PROLOGO: Centomila anni fa…

 

I soldati di entrambe le fazioni giacevano in tal numero da impedire di vedere il suolo. Il cielo stesso si era colorato del sangue versato in quella titanica battaglia. Non un filo d’erba era rimasto in piedi, e le foreste erano ora fatte di lance insanguinate, intere e spezzate, affondate nel terreno di carne morta. Corpi di uomini, di mostri a volte troppo ripugnanti per essere descritti. E corpi di lupi, e di licantropi, in eguale quantità dei caduti delle altre specie.

L’aria era satura del silenzio della morte e del sangue. Il sole stesso, alto nel cielo, era di un colore malsano, e il suo calore diffondeva uno spaventoso lezzo metallico misto ad escrementi.

Non era stato il desiderio di gloria, che aveva spinto questi soldati alla morte. Non era stato per il potere, o per le ricchezze.

Era stato per la sopravvivenza del mondo. Una sfida lanciata dai mortali contro un dio crudele ed i suoi accoliti.

Una sfida i cui ultimi due contendenti stavano in questo momento disputando le fasi finali, le cui conseguenze si sarebbero riflettute su almeno due specie, negli eoni a venire…

Si battevano a spada tratta, ai piedi della grandiosa statua del dio-serpente a otto teste, Set, la cui base rotonda era il solo spazio rimasto libero dai corpi. Le loro lame cozzavano con forza, sollevando ogni volta piogge di scintille. E quando il colpo mancava il bersaglio, raggiungendo invece la pietra, la tagliava come burro.

I due ultimi sopravvissuti erano un essere umano ed un licantropo. Entrambi nel fiore degli anni. Entrambi i migliori dei loro schieramenti, entrambi leader. Il primo, trent’anni, biondo, con indosso l’abito cerimoniale blu decorato da simboli in oro, con le spalline bordate di pelliccia maculata, e un ampio mantello scarlatto. Il secondo, alto e robusto almeno il doppio, dalla pelliccia folta e candida, chiazzata di sangue; indossava lo stretto essenziale e molto ammaccato di un’armatura. Le sue zanne erano formidabili come gli artigli, armi naturali che, unite alla sua agilità e forza, lo rendevano ancora più pericoloso di quanto non fosse a vedersi.

L’uomo era ancora vivo solo perché era uno stregone, il migliore… Tuttavia, l’uso della magia aveva inevitabilmente delle conseguenze sul vigore fisico, e l’uomo era ormai al limite. Il suo volto era terreo, il sudore scorreva abbondante, e ogni mossa sempre meno elastica, mentre il lupo sembrava capace di andare avanti ancora per giorni. Del resto, quel lupo, come ogni suo simile era nato proprio per combattere come ne’ uomo ne’ demone avrebbe saputo fare, con l’intelligenza e la determinazione e la forza di due specie, figlio del patto fra Gaea e l’umanità…

L’uomo aveva una sola occasione, ormai, e lo sapeva, eppure, per qualche ragione, non riusciva a trovare le forze. In fondo, era solo una magia elementare, non avrebbe richiesto che un momento solo almeno per ferire quella bestia maledetta…

Intento a parare un altro affondo, l’uomo scivolò su una macchia di sangue. L’impatto contro la pietra gli tolse il fiato. E abbassò la guardia!

I suoi occhi cerchiati di nero si dilatarono nella consapevolezza che era finita. La lama saettò verso di lui, nell’arco che gli avrebbe tagliato la testa, ponendo fine alla sua lunga vita…

 

 

MARVELIT presenta

I SUPERNATURALS

Episodio 21 - L’Ombra del Serpente

 

 

Set Atra-No, Isola di Ross, Antartide, oggi.

 

Nel buio cavernoso

di un’orbita vuota

si accese una scintilla.

Thulsa Doom, Alto Sacerdote di Set, era sveglio. Qualunque cosa si agitasse nella sua mente, era nascosta dietro la tetra impassibilità del teschio nudo che era la sua testa. Solo l’agitarsi inquieto del petto tradiva la sua ansia.

