L’uomo uscì dall’aeroporto e si diresse
rapidamente verso la fermata dei taxi guardandosi continuamente intorno e stringendo
la sua valigia come se contenesse diamanti. Forse era solo paranoico si disse,
ma forse, dopotutto qualcuno lo stava davvero seguendo. Nonostante le sue paure
ed i suoi sospetti non si accorse della Lincoln nera che si accodò al taxi
subito dopo la sua partenza. Dopotutto c’erano almeno due macchine tra loro e
poi… chi avrebbe mai usato un’auto così appariscente per un pedinamento?
Lui non poteva vederlo, ma sul retro della
Lincoln si aprì un foro circolare da cui uscì un missile stinger che si diresse
infallibilmente verso il taxi mentre la Lincoln deviava verso l’uscita della
Nassau Expressway.
L’uomo sul sedile posteriore del taxi sentì
un sibilo farsi sempre più forte e voltò la testa per vedere cosa fosse. Ebbe
solo il tempo di gridare prima che di essere incenerito assieme al veicolo ed
al tassista. Non seppe mai di essere l’indiretta causa di uno dei più
spettacolari incidenti che si fosse mai visto sulla J.F.K. Expressway: quattro
auto ed un autobus coinvolti ed un conto finale di 10 morti e 25 feriti.
Fu la notizia del giorno su tutti i media
della città di New York ma dopo pochi giorni era già stata dimenticata.
MASCHERE
Di
Carlo Monni & Carmelo Mobilia
Lee Academy, Connecticut
<… e per oggi basta così.>
Il professor Steve Rogers guardò verso il suo uditorio. Non era mai sicuro di essere capace di catturare l’attenzione di quei ragazzi e ragazze davanti a lui: insegnare era, in un certo senso, più faticoso ed impegnativo che dare la caccia alle minacce alla pace mondiale.
I ragazzi uscirono dall’aula rapidamente, tra sorrisi e schiamazzi. Solo uno di loro rimase in disparte. Aveva un aria malinconica e triste e guardava fuori dalla finestra.
<Posso aiutarti?> chiese Steve.
Il ragazzo non lo guardò neppure, raccolse il suo zaino e se ne uscì dalla stanza bofonchiando un “Mi scusi”.
“Adolescenti” pensò “Sarà in
pensiero per qualche ragazza.” Eppure c’era qualcosa di stranamente familiare
in quel ragazzo coi capelli rossi.
Stava ancora riflettendo su questo quando udì l’ormai familiare ronzio del suo cellulare speciale. Steve congedò rapidamente i suoi allievi e si chiuse alle spalle la porta del piccolo studio attiguo all’aula.
Sul display del cellulare ultrapiatto (non dissimile da una communicard dei Vendicatori, a pensarci bene) era apparso il familiare volto di Nick Fury che si rivolse al vecchio amico senza troppi fronzoli:
<<Ho una nuova missione per te ed il tuo gruppo… sempre che tu
decida di accettarla.>>
Nulla di nuovo sotto il sole, pensò, con un sospiro, Steve.
Sede dei Vendicatori Segreti, Manhattan, New York.
Donna Maria Puentes non era una sprovveduta. Era vissuta a New York per un certo tempo e durante il suo addestramento come agente dello S.H.I.E.L.D. aveva sentito parlare del posto in cui si trovava n in quel momento: il leggendario quartier generale sotterraneo sotto l’altrettanto leggendario negozio di barbiere. Aveva anche sentito dire che era stato smantellato anni prima ma a quanto pareva era stato ricostruito ed affidato al gruppo di Steve, i suoi Vendicatori Segreti.
Sorrise pensando a Steve ed al loro rapporto. Dopo quel che c’era stato tra loro a Rio Valiente,[1] lei aveva accettato entusiasticamente di seguirlo negli Stati Uniti e l’idea di far parte del suo gruppo la solleticava. Naturalmente avrebbe avuto bisogno dell’equipaggiamento adeguato. Chissà che qualcuna delle agenti S.H.I.E.L.D. che avevano frequentato questo posto non avesse lasciato qualche uniforme in più? Valeva la pena dare un’occhiata.
* * *
Bucky sfogliava il vecchio album di foto e ritagli di giornali che Steve gli aveva dato. A dire il vero, lo aveva fatto diverse volte, da quando era stato liberato, ma questa era la prima volta che finalmente le facce in quelle foto avevano un senso per lui. Quell’episodio a Rio Valente gli aveva sbloccato parecchi ricordi e finalmente cominciava a riacquistare una propria identità. Il dottor Samson, uno dei suoi terapisti, gli aveva detto che la memoria andava stimolata, e a quanto pare era proprio quello che era successo. Proprio come a casa di sua sorella Becca, quando aveva visto quel vecchio libro di Tom Sawyer che lei gli leggeva da piccolo.[2]
Evidentemente, vedere luoghi o situazioni familiari provocava in lui queste reazioni.
