MARVELIT Presenta
Episodio 1: Affari di mortali, affari di Dei
Di Valerio Pastore
Monte Apollo, Sede del Governo di Lycopolis, Stato Autonomo
di Arcadia
Felix Meyer, Presidente dell’SAA, aveva fatto politica per 250 anni, cambiando innumerevoli volte identità e orientamento politico, studiando la mercurialità umana dalle più nobili vette della democrazia alle più basse forme di tirannia. E, onestamente? Non rimpiangeva un solo giorno di quella vita -e del resto come avrebbe potuto? Dal suo punto di vista, la politica era come una forza viva che non sapeva che farsene delle flebili vite dei suoi protagonisti.
Non c’era titolo che per un Naturale del Popolo avesse senso di per sé. Ogni titolo moriva con chi lo portava, e come in una lotteria, tutto si resettava, anche quando un povero stolto pensava di trasmettere sé stesso alla propria prole.
Felix Meyer avrebbe facilmente potuto ambire ai più altisonanti titoli, ma non era mai stata sua intenzione farsi notare nel corso della propria, lunga vita.
E se anche fosse stato in quel momento Imperatore dell’Universo, avrebbe portato il dovuto rispetto alla figura olo-proiettata davanti a lui: la figura d’acciaio del Dottor Destino, Monarca di Latveria.
“L’amicizia e la protezione di Latveria,” disse Meyers, nel suo completo scuro. “Un’offerta diretta e generosa, Vostra Maestà, lei è il primo ad estendere una mano così grande alla nostra comunità. A che dobbiamo tanto onore?”
Destino rimase nella sua posa statuaria, a braccia fieramente incrociate, mentre rispondeva, “Una nazione appena nata, intrappolata in un turbinio politico di rara intensità, eppur pronta ad umiliare una vanagloriosa ‘potenza’ ed i suoi alleati solo per salvare dei profughi per i quali il mondo non si cura merita il rispetto di Destino.”
Meyer annuì, rilassandosi impercettibilmente contro la poltrona. “E Destino è un raro uomo d’onore. Informerò il Ministero degli Esteri della sua offerta, e ci terremo pronti a ricevere il vostro delegato. E come per il Wakanda, siamo pronti a stipulare un patto commerciale e di reciproca alleanza. E, se posso permettermi,” aggiunse con un sorriso confidente, “dica pure al Delegato di omettere il termine ‘protezione’: non siamo pavidi ometti che muovendosi per il mondo sconosciuto sobbalzano ad ogni ombra. Il mondo sconosciuto è solo un altro territorio di caccia, per noi.”
Seguì una lunga pausa nella quale l’uomo chiuso nel metallo e il lupo chiuso nella pelle umana si fissarono intensamente. E senza abbassare lo sguardo, Destino disse, “E Latveria non è territorio di caccia per nessuno. Metterò in chiaro che l’attacco ad uno di noi sarà come attaccare l’altro.”
“Ragionevole, Vostra Maestà. Forse vorrà essere interessato anche ad un programma di interscambio studentesco. Anche se i nostri residenti sono o mannari o parte del programma di ripopolazione, siamo sempre aperti ad insegnare alle nuove generazioni umane, e né vogliamo che le nostre nuove generazioni sviluppino una mentalità isolazionista.”
“Un cacciatore deve espandere il proprio territorio, dopotutto. Domani riceverete il messo con l’accordo pronto da firmare.” L’ologramma scomparve.
Un attimo dopo, apparve quello di un uomo che dava la perfetta idea di burocrate, dal completo grigio e occhiali dalla montatura quadrata.
Meyer si versò un goccio di Scotch. “Il Ministero degli Esteri di Israele che bussa alla nostra umile dimora? E’ un bel giorno per essere vivi.” Usare l’Omni-Onda per mandare un messaggio a mezzo mondo, in ogni lingua, su ogni media che in quel momento stesse trasmettendo la notizia che la Casa Bianca voleva accusare di terrorismo il Governo dell’SAA[1], aveva decisamente scosso un po’ di immobilisti. In pochi minuti, Lycopolis era passata da ‘casino che non vogliamo toccare nemmeno con le pinze’ a ‘cerchiamo di conoscerli meglio’. Il tutto in quel meraviglioso contesto di ballo sul ritmo del detto-non-detto.