Era successo di nuovo. Ancora una volta, il ricordo della sua prima morte, ma con la variazione che questa volta non aveva ferito a morte il maledetto animale, non aveva avuto il tempo di lanciare la sua maledizione, che avrebbe trasformato in guerra l’alleanza fra l’Uomo ed il Lupo.

Una premonizione? Ridicolo! Lui era Thulsa Doom, aveva vinto la morte, e quell’incubo non era che un frutto della sua irrequietudine. Primeus, maledetto! Vorrei che fossi ancora vivo per poterti squartare il ventre un milione di volte.

Avrebbe dovuto tutto essere più facile. Una volta tornato in vita, in quest’era dove la magia era molto meno diffusa, aveva scoperto che i nemici del maledetto Popolo erano più vigili ed attivi che mai, infiltrati ovunque, ancora disposti a proteggere i loro persecutori piuttosto che sfinirsi nella guerra contro di loro.

Thulsa Doom si alzò dal trono d’oro a forma di serpente, e si diresse verso la terrazza.

Una volta fuori, il mantello agitato dal gelido vento antartico, vento che nulla più significava per il suo corpo insensibile agli elementi naturali, osservò la statua di Set che dominava la città. Sulla testa centrale, brillava di luce propria la gemma posta nell’occhio sinistro. Se solo avesse posseduto anche quello destro, Set avrebbe potuto tornare su questo piano e finire ciò che aveva iniziato tanto, tanto tempo fa…

Hm, oggi Set è assente. La presenza del Dio era ridotta ad un semplice rumore di fondo. Persino la luce del suo occhio brillava meno intensamente del solito.

Set era impegnato in qualcosa, ma cosa[i]? Perché non si era confidato col suo più fedele devoto?

Non importa. Quello che il Padrone vuole, il Padrone lo ottiene. Il meglio che posso fare, in queste singolari circostanze, è di facilitargli le cose per il suo ritorno. Thulsa Doom si voltò e rientrò nella sala.

 

La sfera di metallo incastonata fra le zanne di un serpente grande quanto un uomo si accese di una luce intensa, per poi rivelare una perfetta riproduzione del globo terrestre. Numerosi puntini brillavano sulla superficie rotante e trasparente come cristallo.

Eccoli, i più ‘potenti’ maghi di questa era! A un suo comando, i puntini che brillavano più intensamente mostrarono proiezioni a figura intera di figure molto note nel mondo dell’arcano. “Dottor Strange, un tempo mago supremo, ora in ritiro con la sua sposa presso il reame che fu di Dormammu. Ah, e il bovino Rintrah,” Doom ridacchiò alla vista del massiccio alieno dalla pelliccia verde le cui fattezze, effettivamente, ricordavano un toro antropomorfo, avvolto dalla familiare cappa scarlatta che fu di Strange. “Un giorno dovrò divertirmi con te. Vediamo chi altro c’è…hmm, Darklady, sconfitta per avere tentato di giocare in un gioco più grande di lei. Sconfitta, ma non deceduta: dovrò tenerti d’occhio; forse, la prossima volta, potrai essere una degna apprendista.

“Chi altri? Sì, Scarlet. Anche se della magia conosci i rudimenti, il tuo potere di alterazione della realtà, così come quello che porta il frutto ancora acerbo del tuo ventre è degno di molta attenzione. Col Dottor Destino ho un conto in sospeso, ma può aspettare. Quanto a Marie Laveau, la strega di New Orleans, diciamo che è troppo occupata dalle conseguenze dell’uragano per rappresentare una preoccupazione immediata…” se avesse potuto, a questo punto, aggrottare la fronte, Thulsa Doom lo avrebbe fatto.

C’erano due puntini in particolare che attiravano la sua attenzione. Uno era situato in una località del Texas, e l’altro nella più lontana estremità nord-occidentale del paese oggi conosciuto come Scozia.