<Forse è il momento di chiedere a Steve di accompagnarmi in quella vecchia base in cui afferma che io sia cresciuto... qual era il nome? Ah si: Camp Lehigh...>
Rimuginò sul da farsi. Aveva rimandato troppo tempo la sua “terapia rievocativa”. Era il momento di andare alla ricerca di Bucky Barnes. Scoprire chi era veramente.
Allungò la mano verso il comodino e prese il cellulare.
<Ehi, Fury...>
***
Steve Rogers entrò nel salone dove gli altri del suo gruppo lo stavano già aspettando in assetto da combattimento, esattamente come lui, e si mise con le spalle rivolte al gigantesco monitor.
<Vedo che manca ancora qualcuno.> esordì <Dov’è la Vedova Nera?>
<Sono qui.> Yelena Belova entrò nella sala inguainata nella sua aderente tuta nera che ne disegnava perfettamente le curve e lasciava scoperto l’ombelico. Al suo fianco un’altra donna, in abiti civili, una donna che Steve conosceva bene.
<Sharon.> mormorò.
Per un po’ ci fu un imbarazzante silenzio. Tutti in quella sala percepivano la tensione tra i due e non potevano certo dimenticare che Steve aveva bruscamente sbattuto Sharon Carter, l’Agente 13, fuori dal team dopo che lei aveva usato la tortura su un prigioniero.[3] C’erano cose su cui Steve non era disposto a transigere, compromessi a cui non era disposto a scendere ed entrambi lo sapevano bene.
<Ho accompagnato Yelena…> disse infine Sharon <… e sono venuta anche a restituire questa.>
Gli porse la speciale communicard in dotazione a tutti i membri del gruppo <Immagino che non mi servirà più.>
<Infatti.> fu il secco commento di Steve. Se anche avesse voluto dire qualcosa, se la tenne per sé.
<Bene. Ora vado.> Sharon fece per voltarsi, poi ci ripensò ed aggiunse <Shannon mi chiede spesso dello “zio” Steve… se vuoi ancora venire a trovarla, io non te lo impedirò.>
Altro silenzio imbarazzato: quasi tutti in quella stanza avevano i loro sospetti sull’esistenza di un preciso legame tra Steve e la figlia di Sharon ma nessuno ne parlava apertamente per rispetto di entrambi.
Alla fine Steve disse.
<Dille… dille che verrò presto a trovarla.>
<Grazie…> rispose l’ex agente 13 prendendo l’uscio, ma improvvisamente davanti a lei apparve Donna Maria Puentes; nel vederla gli uomini presenti spalancarono bocca e occhi e perfino le due donne rimasero senza parole.
<Ho trovato questa cosuccia in uno degli armadi… che ve ne pare?> chiese.
La giovane centroamericana
indossava una tuta color rosso fiammante che sembrava le fosse stata dipinta
addosso da quanto era attillata. Sul davanti c’era una scollatura che
accentuava i seni e la zona dell’ombelico era completamente scoperta. La
schiena era praticamente nuda a parte due sottili bretelle incrociate e lo
scollo arrivava sin quasi all’attaccatura del sedere. Gli stivali bianchi, i
capelli fermati da un nastro rosso e la pistola appesa al fianco passavano
decisamente in secondo piano.
<Però… davvero notevole.> commentò Nomad e quando gli arrivò una gomitata di Yelena Belova in un fianco, la guardò come a chiedere che le avesse preso.
<Forse voi maschietti fareste meglio a chiudere la bocca prima che ci entrino troppe mosche.> esclamò, sarcastica, Maria, poi si rivolse alla bionda che stava per uscire <Salve io sono Donna Maria Puentes ...uh, ci conosciamo noi due? Hai una faccia familiare...>
Sharon non le rispose e la scrutò nel silenzio generale, poi esclamò:
<Si, mi ricordo di te... la ragazza di Rio Muerte: eri con… Capitan America… in quella faccenda dei mostri di Arnim Zola e del Teschio Rosso.[4] Hai mantenuto lo stesso gusto nel vestire, vedo. Raffinato, non c’è che dire.>
<Sharon…> intervenne Steve imbarazzato.
<Tranquillo Steve, non te la tocco la tua ragazza. E comunque puoi scegliere chi ti pare per sostituirmi.>
Era una dura, Sharon Carter. Non le poteva estorcere quello che non voleva dire nemmeno sotto tortura. Farle trapelare un’emozione, poi, era un impresa quasi impossibile. Quando uscì dalla stanza, il suo volto era una maschera di pietra. Per quanto non lo desse a vedere, però, il fatto che Steve l’avesse rimpiazzata così facilmente l’aveva ferita profondamente. Una ferita profonda che forse non sarebbe guarita tanto presto.
Uffici della filiale Americana della Kronas Inc. New York.
Quando Lev Illyich Kuryakin entrò nell’ufficio del suo capo Aleksandr Vasilievich Lukin lo trovò immerso in profonde riflessioni.