“Per adesso, la prego di considerare questa conversazione come esclusivamente privata,” disse l’ospite.
“Naturalmente. Non sia mai che gli ortodossi vengano a sapere che un loro rappresentante intavola conversazione con degli animali impuri.” Bevve un sorso. Se bere e mangiare durante un discorso tra dignitari era considerato maleducato anche tra gli umani, tra i mannari era alla stregua di un insulto, ma Meyer dubitava che queste scimmie apprezzassero simili sfumature. Anche per questo, adorava parlare in forma umana: piccole soddisfazioni. “Dunque, in che modo potremmo esservi utili?”
“Immigrazione.”
Meyer posò il bicchiere, si chinò in avanti con lieve accenno predatorio. “Ha la mia attenzione.”
“Vi trovate sulla linea migratoria Sudan/Eritrea verso Israele. I nostri ortodossi non apprezzano questa situazione, e sono più che contenti di lasciare agli Egiziani il compito di gestire a loro modo i profughi…ma nel Governo e fuori dal Governo le pressioni si fanno sempre più forti perché almeno siano trattati con maggiore umanità. E’ una situazione complessa, noi abbiamo conosciuto una lunga diaspora, e i giovani simpatizzano con i profughi, ma non possiamo muovere guerra all’Egitto su questa questione, e dall’altra parte il governo ufficialmente conservatore non può aprire le porte e basta.”
Meyer si chinò leggermente in avanti, con fare predatorio. “E così avete pensato a noi.”
“Sarò schietto, e questa è opinione ufficiosamente condivisa in Israele: siete un piccolo stato coraggioso contro il mondo, e state portando scompiglio tra i nostri nemici, distraendoli da noi. Purtroppo non possiamo riconoscervi ufficialmente, al momento, ma se ne avrete necessità vi forniremo degli uomini e dei mezzi per gestire i flussi migratori, per rimpatriare umanamente quella gente.”
“Così noi potremo fare una bella figura e voi trovarvi con una seccatura in meno. Considereremo la vostra offerta,” fu l’ambigua risposta, prima di chiudere la comunicazione.
Stavolta, il terzo fantasma elettronico che apparve fu quello dell’Ambasciatrice Anubia. “Spero che siano stati colloqui interessanti, Signore.”
Meyer tornò lupino, e levò il bicchiere in brindisi. “Le registrazioni saranno a breve a sua disposizione. Domani arriverà un messo da Latveria. Ministro Lao.”
Ministro degli Esteri Huizhong Lao, un ometto serafico dai radi capelli neri ben pettinati all’indietro e raccolti in un codino. A guardarlo, non si sarebbe scommesso un soldo sulle sue doti diplomatiche. O sulla sua età, risalente a quando era consigliere dell’Imperatore Qin Shin Huang. L’ologramma fece un inchino. “Come posso servire, Vostra Eccellenza?
“Israele ci chiede di infilarci in un ginepraio con il Sudan e l’Eritrea sui loro profughi, Il Sudan è un importante fornitore di petrolio alla Cina, nonché area estremamente instabile insieme all’Eritrea. E noi non abbiamo alcuna intenzione di trasformare la nostra città in un campo profughi, né di iniziare un conflitto diplomatico con la Cina, ma gradirei che iniziasse a sondare il terreno.”
Un altro inchino. “Sarà fatto.”
“E un’altra cosa: avete ricevuto notizie circa la sorte dei nostri graditissimi ospiti?”
“Gli Stati Uniti ne richiedono il rimpatrio a gran voce. Domattina alle 06.00 un loro volo militare sarà qui a prenderli. E devo informarla che corrono voci interessanti: USA e Russia si preparano a chiedere una lista con nomi e cognomi di tutti i nostri licantropi residenti, al fine di ottenerne l’arresto per qualunque crimine possano avere commesso."