C’è un altro Votato in quel luogo chiamato Revelation, uno molto potente… Ma è quella località in Scozia che mi preoccupa. I messi inviati sono tutti stati uccisi. Chiunque sia il responsabile, è potente, ed è l’unico che sia riuscito a tenersi nascosto da me… E questo non va bene! È giunta l’ora di fare la sua conoscenza, in un modo o nell’altro…

 

Cape Cliff, Salisgraveshire, Scozia nord-occidentale

 

“Il mio concetto di vacanza, una vita fa, contemplava un bibita fresca, il mare azzurro ed il sole dei Caraibi. Di sicuro non questo.” Osservazione non proprio malposta, visto che attraverso la finestra non si vedeva che l’immutabile maltempo tipico di quella località. Raffiche gelide di vento e di pioggia, ed un mare abbastanza agitato da affondare una petroliera.

La mostruosa creatura mezzo uomo e mezzo demone che rispondeva al nome di Hobgoblin si voltò, percorrendo le scale verso il salone. Aveva voglia di evocare il suo fiammeggiante aliante diabolico e volare alto nel cielo, per sfogare un po’ la tensione…ma scartò l’idea nel momento in cui prese forma. Si toccò istintivamente il petto, pur sapendo che non era certo lì la sua maledetta porzione del maledetto Caduceo degli Sterling. Quel maledetto talismano o cos’altro fosse lo costringeva a restare entro una certa distanza dai suoi ‘compagni di squadra’…

“*Tss* Bella squadra! Ce la squaglieremmo tutti alla prima occasione…” borbottò appena ebbe percorso l’ultimo scalino. La sua lingua, lunga e biforcuta come si conveniva ad una creatura del suo stampo, si agitò fra le zanne in uno schifoso sibilo.

“Oh, non sarebbe neppure così insopportabile, se non fosse che non c’è neppure un videogame da queste parti,” disse un uomo in giubbotto e calzoni di pelle blu, mentre d’argento erano gli stivali e i guanti, nonché la maschera piatta dotata di due aperture scarlatte per gli occhi. Zachary Moonhunter fece un cenno con la testa verso l’ingresso. “Andiamo a fare bisboccia in paese: Jeeves ha detto che c’è un pub. Magari riesci a terrorizzare abbastanza l’oste per un paio di giri gratis.

“Spiritoso,” sibilò Hobgoblin, ma lo stesso lo seguì fuori.

 

Il locale, l’unico di quella ristretta comunità di rudi pescatori, non si differenziava dalle altre abitazioni, salvo che nelle dimensioni. Lo Storm Crow aveva pareti bianche, un tetto di cotto con un camino da cui si levava incessantemente una voluta di fumo bianco. Era anche l’edificio di Cape Cliff più vicino al castello del Conte.

“Bella giornata, eh?” fece Moonhunter spalancando la porta. Dietro di lui, gli occhi di Hobgoblin brillavano di una sinistra luce rossa nell’ombra del cappuccio, mentre il mantello copriva interamente la sua figura.

I nativi, chi impegnato a bere, chi a tirare freccette, chi a leggere un giornale degnarono di appena un’occhiata i nuovi arrivati. Zachary attribuì la cosa al fatto che gli altri Supernaturals erano già lì ad occupare un tavolaccio d’angolo:

Ø      William Allen, Carrion, un non-morto figlio della scienza.

Ø      Tilda Johnson, Nightshade, licantropa.

Ø      Bram Velsing, Dreadknight, il sinistro cavaliere latveriano.

Ø      Trevor Corson, Hood, esiliato dell’elusivo Darkmere.

Ø      Serjey D’Arby, il Barone Nero, arcivampiro nonché padrone dei temibili Farkaskoldoi, i licantropi-vampiro.

I due presero gli ultimi posti liberi alle estremità delle panche. Dei due assenti, Joseph Conroy, Inferno, era di sentinella al castello, mentre Ahmad Azis, Anubi, sacerdote dell’omonimo dio-sciacallo egizio era rimasto al castello in meditazione.

Appena si furono seduti, arrivò un donnone con due braccia come prosciutti. Indossava un grembiule sporco, e portava i capelli rossi raccolti in una crocchia. Come tutti gli abitanti di quella zona, tendeva al pallido. In ogni mano reggeva un alto boccale di quella che sembrava la birra più scura che Moonhunter avesse mai visto. “Cosa vi porto da mangiare? Abbiamo della carne in salsa di menta, se volete. In realtà, il tono ammetteva poche discussioni.