<Alek…> lo chiamò <… qualcosa non va?>
Lukin si riscosse e gli rispose sorridendo:
<Ah, Leon… va tutto bene. Stavo solo riflettendo su come mi sia sempre stato facile ordinare la morte di uomini e donne come se le loro vite non avessero valore ed ora mi ritrovi turbato all’idea dell’eliminazione… no: chiamiamolo col suo nome… dell’omicidio di una singola donna.>
<Hai forse cambiato idea sulla Snyder?>
<No.> fu la secca risposta <Emily Snyder è pronta a tradirmi e dovrà pagarne il prezzo… e questo m’insegnerà di non fidarmi mai troppo di un bel faccino. Ma parliamo d’altro: che novità ci sono sulle nostre… operazioni in rosso?>
<Sopravvivremo alla perdita delle informazioni che il defunto colonnello Ramanchuk voleva vendere[5] ma nel frattempo l’intelligence bielorussa ha subito un colpo che faciliterà i nostri tentativi di infiltrazione.>
<E quell’altra faccenda?>
<Anche se abbiamo eliminato il traditore e distrutto la documentazione in suo possesso prima che potesse raggiungere lo S.H.I.E.L.D. quella maledetta organizzazione è ancora all’erta. Non mi sorprenderei se mandassero sulle nostre tracce quella speciale task force con cui abbiamo già avuto a che fare.>[6]
<Il Super Soldato… alias l’originale Capitan America. Non siamo ancora riusciti ad identificarlo?>
<Assolutamente no. Il suo volto non è in alcun database conosciuto. Sappiamo che faccia ha ma il suo nome resta un mistero.>
<Lo proteggono, ovvio. Per Nick Fury è una risorsa inestimabile… come lo era per me il Soldato d’Inverno.>
<Ti brucia ancora che... che te l’abbiano sottratto?>
<Certo… avevo grandi progetti per lui… ma questo importa poco ormai. Se non altro il condizionamento postipnotico funziona: non ha rivelato la mia identità finora o ci saremmo già trovati Fury ed i suoi alla porta.>
<Che intendi fare adesso?>
<Passare alla seconda fase: batteremo sul tempo i nostri avversari.>
Quartier Generale dei Vendicatori Segreti,
Steve si schiarì la voce e cominciò la sua esposizione:
<La settimana scorsa c’è stato uno spettacolare incidente sulla J.F.K. Expressway nella direzione di marcia che dall’aeroporto va verso Manhattan. Le indagini hanno accertato che a causare l’incidente è stata l’esplosione di un taxi e quel taxi era stato colpito da un missile di tipo stinger.>
<Finisher.> borbottò la Vedova Nera <Sembra un attentato nello stile di Finisher… il top killer del Teschio Rosso… quello comunista.>
<Esatto.> puntualizzò Steve <Il passeggero del taxi era, infatti, un uomo che apparteneva all’organizzazione di quel Teschio Rosso ed aveva fatto un accordo per passare informazioni vitali su di essa. Purtroppo non ha fatto in tempo.>
<E questo cosa c’entra con noi?> chiese Nomad.
<Giusta domanda, ecco la risposta: la dottoressa Emily Snyder.> sullo schermo alle spalle di Steve apparve l’immagine di una donna molto attraente dai lunghi capelli corvini e che portava occhiali da miope.
<A beneficio della nostra nuova recluta, Donna Maria, preciserò che la dottoressa Snyder è un’esperta di tecniche di condizionamento mentale o lavaggio del cervello che dir si voglia. Ha lavorato per il Teschio Rosso ed ha fatto un patto col Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti: ne rivelerà la vera identità in cambio dell’immunità per i suoi crimini ed una nuova identità.>
<Non mi va l’idea che quella… donna se ne vada impunita…> commentò ancora Nomad <…ma immagino che ne possa valere la pena pur di sapere chi c’è sotto quella maschera e distruggerne l’organizzazione.>
<Emily Snyder verrà trasferita dal carcere federale di Brooklyn ad una struttura segreta di Washington dove renderà la sua testimonianza.> riprese Steve <Nick è convinto che sarà allora che il Teschio cercherà di farla assassinare ed è anche convinto che le misure di sicurezza dei federali non basteranno a proteggerla. Vuole che ci siamo anche noi.>
<Servizio protezione testimoni? Non posso dire che mi soddisfi.>
<Non deve piacerti Jack. Mi basta che tu faccia la tua parte.>
<Su questo ci puoi contare.
Però ho un dubbio ... la dottoressa Snyder ci ha visto in faccia a tutti
quanti, quando eravamo suoi
prigionieri. Come intendi procedere?>
<A quello ho già provveduto io. Amadeus ...> il giovane Cho
avanzò nella stanza portando delle scatole consegnò una ad ognuno di loro.
<Ho fatto quello che mi ha chiesto, comandante. Ho inserito nei
database dell’FBI e dell’FBSA delle identità fittizie e che “casualmente” sono state
scelte per la scorta a miss Snyder. Nessuno sospetterà nulla. Secondo i profili
che ho tracciato, siete i più adatti per questo genere di missione. Dentro la
scatola troverete i vostri documenti, i vostri nuovi nomi e il materiale per
travestirvi in modo da assomigliare alle foto che ho creato ritoccando le
vostre. >
<Perfetto.> approvò Steve.