Meyer trattenne una risata. “Buona fortuna: per il resto del mondo siamo una non-entità politica, non c’è nessun trattato di estradizione, e dovrebbero delegare all’Egitto il compito di attaccarci per arrestarli. Ma mi tenga informato, Ministro.” L’ologramma si spense.
Anubia mantenne la propria flemma. “Se non abbiamo intenzione di ospitare in pianta stabile dei profughi umani, dove troveranno alloggio…Oh!” le sue orecchie si agitarono un attimo quando realizzò. “Meriweather.”
Meyer sorrise, mostrando dei denti troppo aguzzi per un uomo. “Siamo pur sempre uno stato, mia cara. E’ il momento di ricordarlo ai nostri vicini. E a proposito di profughi, come stanno i nostri nuovi cittadini…sempre che non abbiano cambiato idea?”
---
Ingresso Settore L-7
“Non hanno assolutamente cambiato idea.”
Anubia osservò lo squarcio luminoso nello spazio farsi sempre più ampio, fino a quando non fu abbastanza grande da lasciare passare un esercito…e lo spazio si aprì come un tessuto strappato, rivelando uno scorcio del paesaggio desertico da cui venivano.
La prima ad attraversare lo squarcio fu Ashti, il corpo nudo coperto di rune fiammeggianti. Insieme a lei venne, ancora nella sua forma femminile[2], Fenris, il martello Grimfang crepitante delle energie necessarie a tenere aperto il varco.
E subito dopo, il fiume umano di 102 profughi attraversò le porte di Lycopolis. Non c’era fatica sui loro volti, c’era solo gioia mentre fissavano l’immensità urbana che si apriva di fronte a loro.
Erano a casa.
La donna si avvicinò ad Anubia. Si chinò sul ginocchio. “Fenris ci ha parlato di lei, Lady Anubia. Noi siamo i Lupi di Sorano, e offriamo la nostra devozione, il nostro numero, la nostra nuova forza, il nostro sangue a Lycopolis. Siamo degni.”
Anubia, lì per lì, non capì cosa intendesse dire. Devozione o no, anche Fenris sapeva quali erano le regole per la permanenza in città, e questa—
Poi il naso dello sciacallo colse l’odore della donna.
Colse l’odore dalla massa.
E vide Fenris ghignare soddisdatta, mentre le si avvicinava.
“Era una donna, ne ho fatto una dea. Erano uomini, lei ne ha fatto guerrieri del Popolo. Il Dono scorre nelle loro vene come la più pura delle magie bianche, e i loro figli ed i figli dei loro figli saranno la zanna che per prima proteggerà i cancelli della nostra casa.”
---
Monte Apollo. Venti minuti a mezzanotte
“Vediamo di ricapitolare,” disse Meyer, desiderando di trovarsi in un bel summit tra Israeliani, Cinesi, Sudanesi ed Eritrei, tutti ubriachi e armati di armi nucleari. “Dottoressa Di Presto?”
Andrea Di Presto, Ministra della Sanità, lesse dal tablet il compendio dei rapporti medici. “Stanno tutti bene come pesci, non hanno un solo dente fuori posto. E sono licantropi, dal primo all’ultimo. Questo è tutto ciò che la scienza medica può dire. Sono compatibili con la nostra gente? Sì. Cosa può venire fuori da un incrocio con i Maledetti? Non ne ho idea, e non credo sia una buona idea cercare di scoprirlo, neanche a titolo sperimentale. In assenza di precedenti, dovremmo evitare di crearne uno che possa rivelarsi catastrofico.”
Meyer annuì. “Comandante Hunt?”
Kurt Hansom Hunt, Comandante della Caccia Selvaggia, Intelligence di Arcadia, tamburellò sul bracciolo della sua poltrona. “Prima della Maledizione c’era il Dono. Gli Dei selezionavano i guerrieri più degni, i sacerdoti più devoti, e passavano a loro la capacità di trasformarsi. I guerrieri difendevano le loro genti e i sacerdoti diffondevano il verbo. E quando le comunità furono abbastanza grandi da fornire intere armate invincibili, gli Dei Ctoni trasformarono il Dono in Maledizione. Cadde il culto, giunse la diaspora.