“Uh… Va bene, e carne sia.”

Appena la donna si fu allontanata, Hunter disse, “Simpatica…”

Una freccetta volò veloce all’indirizzo della sua testa.

Il cacciatore di licantropi tese una mano, e l’afferrò al volo, senza neppure voltarsi. “Non mi dire, amico. Ti ho offeso la mamma?”

L’uomo che aveva lanciato la freccetta fece un cenno all’indirizzo della cucina, da cui ora veniva intenso l’aroma della pietanza. “Ma’ Belle è un’istituzione per tutti noi, straniero, e vi ha mostrato parecchio rispetto proponendovi la carne: è merce rara, qui.”

Moonhunter lanciò la freccetta, colpendo in pieno il bersaglio. “Urrà urrà. Non mi sembra di avergliela chiesta esplicitamente, giusto? Come mai tanto onore?”

“Siete ospiti del Conte,” disse un tipo posando il proprio boccale. “E gli ospiti del Conte meritano il rispetto che merita lui.

Perché?” fece Hood. Come sempre, la sua cappa, rispondendo alle sue emozioni, si agitò leggermente. “Non vi fa pagare le tasse?”

“Già. E in più, la sua benedizione ci garantisce un buon pescato,” intervenne un terzo avventore. “E quando le cose vanno veramente male, ha sempre del cibo e dell’acqua. E in cambio non chiede nulla.”

“Come mai questa…generosità?” chiese Dreadknight, che, degno allievo della politica di Destino, non avrebbe neppure concepito una cosa del genere.

“Chiedetelo a lui,” disse il tiratore, estraendo la freccetta dal centro. “Bel tiro, ad ogni modo, straniero.”

“Grazie,” fece Hunter. Poi, agli altri, “Io, comunque, gli sarei grato se mi mettesse a disposizione almeno un collegamento internet. Il suo castello è peggio di un museo. Almeno, in un museo c’è della roba interessante da vedere; lì dentro, invece, è spoglio come una tomba. Dobbiamo usare i nostri gadget, e sempre fuori da lì, per un po’ di analisi.”

Il Barone Nero ridacchiò, poi bevve un sorso di birra. “Hmm, davvero…intensa, anche se mi manca un buon vino.

Cosa c’è da ridere, succhiasangue?”

“Semplice, mortale: il Conte è un mago, questo dovrebbe essere ovvio. Un mago potente, più di quanto io stesso sospettassi. Per mantenere un simile livello, occorre vivere in un luogo il più spurio possibile di tecnologia. Quando l’energia è canalizzata anche solo in una lampada a gas, si creano…interferenze con il mana della locazione in cui si trova. Il miglior compromesso è un sistema ibrido, che usa il mana stesso per alimentare i circuiti. Come la tua armatura, Bram Velsing.

Cosa?”

“Già. In un certo senso, le vostre armi, la vostra ‘tecnologia’…sono parte di voi, e non possono essere rimosse o distrutte, non senza che vi siano ripercussioni fisiche su di voi. Cercate di averne cura. E fece un altro risolino.

Ci fu un generale scambiarsi di occhiate fra i ‘veterani’ del gruppo -ecco un’altra cosa che Mary Elizabeth Sterling non aveva detto loro, al momento di consegnare loro le nuove armi ed armature… “Come fai a saperlo?” chiese Nightshade.

“Sono un mago, e sono anche una creatura soprannaturale. Te ne saresti accorta anche tu, se ti applicassi un po’, femmina: dentro di te, in fondo, scorre il sangue contaminato dall’influsso del Darkhold.

Cosa?” fecero all’unisono lei e Moonhunter.

“I licantropi si suddividono in razze, una delle quali nata grazie a un incantesimo compiuto con il Libro di Chtohn. Non so come tu faccia a resistere alla sua oscura influenza…” il tono di D’Arby non nascondeva la sua ammirazione…e qualcos’altro. E quel qualcosa stava seriamente mettendo a disagio Nightshade, che abbassò le orecchie.