Sulla carta era una missione facile ma Steve sapeva bene come una
missione che sembrava semplice potesse risolversi in un disastro. Gli era
capitato di vederlo durante la Seconda Guerra Mondiale ed anche dopo il suo
risveglio. Nick Fury non era il tipo da gridare al lupo: se pensava che ci
potesse essere la possibilità di guai così seri da mobilitare la sua squadra,
allora il pericolo doveva essere fin troppo concreto. Non doveva abbassare la
guardia nemmeno per un secondo. Per fortuna era proprio così che era abituato a
lavorare.
<Una domanda, comandante> disse Yelena <Quale sarà il compito
del Soldato d’Inverno?>
<Giusto> aggiunse Donna Maria <Quel ragazzo è veramente in
gamba. È stato eccezionale a Rio Valente...>
<Bucky non farà parte della missione> sentenziò Rogers
<Lui... merita un po’ di tempo per se stesso.>
A bordo di una Porche Carrera molto particolare.
L’auto percorreva chilometri ma senza consumare le gomme sull’asfalto; grazie alla sofisticata tecnologia SHIELD era in grado di sollevarsi in volo ed evitare il traffico e le strade tortuose che dallo stato di New York portavano fino a quello della Virginia, accorciando così i tempi di viaggio.
<Sono contento per questa decisione che hai preso, ragazzo, anche se devo ammettere che sei riuscito a sorprendere persino me... perché hai voluto che ti accompagnassi io anziché Rogers, in questa cosa? Voglio dire, è lui che era di stanza con te a Camp Lehigh.>
<Steve ha la tendenza ad essere troppo romantico, e ad enfatizzare il passato, Nick. Per questo volevo te. Mi serve un giudizio obiettivo. La mia memoria è ancora parecchio lacunosa, ma sento che ... quello che sono non è tutto frutto della Stanza Rossa dei sovietici...>
<Eri uno dei migliori, ragazzo. Tosto come pochi, e fidati, io ne ho visti parecchi. Ti sei guadagnato il rispetto di Sub Mariner, e Dio solo sa quant’è elitario quel figlio di una vacca di mare... ma capisco perfettamente cosa vuoi dire. >
Ci fu un momento di profondo silenzio, poi Fury riprese a parlare:
<E poi c’è un’altra cosa che devo scoprire…>
<Cosa?>
<Il sistema con cui baravi quando giocavamo a poker. Che io sia dannato se sono mai riuscito a capirlo…>
<Oh piantala Nick! Sono più bravo di te, tutto qui.>
<Aw vattene al diavolo. Non me la dai a bere: baravi. Ne sono certo.> rispose il colonnello, accendendosi il consueto sigaro.
Un luogo segreto a New
York
L’uomo che entrò nella grande stanza indossava quella che si sarebbe
detta una perfetta replica del costume del Teschio Rosso se non fosse stato per
alcuni particolari come il mantello e gli stivali militari rossi ed il simbolo,
rosso anche quello, della falce e martello sul petto. Anche la maschera era in
qualche modo diversa, ma non era facile dire in cosa: forse mancava
semplicemente quella scintilla di malvagità che caratterizzava lo sguardo del
vero Teschio Rosso.
L’uomo sotto la maschera non se ne curava troppo. In fondo quella per
lui era solo scenografia… anche se cominciava a capire il fascino dei
cosiddetti supercriminali per questo genere di mascherate.
Al suo arrivo i presenti sollevarono il braccio sinistro col la mano
stretta a pugno ed esclamarono:
<Privetstviye Krasnyy Cherep!> “Benvenuto Teschio Rosso” nella sua natia lingua
russa.
Lui
sorrise compiaciuto.
<Sono
lieto di vedervi pronti.> disse <Ci aspettano grandi cose.>
Fece un
cenno all’uomo di una certa età elegantemente vestito che stringeva in mano un
bastone da passeggio
<Vieni
con me Finisher.>
L’uomo
chiamato Finisher lo seguì in una stanza dalle pareti insonorizzate arredata
come uno studio. Il cosiddetto Teschio Rosso degli Anni 50 si sedette alla
scrivania e parlò:
<È
stato davvero un buon lavoro quello che hai fatto con quel traditore. Ti sei
ampiamente riscattato per il fallimento in quella faccenda del microchip. Ho un
altro incarico per te.>
<Sono
pronto, Teschio Rosso.>
<Sto
organizzando l’eliminazione della dottoressa Snyder durante il suo
trasferimento da New York a Washington. Tu coordinerai l’azione.>
<Proprio
quel che so fare meglio.> replicò Finisher con un mezzo sorriso <Le
eliminazioni sono la mia specialità.>
Isola del Teschio, Mar dei Caraibi.
L’unico,
vero, originale Teschio Rosso fece un sorriso agghiacciante rivolto all’uomo
seduto su una poltrona davanti a lui.
<Finalmente
ho tutto quello di cui avevo bisogno per il mio grande piano. Stavolta sono
certo che metterò in ginocchio gli odiati Stati Uniti.> esclamò soddisfatto.