“Scusate lo spiegone, so che lo sapete, ma volevo che fosse chiara una cosa: non è stato Fenris a riportare il Dono tra noi, ma Ashti. Ed è qui che la Caccia ha perso la pista: gli antichi Romani non lasciarono alcuna traccia sui Lupi di Sorano salvo i pochi frammenti fino a noi pervenuti. Per quanto ne sappiamo, Ashti potrebbe appartenere ad un’unica stirpe mutante matrilineare in cui il Dono è sopravvissuto in forma latente, in attesa di essere risvegliato. Ma non scartiamo nessuna ipotesi.”
Di Presto: “Ashti è immune ad ogni tentativo di analizzarla. Le macchine…vanno in tilt. Anche quelle mys-tech.”
Meyer si massaggiò le tempie. “E se il Consiglio del Popolo non ci dice niente dal suo lunare empireo, possiamo dedurre con ragionevole certezza che forse sono stati proprio loro ad organizzare questo arrivo.” Sospirò. “Quindi, urrà, nuovo sangue per chi ne vorrà e nuovi campioni. Nikita, inserisci tutti dai 15 anni in su nel servizio militare.”
Nikita Maximievich Lebedev, Ministro della Difesa, rispose con una faccia da poker. “Sono in ritardo rispetto agli attuali coscritti. Devo..?”
“Niente corsie preferenziali, Nikita. Falli cominciare a pari con gli altri. Se sono devoti come dicono, spremi quella devozione, cava loro sudore e sangue, ma fanne i migliori soldati esattamente come gli altri. E quelli che eccelleranno andranno alla Caccia Selvaggia, e quelli che eccelleranno oltre ogni aspettativa…” il suo sguardo andò a Sir Wulf, capobranco del Power Pack, “Saranno tuoi.”
Sir Wulf chinò la testa. “Così è fatto, così sarà. E ora, se volete scusarmi tutti, devo preparare le squadre. Tra dieci minuti ha inizio l’Operazione Estrazione.” Attivò il teletrasporto nell’armatura.
Meyer si rivolse all’ultimo dei presenti in gabinetto di emergenza. “Dumot, a lei il compito di integrarli nelle nostre classi: ho come l’impressione che insieme al Dono non sia arrivata loro la conoscenza. Questa città non ha bisogno di carne da cannone ignorante, vuole cittadini produttivi.”
Elvire Dumot, Ministra dell’Istruzione, sollevò lo sguardo dal suo tablet. “La buona notizia è che, stando alle prime interviste, abbiamo a che fare con persone disposte a qualunque adattamento. Non ci sarà bisogno di classi speciali per loro.”
---
Complesso Policlinico, Settore L-7
‘Ottimo. E tenetemi aggiornato su Ashti. Se fa uno starnuto, voglio saperlo.’
“Come mai?”
L’uomo in camice che stava entrando si fermò sull’uscio. “Chiedo scusa..?”
Ashti dai capelli rossi gli rivolse un sorriso che sapeva di compassione. “Come mai in quella forma? E non solo lei, ma tutto il personale. Noi siamo migliori, non dovremmo nasconderlo.”
L’uomo entrò nella camera della sua paziente. Ashti tornò a guardare il panorama notturno dalla finestra. Era uno spettacolo surreale e bellissimo, una città addormentata e buia sotto le stelle, fatta eccezione per le poche finestre come gemme di un pugno di edifici, illuminata dal cielo. Nelle strade, il dominio delle ombre era interrotto da una specie di rada nebbia azzurrina. “Lo ha capito dall’odore?” chiese il medico, prendendo una sedia e sedendosi accanto a lei. “E’ davvero un bel vedere, eh?”
“Qualche volta ci è capitato di fermarci ai margini di una città. L’uomo scaccia la paura della notte illuminando ovunque, e le stelle sbiadiscono. Succederà anche qui?”