Ma’ Belle arrivò in quel momento, reggendo fra le braccia un ampio vassoio di legno, su cui erano adagiati sette piatti colmi di stufato alla menta. Ignara del silenzio carico di tensione, o semplicemente scegliendo di non farsi coinvolgere, mise i piatti davanti ai suoi tenebrosi ospiti. Poi fece per allontanarsi, quando Zachary disse, “Niente posate?”

Senza neppure voltarsi, lei disse, “Avete paura di sporcarvi le manine?”

Diversi risolini risuonarono fra la clientela.

“Obbè, almeno sappiamo perché ci sono questi bei tovaglioloni…” Hunter si tolse la maschera d’argento.

 

Osservandoli mangiare, Trevor, che aveva avuto la sventura di sedere proprio accanto a Carrion, non solo non sentiva molto appetito, ma capiva anche perché quei tizi andassero in giro in costume 24 ore su 24 -lui stesso sentiva che non sarebbe riuscito ad abbassare minimamente la guardia, non a meno di trovarsi a mezzo mondo di distanza da loro… Ma chi me lo ha fatto fare di lasciare il Darkmere?!

“Questi non li mangiate?” chiese Nightshade a lui e a Carrion, e subito prese i piatti, nei quali affondò voracemente le mascelle.

“Fame da lupa, eh?” E un bel premio all’originalità. Dio, come gli mancava la sua famiglia: era convinto che non ci potesse essere nulla di peggio del Triumvirato e dei suoi onnipresenti Grifoni…e guarda un po’ in che merda si era infilato. Almeno, nel Darkmere aveva degli amici -OK, molti di loro erano degli sbandati da ricovero, ma almeno li conosceva, e si divertiva con loro. La sua famiglia lo faceva impazzire, ma almeno gli volevano bene.

Questi supertizi erano una bomba a tempo. Si sopportavano solo perché quello strampalato incantesimo impediva loro di ammazzarsi, ma non mostravano alcuna confidenza fra di loro. La pupa in pelliccia sembrava la più socievole e a parte il muso aveva le curve giuste, ma faceva coppia con maschera d’argento. Per il resto erano tutti…be’, diciamo che non rientravano proprio nei suoi gusti. Dio, dammi un Wendy’s e Ti accendo un bel cero!

In risposta a quella preghiera, lo stomaco gli brontolò rumorosamente.

“Oh, scusa,” disse Shade, inghiottendo in fretta un boccone, per poi restituirgli un piatto ancora intonso. Trevor prese un boccone. “Ma che razza di gente mangia senza le posate, dico io…” e lo inghiottì. “Hmm, mica male però.” E sperò che fosse solo la fame a farlo parlare così.

“Non so le hai notato, moccioso,” disse un avventore, “ma qui non ci sono supermercati e tutte quelle frivolezze di città. Si risparmia su tutto quello che si può. Ma se ti può consolare,” aggiunse con un ghigno sfottorio, “abbiamo i cucchiai per la zuppa. Niente servizio d’argento, però.” Per qualche ragione, quella battuta fece ridere mezzo locale.

Trevor prese un altro pezzo di carne. “Vi prego, ditemi che c’è un teleporta fra voi. Mi accontento anche della cucina cinese in un localaccio di periferia a Roma. Masticò in fretta e inghiottì, accompagnando con un sorso di birra. “Va bene che dobbiamo fare comunella di riffa o di raffa, ma perché dobbiamo starcene qui, dico io?” Se il suo parlare aveva offeso la clientela, nessuno glielo fece notare.

“Mi sembrava che il perché fosse chiaro,” rispose Zachary, prendendo l’ultimo boccone. “Ahmad deve guardarsi da questo Konshu o come diavolo si chiama. William è ricercato dallo SHIELD. Phillip deve rispondere di abbastanza omicidi da dare un orgasmo ai sostenitori della pena di morte. Tilda ha la sua brava dose di sangue sulle zampe, senza contare le violazioni di mezzo codice deontologico sulle biotecnologie. Io sono stato condonato dai Vendicatori, ma al massimo erano accuse di bracconaggio, almeno per quanto riguarda le leggi degli uomini; ma se mi beccano i licantropi, mi pelano vivo. Bram è meglio che non si faccia notare dal Dottor Destino, e il succhiasangue qui,” con un pollice indicò il Barone Nero, “può essere un fegatoso, ma ci sono troppi suoi simili che lo possono infastidire seriamente, senza contare ogni cacciatore di vampiri.