<Mi
auguro, Herr Roten
Schädel che non dimenticherà chi ha reso tutto questo possibile.> disse
l’altro.
<Le
ricompense a chi mi ha servito fedelmente sono sempre generose…> ribatté il
Teschio <… così come spietate sono le punizioni per chi mi tradisce o mi
ostacola.>
<Non è
il mio caso, lo sa, gliel’ho ampiamente dimostrato in passato. Piuttosto…
quando conta di cominciare?>
<Presto…
gli Stati Uniti proveranno presto una devastazione che farà impallidire quello
che loro hanno fatto al grande Reich.>
L’uomo
davanti a lui non mutò espressione. Se pensava che fosse pazzo si guardò bene
dal darlo a vedere.
Senza che
loro se ne accorgessero, una massiccia figura aveva assistito alla discussione
e dopo aver appreso il piano del Teschio Rosso era letteralmente terrorizzato.
Si
allontanò silenziosamente mentre quel che aveva sentito rimbombava nella sua
testa
Quando
aveva accettato di collaborare con lui lo aveva fatto solo perché attratto dal
compenso stratosferico che gli aveva offerto, ma ora… ora cominciava a pensare
di aver fatto un grosso errore. Non era mai stato schizzinoso davanti
all’omicidio ma il genocidio… il genocidio…. Era troppo spaventoso perfino da
contemplare.
Doveva
fare qualcosa… ma cosa?
Centro di detenzione federale di Brooklyn. Mattino.
La donna
percorreva i corridoi mostrando un’assoluta sicurezza di sé. Aveva un’età
indefinibile: la sola cosa che si poteva dire al riguardo era che aveva più di
quarant’anni ma per il resto, una perfetta forma fisica e il lavoro di centri
estetici ultra costosi ne facevano indubbiamente comunque una bella donna e la
ciocca bianca che le ricadeva sopra l’occhio sinistro non sembrava altro che un
vezzo. Indossava un sobrio tailleur nero con camicetta bianca e portava con sé
una cartelletta che all’ingresso era stata accuratamente perquisita
Il suo
nome era Rosalind Sharpe ed era uno dei migliori avvocati della nazione. I suoi
nemici (e anche diversi amici, a dire il vero) l’avevano soprannominata “Razor”
per il suo carattere spinoso e le sue tattiche
spregiudicate ed aggressive nei tribunali ed era un soprannome di cui
andava orgogliosa.
Era qui
in veste di avvocato della giovane donna che l’attendeva in sala colloqui, una
donna che aveva a suo carico pesanti accuse di collaborazione con
un’organizzazione terroristica internazionale.
Per
l’occasione a Emily Snyder era stato fornito un abito non dissimile da quello
della sua avvocatessa, gli occhiali e la coda di cavallo in cui erano raccolti
i suoi capelli accentuavano l’impressione di un mite studiosa. Nell’insieme era
abbastanza sexy da attrarre gli sguardi degli uomini che l’avrebbero
interrogata ma non tanto da far pensare che fosse una tattica studiata. Il che
era esattamente quello che Razor aveva pianificato.
<Ci
siamo.> disse l’avvocatessa alla cliente <Si parte.>
Jacob Javits Federal Building, Manhattan. Poche ore prima.
Il Vice
U.S. Marshall Sam Gerard non era entusiasta dell’incarico. Per prima cosa non
gli piaceva essere stato “prelevato” dalla sua sezione di appartenenza, quella
della caccia ai ricercati, per essere temporaneamente distaccato alla
Protezione Testimoni ma gli avevano detto che era stato lo stesso Procuratore
Nelson a richiederlo: aveva fiducia nelle sue capacità, aveva detto e Gerard
doveva ammettere di esserne stato lusingato.
C’era
qualcosa in quei nuovi agenti che gli avevano assegnato per quel compito, due
uomini e due donne, che non lo persuadeva del tutto, anche se le loro
credenziali erano impeccabili. Li osservò ancora una volta: una delle ragazze
era ispanica ed anche negli abiti austeri che indossava, completati dal
giubbotto d’ordinanza in questi casi, mostrava una sensualità prorompente.
L’altra ragazza era castana, sembrava troppo giovane per il lavoro, si sarebbe
detto che fosse appena uscita dal liceo, ma aveva occhi di ghiaccio. L’uomo più
giovane, capelli rossi e occhiali, aveva un’espressione cupa ma determinata
mentre quello più anziano… alto, ben piazzato, aveva l’aria rassicurante di una
veterano, e sotto quei folto baffi scuri aveva un sorriso franco che denotava
sicurezza. Gerard sentì istintivamente di potersi fidare di lui.
<Agente
Speciale Brett Hendrick, F.B.S.A.> si presentò.
Quartier Generale dei Vendicatori Segreti. Il giorno
prima.
Steve ed
il resto del gruppo esaminarono i documenti dati loro da Amadeus.
<Agente Speciale Claire Starling F.B.I. ...> commentò Yelena
prendendo il tesserino che Cho aveva creato per lei.
<Mary Almeyda. ... mi piace.> disse Maria.