“Neanche gli occhi dei lupi possono perforare le tenebre più nere, per questo abbiamo bisogno di quella fotonebbia per la strada, e gli umani avranno bisogno di più luce, è nella loro natura bramarla in qualunque momento…ma non arriveremo all’inquinamento luminoso delle altre metropoli. La notte non è fatta per essere nascosta.”
“Ti ho visto, Dottor Cadwell,” il suo sguardo andò per un attimo alla targhetta appuntata al camice.
“Hm? Sai l’inglese?”
Lei tornò a guardarlo. Vide il lupo avvolto nel camice e un blocco in mano. “Abbiamo vagato tanto tempo, incontrato tante gente, studiato tante lingue. Io vedo. Riconosco ogni figlio del Popolo. Perché chiudervi nella pelle nuda?”
Il medico si osservò le mani. “Perché siamo in un ospedale. Che ci piaccia o no, gestire l’igiene personale, i materiali, l’abbigliamento, le attrezzature, e operare…è tutto più semplice in forma umana.” Si indicò l’occhio. “Vediamo tutti i colori, ed è fondamentale in sala operatoria. Possiamo pulirci ed asciugarci più efficacemente. Niente rischio di scariche elettrostatiche in ambienti ossigenati… Al massimo, gli altri nostri sensi e la nostra forza sono utili nel triage e in pronto soccorso, ma una volta che il paziente è ricoverato, i protocolli umani rimangono i più sicuri.”
Ashti arrossì leggermente. “Sono stata superficiale. Le mie scuse, dottore.”
“Nessuno si aspetta l’onniscienza da una dea neonata. Dimmi…come ti fa sentire?”
Aggrottare di ciglia. “Come mi fa sentire cosa?”
“Eri una ragazza qualunque, fino a poche ore fa. Anche se investita del ruolo di sacerdotessa, eri una donna, non una lupa e men che mai una dea. Come ti senti?”
L’espressione di lei si fece ancora più pensosa. “Non…non lo so. Ero una donna ed ero morta, e sono rinata dal ventre di una dea. Quando mi concentro abbastanza, sento i pensieri e le anime della mia gente.”
“Solo i loro?”
“Se loro mi pensano…sì. Anche lei pensa a me.”
Il medico ridacchiò. “Le assicuro che è solo interesse professionale. Sono sposato.”
“Oh.”
“Anche se…” toccò a lui arrossire. “…Un favore vorrei chiederlo, ma non vorrei offendere una dea.”
Lei gli prese la mano. La sua espressione era serafica. “Ho scelto il mio destino per la mia gente. E la mia gente è il Popolo. Non abbiate paura di offendermi, ma non offendetemi pensando che possa fare qualunque cosa.”
Qualunque tensione stesse attraversando Cadwell sembrò svanire. Ed espresse il suo desiderio…
---
Sala break
Certe volte la vita ti
passa davanti agli occhi come un film.
Serena Cadwell, nata
Gillson. La ragazza acqua e sapone della porta accanto, figlia di un pilastro
della comunità in una comunità conservatrice. Conosce il bel quarterback al
liceo, è il grande amore. Ma aspettano il momento giusto per sposarsi, lei
perché rispetta le tradizioni, lui perché non sembra avere fretta. Anzi, non
tenta neanche di sedurla prima di arrivare all’altare.
Ma vanno alla facoltà di
medicina. Lui per diventare chirurgo, lei per diventare infermiera. Poi le
lauree, le specializzazioni e finalmente la sua dichiarazione. Lei è così
felice che quasi sviene. Vorrebbe dirlo al mondo intero lì e subito correndo in
topless fino alla fontana più vicina. Non penserà mai più simili cosacce.
Poi lui le dice
qualcos’altro. Le spiega perché aveva aspettato.
Non perché fosse un
bravo ragazzo, e lei sa che si sta vergognando ad ammetterlo.