“In breve, giovanotto, annoiarci a morte qui è la cosa migliore che potesse capitarci, date le circostanze. Se mai decideremo di cambiare tana, stai sicuro che…ehi, cos’ha il tuo mantello?”

Improvvisamente, la cappa vivente sembrava impazzita! Era percorsa da una serie di fremiti sempre più intensi. Allo stesso tempo, una specie di mal di testa aveva deciso di farsi vivo nelle tempie di Trevor, che disse, “Non lo so. Provo il desiderio di andarmene da qui, e subito!”

Poi si manifestò. La spettrale figura di un lupo mannaro, un robusto maschio che indossava un’armatura identica a quella che portava la femmina. Stava a mezz’aria, sopra il tavolo a cui sedevano i Supernaturals, guardando Nightshade severamente, e puntando con un dito artigliato verso l’alto.

Pintea?” fece Tilda. “Cosa c’è, cosa vuoi…” poi, l’armatura si mise a brillare di colpo di una luce intensa come quella del sole…

 

Se c’erano dei pensieri, delle emozioni, nella mente della creatura di nome Inferno, erano nascosti molto in profondità.

Il golem magmatico stava in piedi sotto la pioggia, che si trasformava in vapore ancora prima di toccare la superficie rovente del suo corpo che brillava di fuochi mistici come un faro.

Un tempo, Joseph Conroy era stato un uomo, uno dei tanti rappresentanti della middle-class, impiegati presso un’acciaieria di Pittsburg. Un uomo con una famiglia e tanti problemi economici, che lo avevano spinto ad indebitarsi in un giro di scommesse.

La cosa gli era stata fatale. Incapace di pagare, era stato ucciso, gettato in una vasca di acciaio fuso. Teoricamente, avrebbe dovuto essere morto; invece, in qualche modo, il frammento del potente martello Mjolnir che portava con sé lo aveva trasformato in quello che era adesso.

Dopo una battaglia con i Vendicatori, ottenuta la vendetta contro i suoi assassini, Inferno si era ritirato in un lungo sonno senza sogni, solo per essere svegliato pochi giorni prima dall’incantesimo del Caduceo. Non ne sapeva il perché, ne’ gli importava. Se, per ora, doveva stare in prossimità di questo strano gruppo, lo avrebbe fatto e basta. Se ci sarebbe stato posto per i suoi familiari, solo il tempo lo avrebbe detto…

Nuove luci si accesero nel cielo, ma queste non erano le luci dei fulmini. Erano rosse, tanto per cominciare, e non furono seguite non da tuoni, bensì da un sibilo.

Inferno sollevò lo sguardo. Rimase impassibile, anche quando vide l’oggetto fiammeggiante avvicinarsi ad una velocità da rivaleggiare con un missile.

Poi, la sfera di fuoco gli fu addosso, e dove stava Joseph Conroy, ci fu una spaventosa esplosione, alla quale seguì una alta colonna di fumo e fiamme. La stessa cosa successe con il castello e il villaggio. Lo Storm Crow scomparve come se lo avesse inghiottito una piccola bomba atomica, mentre gli edifici circostanti venivano investiti dall’onda d’urto per poi cadere come casette di paglia.

La bomba destinata al castello, invece, si infranse contro una barriera invisibile. L’esplosione che risultò mise bene in evidenza un emisfero trasparente venato di disegni fatti con complesse rune angolari, che brillarono come oro. Quando le fiamme si furono dissipate, la barriera runica scomparve.

Un nuovo fuoco scese dalle nuvole, ma questo era più lento, ed aveva una forma diversa; una forma umana, per la precisione. Era impossibile distinguerne i contorni, salvo gli orli di un ampio mantello…

Fermatasi sul centro del castello, le fiamme si dissiparono, rivelandosi una vera e propria cappa, indossata da una figura maschile le cui mani erano ossa coperte di fuoco. Il suo volto era l’infernale parodia di bellezza umana: tratti delicati dai capelli e le sopracciglia infuocate, occhi rossi dalle pupille del colore della lava.