<Una parrucca rossa? Sulla mia carnagione? Ma andiamo... e poi, che
razza di nome è “Nate Cooper”? Sembra uscito da un telefilm! > commentò Jack
Monroe.
<Uh questo perché in realtà ...oh senti, ma che ne so io, di nomi
inventati?> si giustificò il giovane genio.
<Già ... d’altronde tu porti il nome di un film ...> [7]
<Fatela finita, voi due!> li riprese Steve, indossando la
parrucca e i baffi che la sua identità fittizia possedeva <Iniziate a
camuffarvi e ad entrare nel personaggio. Non dimenticate l’importanza della
missione: la Snyder è l’unica che può condurci all’emulo del Teschio Rosso.>
Un’opportunità che Steve non intendeva farsi sfuggire.
Centro di Detenzione
Federale di Brooklyn. Adesso.
Emily Snyder fu portata in un garage sotterraneo dove attendevano
un’auto ed un furgoncino, entrambi blindati. In piedi accanto all’auto c’era il
Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York
Franklin Edward Nelson Jr. in persona.
Salutò Razor con un certo imbarazzo:
<Ciao… mamma.>
Razor percepì la sfumatura di ostilità in quella semplice parola ma si
limitò a ricambiare il saluto:
<Ciao, Franklin, ti trovo bene.> di tutte le persone legate in
qualche modo a lui era a sola a non chiamarlo abitualmente Foggy. Aveva detto
più volte che lo trovava un nomignolo idiota e di cattivo gusto.
Foggy represse l’istinto radicato da anni che lo faceva sentire un
imbranato incompetente in presenza della madre naturale e le disse:
<Tu sali con me in quest’auto.>
<Veramente io preferirei stare con la mia cliente.> protestò
Razor.
<Non se ne parla nemmeno.> insistette Foggy.
Lei lo squadrò con un sorrisetto e valutò l’opportunità di insistere:
lui avrebbe indubbiamente ceduto, poi decise di lasciar perdere.
<Sarà un piacere viaggiare con te, Franklin, caro.> disse <Ma
non dirmi che andremo sino a Washington in auto.>
<Arriveremo solo fino all’aeroporto La Guardia dove ci aspetta un
volo speciale.>
<Ah… uno di quei cosiddetti voli Con Air, giusto?>
<Se vuoi chiamarli così… in questo momento un elicottero sta
decollando dal tetto con a bordo alcuni agenti tra cui una truccata per
sembrare Miss Snyder.>
<Ah, un depistaggio. Mi congratulo con te, Franklin… o con chi ha
avuto l’idea.>
Foggy non disse nulla e salì in auto.
Emily Snyder fu caricata nel furgoncino, Alla sua destra si pose
l’agente del F.B.S.A. Brett Hendrick alias Steve Rogers, alla sua sinistra si
sedette la presunta Claire Starling, ovvero Yelena Belova.
Di fronte a loro l’agente del F.B.I. Nate Cooper, alias Jack Monroe,
Sam Gerard e Maria Puentes nei panni dell’agente F.B.S.A. Mary Almeyda
Uscirono all’aperto e presero la via verso l’aeroporto.
Virginia. Camp Lehigh.
La base era stata abbandonata dai primi anni settanta. La rete metallica che la circondava era ormai tutta ammaccata e bucherellata. Le erbacce erano cresciute un po’ ovunque. Un tempo era un campo d’addestramento per soldati. Oggi non era rimasto altro che macerie.
Fury e Bucky ne attraversavano il cortile.
<Trevor Francis?>
<No.>
<Ray Wilkins?>
<Niente.>
<Phil Neal?> [8]
<Neppure. Mi dispiace Nick, nessuno di questi nomi mi dice niente.>
<Eppure erano tutti di stanza qui. Speravo ci fosse qualche nome noto...> ripose Fury sfogliando un taccuino sui cui s’era segnato una lista.
<Proviamo con gli ufficiali e i sottufficiali magari... ecco: sergente Michael Duffy...>
<Duffy, hai detto?>
<Si... allora?>
<Duffy... questo nome mi dice qualcosa…>
E la mente di Bucky tornò indietro di decenni, a quando era un adolescente:
1940.
<ROGERS! DANNATO LAVATIVO! NON HAI
ANCORA TERMINATO DI PELARE QUELLE PATATE?>
<Uh no sergente... stavo...>
<ZITTO! NON RISPONDERE! E METTITI
SULL’ATTENTI DAVANTI AD UN SUPERIORE!>
<Certo sergente, mi scusi...>
alzandosi di scatto, Steve rovesciò la borraccia d’acqua che aveva con se sui
pantaloni del sergente.
<ROGERS...> il sergente Duffy era
sul punto di scoppiare <Dimmi la verità... quanti marchi ti pagano i crucchi
per metterci il bastone tra le ruote, eh? Perché non ci posso credere che tu
sia davvero così scemo come tu vuoi farmi credere.... “Rogers”... ti chiami
davvero così? Oppure fai “Bauer” o “Muller” di cognome, eh?> disse,
mascherando col sarcasmo la sua rabbia crescente per quell’imbranataggine.
