi rimane da campare per ritrovarlo. Ti ho portato fin dove potevo, ti
ho dato tutte le informazioni che potevo, tu sei stato
onesto nei pagamenti e non hai fatto storie. Ora però la nostra collaborazione
finisce qui.”
“Io non credo.”
“A no? E sentiamo: come mi potresti
costringere a cambiare idea?”
“Ti ricordi le chiamate che ho fatto per far effettuare i pagamenti?”
“Si.”
“Quelle che hai provato a controllare.”
“Si, si. Non dirmi che ti sei arrabbiato perché ho cercato
di pararmi le chiappe.”
“Non sei riuscito a captare tutta la conversazione, vero?”
“No.”
Ammise ora a disagio Roy.
“Allora devi sapere che ho chiesto al mio uomo di fiducia,
di rintracciare il luogo dove veniva portato l’iridio
e il platino.”
Ci furono degli attimi di silenzio durante i quali Roy guardò con grande serietà Miguel.
“Non provare a fare questo gioco con me, bamboccio.”
“No, non provare tu a giocare con me, fantoccio! Forse hai
dimenticato una cosa: sono Miguel O’Hara, pezzo
grosso dell’Alchemax, livello blu, carta nera, pupillo di Ty
Stone. Sai questo che significa? Che
in quel posto diventa molto difficile mettermelo e che se ti dico il nostro rapporto
lavorativo non è finito, il nostro rapporto non è finito. Prova a fregarmi e il
tuo simulacro farà una brutta fine e tu con esso.”
Il costrutto sputò in terra e poi disse:
“Bravo mr, davvero. Non solo sei bravo nel fare la parte
della carogna ma lo sei davvero. Scommetto fino all’ultimo dollaro guadagnato
che quello che mi hai detto è vero. Forse sarai anche un pezzo grosso ma
ricordati una cosa, prima o poi questa me la
pagherai.”
“Contanti o carta?”
Chiese con un sorriso di trionfo sul viso Miguel.
Si voltò per andare verso l’unico cavallo superstite e non
sentì la sibilata risposta che si perse nel vento:
“Col sangue…”
Settore Est Europa, Latveria, Nuovo Palazzo
Reale di Destino* - Ore 4.00 a.m.
Scivolarono furtivamente lungo il muro, dopo essersi
assicurati che le scatole simulanti stessero facendo
il loro dovere. Entrare nel sistema centrale di elaborazione
dati del nuovo palazzo* non era stato facile e corrompere uno dei tecnici
addetti alla manutenzione era costato parecchi denari.
Ripetere un operazione del genere
non sarebbe stato possibile né finanziariamente, né praticamente, visto che un
fallimento avrebbe messo in allarme il Monarca supremo di Latveria.
Tutti lo sapevano: con Destino non si poteva tentare due
volte lo stesso trucco; le porte della sala privata si aprirono grazie alla
chiave clonata che il capo squadra aveva con sé e vi penetrarono facendo
attenzione e non senza un certo senso di reverenziale timore.
Sapevano di star per divenire protagonisti della storia e
che nel bene o nel male, l’uomo che stavano per
eliminare era un individuo eccezionale, un condottiero e un leader nato.
Estrassero i disgregatori e attesero che il codice immesso nel computer aprisse la camera iper barica in
cui lui passava le notti, immerso in un aria carica di elementi medicamentosi
per lenire i dolori delle cicatrici che portava su di sé.
Aprì gli occhi quando s’avvide che quello che doveva essere
il luogo più protetto del castello si stava dischiudendo intorno a sé senza che
avesse dato alcun ordine. Il suo corpo era privo della sofisticatissima corazza
d’adamantium che rappresentava una delle sue armi più potenti e, per quanto
allenato a rispondere rapidamente al pericolo, non poté nulla contro i raggi
carmini che si abbatterono su di lui.
Un grido strozzato, un istante solo di sofferenza e poi,
nulla.
Destino era morto, la missione finita ed ora avrebbero potuto far ritorno alle proprie vite.
Questo pensarono con un misto di
gioia e tristezza, quando il muro sul loro lato sinistro si aprì, rivelando la
scintillante figura del potente sovrano che cominciò ad applaudire al loro
indirizzo:
“Molto bravi! Un impresa davvero
eccezionale! Talmente eccezionale che ho deciso di non
disturbarvi mentre penetravate qui, nella mia casa. Devo anche
ringraziarvi, perché ho scoperto sia tutte le falle che ci sono nei miei
sistemi di sicurezza, sia quanto possano essere deboli e poco affidabili alcuni
miei uomini. Mi dispiace avervi privato della vera vittoria finale ma dovrete
accontentarvi di aver ucciso un mio replicante che comunque,
detto per inciso, era fino a poco fa convinto di essere l’originale: una
precauzione contro il membro telepatico del vostro gruppo; ed ora signori,
signora, sarei lieto che vi presentaste, così come richiede l’etichetta.”