“Una buona barriera, mago,” disse, con una voce che sembrava il ruggito di un incendio. “Ma anche uno sforzo inutile. Io, Generale Almund, al servizio di Set, la distruggerò così come ho annientato i tuoi sicofanti.

In risposta, la proiezione astrale del padrone del castello apparve davanti al nemico. “Un Generale, addirittura. Il tuo signore pensa che sarà davvero così facile vincermi? Io sono Victor Conte di Salisgrave, discendente di Baasty Sacerdotessa di Gaea e di Gonar il Pitto, che insieme a Kull di Valusia appoggiò nella lotta degli uomini contro Set.”

Il Generale esitò. “Sei di sangue pitto?” poi sorrise sinistramente. “Sì, capisco perché ti sei nascosto agli occhi del divino Set. Quelli come te non hanno fatto che porre ostacoli ai suoi piani di conquista.”

Victor annuì. “Sapevo anche che non avrei potuto nascondermi a lungo dallo sguardo di Thulsa Doom, una volta che fosse tornato. Ma non sono impreparato al tuo arrivo, Generale Almund. Pensi veramente che il tuo ridicolo attacco possa avere nuociuto ai miei campioni?” E indicò con un dito grinzoso verso il basso.

Istintivamente, Almund mosse gli occhi in quella direzione…giusto in tempo per essere investito dalla figura di Inferno! Il metallo dell’armatura del Generale emise un potente schiocco metallico, nel quale il suo grido di dolore si perse. Tale fu la spinta, che proseguirono per diverse decine di metri.

Victor scosse la testa con un verso di disapprovazione. “Dilettanti.”

 

Mentre la parabola giungeva al suo apice, Inferno avvolse le braccia intorno al suo avversario, serrandolo in una morsa invincibile.

“Miserabile ammasso di metallo fuso,” urlò Almund, concentrando calor bianco nelle proprie mani. “Liberami, te lo ordino! Liberami!” ma ogni suo sforzo fu vano contro una creatura invero degna del proprio nome di battaglia!

E, alla fine, i due combattenti arrivarono al suolo con un’esplosione che scosse violentemente il suolo.

 

“Siamo ancora vivi?” fece Trevor.

Il pub era essenzialmente intatto. In qualche modo, qualunque cosa fosse piombata su di loro, era stata fermata… “Oh, no, no…”

In realtà, qualunque cosa li avesse salvati, non aveva impedito che l’onda d’urto facesse i suoi danni al resto del villaggio. Quasi tutte le abitazioni erano distrutte e se non c’erano incendi a man bassa era solo perché la fitta pioggia li aveva estinti.

“Si vede che non sei di NY, novellino” fece Moonhunter, imbracciando il suo fucile a canne mozze. “Piuttosto, mi piacerebbe sapere che cosa ci ha salvato la buccia: non mi dispiacerebbe riaverlo a disposizione per il secondo round.

Nightshade si stava toccando l’armatura argentea che, secoli addietro, era appartenuta ad un leggendario guerriero-lupo dei Balcani. Il metallo aveva smesso di brillare. Ci hai protetto tu?

“Abbiamo compagnia,” disse Hobgoblin, puntando con la testa alla finestra.

I frammenti della ‘bomba’ ancora ardevano del proprio fuoco. Avevano tutti una forma oblunga, come delle uova generate dall’inferno… E, una dopo l’altra, quelle uova si stavano schiudendo, lasciando uscire degli orrori di magma al calor bianco, parodie di esseri umani dalla schiena ricurva e irta di aculei, dalla bocca enorme e piena di denti simili a quelli degli squali, dalle braccia gorillesche…

“Ottimo!” fece Dreadknight. “Avevo appunto voglia di menare le mani!”

“Uh…non dovremmo aiutare la gente piuttosto?” tentò Hood, infilandosi il cappuccio. Immediatamente, si formò una zona d’ombra i cui occhi erano due fessure bianche senza pupille.