La vena sulla sua fronte sembrava sul
punto di esplodere.
<Sergente Duffy, mi scusi. Il Generale
Manor ha chiesto di parlare con lei> disse il giovane Bucky, distogliendo
così il sergente dal povero soldato semplice.
<Va bene... ma non finisce qui,
Rogers... io farò di te un soldato, fosse l’ultima cosa che faccio!> disse
ancora, allontanandosi.
<Steve, finirai per fargli venire un
infarto...>
<Lo sai Buck, il generale Philips non
vuole che qualcuno possa collegare il soldato Rogers con Capitan America. Fa
parte della mia copertura. Dai, andiamo allo spaccio, ti offro una coca...>
Oggi.
<Si, le cose andavano più o meno così. Me lo ricordo come fosse ieri. Steve faceva l’imbranato e Duffy lo metteva sempre in punizione... in questo modo avevamo l’alibi per quando Capitan America andava in missione.>
<Gli è andata di lusso. Se al posto di quel Duffy ci fossi stato io, non l’avrebbe fatta franca...>
<Oh non credere Nick... Duffy non era certo meno duro di te! Ma ogni volta che cercava di sbarazzarsi di Steve o di imporgli una punizione esemplare, il Generale Philips intercedeva per lui e tutto si aggiustava. Credo che sia arrivato a pensare che Steve fosse in realtà il figlio di qualche pezzo grosso di Washington... mi domando che faccia avrebbe fatto se un giorno avesse scoperto la verità su di lui... a proposito, che ne è stato di lui?>
<È morto nel 1980 a causa di un attacco cardiaco.
Serenamente si potrebbe dire. È sepolto ad Arlington.> A
<Assieme a tanta altra gente che conoscevo allora, mi sa. È triste rendersi conto che sei un sopravvissuto al tuo tempo.>
<Lascia perdere i brutti pensieri, ragazzo e guarda il lato positivo: hai riguadagnato la tua vita.>
Aeroporto La Guardia.
Il furgone arrivò a destinazione senza problemi. La prigioniera, sorvegliata costantemente dall’agente Hendrick, fu scortata a bordo dell’aereo, mentre il Vice U.S. Marshall Gerard mostrava i documenti di detenzione ai suoi colleghi in attesa. Nel giro di pochi minuti sarebbero stati in volo, in direzione di Washington. Tutto procedeva secondo i piani. Nessuno sospettava di essere sotto il costante sguardo di due occhi sinistri.
<Signore sono Finisher. Il bersaglio è stato individuato. È stato scortato a bordo di un mezzo Con Air per la detenzione dei prigionieri. È sotto la stretta sorveglianza di cinque agenti, non è stato possibile avvicinarla.>
<<Sei comunque riuscito a portare a termine la missione?>> chiese al voce dall’altra parte della comunicazione.
<Ma certo signore. È stato un gioco da ragazzi per me... non è la prima volta che mi occupo di sabotaggio.> Non vi era arroganza nelle sue parole, ma solo una semplice constatazione delle proprie abilità. Era vero, molteplici volte in passato aveva organizzato colpi come questo. Grazie ad uno di essi, per esempio, aveva eliminato due spie americane di nome Richard e Mary Parker.[9] Finisher riprese a parlare entrando nei dettagli:
<Ho piazzato un congegno esplosivo a tempo nel motore principale. Inoltre ho somministrato un veleno ai piloti, versandoglielo nel caffè; è ad azione lenta, gli effetti si avranno solo una volta che saranno già in volo.>
<<Molto bene. Continua a seguirli e a tenermi aggiornato.
Chiudo.>>
A bordo dell’aereo.
Il travestimento di Steve e i suoi era eccellente. Emily Snyder non aveva assolutamente la minima idea di avere di fronte a se Steve Rogers, lo stesso uomo che l’aveva catturata e messa in quella situazione.
Il volto camuffato dell’ex Capitan America era radicalmente cambiato, rendendolo somigliante a quello di un giovane Burt Reynolds. Anche la Vedova Nera e Nomad avevano cambiato drasticamente fisionomia.
Non si spiegava quindi il perché quegli agenti la guardassero con uno sguardo astioso.
<Franklin caro, cos’è quella faccia cupa?> chiese “Razor” Sharpe al figlio.
<Dovresti saperlo “mamma”. Quest’accordo non mi va giù. La tua cliente ha collaborato con un’organizzazione che ha provocato numerose morti e dopo oggi potrà andarsene libera e con una nuova identità.>
<È così che funziona il sistema. In fondo la mia cliente fornirà il nome del capo di quest’organizzazione e preso lui farete presto a smantellarla.>
<E poi io personalmente non ho ucciso nessuno.> intervenne Emily Snyder.