Ma lo ama. Sa che non ha
precedenti, sa che non si droga, sa che non scorre l’alcool nella sua vita, sa
che non le è stato infedele un solo giorno. Il paese è piccolo, e la gente
mormora. Le finte amiche di Serena ci avevano già provato a spargere menzogne
sul conto di lui, ma tutte provatesi false.
Lui si trasforma.
Davanti ai suoi occhi, c’è un lupo mannaro dal pelo biondo. Una creatura che
avrebbe dovuto incutere timore, orrore, e che la guarda con la più sincera
paura. E’ fragile davanti a lei. E’ pronto a svanire dalla sua vita ad una sua
sola parola. Non potrebbe essere più sincero di così.
Si sposano facendo bene
le cose, dando ai genitori di lei il tempo di preparare un ricevimento coi
fiocchi. Due settimane. Durante le quali cambia anche il mondo. Una nuova città
appare nel lontano Egitto. Si chiama Lycopolis, e le televisioni e le radio e
internet impazziscono nel fare a gara a descrivere un posto che ai futuri
sposini sembra un paradiso, un dono per premiarli. Una carriera dove non
saranno discriminati.
Il matrimonio è
perfetto. I soli a sapere la verità, alla fine della giornata, sono i genitori.
Il povero prete che li segue da quando lei era bambina non sopravvivrebbe
all’idea di avere dato la sua benedizione ad una ‘creatura del demonio’, anche
se Bruce è solo un mutante.
Si trasferiscono. E’ una
vita interessante e bellissima.
Poi il Serpente attacca
l’Eden. Muoiono in tanti.
Muore Bruce, mentre
cerca di operare coloro che, toccati dal veleno di Set, non guariscono.
La comunità la sostiene,
non è mai sola, ma il vuoto è incolmabile. Suo figlio nasce un mese dopo, lo
chiama come il padre. Si butta più che mai sul lavoro. Ha bisogno di sentirlo
un’ultima volta, di parlargli un’ultima volta. Deve sapere da lui che c’è
qualcosa oltre questa perdita…
“Dica a mia moglie che non ho mai smesso di pensare a lei, le dica che le apparterrò sempre. E le dica che ora lei appartiene alla vita, non ad un ricordo. Che cammini via dalla vecchia vita. Non deve morire per me. Cras amet qui numquam amavit, quique amavit cras amet.”
Era stato un azzardo. Le telecamere avevano naturalmente registrato il momento in cui Ashti aveva cominciato a parlare con una figura inesistente. Il database aveva trovato il nome di Cadwell e aveva lanciato il primo allarme. I sensori avevano rilevato il calo di temperatura associato alle manifestazioni ectoplasmatiche. La sicurezza era stata lì lì per fare irruzione.
Il primario aveva ordinato di attendere, mentre ascoltava in diretta.
Mentre ascoltava quelle stesse, esatte parole che il suo giovane chirurgo gli aveva detto sul panorama attraverso le labbra di quell’enigmatica donna. Seguiva quel discorso a due fatto da una persona che non aveva mai incontrato il deceduto Bruce Cadwell.
Poi lei aveva parlato del favore, e sembrava stesse ascoltando.
E alla fine si era alzata, ed aveva guardato verso la telecamera nascosta. “Gradirei vedere la Signora Serena Gillson,” chiamandola col nome da vedova.
Serena aveva aspettato questo momento. Si tolse dal collo la catena che reggeva la fede nuziale, ne lesse l’incisione latina del loro giuramento. “Domani ami chi mai ha amato, e chi ha amato domani ami ancora.” Poi spostò lo sguardo su Ashti. Aveva sempre pensato che sarebbe scoppiata in un pianto liberatorio, e al diavolo il decoro… Ma il sollievo era molto più grande, la morte non era la fine. E lei, e tutti coloro che avevano perduto qualcuno durante quello scontro, avevano speranza. “Gli dica che sono pronta a ricominciare. E dica agli altri che in tanti aspettano una parola di conforto.”
Nei suoi uffici nel settore centrale, Meyer avrebbe preferito vedere video di Ashti che starnutiva.