Una mano gli si posò sulla spalla. “Lascia stare, ragazzo,” disse Ma’ Belle con un sorriso consolatorio. “Sapessi quante ne abbiamo viste nelle nostre vite… Ci pensiamo noi ai nostri amici. Voi datevi da fare a sistemare quei bastardi.

“Mi piaci, donna,” disse Bram, dal cui elmo a teschio partì un lungo fischio. Poi, corse fuori insieme agli altri.

 

Sulla terraferma, altri orchi lavici erano nati dai frammenti delle altre due bombe laviche, e si stavano dirigendo compatti verso il castello, lenti ma inesorabili.

E intanto, lo scontro fra Inferno ed Almund proseguiva, senza un vinto ne’ un vincitore. Per quanto Conroy possedesse una forza ed una resistenza superiori, i suoi colpi si infrangevano contro gli scudi eretti dal Generale.

Per Almund, quel golem rappresentava poco più di una seccatura, alla fine: sarebbe stato sufficiente tenerlo distratto, mentre il suo esercito raggiungeva il castello. La barriera di quel figlio dei pitti era buona, ma non sarebbe durata sotto un attacco continuo…

 

Improvvisamente, i due mostri più avanti di quella formazione si trovarono di fronte ad una nuova barriera! Il muro di luce  si levò direttamente dal suolo davanti ai loro piedi. E loro si fermarono, incerti.

Una sfera di luce squarciò l’aria. Poi, quella sfera prese la forma di Anubi! Fra le sue mani, incrociate al petto, il sacerdote dalla maschera d’oro del dio-sciacallo reggeva due bastoni d’oro cerimoniali crepitanti di energia.

 

Almund digrignò i denti. “Un altro ancora? Non c’è fine al numero di questi scocciatori?!”

La risposta alla sua imprecazione arrivò quando Anubi mosse i suoi bastoni in un arco, tracciando una coppia di linee.

Poi, quelle linee si aprirono, rivelando i due feroci occhi del nume tutelare. E da quegli occhi, partì una luce spaventosa!

I mostri lavici che furono investiti da quella luce si spensero, trasformandosi in innocua e fredda roccia, per poi sbriciolarsi.

Il Generale rimase allibito. Sapeva che l’assenza del Dio-serpente avrebbe indebolito le sue capacità, ma non fino a questo punto! Voltò lo sguardo verso il villaggio. Ma dove sono finiti gli altri??

 

Cadevano uno dopo l’altro, con irrisoria facilità. Erano numerosi, ma lenti nei movimenti.

Un colpo di fucile. Il taglio della spada. Un affondo di lancia. Bombe-zucca di fuoco demoniaco. Non un colpo mancava il bersaglio. E ad ogni colpo, i corpi infuocati si dissolvevano in nuvole di cenere e minuscoli lapilli ardenti che il forte vento portava via in un attimo.

“Fin troppo facile,” commentò D’Arby, che osservava a distanza il lavoro fatto da Nightshade, Moonhunter, Dreadknight e Hobgoblin. Accanto a lui, stava un tremebondo Hood.

Che intendi dire?” chiese il giovane.

Il volto dell’arcivampiro era pensoso. “Guarda il cielo e lo capirai.

Hood lo fece… “Occavolo.”

Il Barone sorrise. “Una discreta tattica: misurano le nostre forze ed i tempi di reazione, ed allo stesso tempo ci fanno sprecare energie, mentre si preparano al vero attacco. Non è necessario essere vissuti a lungo quanto me, per capirlo.”

Nel cielo, come se una corrente di vento separata le stesse trasportando, le nuvole di ceneri e lapilli stavano disponendosi in un enorme cerchio roteante, sempre più fitto mano a mano che vi si aggiungeva nuovo materiale.

“Uh, mister… Non dovremmo avvertire gli altri?”

Il sorriso del Barone si accentuò fino a mostrare i canini. “No. Lasciamo che la battaglia prosegua così. Toccherà al nemico mostrare le sue carte, a quel punto, credendo che noi saremo impreparati…”



[i] A combattere Stargod in Altro Regno, in KNIGHTS TEAM 7 #25-26