<Ma ha condizionato la mente dell’assassino e lo programmato per uccidere chi gli veniva indicato come bersaglio.> replicò Foggy <Non trova che sia un po’ come essere il dito sul grilletto di una pistola?>
Ben detto Procuratore, pensò Steve, è esattamente quel che penso io: Bucky era solo l’arma ma i veri assassini erano il Teschio Rosso degli anni 50 e la Snyder stessa. Neanche a lui garbava che se la cavasse senza pagare per quello che aveva fatto e sapeva che anche i suoi compagni la pensavano come lui.
<Sei troppo severo, Franklin.> insistette Razor <Non è un caso che tu abbia scelto un incarico pubblico invece della professione privata.>
<Di certo non sarò mai un avvocato come te.> ribatté Foggy.
Non lo avrebbe mai ammesso apertamente ma era nervoso. Aveva voluto accompagnare personalmente la prigioniera a Washington ma non si nascondeva che il pericolo di un attentato era sempre presente. Avrebbe preferito che Matt Murdock, segretamente Devil, fosse riuscito a seguirlo ma non era stato possibile. A peggiorare il tutto c’erano anche le punzecchiature di sua madre. Davanti a lei si sentiva sempre un bambino incapace ed imbranato, non poteva farci niente.
Poi come un fulmine a ciel sereno, ci fu un’esplosione: tutti i presenti rimasero scossi e sorpresi.
<Ma che cosa è stato?> esclamò Foggy, terrorizzato.
<È LUI... È IL TESCHIO! MI UCCIDERA’!> urlò la Snyder in preda al panico più totale.
<Stiamo perdendo quota!> urlò Donna Maria.
Senza perdere altro tempo Steve Rogers, pur in equilibrio precario, scattò in direzione della cabina di pilotaggio. Aprì senza esitare la porta e proprio come temeva, trovo i piloti morti, coi comandi abbandonati a se stessi.
<I PILOTI SONO ANDATI! TENETEVI FORTE, TENTERO’ UN ATTERRAGGIO D’EMERGENZA!>
<Aspetta, ti aiuto!> disse la Vedova Nera, disfacendosi della parrucca e rivelando la propria capigliatura bionda.
<Ma... cosa sta succedendo? Chi siete voi?>
<Non è il momento, mister Nelson> gli rispose Nomad <e si aggrappi a qualcosa!>
Tutti seguirono il consiglio di Jack, mentre Steve e Yelena cercavano di prendere il controllo del mezzo.
<Il motore principale è andato...> osservò la giovane russa.
<Sta su... sta su maledetta bagnarola…> disse Steve stringendo la cloche con tutta la sua forza.
Ma l’aereo continuava a perdere quota, lasciando una scia di denso fumo nero dietro di se.
Finisher a bordo di un jet privato osservava tutto col suo binocolo.
<Signore, tutto è andato come previsto. L’aereo è precipitato.> disse al microfono della sua cuffia.
<<Eccellente.>>
rispose soddisfatto Lukin <<Dai
inizio alla fase due...>>
CONTINUA...... ????
NOTE DEGLI AUTORI
Poche cose da dire ma importanti:
1)
Chi è Emily Snyder? Capo scienziato del
Teschio Rosso comunista è una dei pochi della sua organizzazione a sapere che
sotto la maschera c’è il finanziere russo Aleksandr Lukin. Una leggerezza
commessa da Lukin ammaliato dalla sua bellezza ed a cui, a quanto pare, vuol
porre rimedio per evitare che Emily, catturata su Vendicatori Segreti #3,
riveli la sua vera identità alle autorità federali in cambio della piena
immunità. Ci riuscirà? Continuate a seguirci per saperlo.
2)
Quanto a Rosalind, “Razor” Sharpe, tutto
quel che c’è da sapere su di lei è detto nella storia e c’è da sperare che non
dobbiamo spiegarvi chi è Franklin “Foggy” Nelson,
3)
Avrete notato che in questo ed in altri
episodi sono stati inseriti degli interludi su un misterioso piano del Teschio
Rosso, quello autentico diciamo, il nazista tanto per esser chiari. Analoghi
interludi sono stati inseriti nelle nostre serie Vendicatori e Capitan America.
Cosa sta meditando il Teschio? Lo
scoprirete nell’imminente e tanto atteso incontro tra Vendicatori e Vendicatori
Segreti.
Nel prossimo
episodio: riusciranno i Vendicatori a salvarsi e salvare anche Emily Snyder? In
più Sharon Carter in cerca di un nuovo scopo e Bucky in cerca di se stesso.
Carlo & Carmelo
[1] Negli ultimi due
episodi.
[2] Nell’episodio #9.
[3] Nell’episodio n. 13.
[4] Captain America #208/212
(In Italia su Thor, Corno, #188/192).
[5] Per i dettagli vedere
Capitan America MIT #54/56.
[6] Negli episodi #1/4.
[7] il
pluripremiato “Amadeus” di Milos Forman ovviamente. -_^
[8] che casualità... lo sapevate che questi soldati hanno gli stessi
nomi di alcuni calciatori inglesi degli anni 80? J
[9] Ovvero i genitori di
Peter Parker, l’Uomo Ragno come narrato nel leggendario Amazing Spider Man
Annual #5 del 1968 (Prima edizione italiana Uomo Ragno, Corno, #68).