Sandor Malakan aveva venticinque anni ed era in poco tempo
divenuto uno degli uomini più fidati di Destino e del suo Ordine Nuovo.
La disfatta di Tiger Wilde era solo
l’inizio dell’ambiziosa opera di ricostruzione della nazione Latveria che nei
sogni e nei progetti del monarca sarebbe dovuta divenire la più grande potenza
planetaria. Aveva scelto Sandor come suo segretario per la lealtà che questi li
aveva dimostrato e per le sue brillanti doti
intellettive.
“Che ne pensi?”
“Vostra Eccellenza, sono rimasto sorpreso.”
“Da cosa?”
“Non mi sarei aspettato tanta indulgenza da parte Vostra nei
confronti di siffatta feccia.”
“Sono soltanto dei giovani traviati. Pedine di un gioco più
grande di loro.”
“Il movimento repubblicano rappresenta una delle più alte
forme di tradimento a questo paese e a Voi, che ne siete
il giusto sovrano e il liberatore.”
“Forse. Però c’è stato un tempo in cui io stesso fui considerato un criminale. Avevo i miei scopi e spesso i
miei metodi erano considerati poco ortodossi. Con l’età ho scoperto che non
sempre la clemenza e la comprensione sono atti di
debolezza. Come dovrei considerare questo attacco alla
mia persona? Una fortuita coincidenza o?...”
“Parte di un piano più grande? Sicuramente il fatto che la
nostra ambasciata nel N-Verso sia stata attaccata e distrutta pochi minuti prima non è da considerarsi del tutto casuale.”
“Lo penso anche io.”
“Cosa farete, mio Signore?”
“Intendi se darò il via a rappresaglie contro il Dominio di Lux Eterna? No, al momento no.
Abbiamo ricacciato indietro le loro V-truppe e questo
mi basta.”
“Sono io a chiedervi ora che cosa ne pensate,
Sire.”
“Che come per quei ragazzi tutto
questo fa parte di un piano più ampio. Quello che sappiamo è che negli ultimi
giorni, c’è stato un improvviso aumento delle tensioni tra i vari Dominii del Web. Tuttavia la subitaneità di questo evento è solo apparente. Così come so che dietro
l’attacco di Lux Aeterna c’è qualcun altro. La stessa mano che deve aver lavorato a lungo per portare le cose a
questo punto. Da quando sono tornato, mi sono documentato sulla storia
del Net verso e sulle Guerre Informatiche. Non è un caso che abbia
istituito un Servizio Segreto Virtuale che mi tenesse informato su
quanto accadeva in quegli eterei regni. Sai dirmi qual è la nazione virtuale
che più di tutte, è stata attiva a livello di diplomazia?”
“Domegan, mio Signore.”
“E quella nei cui territori è
sparito il maggior numero di Net Nauti?”
“Sempre Domegan.”
“E sai chi di recente aveva indetto
un summit a cui erano stati invitati a partecipare alcuni dei più grandi hacker
del mondo?”
“Domegan.”
“Hai studiato bene il fascicolo, vedo.”
“Si, sua Altezza.”
“Come vedi sappiamo molto di Domegan
ma non sappiamo ad esempio quali siano le sue reali
risorse belliche.”
“I loro data base risultano essere
inviolabili.”
“Tengono molto alla segretezza. Eppure sono tutt’altro che chiusi visto che si sono dati da fare con tanti loro vicini.
Solo ora hanno cominciato a muovere le loro armate
virtuali e lo stanno facendo senza una schema preciso. Sai che vuol dire?”
“Stanno simulando l’intenzione di portare un attacco a
qualcuno senza voler far capire chi sia la vittima.”
“E secondo te? Chi
dovrebbe essere?”
“Nessuno e tutti. Credo stiano
forzando la mano per aumentare le già esistenti tensioni tra i Domini. Sembra
quasi che vogliano lo scoppio di una guerra totale.”
“Cosa farebbero i Domini se dovesse
esplodere la guerra?”
“Cercherebbero subito di accaparrarsi Faroweb…”
“La più grande risorsa informatica.
Molto bravo ragazzo. Qual è la nazione più vicina ad @leXandriA?”
“Domegan…”
“Se gli accordi del Polo venissero
violati, chi sarebbe nella posizione di offrire protezione a quel Dominio.”
“Domegan…”
“Che potrebbe piazzare le proprie forze la dove avrebbe
sempre voluto farlo, solo, senza colpo ferire.”
Malakan guardò l’enigmatica maschera del suo Signore e
ancora una volta capì perché aveva fatto di tutto per essere al fianco di un
siffatto uomo.
Fine episodio.
Grazie a chi è la fonte delle mie idee… la mia Principessa.
Agli amici, quelli veri.
A tutto i membri di Marvelit e sorpatutto ai miei supervisori.
Grazie a chi legge i miei racconti.
Per suggerimenti, critiche, proposte, scrivete a